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Un Manifesto per non morire di rendita
Dopo il caso Milano, un Manifesto per non morire di rendita  di Walter Tocci   Il caso Milano solleva temi molto più profondi di quanto raccontano le cronache. Come al solito si prende coscienza dei problemi nazionali solo dopo l’intervento della magistratura. Il diffuso conformismo, infatti, oscura le analisi eterodosse che mettono in discussione ideologie e pratiche correnti. Nella diffusa apologia dello sviluppo urbanistico milanese si è voluto oscurare la crescente potenza della valorizzazione immobiliare che travolge tutte le forme di controllo e scarica alti costi sociali e umani nella vita urbana. Questo squilibrio crea un terreno fertile per la corruzione, ma è una patologia urbana anche in assenza di comportamenti illegali. Come processo socioeconomico è stato perfezionato al massimo livello a Milano, ma riguarda anche Roma e tutte le città italiane. Il valore urbano, inteso come rendita immobiliare, era al centro del dibattito politico negli anni Sessanta. Gli storici hanno dimostrato che fu il vero movente del tentativo di colpo di stato del generale De Lorenzo contro la legge Sullo. Se ne occupava anche la cultura, dal film di Rosi Le Mani sulla città al romanzo di Calvino La Speculazione edilizia. Perfino i capitalisti la disprezzavano come fattore di arretratezza dell’economia. Contro la rendita Agnelli invocava un patto tra produttori, cioè un’alleanza tra lavoratori e capitalisti. Invece, da quando si è alleata con la finanza se ne parla meno. È invisibile perché partecipa attivamente al capitalismo contemporaneo, il quale è il regno dei rentier e dei monopoli, nonostante le favole sulla concorrenza che ci raccontano gli economisti ortodossi. Che sia diventato un fattore cruciale è dimostrato dalla grande crisi del 2008, causata proprio dai mutui subprime. Chi l’aveva previsto che il turbocapitalismo naufragasse sul sogno piccolo-borghese della casetta in proprietà? E non a caso oggi l’impero americano è guidato da un immobiliarista, e un suo sodale negli affari, l’ineffabile Witkoff, tratta su pace e guerra, tra lo sconcerto dei diplomatici di professione. Dall’invisibilità derivano dimenticanze e fraintendimenti che dominano il senso comune e alimentano politiche dannose, come dimostra il miglior libro sulla questione: B. Pizzo, Vivere o morire di rendita, Donzelli 2023. Se l’attrazione della rendita è troppo forte vengono scoraggiati gli investimenti produttivi. L’acqua va dove trova la strada. E gli effetti sono più evidenti in Italia, nella pluridecennale stagnazione della produttività, nella diminuzione del valore aggiunto e nelle crisi bancarie, causate dagli eccessivi valori immobiliari scritti in bilancio prima dell’esplosione della bolla. L’eccesso di valorizzazione immobiliare, inoltre, produce devastanti effetti sociali e culturali, che sono sotto gli occhi di tutti. A Milano la crescita degli affitti ha determinato una sostituzione di popolazione, con espulsione nell’hinterland di ceti sociali meno abbienti e attrazione di quelli ad alto reddito, come ha dimostrato Lucia Tozzi, con largo anticipo sulle attuali vicende, quando tutti celebravano i fasti ambrosiani. In tutte le grandi città ritorna una drammatica “Questione delle abitazioni”, che sembra riecheggiare il saggio di Engels sui mali della città industriale. Inoltre, gli inusitati valori immobiliari determinano una selezione negativa delle funzioni urbane. Sono scoraggiate tutte le attività di innovazione culturale e tecnologica che nella fase di incubazione non ce la fanno a sostenere gli alti costi immobiliari. Al contrario vengono attratte le ricchezze originate dai monopoli di vario tipo: gruppi finanziari (basti pensare ai capitali del Qatar), airbnb, public utilities, cordate professionali, concentrazioni dei media, ecc. La rendita chiama altra rendita e scoraggia l’ingegno, smentendo il modaiolo bla-bla sulla città creativa. Ora sembrano prenderne coscienza anche gli editorialisti del Corriere della Sera, come scrive Dario Di Vico: “La rendita sta vincendo, e questa per Milano, storica città della crescita, è la vera ferita. Un modernità che umiliasse il merito non l’avevamo prevista”. L’economia classica di Ricardo era una scienza morale, proprio come l’urbanistica, e attribuiva all’imprenditore il merito del profitto mentre stigmatizzava i guadagni immeritati dei rentiers. Oggi si parla tanto di meritocrazia, eppure si dimentica che la valorizzazione non è merito dell’immobiliarista, poiché dipende in gran parte dal prestigio, dalla qualità e dalle infrastrutture del contesto urbano, cioè viene alimentata dall’azione dei cittadini e dalle iniziative dell’amministrazione pubblica. Al merito dell’operatore si può attribuire solo il profitto di impresa nel processo di costruzione. Se un profitto vale 20, la rendita vale 100, nonostante il primo sia frutto di una impegnativa attività industriale mentre la seconda richieda solo l’attesa di un guadagno immeritato. Con la legge Berlusconi, purtroppo ratificata anche dalle amministrazioni di sinistra, è diventato normale parlare di “premio di cubatura”. Eppure, non dovrebbe essere premiata una valorizzazione già molto più alta del plusvalore di qualsiasi investimento produttivo. La trasformazione dei tessuti non dovrebbe risolversi nel gioco ristretto tra legislatore e proprietario, a prescindere da qualsiasi considerazione sul contesto urbano. Semmai il “premio” dovrebbe essere destinato ai cittadini, riservando i terreni ancora liberi ai servizi pubblici e al verde, spesso carenti proprio nelle città costruite male. E non suscita alcuna indignazione la bassissima quota di questa valorizzazione che ritorna all’interesse pubblico. In una delle più grandi operazioni urbanistiche romane, nell’area di Bufalotta, si è calcolato che l’operatore ha ottenuto una rendita del 106% rispetto ai costi di costruzione e ha versato al Comune solo il 6% della valorizzazione. Cioè l’onere per il proprietario è stato circa quattro volte più basso delle tasse che paga un operaio. L’Italia è un paradiso fiscale per l’immobiliare. In Europa gli oneri arrivano al 30%, come non si è mai stancato di dimostrare il compianto Roberto Camagni, uno dei pochi economisti ad occuparsi di rendita. La legge Bucalossi, inoltre, aggiunge effetti distorsivi calcolando gli oneri non rispetto alla valorizzazione, ma ai costi di costruzione, con il risultato che nei quartieri più ricchi, in percentuale sul valore, gli oneri sono più bassi che in periferia o addirittura sono annullati con l’alibi delle urbanizzazioni esistenti. Si arriva a turlupinare l’opinione pubblica offrendo nei piani urbanistici un’opera pubblica aggiuntiva in cambio di ulteriori aumenti di cubatura. La scuola o il parco in più sono finanziati dagli stessi bassi oneri al 6%, per rimanere all’esempio precedente, mentre il proprietario incamera oltre il 100% di valorizzazione anche sull’aumento di cubatura. È un altro regalo per lui, ma viene presentato come una generosa offerta ai cittadini. D’altronde, c’è anche un’evidente asimmetria informativa. I Comuni non hanno strutture e competenze per valutare gli effetti economici di ciò che autorizzano, non sono in grado di confutare il business plan dell’immobiliarista, non dispongono di osservatori efficaci della valorizzazione urbana. La stessa legislazione non indica chiari criteri e parametri di convenienza pubblica nella contrattazione con i privati. Al contrario, negli appalti di infrastrutture c’è un imponente corpus normativo mirato a ridurre i costi per il pubblico e a impedire illeciti arricchimenti del costruttore. Le norme sono severe con il profitto d’impresa e lascive con la rendita di posizione. Tutti questi processi favoriscono la ricchezza proprietaria e aumentano la povertà pubblica. Al contrario se una quota ben maggiore della rendita fosse incamerata dal pubblico e reinvestita nelle infrastrutture la città sarebbe nel contempo più giusta e più produttiva. La così detta “urbanistica riformista” ha studiato i processi di valorizzazione al fine di perequare le rendite differenziali nel piano urbanistico. Nell’economia di carta e di mattone, però, il valore viene estratto dal suolo e innalzato nelle eteree transazioni finanziarie. Emerge, quindi, una nuova forma di rendita pura, la quale, a differenza di quella differenziale, non solo incide sul piano urbanistico, ma determina soprattutto gli effetti macroeconomici e macrosociali di cui sopra. Da come si ripartisce il valore urbano, quindi, dipendono questioni cruciali: se le risorse vanno verso usi parassitari oppure produttivi, se il valore della città viene appropriato da pochi oppure aumenta la qualità della vita e l’inclusione sociale. Per non morire di rendita occorre una svolta nelle politiche urbane. Ma prima ancora è necessaria una mobilitazione culturale per ribaltare almeno un trentennio di narrazioni dominanti, luoghi comuni, ideologie parassitarie, pratiche pubbliche e private ormai insostenibili. Ci sono in Italia tante persone e associazioni disponibili a cambiare lo stato di cose: chi ha sempre criticato lo sviluppo estrattivo di risorse, chi pratica quotidianamente la cura di parti di città, studiosi consapevoli degli impatti negativi dei processi attuali, enti preposti alla tutela dei beni comuni, tecnici e imprenditori che riflettono criticamente sul passato e cercano di voltare pagina. E’ arrivato il momento di fare forza comune, senza settarismi, superando anche le diversità particolari, cercando un filo comune per restituire alla città il valore creato dai cittadini. Ci vorrebbero persone e associazioni capaci di prendere l’iniziativa, mobilitare altre risorse e allargare il movimento. Quelli della mia generazione possono dare una mano, ma a guidare devono essere le nuove generazioni. Perché sono soprattutto loro a sentire gli effetti nella propria vita quotidiana e professionale: nella affannosa ricerca di un’abitazione, nella difficoltà di trovare un immobile per avviare un’opera innovativa, nella ricerca di fondi per ricerche eterodosse, nella faticosa interlocuzione con le burocrazie amministrative e politiche. In mezzo a tanti fenomeni negativi, se si osservano le città italiane con animo curioso si vedono tante esperienze emblematiche di una nuova cultura urbana, nel recupero sociale di aree dismesse, nelle pratiche di riconversione ecologica, nella produzione di nuovi beni culturali, nella promozione del mutualismo sociale, ecc. Tra gli organizzatori si nota una nuova alleanza tra ricercatori sociali e attivisti urbani. Per merito loro l’azione collettiva ha preso le sembianze di una progettualità urbana ad alto grado di condivisione, ben lontana dalla partecipazione assembleare e rivendicativa della mia generazione. Da questa alleanza tra cultura d’avanguardia e impegno collettivo oggi scorga un’inedita energia politica, che surroga l’assenza dei partiti nel territorio. Finora tale energia è rimasta confinata nel locale, ma rischia di essere travolta dai padroni della rendita se non prende la parola a livello cittadino e nazionale. Spero che almeno alcuni di questi ricercatori e attivisti prendano l’iniziativa di una mobilitazione generale. Sulla base di un Manifesto “Per non morire di rendita”, da sottoporre all’approfondimento in appositi Forum nelle città, allargando l’analisi e la proposta ai diversi casi italiani, per poi confluire in un appuntamento nazionale che scoperchi la realtà davanti all’opinione pubblica e chiami la politica alle sue responsabilità. Nonostante la gravità di tanti fenomeni di crisi urbana, le nostre città dispongono delle energie morali e sociali indispensabili per la loro rinascita.     Il testo è tratto dall’intervento al Congresso INU di Roma del 23 maggio 2025, Elogio dell’Urbanistica, ora pubblicato in: Città Bene Comune della Casa della Cultura di Milano. (foto di Italo Insolera, Roma Monte Mario, 1971) L'articolo Un Manifesto per non morire di rendita proviene da Roma Ricerca Roma.
Ombre sulla città, Milano e l’urbanistica
Ombre sulla città: Milano e l’urbanistica  di Barbara Pizzo e Alessandra Valentinelli, RomaRicercaRoma La più recente fase dell’inchiesta giudiziaria che ha portato alla redazione del “Salva Milano”, tra i decreti più controversi del Governo Meloni, ha concentrato di nuovo l’attenzione pubblica sull’urbanistica e il governo delle trasformazioni urbane, un tema di solito poco frequentato, se non addirittura estraneo alla maggioranza della popolazione, nonostante i suoi effetti e i suoi impatti riguardino tutti. Ci sono due aspetti in particolare che pensiamo valga la pena discutere allontanandoci dal fragore mediatico. Il primo riguarda il modo di pensare il governo del territorio da parte di chi è chiamato specificamente ad occuparsene. Il secondo riguarda il territorio, il suo presente e il suo futuro. Riferendosi all’elusione “sistematica” del Piano regolatore di Milano, Giuseppe Marinoni, presidente della Commissione Paesaggio, parlava di “Piano Ombra” caratterizzato da “alte parcelle”. Le indagini, che pure lo riguardano (nei suoi confronti è stata richiesta la custodia cautelare) e che a marzo scorso hanno già portato ad alcuni arresti, dicono del ricorso a modalità di “semplificazione” (per lo snellimento delle procedure) delle trasformazioni urbane in cui l’intervento di singoli decisori risulta particolarmente orientato all’esercizio di quella discrezionalità che invece solo marginalmente dovrebbe caratterizzare i sistemi di regolazione, quali, appunto, quelli urbanistici. Nella nuova tornata di avvisi di metà luglio sono 74 le persone a vario titolo indagate. Tra esse spiccano l’Assessore alla “Rigenerazione” Giancarlo Tancredi, Manfredi Catella, protagonista con il suo gruppo COIMA di alcune fra le più glam delle operazioni immobiliari locali, gli scambi non proprio eleganti tra il Sindaco Sala e l’architetto Stefano Boeri. In particolare, l’indagine evidenzia dinamiche relative alle procedure autorizzative che hanno attirato l’attenzione degli inquirenti per modalità quantomeno disinvolte nell’uso degli strumenti urbanistici. Ciò che emerge è la reiterazione di tali modalità le quali, nei fatti, rendono ambigui ruoli che invece dovrebbero essere chiari e distinti: non sono solo, né tanto, le “laute parcelle per le consulenze” che preoccupano, ma il fatto che divenga consulente chi in realtà dovrebbe controllare, supervisionare, governare, ricordandoci che il tema del “conflitto di interessi”, che può assumere moltissime forme, resta un nodo cruciale, a tutti i livelli e in tutti i settori pubblici, purtroppo incredibilmente sottostimato. A colpire tuttavia, nel vortice di dichiarazioni di maggioranza e opposizione, è la pressoché unanime preoccupazione che le notizie di reato possano fermare la città: “Così si ferma Milano”, “Non si può fermare la città” sono affermazioni ripetute e rilanciate dai media, che suonano tra il terrorizzante e il minaccioso. Allora (ci) chiediamo: ma davvero la Milano che si pensa motore dello sviluppo nazionale potrebbe fermarsi per un blocco dei cantieri? Siamo certi sia la finanza del mattone a costituire la ricchezza della città? Il tema non è semmai quello tutto politico, sollevato dal consigliere Enrico Fedrighini il 17 luglio, del “controllo pubblico per interesse pubblico” delle trasformazioni urbane? Fra le rendite assicurate dai palazzi in costruzione e l’economia meneghina, le differenze non sono sottili. Il capoluogo lombardo è sede di tre prestigiose università, delle principali banche e società informatiche nazionali, della metà delle multinazionali presenti in Italia. È “capitale del design”, dei brevetti in campo energetico e biotecnologico. Milano “è” la Borsa, e detiene i primati per occupazione, concentrazione di imprese e turismo d’affari con un PIL procapite doppio della media italiana. In tale quadro stride il numero di domande in lista d’attesa per l’assegnazione degli appena 600 alloggi popolari che, dai conteggi Sicet pubblicati da Zita Dazzi su Repubblica, ogni anno tornano disponibili: 17.000 famiglie che si sommano ai 4.500 nuclei che hanno già comprato casa negli edifici sequestrati dalla magistratura, o comunque congelati dallo stallo degli uffici comunali sui permessi. Dagli arresti in primavera cui si deve anche il ritiro del discusso “Salva Milano”, non sono mancate le riflessioni sulla bontà di una rigenerazione che espelle residenti: con quotazioni crescenti che oscillano tra 5.000 e oltre 25.000 €/mq per gli appartamenti più lussuosi, “non si trova casa”, denuncia a ogni articolo Lucia Tozzi; “non si trovano tranvieri”, dicono allarmati i milanesi. Del resto se, nonostante i 17 milioni di metri cubi di licenze residenziali rilasciate in 10 anni, Nomisma stima 80.000 immobili sfitti, il 10% del totale, i dati indicano una politica che risponde non alla domanda abitativa ma ai costruttori: “dumping urbanistico” l’ha definita il Presidente dell’INU Michele Talia, ottenuta dimezzando gli oneri a standard e servizi, con scomputi e deroghe che, solo negli ultimi anni secondo la Corte dei Conti ripresa da Barbacetto sul Foglio, hanno prodotto perdite secche per le casse di Palazzo Marino di oltre 100 milioni di euro. Il giro d’affari emerso dalle odierne inchieste è pervasivo quanto la sua retorica; cattura valore dall’esistente, creando “eventi” o aree “strategiche”: nei lotti vuoti del centro, negli ex scali ferroviari, nelle opere per i Giochi invernali del 2026 (già futuro studentato da 1.400 posti), allo Stadio di San Siro (di proprietà del Comune) a rischio demolizione per far posto ad un nuovo impianto (privato) dotato di attività commerciali e terziarie, con il progetto “Milano 2050” per nove “centralità” periferiche collegate alla rete metropolitana, oggetto per la procura di “un’operazione di speculazione intensiva” da 12 miliardi. Chi ci guadagna in questa corsa al mattone? Con inquinanti fuori soglia, verde e servizi in perenne affanno, in disarmo persino Argelati e Lido, le piscine comunali vanto di una città un tempo civile, il Rapporto 2025 di Assolombarda titola implacabile: “Milano perde talenti” per la mancanza di qualità urbana, dissipando un capitale umano la cui coorte giovanile alimenta sempre più i 600.000 coetanei, emigrati all’estero negli ultimi 10 anni. Argelati e Lido riflettono bene il cedimento del pubblico ai privati che Nadia Urbinati imputa alle istituzioni “disfunzionali”. Apprezzate piscine all’aperto, attive nei tre mesi della peggior afa estiva, hanno significato per generazioni di milanesi isole di divertimento, refrigerio e sport a tariffe accessibili. L’Argelati era stata la prima inaugurata nel 1915, poi ampliata nel 1956, seguita dal Lido nel 1930 con un’unica vasca da 6.500 mq balneabili; cartoline di una Milano se non popolare, svagata, accoglievano l’una 30.000, l’altra sino a 50.000 bagnanti a stagione. Così quando la Giunta Sala, tra il 2019 e il 2022, ne ha disposto la chiusura, ha toccato un nervo sensibile del culto ambrosiano, memore degli investimenti sociali nelle vecchie periferie. Ne spiega le implicazioni Antonio Longo, cui va il merito della petizione contro il “Salva Milano” lanciata con altri colleghi del Politecnico. Il suo report sulla “operazione” piscine evidenzia l’insufficienza di risorse comunali da spendere in lavori straordinari, 15 milioni che hanno indotto il Lido all’agonia, poi la sua concessione al privato per 25 milioni e 42 anni di gestione svincolata dal mantenimento del centro balneare: una rinuncia a preservare bene storico e benefici collettivi della funzione anche e non secondariamente climatica che, per Argelati, ancora in attesa di offerte valide, suona come la condanna alla fatiscenza. Sorte analoga alle piscine ha travolto la pista verde del Trotto: anch’esso abbandonato per scarsità di fondi di manutenzione, lo spazio pubblico adiacente lo stadio è stato reso edificabile e, nel 2023, venduto agli sviluppatori di Hines. A Milano, e non solo, la si chiama densificazione e la si giustifica con la “resilienza ambientale” che deriverebbe dal non consumare suolo, ma non si soddisfa nessun equilibrio ecologico se poi si sacrificano i terreni permeabili superstiti nel tessuto costruito, peraltro contravvenendo il Regolamento europeo sul ripristino della Natura, approvato appunto per difenderli. Ci chiediamo dunque: fermare un certo modo di portare avanti lo sviluppo urbano, che estrae valore molto più di quanto non ne produca, che è troppo spesso solo “rendita che produce altra rendita” (Pizzo 2023) e che determina una città sempre più iniqua e diseguale, davvero significa “fermare la città”? E se sì, allora su cosa si basa la sua struttura socioeconomica e in cosa consiste il suo “modello di sviluppo”? Possibile che una città come Milano abbia come sola freccia al proprio arco, l’economia della rendita? Se, invece, questo tipo di economia che intreccia mattoni e finanza, è l’unico modo in cui si pensa sia possibile fare “tutto il resto”, quello che tiene assieme tutto, allora a maggior ragione, dobbiamo (finalmente) riprendere a discutere seriamente di rendita urbana (che “non è più quella di una volta” – Pizzo cit.), e (finalmente) mettere in relazione finanziarizzazione e teoria della rendita per capire esattamente come e a cosa serve, cosa produce nei vari specifici contesti (a cosa si intreccia, come è usata, cosa produce) – e valutarla conseguentemente. Lo scorso 21 luglio in Aula, il Sindaco ha rivendicato le proprie azioni e chiesto sostegno in cambio del rinvio a settembre del nodo più controverso, il Meazza. Tancredi invece si è dimesso; forse non era il momento per annunciare pure un cambio di passo, a partire da quella Commissione Paesaggio nelle cui dubbie mani sono state accentrate le scelte di trasformazione. Frutto avvelenato dell’ansia di semplificare le procedure, la Commissione ha sottratto margini di verifica all’amministrazione e prerogative al Consiglio, indebolendo l’istituzione nella contrattazione coi privati che era supposta vigilare. La semplificazione ha inoltre agito in concorso con il “dumping” sugli oneri di urbanizzazione, compressi al 5% del valore del volume edificabile contro il 20-30% che le città europee in media incassano per la gestione urbana, redistribuendoli in incrementi e conservazione del patrimonio pubblico, per garantire disponibilità ed efficienza dei servizi collettivi, il diritto all’abitare, la tutela della salute, il contrasto della vulnerabilità al clima. Colluse o indifferenti, a Milano le pratiche edilizie sono al contrario progredite senza il “peso” di un confronto con il carico di nuovi abitanti, l’impatto sulla mobilità, vincoli o salvaguardie ambientali: si è così disatteso il mandato di governo urbanistico che, il 24 luglio bocciando il ricorso contro i sigilli alle Torri “Lac” di Baggio, la Cassazione ha affermato di ritenere imperativo. Bisogna dunque ancora chiedersi: mettere in discussione e sperabilmente provare a modificare un certo modo (solo “ambrosiano”?) di fare urbanistica cosa significa esattamente? Ossia: cosa intendiamo con “fermare la città”? Se significasse fermare o rallentare un modello di sviluppo basato sulla crescita dissennata, un consumo di risorse insostenibile, un’idea di città come luogo del privilegio e dell’esclusione, piuttosto che come diritto e inclusione, allora forse si dovrebbe prendere sul serio la possibilità che una tale macchina vada fermata. Se è così, con la vicenda milanese (ma solo perché è emersa per prima) ci è data davvero l‘occasione di “fermarci”, allontanarci dagli interessi piccoli e grandi, ma immediati, dal “basso cabotaggio”, dalle idee per le città dal respiro breve e dalle prospettive anguste, e provare a chiederci: ma cosa stiamo facendo, per chi? È questa la città che desideriamo? Ed è una città vivibile? Da urbaniste, formate in un tempo in cui non si parlava d’altro che di “crisi” dell’urbanistica, della sua debolezza crescente e quasi-inutilità, ci sorprende che ora tutti i guasti messi in luce da questa inchiesta milanese siano ricondotti a quella disciplina che “improvvisamente” avrebbe invece un così grande potere; ci preoccupa l‘ulteriore delegittimazione e svilimento di una pratica nobile, socialmente rilevante, che questo ennesimo scandalo potrà produrre (e di nuovo a favore di chi vorrebbe “meno urbanistica”). Milano dimostra come una visione subalterna alle logiche della rendita e della finanza immobiliare riduca la città a congerie di eventi, opere e architetture che, per quanto possano incantare con la loro bellezza, rispondono a mire speculative in grado di logorare i luoghi, i modi e le relazioni da cui dipende la qualità della vita urbana. Perciò chiariamo che la soluzione a tutto questo non è “meno urbanistica”, e forse neppure “più urbanistica”, ma certamente un’urbanistica diversa da quella attualmente praticata, che purtroppo anche molti esponenti del così detto “riformismo” hanno più o meno direttamente ed esplicitamente contribuito ad affermare.     Per approfondimenti, si rimanda al testo di Barbara Pizzo Vivere o morire di rendita, Donzelli 2023, e al recente “Dialogo” promosso dalla SIU, tenutasi proprio a Milano il 18 e 19 giugno, intitolato “Mercato e regolazione. Processi di finanziarizzazione e rendita” tra Barbara Pizzo, Sapienza Università di Roma e Tuna Tasan Kok, dell’Università di Amsterdam, che sarà pubblicato a breve in forma di podcast sul sito della SIU; si vedano inoltre, su queste pagine, il Manifesto di Walter Tocci, tratto dal suo intervento al Congresso INU di maggio 2025 “Elogio dell’Urbanistica” e l’appello contro il Decreto “Salva Milano”   (immagine: Milano Murata di AleXandro Palombo, Milano Galleria di Arte Moderna, 21 lug.2025) L'articolo Ombre sulla città, Milano e l’urbanistica proviene da Roma Ricerca Roma.
A qualcuno piace caldo
A QUALCUNO PIACE CALDO, CRONACHE DAL PIANO CLIMA DI ROMA di Lorenzo Paglione e Alessandra Valentinelli, Roma Ricerca Roma Lo scorso 25 giugno, la Protomoteca ha ospitato la presentazione del “Piano Caldo”, ultimo spin off della Strategia di Adattamento lanciata nel gennaio 2024 dall’Ufficio Clima di Roma. Il momento scelto per illustrare dinamiche e risposte alle ondate di calore attese in città certo non poteva essere più propizio per un raffronto diretto con quanto emerso dai vari contributi: di lì a qualche giorno avremmo vissuto le settimane più torride degli anni recenti, sperimentando così in prima persona portata e bontà delle informazioni fornite. Oltre agli esempi di pavimentazioni (drenanti, riflettenti, assorbenti…) e agli elenchi di potenziali rifugi climatici ispirati ai comuni normalmente attivi contro i picchi di temperatura, tra le novità dell’incontro, vale in particolare segnalare la serie di mappe sulla distribuzione delle isole di calore romane. Modellate su cartografie forse non perfettamente aggiornate, tali mappe riflettono la geografia della crescita mal governata della Capitale; una scena desolante di edificato compatto, carenza di verde, piastre logistiche e commerciali sovradimensionate, dove il termometro registra i valori massimi. Restituisce le asimmetrie generate dal consumo di suolo che chiunque, girando i quartieri nel pieno dell’ondata di caldo dei giorni successivi, ha potuto misurare nella loro dimensione fisica: l’asfalto infuocato, la scomparsa di ogni refolo d’aria, la preoccupante assenza di calo termico nelle ore notturne, fresco e ombra confinati sotto le (rare) gallerie arboree, vicino all’acqua, nei varchi aperti verso l’Agro o il mare. Così però si delinea anche l’altra mappa, utile ad adattare i nostri spazi quotidiani al clima contrastandone la ferocia: non semplici rifugi, ma polmoni verdi, piazze giardino, strade alberate e aiuole spugna disseminati in tutta la città. In un simile quadro spicca ciò di cui agli incontri dell’Ufficio Clima si continua a non parlare, confermando un’attuazione del Piano che, nonostante i paralleli encomiabili sforzi per sistematizzare in dettaglio gli impatti climatici, procede senza garanzie né di sinergia fra gli interventi cittadini, né di coerenza strategica con la pianificazione di ambiti chiave per la gestione di quelle temperature che non sono più eccezionali, ma ordinarie, ovvero le dotazioni e le tutele ambientali, la mobilità e la sostenibilità energetica. In questo senso, se sicuramente risultano migliorativi gli interventi legati al posizionamento delle nuove pensiline alle fermate del trasporto pubblico di superficie, manca ancora una visione complessiva, capace di leggere il TPL non solo come mitigatore di emissioni climalteranti, ma come vero e proprio strumento per affrontare le disuguaglianze sociali anche legate all’esposizione al calore, dal momento che, sempre per quanto riguarda la mobilità, la riduzione del parco automobili circolanti non può che essere un obiettivo centrale per ridurre le temperature in città. Stesso discorso per quanto riguarda il favorire l’autoproduzione di energia, in un contesto in cui, specialmente per le fasce più vulnerabili (o per la popolazione più esposta), la climatizzazione rappresenta un salvavita: le Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali (CERS), strumento chiave per affrontare questa problematica (al netto di una rivisitazione complessiva dei vincoli sull’aspetto esterno degli edifici, in particolare nella città consolidata della periferia storica), restano purtroppo fuori dal documento conclusivo, nonostante gli sforzi condotti proprio dall’Amministrazione per la stesura del regolamento, mentre i blackout di alcune aree di Roma di questi giorni dimostrano quanto sia fragile l’infrastruttura energetica cittadina quando sottoposta a fortissime sollecitazioni dovute alla climatizzazione degli ambienti. Sin dai suoi esordi la Strategia climatica ha insomma rinunciato all’integrazione delle politiche settoriali per l’adattamento diffuso, privilegiando la realizzazione di opere meglio beneficiate dai finanziamenti. Una strada utile ma insufficiente. Come mostrano Parigi o Barcellona, se si vuol essere efficaci, serve un’organica regia operativa, correlata alle condizioni del territorio, alle intensità di rischio, alla vulnerabilità dei soggetti esposti. Per quanto la Giunta dichiari assumerne le priorità, enumerando alberi piantati, superfici decementificate, persino nuovi parchi, il Piano Clima è solo uno strumento volontario, perseguibile nel singolo appalto ma privo di cogenza sugli altri strumenti ben altrimenti prescrittivi in capo all’Amministrazione. Senza un radicamento nei capitolati delle opere pubbliche, nel Regolamento del Verde, in quello Edilizio o nel Piano Regolatore, senza standard prestazionali obbligatori per gli interventi, dagli spazi minuti dei marciapiedi fino alle nuove piazze, Roma continuerà a fare come ha sempre fatto. E’ difficile infatti non riconoscere, negli esiti delle piazze inaugurate per il Giubileo o nella Rambla di Pietralata, lo scollamento cui si è assistito tra l’elaborazione del Piano Clima e l’adozione delle Norme Tecniche, che si ripropone ora nella programmazione degli interventi, ora nei tanti piccoli e grandi cantieri sparsi per la città; oggi contro il caldo, domani contro le piogge o l’erosione costiera. Lo spazio pubblico, anche superando concezioni tradizionali sul suo aspetto monumentale, deve invece diventare un grande laboratorio di sperimentazione di pratiche di adattamento al clima aperte alle istanze dal basso, dove le comunità partecipano al processo di cambiamento necessario per evitare che nei prossimi dieci anni, Roma sia resa invivibile più che dagli estremi stagionali, dal calore o dagli allagamenti intrappolati e potenziati dalla sua stessa massa di cemento e asfalto. Il 25 giugno, l’Assessore all’Urbanistica Veloccia ha finalmente accennato ad un “prossimo” studio per integrare nel Regolamento edilizio le indicazioni su materiali, colori e cappotti termici. La Strategia di Adattamento suggeriva anche un aggiornamento della Rete Ecologica che l’Assessora all’Ambiente Alfonsi non pare aver ad oggi raccolto. Quel giorno soltanto Ispra ha richiamato la Direttiva europea per il “Ripristino della Natura” che impone il mantenimento di zone verdi e coperture arboree esistenti; contraddizioni nel processo di adattamento della città che, a più di un’anno dall’uscita del Piano, non possono credersi solo apparenti, ma semmai coerenti con la mission ambientale dell’Ufficio Clima di questa Amministrazione. (nella foto in alto: Gualtieri all’inaugurazione della “Rambla” di Pietralata, 25 giugno 2025) L'articolo A qualcuno piace caldo proviene da Roma Ricerca Roma.
Ripensare piazzale Ostiense: tra Piramide Cestia e Nathan, un’occasione per le romane e i romani
A CURA DI ELLA BAFFONI, MARIA TERESA CARBONE, ANDREA DECLICH E LUCA REALE PER CHI NON HA POTUTO ASSISTERE IN PRESENZA ALL’INCONTRO ORGANIZZATO DA ROMA RICERCA ROMA LA BELLEZZA INVISIBILE. PIAZZALE OSTIENSE FRA PIRAMIDE CESTIA E NATHAN, CHE SI È TENUTO GIOVEDÌ 27 FEBBRAIO PRESSO LA FACOLTÀ DI ARCHITETTURA DELL’UNIVERSITÀ ROMA TRE, PROPONIAMO QUI DI SEGUITO LA TRASCRIZIONE DI TUTTI GLI INTERVENTI, SOTTOPOSTA SOLO A UNA LEGGERA REVISIONE PER CONSENTIRE UNA MIGLIORE LEGGIBILITÀ. SULL’INCONTRO, DEDICATO AI PROBLEMI E ALLE OPPORTUNITÀ DI QUESTO LUOGO STRAORDINARIO – UNO DEI NODI PIÙ IMPORTANTI DELLA MOBILITÀ PUBBLICA ROMANA E AL TEMPO STESSO UNO SPAZIO DENSISSIMO DI STORIA E DI MEMORIA – SEGUIRANNO POI, SEMPRE NEL SITO DELL’ASSOCIAZIONE, ARTICOLI E COMMENTI A PARTIRE DAI MOLTI TEMI TOCCATI: IN PARTICOLARE, LA NECESSITÀ DI UNA RIFLESSIONE STRATEGICA CHE VALORIZZI AL MEGLIO LE POTENZIALITÀ DI PIAZZALE OSTIENSE E, D’ALTRO CANTO, L’UTILITÀ DI INTERVENTI PIÙ IMMEDIATAMENTE REALIZZABILI, COME L’ARCHEOTRAM O IL PARCO LINEARE DELLE MURA, CHE AVRANNO UN IMPATTO IMPORTANTE SE SI INSERIRANNO IN UNA VISIONE PROGETTUALE NON SCHIACCIATA SUL PRESENTE. IL DIBATTITO È STATO PRESIEDUTO DA LUCA REALE, DI ROMA RICERCA ROMA. SONO INTERVENUTI FABIO MARTELLINO, DELL’ASSESSORATO ALL’URBANISTICA DI ROMA CAPITALE CHE HA ESPOSTO IL PUNTO DI VISTA DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE; SI È PARLATO DI SAN SABA, UNO DEI QUARTIERI ATTORNO AL PIAZZALE OSTIENSE, CON GLI INTERVENTI DI FRANCESCA ROMANA STABILE, DOCENTE DI ROMA TRE, CHE HA PARLATO DELLA STORIA ARCHITETTONICA E URBANISTICA DEL QUARTIERE, E FABRIZIO FANTERA, DELLA RETE COMUNE INQUILINI ATER, CHE HA PARLATO DELLA STORIA POLITICA E DELLA MEMORIA DI SAN SABA; ROSARIO PAVIA E GIOVANNI CAUDO, URBANISTI, HANNO PARLATO DEL PARCO DELLE MURA, IL PRIMO PRESENTANDO IL PUNTO DI VISTA DELL’ASSOCIAZIONE “COMITATO MURA LATINE”, IL SECONDO PRESENTANDO LE ATTIVITÀ IN CORSO DA PARTE DELL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE; ELIANA CANGELLI, DOCENTE DELLA SAPIENZA, HA PARLATO DELLA FUTURA RISISTEMAZIONE DELLA VIABILITÀ DEL PIAZZALE E DELL’ALLARGAMENTO DELLE AREE PEDONALI; EDOARDO ZANCHINI, DIRETTORE DELL’UFFICIO CLIMA DI ROMA CAPITALE, HA ESPOSTO LE POLITICHE DI ADATTAMENTO AL CAMBIAMENTO CLIMATICO RILEVANTI NEL CONTESTO DI UNA RISISTEMAZIONE DEL PIAZZALE, MENTRE WALTER TOCCI, CONSULENTE PER IL SINDACO DEL PROGETTO CARME, HA PARLATO DEL PROGETTO DELL’ARCHEOTRAM. QUELLO CHE, COME ROMA RICERCA ROMA CI PREME, È CHE A QUESTO PRIMO MOMENTO DI DIBATTITO NE SEGUANO ALTRI E CHE LE SOLUZIONI ADOTTATE SIANO FRUTTO DI UN VERO DIALOGO CON TUTTI GLI ATTORI COINVOLTI, A PARTIRE DAI RESIDENTI DEI QUARTIERI ATTORNO AL PIAZZALE OSTIENSE E IN GENERALE DAI CITTADINI DI ROMA.   LUCA REALE (ROMA RICERCA ROMA) È CON MOLTO PIACERE CHE INIZIO QUESTO INCONTRO SU PIAZZALE OSTIENSE, INNANZITUTTO RINGRAZIANDO LA FACOLTÀ DI ARCHITETTURA DI ROMA TRE, E IN PARTICOLARE FRANCESCA ROMANA STABILE, E POI ROMA RICERCA ROMA, L’ASSOCIAZIONE PROMOTRICE DI QUESTO INCONTRO, E FRA TUTTI, LE PERSONE CON CUI LO ABBIAMO PENSATO: ANDREA DECLICH, ANTONIA TOMASSINI, PAOLO ARSENA, ALESSANDRO SPECCHIA. A QUESTO PROPOSITO, PRIMA DI DARE LA PAROLA AI RELATORI VORREI DIRE DUE PAROLE SU ROMA RICERCA ROMA, UN’ASSOCIAZIONE CHE RACCOGLIE, NEL CONTESTO ROMANO, RICERCATORI E STUDIOSI, NON SOLO UNIVERSITARI MA ANCHE INDIPENDENTI, E ATTIVISTI LEGATI A VARIE ASSOCIAZIONI DEL TERRITORIO ROMANO. DA CIRCA CINQUE ANNI CI CONFRONTIAMO DA PUNTI DI VISTA DISCIPLINARI DIFFERENTI SUL FUTURO POSSIBILE DI QUESTA CITTÀ E SIAMO ORGANIZZATI IN GRUPPI DI LAVORO CHE HANNO PRODOTTO DISCUSSIONI E DOSSIER, DISPONIBILI SUL NOSTRO SITO WEB. L’INCONTRO DI OGGI NASCE DAL GRUPPO MOBILITÀ, ED È IL SECONDO DI UNA SERIE DI DIALOGHI COSTITUENTI. PERCHÉ “COSTITUENTI”?  PERCHÉ SIAMO CONVINTI CHE ROMA DOVREBBE COMINCIARE A PENSARE AL POST PNRR, AL POST GIUBILEO, IN TERMINI DI INVESTIMENTI, E SOPRATTUTTO IN TERMINI PROGETTUALI. NOI RICERCATORI VOGLIAMO TENERE D’OCCHIO QUESTI PROCESSI, PROVANDO ANCHE IN PARTE A DETERMINARLI, E CERCANDO DI PROPORRE UNA VISIONE DI ROMA NON SCHIACCIATA SUL PRESENTE O SULL’IMMEDIATO FUTURO. OGGI VOGLIAMO AVVIARE UNA RIFLESSIONE PROGETTUALE SUL PIAZZALE OSTIENSE E SUL SUO CONTESTO URBANO: UN LUOGO STRAORDINARIO, IN UNO STATO DI STRAORDINARIO ABBANDONO – UN LUOGO RICCO DI TESTIMONIANZE ARTISTICHE, ARCHITETTONICHE, URBANE E AL TEMPO STESSO INEFFICIENTE COME NODO DELLA MOBILITÀ. SPESSO OSSERVIAMO CHE I TRASPORTI SU FERRO DI ROMA SONO UNA RETE SENZA NODI E QUESTO NE È IL TIPICO ESEMPIO. OSTIENSE È IL PIÙ POTENTE NODO DEL FERRO E AL TEMPO STESSO IL PIÙ MALFUNZIONANTE, IL PIÙ ILLOGICO. IL PROBLEMA NON È SOLO IL TRAFFICO AUTOMOBILISTICO SUL PIAZZALE, MA LA MANCANZA DI RIFLESSIONE SU TUTTO QUESTO QUADRANTE, CHE NON SI È MAI EVOLUTO, E ANZI SI È VIA VIA CONGESTIONATO. OGGI OSTIENSE CI PARE UN NODO DELL’INTERMODALITÀ (CI SONO TRENI REGIONALI E NAZIONALI, METROPOLITANE, TRAM, PISTE CICLABILI) CHE ANDREBBE VALORIZZATO, OLTRE CHE PER LA MOBILITÀ, PER LO SPAZIO PUBBLICO E I VALORI ARCHITETTONICI. PROPRIO LA COMPLESSITÀ DEL NODO, DUNQUE, PORTA CON SÉ GRANDI OPPORTUNITÀ. PER QUESTO NELL’INCONTRO DI OGGI PARLEREMO ANCHE DI ARCHEOTRAM E PARCO LINEARE DELLE MURA, DUE AZIONI CHE SI POSSONO METTERE IN ATTO IN TEMPI ABBASTANZA BREVI. PROVIAMO DUNQUE AD ALLARGARE UN PO’ LO SGUARDO. IL PIANO REGOLATORE VIGENTE INDIVIDUAVA TRE AMBITI STRATEGICI DI PROGRAMMAZIONE FONDAMENTALI: LE MURA, L’ANELLO FERROVIARIO E IL TEVERE. A 22 ANNI DALL’ADOZIONE DEL PIANO, TROPPO POCO È STATO FATTO SU QUESTI AMBITI DI PROGRAMMAZIONE, CHE AVREBBERO DOVUTO ESSERE PROGETTATI UNITARIAMENTE E CHE INVECE SONO STATI DIMENTICATI DALLE TRASFORMAZIONI DELLA CITTÀ E SOPRATTUTTO DALLA PROGRAMMAZIONE STRATEGICA. COSA È OGGI OSTIENSE? QUI CI SONO LE MURA, L’ANELLO FERROVIARIO, IL TEVERE. QUI C’È ANCHE UN TEMA FORTE DI CICLABILITÀ, IL PERCORSO CICLABILE DA NORD A SUD. ECCO, RIGUARDO AGLI AMBITI STRATEGICI È VERO CHE IL PIANO REGOLATORE CHIAMA QUEGLI ELABORATI “INDICATIVI” E NON “PRESCRITTIVI”, MA QUESTE INDICAZIONI PRIMA O POI BISOGNERÀ ACCOGLIERLE, O COMUNQUE COMINCIARE A RAGIONARCI IN TERMINI PROGETTUALI, COME PER “LA CITTÀ DEI 15 MINUTI”, CHE FA RIFERIMENTO ALL’ASSESSORATO ALL’URBANISTICA, MA CHE, SE NON SI FONDA SULLA CENTRALITÀ DEI NODI DEL FERRO, RISCHIA DI RIMANERE UNO SLOGAN. OGGI LA MOBILITÀ ANDREBBE RIPENSATA COMPLETAMENTE. È CIÒ CHE AUSPICHIAMO COME ROMA RICERCA ROMA: DA TEMPO DICIAMO CHE GLI ASSESSORATI ALLA MOBILITÀ, AI TRASPORTI, ALL’URBANISTICA DOVREBBERO PIANIFICARE LA CITTÀ ALL’UNISONO. QUINDI PROVIAMO A PARTIRE DA QUI, DA UN LUOGO CIRCOSCRITTO, PER CONSIDERARLO NELLA SUA COMPLESSITÀ, NELLA SUA POTENZIALITÀ URBANA E TERRITORIALE, ANCHE SE A QUESTO TAVOLO MANCA OGGI UN SOGGETTO IMPORTANTE, RFI, CHE FATICA A DIALOGARE CON L’AMMINISTRAZIONE. UN ALTRO TEMA IMPORTANTE È LA RICUCITURA CON OSTIENSE E GARBATELLA, I QUARTIERI AL DI LÀ DELLA FERROVIA, ATTUALMENTE UN ELEMENTO ECCESSIVAMENTE SEPARANTE. L’ASSESSORATO ALL’URBANISTICA STA LAVORANDO SULLE AREE DELL’ANELLO FERROVIARIO, CE NE PARLERÀ L’ARCHITETTO MARTELLINO, E SU QUESTE AREE LAVORA ANCHE IL PROFESSOR BALBO. MA INTANTO RESTA VIGENTE IL PIANO DI ASSETTO OSTIENSE DEL 2008, CHE CI PARE DEL TUTTO INSUFFICIENTE A RILANCIARE QUESTO QUADRANTE, A RENDERE PIAZZALE OSTIENSE NON UN LUOGO CHE DIVIDE I QUARTIERI MA CHE LI CONNETTE, AFFRONTANDO IL RIPENSAMENTO DI TUTTA LA FASCIA, DALL’AIR TERMINAL FINO ALLA COLOMBO, DOVE SI DOVEVA FARE IL CAMPIDOGLIO 2. CHE SI FA DI QUELL’AREA E DELLE PREVISTE CUBATURE? SI POTREBBERO IMMAGINARE ALCUNE DENSIFICAZIONI, NELL’AREA DI SEDIME DELLA METRO B CHE È OGGI DI 9 METRI SOTTO IL LIVELLO URBANO, MA ANCHE DELLA STESSA FERROVIA, VOLUMETRIE CHE INFATTI IL PIANO DI ASSETTO PREVEDE. L’IDEA DI “TOMBARE” LA STAZIONE METRO POTREBBE RICUCIRE LA FRATTURA TRA QUARTIERI, ANCHE IMMAGINANDO DI INSERIRE QUANTITÀ DI L’EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA O SOCIAL HOUSING. INFINE, DA PIAZZALE OSTIENSE PASSA IL RAPPORTO DI ROMA CON IL MARE, LA RELAZIONE TRA ROMA, OSTIA E FIUMICINO. LA METAFORA DEL TERRITORIO DI ROMA IN FORMA DI COMETA, PENSATA NEGLI ANNI ’30 DA GUSTAVO GIOVANNONI, PROIETTAVA LA CITTÀ VERSO IL MARE DI OSTIA. E QUESTA PREVISIONE IN EFFETTI SI È AVVERATA, MA CON UNA PREVALENZA, A PARTIRE DAL SECONDO DOPOGUERRA, DI OPERAZIONI SPONTANEE E FUORI DALLA PIANIFICAZIONE, CHE COSTITUISCONO OGGI QUASI UN TESSUTO URBANO CONTINUO TRA ROMA E OSTIA. LA TRASFORMAZIONE DELLA ROMA LIDO IN METROPOLITANA CI SEMBRA IN QUESTO SENSO IMPROCRASTINABILE (METROMARE PER OSTIA È LA RISPOSTA “MINIMALE” DEL PUMS). OGGI LA ROMA-LIDO È TRA LE LINEE FERROVIARIE PIÙ SCADENTI D’ITALIA, HA VINTO A PIÙ RIPRESE IL PREMIO CARONTE DI LEGAMBIENTE. METROVIA, UN’ASSOCIAZIONE CHE COLLABORA COSTANTEMENTE CON ROMA RICERCA ROMA, HA PRESENTATO A LUGLIO 2024 UNA PROPOSTA ALTERNATIVA MOLTO INTERESSANTE: LA LINEA M 9 PER OSTIA, E LA LINEA M 4 PER FIUMICINO, PENSATE PER RENDERE IL SERVIZIO EFFICIENTE, SCARICANDO IL TRAFFICO SULLA COLOMBO E SULLA VIA DEL MARE, E SERVENDO COSÌ I QUARTIERI CHE SONO INTANTO SORTI LUNGO IL PERCORSO. UNA TRATTA EFFICACE CHE POTREBBE PORTARE RAPIDAMENTE DALL’AEROPORTO A OSTIENSE E ALL’EUR. OSTIENSE DIVENTEREBBE COSÌ LA PORTA DEI FLUSSI TURISTICI, SOSTITUENDO I BUS TURISTICI NON SOLO DALLA ZTL MA IN FUTURO DA TUTTO L’INTERNO DELL’ANELLO FERROVIARIO. E PER CHIUDERE, C’È IL TEMA DELL’AMBIENTE E DELL’ADATTAMENTO AL CLIMATE CHANGE, CHE DOVREBBE ESSERE UN PUNTO DI PARTENZA PER IL RIPENSAMENTO DEL PIAZZALE, COME CI CHIARIRÀ EDOARDO ZANCHINI. CHIAMEREI DUNQUE A PARLARE FABIO MARTELLINO, DELLO STAFF DELL’ASSESSORE VELOCCIA.   FABIO MARTELLINO (ASSESSORATO URBANISTICA E CITTÀ DEI 15 MINUTI DI ROMA CAPITALE) RINGRAZIO ROMA RICERCA ROMA PER L’OPPORTUNITÀ DI DISCUTERE SU UN TEMA COSÌ IMPORTANTE SU CUI STIAMO GIÀ LAVORANDO E RINGRAZIO LA FACOLTÀ DI ARCHITETTURA DOVE SONO STATO STUDENTE. SONO CRESCIUTO A OSTIA, CONOSCO BENE I PROBLEMI DELLA METRO MARE, DI COME SIA DEPERITA NEL TEMPO. OSTIENSE È SICURAMENTE UN NODO URBANO PARTICOLARMENTE DENSO E INTERESSANTE, RITENGO SIA UNO DEI LUOGHI URBANI DI ROMA PIÙ INTENSI, QUI SI CONCENTRANO PREZIOSI ELEMENTI DEL PATRIMONIO STORICO CULTURALE – PORTA SAN PAOLO, LA PIRAMIDE, PARCO DELLE MURA – SIAMO PROSSIMI AL TEVERE ED ALL’INNESTO CON IL QUARTIERE DI TESTACCIO. MA ALLO STESSO TEMPO È UNO DEI NODI DI SCAMBIO URBANO E METROPOLITANO PIÙ RILEVANTI, CON LA METRO MARE, LA METRO B, LE FERROVIE DI STATO ED I TRENI REGIONALI, IL TRAM, IL TRASPORTO PUBBLICO LOCALE SU GOMMA. DUNQUE RICCO DI ELEMENTI ETEROGENEI, INTENSO COME DETTO, MA PROBABILMENTE, PER ASSURDO, È ANCHE IL LUOGO PIÙ “SLEGATO” DI QUESTA CITTÀ, AFFASTELLATO DI COSE DIVERSE, TUTTE INTERSECATE CON L’USO QUOTIDIANO DELLA CITTÀ, CON I SUOI ABITANTI, MA CHE IN EFFETTI HA DIFFICOLTÀ A METTERE A SISTEMA QUESTE ENORMI POTENZIALITÀ – RIMANGONO SPESSO SPAZI MUTI, PRIVI DI CAPACITÀ RELAZIONALE, COME IL COLLEGAMENTO FRA LA STAZIONE DEI TRENI E LA METROPOLITANA, CHE È IMPERVIO, QUASI OSTILE. SUL PIAZZALE OSTIENSE È DIFFICILE PER UN PEDONE TROVARE UNA DIMENSIONE CONFORTEVOLE E SICURA PER ATTRAVERSARE ED ARRIVARE ALLE FERMATE, HA SEMPRE L’IMPRESSIONE DI DOVER “SCAMPARE” A QUALCOSA, CORRE VIA CERCANDO “SALVEZZA” VERSO L’INTERNO DI UN COMPLESSO DI STRUTTURE ANCH’ESSE DISARTICOLATE, NON INTEGRATE FRA LORO, E DELLE QUALI È DIFFICILE AVERE UNA PERCEZIONE D’INSIEME. È UN LUOGO CHE ATTRAE E SMISTA TANTISSIME PERSONE, GENERA ALTRE ATTIVITÀ AGGIUNTIVE A QUELLE MERAMENTE DI STAZIONE ED ESTERNE AD ESSA, CHE TUTTAVIA SI SVILUPPANO IN MODO INFORMALE PER NON DIRE IMPROPRIO. MA SIAMO AL CENTRO DELLA CITTÀ, È ADIACENTE – MA NON INTEGRATO – AD UN TESSUTO URBANO VIVO E VISSUTO DA CITTADINI, STUDENTI E TURISTI, ALLE PORTE DEL CARME. QUESTI SPAZI URBANI HANNO UN POTENZIALE ENORME, PENSO A PIAZZALE DEI PARTIGIANI CHE POTREBBE ESSERE UN LUOGO OTTIMO PER FARE ATTIVITÀ DI OGNI TIPO, OLTRE ALL’INTERMODALITÀ, POTREBBE OSPITARE EVENTI ED ATTIVITÀ UTILI. L’INTERO COMPLESSO DI FERMATE E STAZIONI POTREBBE, DOVREBBE, OSPITARE MAGGIORI FUNZIONI E INTENSIFICARE GLI USI, DIVENTARE META E NON SOLO PUNTO DI TRANSIZIONE NEL CUORE DI ROMA. STIAMO LAVORANDO, CERCANDO DI FARE UN RAGIONAMENTO PIÙ AMPIO E SISTEMATICO, SUI NODI DI SCAMBIO. LINEE PORTANTI COME QUELLE DEL FERRO (NODO FERROVIARIO, METRO E TRAM) SONO PORTE DI ACCESSIBILITÀ ALLA CITTÀ. SONO I PRINCIPALI LUOGHI URBANI DOVE POTER DENSIFICARE DIVERSE ATTIVITÀ. POTREBBERO OSPITARE ATTREZZATURE CHE CREINO IL MODELLO DIFFUSO DI CITTÀ DEI 15 MINUTI. IN QUESTO AMBITO C’È GIÀ UNO STRUMENTO ATTUATIVO IL PIANO DI ASSETTO OSTIENSE DEL 2000, CHE NASCE DAL PIANO DI ASSETTO GENERALE (PAG), E CHE MERITA UN AGGIORNAMENTO. IL COMPARTO C 9, UNO “SCARABEO” CHE RACCHIUDE I BINARI DELLA METRO MARE E DELLA METRO B, HA GIÀ UNA SUA EDIFICABILITÀ, 10.000 METRI QUADRATI. LE FUNZIONI DEVONO ARRICCHIRE IL LUOGO IN SÉ, MA IN RELAZIONE ALLA VITA QUOTIDIANA DEL QUARTIERE. BISOGNA DARE ESPRESSIONE ALLE POTENZIALITÀ METTENDOLE A A SISTEMA CON IL CARME E L’ARCHEOTRAM MA ANCHE CON IL SISTEMA DELLE MURA A TESTACCIO FINO A TEVERE. UNO DEGLI OBIETTIVI DEL NOSTRO LAVORO È AGGIORNARE IL PIANO D’ASSETTO, E IN PARTICOLARE IL C 9, CHE DOVRÀ INTERAGIRE CON TUTTO QUELLO CHE C’È INTORNO. FONDAMENTALE È LA RIORGANIZZAZIONE DEGLI SPAZI PUBBLICI DEL PIAZZALE PER CREARE RELAZIONI FRA LE PARTI, COSTRUIRE UN’IDENTITÀ CHIARA DEL LUOGO, CONQUISTARE MAGGIOR SPAZIO PER REALIZZARE NUOVE ATTIVITÀ LEGATE AL LAVORO, ALL’INTRATTENIMENTO, ALL’OSPITALITÀ, ANCHE REALIZZANDO UN SUOLO ARTIFICIALE PER QUANTO POSSIBILE, UNA PIASTRA SUI BINARI SU CUI EDIFICARE, RIORGANIZZARE I MARGINI DELLO SCARABEO PER UNA MAGGIORE OSMOSI CON IL QUARTIERE E PER INTEGRARE ATTREZZATURE E SERVIZI.   FRANCESCA ROMANA STABILE (UNIVERSITÀ ROMA TRE) UN PASSO INDIETRO, UNA BREVE RETROSPETTIVA SUI CARATTERI E LE IDENTITÀ DI QUESTO AMBITO URBANO, CERNIERA TRA DIVERSI QUADRANTI DELLA ZONA A SUD DI ROMA. IL SIMBOLO DI QUESTO LUOGO È LA PIRAMIDE DI CAIO CESTIO CHE NON HA CASO È STATA INTERPRETATA COME IMMAGINE ICONICA DELLA ROMA ANTICA ANCHE DA LE CORBUSIER (FIG. 1). FIG. 1 FINO A ROMA CAPITALE LA PIRAMIDE DI CAIO CESTIO CON PORTA SAN PAOLO E LE MURA AURELIANE ERANO LE UNICHE EMERGENZE DI UNA ZONA SOSTANZIALMENTE SUBURBANA. CON LA DESTINAZIONE DI TESTACCIO A QUARTIERE INDUSTRIALE DELLA CITTÀ (NOVEMBRE 1870) E LA SUCCESSIVA REALIZZAZIONE DEL MATTATOIO (1888-1891), LA ZONA È DIVENTATA IL POLO URBANO DELLO SVILUPPO COMMERCIALE E INDUSTRIALE DELL’AREA OSTIENSE, AVVIATO AGLI INIZI DEL NOVECENTO. IN RELAZIONE A TALE SVILUPPO SI INQUADRA LA CONFORMAZIONE DI PIAZZALE OSTIENSE DOVE NEGLI ANNI VENTI VIENE COSTRUITA LA STAZIONE DELLA LINEA FERROVIARIA ROMA-OSTIA LIDO, PROGETTATA DA MARCELLO PIACENTINI. COM’È NOTO, NEGLI ANNI TRENTA LA ZONA È CARATTERIZZATA DA ALTRE SIGNIFICATIVE EMERGENZE COME IL PALAZZO DELLE POSTE DI ADALBERTO LIBERA E MARIO DE RENZI, SU VIA MARMORATA, E LA COSTRUZIONE DELLA STAZIONE OSTIENSE. MA È SIGNIFICATIVO RICORDARE ANCHE IL PARCO DELLA RESISTENZA, PROGETTATO DA RAFFAELE DE VICO, CHE SI INSERIVA IN UN PIÙ AMPIO SISTEMA DEL VERDE CHE COMPRENDEVA IL MONTE TESTACCIO E L’ATTUALE CIMITERO DI GUERRA (A RIDOSSO DELLO STRAORDINARIO CIMITERO ACATTOLICO). CON I BOMBARDAMENTI DEL MARZO 1944 E I CROLLI DELLE MURA AURELIANE, NEL TRATTO IN CORRISPONDENZA DELL’ATTUALE VIA RAFFAELE PERSICHETTI, PORTA SAN PAOLO VIENE ISOLATA E DIVENTA UN SEMPLICE SPARTITRAFFICO. LA PIANTA DI ROMA DEL 1949 METTE IN EVIDENZA QUESTO ASPETTO MA ANCHE LA CENTRALITÀ DI UN NODO DI ATTRAVERSAMENTO DELLA CITTÀ CHE COSTITUISCE IL CARDINE DI DIVERSI AMBITI URBANI: TESTACCIO, SAN SABA, L’AVENTINO E L’OSTIENSE (FIG. 2). FIG. 2 TALI ZONE, SONO PARTE INTEGRANTE DI UN QUADRANTE URBANO CARATTERIZZATO DA DIVERSE SPECIFICITÀ CHE COMPRENDO SIA SIGNIFICATIVI INTERVENTI RESIDENZIALI (SAN SABA E AVENTINO) CHE REALTÀ PIÙ COMPLESSE COME QUELLA DI TESTACCIO E DELL’OSTIENSE CHE NEGLI ULTIMI TRENTA ANNI SONO STATE OGGETTO DI UNA PROGRESSIVA RICONVERSIONE E RIGENERAZIONE URBANA IN FUNZIONE CULTURALE, COMMERCIALE E TURISTICA OLTRE CHE RESIDENZIALE. LA STORIA DI QUESTO LUOGO RAPPRESENTA, COSÌ, LA TESTIMONIANZA DELLO SVILUPPO E DELLA TRASFORMAZIONE DI UNA ZONA DI ROMA SEGNATA ANCHE DA IMPORTANTI PASSAGGI DELLA POLITICA DEL PAESE COME LA BATTAGLIA DI PORTA SAN PAOLO, ALL’INDOMANI DELL’8 SETTEMBRE DEL 1944, O LE MANIFESTAZIONI DEL LUGLIO DEL 1960 CHE SONO ENTRATE NELL’IMMAGINARIO COLLETTIVO PER LE CARICHE A CAVALLO DELLA POLIZIA (FIG. 3). FIG. 3 QUESTI RIFERIMENTI SONO IMPORTANTI PER RICORDARE COME IL RACCONTO DEI LUOGHI DEBBA PASSARE PER DIVERSI SGUARDI E PROGRESSIVI APPROFONDIMENTI AL FINE DI RICONOSCERE LE TANTE POTENZIALITÀ NECESSARIE AD ATTIVARE UNA PROGETTUALITÀ COLTA E CONSAPEVOLE.   ROSARIO PAVIA (COMITATO MURA LATINE) IL COMITATO MURA LATINE È NATO DIECI ANNI FA PER GESTIRE IL PARCO DELLE MURA LATINE, CHE SI SVILUPPA TRA PORTA METRONIA E PORTA LATINA, MA L’ASSOCIAZIONE È MOLTO ATTIVA NELLA PROMOZIONE CULTURALE DELLE MURA NEL LORO COMPLESSO. NEL 1974 L’INSTALLAZIONE ARTISTICA DI CHRISTO, CHE AVVOLSE PORTA PINCIANA CON DEI TELI, DENUNCIAVA L’OCCULTAMENTO DELLE MURA AURELIANE NELLE POLITICHE CULTURALI E URBANE DELLA CITTÀ. E’ UN EPISODIO IMPORTANTE CHE VOGLIAMO RICORDARE CINQUANT’ANNI DOPO, PROPRIO A PORTA PINCIANA. IL COMITATO MURA LATINE DA TRE ANNI, CON LA RASSEGNA IL CINEMA SOTTO LE MURA STA CERCANDO DI RIPORTARE L’ATTENZIONE SUL VALORE CULTURALE DI QUESTO PATRIMONIO CHE IN FONDO RESTA ANCORA MISCONOSCIUTO ED EMARGINATO. NESSUN PIANO REGOLATORE A ROMA SI È OCCUPATO DELLE MURA, NONOSTANTE IL LORO VALORE CULTURALE E LA POTENZA STRUTTURANTE DEL LORO RECINTO. SOLO IL PIANO REGOLATORE APPROVATO NEL 2008 HA INDIVIDUATO NELLE MURA UN AMBITO DI PROGRAMMAZIONE STRATEGICA. LE MURA SONO UNA GRANDE INFRASTRUTTURA NARRATIVA, VANNO VISTE COME UN PARCO E UNO SPAZIO PUBBLICO CONTINUO., CON UNA SERIE DI PARCHI DI QUARTIERE CONNESSI DA UN SISTEMA DI PERCORSI PEDONALI E CICLABILI. ALCUNE AREE COME I PARCHI LUNGO VIA CARLO FELICE E VIALE METRONIO FUNZIONANO GIÀ ORA BENISSIMO. CI SONO ATTUALMENTE MOLTI FINANZIAMENTI PER LE MURA, CIRCA 23 MILIONI, MA SONO FINALIZZATI SOLO A OPERE DI RISTRUTTURAZIONE DI CONSOLIDAMENTO. INVECE, IL PROGETTO STRATEGICO PROPONEVA LA REALIZZAZIONE DI UN PARCO LINEARE, UN GRANDE SPAZIO PUBBLICO CONTINUO PER CONSENTIRE LA FRUIZIONE DELLE MURA, UN UNICUM IN EUROPA. DA VIENNA A PARIGI, A MILANO LE MURA SONO STATE ABBATTUTE PER LO SVILUPPO DELLA CITTÀ MODERNA. A ROMA NOI LE ABBIAMO CONSERVATE, POTREMMO OGGI RIQUALIFICARLE E FARNE UN NUOVO GRANDE PROGETTO DI MODERNITÀ. SI È PARLATO DI UN MASTERPLAN LUNGO LE MURA, MA NON SE NE SA MOLTO. ALCUNI SPAZI POSSONO ESSERE RECUPERATI SUBITO: IL TRATTO TRA PORTA SAN SEBASTIANO E SAN PAOLO, IL VIALE CASTRENSE CHE DI FATTO È GIÀ PEDONALE. LE MURA È UN’INFRASTRUTTURA NARRATIVA DELLA CITTÀ: ATTRAVERSA   QUARTIERI, GRANDI PARCHI COME QUELLO DELL’APPIA ANTICA E  DI VILLA SCIARRA. LUNGO LE MURA CI SONO CENTINAIA EPISODI DI ARCHITETTURA MODERNA, DALLE POSTE DI ADALBERTO LIBERA A PORTA SAN PAOLO, AL COMPLESSO DELLO STUDIO PASSARELLI A VIA CAMPANIA, ALL’ASCENSORE CHE CONNETTEVA IL PINCIO COL MURO TORTO. MA TORNIAMO ALL’OSTIENSE. QUI LE MURA ARRIVANO SUL TEVERE. E ‘UN’INTERSEZIONE IMPORTANTE SU CUI NON C’È ATTENZIONE. A LUNGOTEVERE TESTACCIO LE MURA SONO ABBANDONATE, VERSANO IN CONDIZIONI DI GRANDE DEGRADO, SERVONO COME AREA LOGISTICA PER LA RACCOLTA DELL’IMMONDIZIA. DIETRO C’È IL CAMPO BOARIO, C’È IL MATTATOIO, SIAMO NEL CUORE DELL’ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE CON IL GAZOMETRO, GLI EX MAGAZZINI GENERALI, IL PONTE DI FERRO, IL PONTE DELLA FERROVIA. IL PORTO FLUVIALE, È UN ALTRO ELEMENTO IMPORTANTE DEL TUTTO TRASCURATO, QUI COGLIAMO ANCORA IL RAPPORTO TRA IL TEVERE E IL MARE. IL COLLEGAMENTO TRA L’ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE DI QUESTO QUARTIERE E L’ARCHEOLOGIA CLASSICA DI OSTIA ANTICA È UN TEMA SU CUI INTERVENIRE IMMEDIATAMENTE, OCCORRONO SOLO OPERE STRATEGICHE A BASSO COSTO. COSA MANCA PER PORTARE AL PORTO FLUVIALE I BATTELLI TURISTICI CHE GIÀ ORA COLLEGANO PONTE MARCONI CON OSTIA ANTICA?  SOLO IL DRAGAGGIO DI ALMENO UN CHILOMETRO. ROMA CAPITALE AVEVA UNA RAGIONE DI ESSERE, NON SOLO PERCHÉ ERA A METÀ STRADA TRA IL NORD E IL SUD, MA FORSE PERCHÉ ERA AL CENTRO DEL MEDITERRANEO. QUESTO PROGETTO PER ROMA VA RIPRESO, NON CON UNA RETORICA PASSATISTA, MA CON UN’IDEA DI CITTÀ CHE GUARDA AL FUTURO.   GIOVANNI CAUDO (CAPOGRUPPO ROMA FUTURA, PRESIDENTE CSPNRR) IL METODO DI LAVORO DI ROMA RICERCA ROMA MI SEMBRA UN ACCOMPAGNAMENTO IMPORTANTE DI QUEL CHE FA L’AMMINISTRAZIONE COMUNALE, D’ALTRONDE IN TUTTE LE GRANDI CITTÀ CI SONO THINK TANK, LUOGHI IN CUI SI RAGIONA AL DI LÀ DELLA CONTINGENZA. ORA ROMA RICERCA ROMA HA SCELTO DI DIALOGARE SULL’AREA OSTIENSE, LA SEDE CHE CI OSPITA È QUELLA DEL DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA CHE È QUI DA QUASI VENT’ANNI – UN ESEMPIO DI RIUSO CHE DOVREBBE ESSERE D’ESEMPIO SUL COME FARE MEGLIO CON QUELLO CHE C’È. NEL ‘900 I CONSERVATORI ERANO QUELLI CHE SI OPPONEVANO AL PROGRESSO, E I PROGRESSISTI RINCORREVANO IL VENTUNESIMO SECOLO VOLENDO CAMBIARE TUTTO. IL MONDO SI È RIBALTATO, NEL SENSO CHE CHI ERA PROGRESSISTA NEL ‘900 OGGI È ACCUSATO DI ESSERE CONSERVATORE. ASSUMIAMO QUESTO RIBALTAMENTO ANCHE IN SENSO POLITICO. LA STORIA E IL DESTINO DI QUESTO LUOGO È CAMBIATA: QUI NON SI AMMAZZANO PIÙ GLI ANIMALI, IL SANGUE NON SCORRE. FUORI C’È SCRITTO “TRIPPERIA” MA DENTRO CI SONO GLI STUDENTI. NON È SOLO UN CAMBIAMENTO D’USO DI QUESTI SPAZI: È UN’OPERAZIONE CONCETTUALE CHE STABILISCE UN NUOVO RAPPORTO CON QUELLO CHE È GIÀ COSTRUITO. UN’OPERAZIONE TUTT’ALTRO CHE SEMPLICE ED È ANCHE PER QUESTO CHE IN QUESTA CITTÀ, A ROMA, NON SIAMO ANCORA STATI CAPACI DI AFFRONTARLA FINO IN FONDO. CHI LAVORA NEL CERCARE UN DIALOGO CON QUELLO CHE C’È È CONSIDERATO UN CONSERVATORE CHE RIFIUTA IL CONFRONTO CON IL NUOVO. CHI INVECE MOSTRA UN ATTEGGIAMENTO PIÙ DISINVOLTO CON L’ESISTENTE, CHI TENDE A BANALIZZARE O COMUNQUE A SEMPLIFICARE IL RAPPORTO CON QUELLO CHE C’È, È CONSIDERATO UN PROGRESSISTA. ROMA È UN LABORATORIO UNICO IN EUROPA: È IL POSTO IN CUI SI PUÒ INVENTARE IL NUOVO E IMMAGINARLO DENTRO LA STORIA. SE GUARDATE SULLE PARETI DI QUESTA STANZA C’È DEL MARMO. PERCHÉ? PERCHÉ QUANDO ERA UN MATTATOTIO BISOGNAVA PULIRE IL SANGUE DAI MURI, E CON L’INTONACO SAREBBE STATO IMPOSSIBILE. OGGI IL SANGUE NON SCORRE PIÙ, CI SONO GLI STUDENTI. CHI HA SCELTO DI METTERE QUEL MARMO HA CERCATO DI RISPETTARE UNO SPIRITO DEL LUOGO, RICORDANDO UNA STORIA ANTICA DENTRO UNA STORIA NUOVA. TORNIAMO A PIAZZALE OSTIENSE. VORREI DARE UN PICCOLISSIMO CONTRIBUTO SUL VERSANTE RFI E SULLE AREE EDIFICABILI NELLE AREE DELLE STAZIONI FERROVIARIE: SI TRATTA DI CUBATURE CONCESSE A SUO TEMPO A RFI GRAZIE A UN ACCORDO PER CUI LE FERROVIE AVREBBERO DOVUTO INVESTIRE PER MIGLIORARE L’OFFERTA DI TRASPORTO PUBBLICO REGIONALE. SUCCESSIVAMENTE LA COMPTEENZA E GESTIONE DI QUELL’ACCORDO È PASSATO ALLA REGIONE LAZIO E SI È VENUTA A CONFIGURARE UNA STRANA SITUAZIONE: IL COMUNE HA CONCESSO LA CUBATURA MA ORA NON HA PIÙ ALCUN RUOLO NEL CONTROLLARE IL LIVELLO DI SERVIZIO OFFERTO DA RFI, CHE PERÒ HA RICEVUTO LA CUBATURA IN VIRTÙ DEGLI IMPEGNI PRESI SUL MIGLIORAMENTO DEL LIVELLO DI SERVIZIO. BISOGNEREBBE QUINDI INTANTO VERIFICARE SE ESISTONO ANCORA LE RAGIONI PER CUI QUELLA CUBATURA FU CONCESSA. DALLA STAZIONE OSTIENSE PARTONO 6 TRENI PER VENTIMIGLIA, 4 PER SESTRI LEVANTE, 14 PER PISA CENTRALE, 4 PER NAPOLI, 6 PER SALERNO E 3 PER REGGIO CALABRIA. IN TUTTO 44 TRENI NELLE DUE DIREZIONI, CIOÈ UN TRENO OGNI MEZZ’ORA. QUALE CITTÀ EUROPEA HA UNA STAZIONE LOCALIZZATA A POCHI METRI DAL SUO CENTRO STORICO CHE OFFRE UN LIVELLO DI SERVIZIO DI UN SOLO TRENO OGNI MEZZ’ORA? INVECE A OSTIENSE IL LEONARDO EXPRESS CHE VA A FIUMICINO NON FERMA (MA IL REGIONALE CHE COLLEGA FIUMICINO A TIBURTINA E OLTRE, SÌ, NDR). IL PIANO DI ASSETTO DELLA STAZIONE È RIMASTO INATTUATO, SONO STATE REALIZZATE LE CASE MA ALTRI INTERVENTI PREVISTI A SERVIZIO DELLA CITTÀ, COME IL PONTE PEDONALE CHE PORTAVA AL BASTIONE SANGALLO NO, NON È STATO REALIZZATO, COME ANCHE IL CAMPIDOGLIO 2. QUANDO SI PARLA DI ROMA, SONO CONVINTO CHE SI DEBBANO OSSERVARE I DETTAGLI. SE SI VUOL CAPIRE COSA NON FUNZIONA AL COLOSSEO BISOGNA OSSERVARE COM’È FATTA VIA DEGLI ANNIBALDI. SE SI VUOL CAPIRE COSA NON FUNZIONA A OSTIENSE BISOGNA GUARDARE VIA RAFFAELE PERSICHETTI. LÌ PASSANO ANCORA LE MACCHINE, MA QUELLA STRADA SEPARA LA PIRAMIDE DALLE MURA. QUANDO LA PIRAMIDE CESTIA FU RESTAURATA, NEL 2015 PRESENTAMMO IL PROGETTO DI PEDONALIZZAZIONE DI QUELLA STRADA. SONO PASSATI DIECI ANNI E TUTTO È RIMASTO COME PRIMA. UN SEGNALE DEL FATTO CHE, MENTRE SI PARLA DELLE GRANDI STRATEGIE, NON SI FANNO PICCOLE AZIONI MA DALL’IMPATTO FORTE. NEL PNRR IL TITOLO DELL’INVESTIMENTO CHE RIGUARDA LE MURA AURELIANE SI CHIAMA PARCO LINEARE DELLE MURA ED È PARTE DEL PROGRAMMA CAPUT MUNDI. QUANDO HO VISIONATO IL PROGETTO HO VERIFICATO CHE L’INVESTIMENTO RIGUARDAVA SOLO IL CONSOLIDAMENTO DEL MONUMENTO, NON C’ERA NULLA DEL PARCO. ERA QUESTO IL PROGETTO INCLUSO IN CAPUT MUNDI, CHE RICORDO, ERA L’UNICA PARTE DEL PNRR DI ROMA GIÀ CONTENUTA NEL PIANO MESSO A PUNTO DAL GOVERNO NAZIONALE NEL 2021 E FINANZIATO DIRETTAMENTE COL PNRR CON 500 MILIONI DI EURO.  NEL PNRR APPROVATO DAL GOVERNO NAZIONALE C’ERANO DUE PROGETTI CHE RIGUARDAVANO ROMA: UNO ERA CAPUT MUNDI, L’ALTRO ERA CINECITTÀ, 300 MILIONI DI EURO, GESTITO DAL MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE TRAMITE LA SOCIETÀ CINECITTÀ. UNA SCELTA QUANTO MENO SINGOLARE, IL GOVERNO NAZIONALE CONTINUA A PENSARE A ROMA COME ANCORA QUELLA DELLA “DOLCE VITA” DEGLI ANNI CINQUANTA: ARCHEOLOGIA E CINEMA. TRA GLI INTERVENTI DI CAPUT MUNDI IL PARCO LINEARE DELLE MURA, PER UN INVESTIMENTO DI 23.160.000 EURO, È SUDDIVISO IN QUATTRO TRATTI: IL TRATTO B DI VIA CAMPANIA; IL TRATTO H-G NELLA ZONA DI CASTRO PRETORIO; QUELLO I-J DI PORTA LATINA IN PARTE FATTO; INFINE, IL TRATTO M DA PIRAMIDE FINO AL TEVERE. COME DICEVA PRIMA ROSARIO PAVIA, QUESTI INTERVENTI SONO IN ATTUAZIONE DEL PIANO REGOLATORE GENERALE. I LAVORI SUL MONUMENTO SONO DI COMPETENZA DELLA SOVRINTENDENZA CAPITOLINA, MENTRE IL PARCO LINEARE È DI COMPETENZA DEL DIPARTIMENTO AMBIENTE. IL PRIMO TRATTO, 3 MILIONI E MEZZO, È QUELLO DI VIA CAMPANIA E C’È UN PICCOLISSIMO TRATTO, QUELLO DEL POLICLINICO, VICINO ALL’AMBASCIATA BRITANNICA. LE SCHEDE DEL PROGETTO PREVEDONO INTERVENTI DI RESTAURO CONSERVATIVO, ALCUNI FONDAMENTALI SU LATERIZI, TIRATURE E RINFORZI – TUTTI INTERVENTI CHE MIRANO ALLA CONSERVAZIONE DEL MONUMENTO, MA NON AVRANNO EFFETTI SUL PARCO LINEARE. IN COMMISSIONE ABBIAMO PROPOSTO AI MUNICIPI E AL SINDACO (CHE HA MANTENUTO LA DELEGA AL PNRR) ALCUNI LUOGHI NEI QUALI AVVIARE LA REALIZZAZIONE DEL PARCO DESTINANDO A QUESTO SCOPO I FONDI ORDINARI. MENTRE SI CONSOLIDA IL TRATTO DI VIA CAMPANIA, SI POTREBBE PEDONALIZZARE LA PARTE DELLA STRADA CHE STA DAVANTI AL LICEO RIGHI, CREANDO UNA FASCIA DI RISPETTO. LO STESSO PUÒ AVVENIRE SUL LATO VERSO CORSO ITALIA E PORTA PINCIANA, E ANCHE IL TRATTO DI PORTA PIA, IN QUESTO CASO SUL LATO DEL II MUNICIPIO E NON SUL LATO INTERNO. L’INTERVENTO DELLE MURA PREVEDE LA MESSA IN SICUREZZA E IL CAMMINAMENTO ANCHE DA PORTA ASINARA, CIOÈ DA SAN GIOVANNI, FINO A SANTA CROCE IN GERUSALEMME. LA NOSTRA PROPOSTA ERA DI AGGIUNGERE VIALE CASTRENSE PER FARLO DIVENTARE AREA PEDONALE. QUI C’È UNA SCUOLA CHE HA IN PROGETTO DI UTILIZZARE L’AREA PER ATTREZZATURE SPORTIVE. È UN PROGETTO FORSE TROPPO INVASIVO, MA IL DIALOGO CON IL VII MUNICIPIO POTREBBE APPORTARE LE MODIFICHE AL PROGETTO PER CONSENTIRE LA REALIZZAZIONE DELL’AREA PEDONALE CHE CONSENTIREBBE DI AVERE LA CONTINUITÀ DAL PARCO DI VIA SANNIO CON L’AREA DI SANTA CROCE IN GERUSALEMME. IN ASSENZA DEI FONDI ORDINARI DI ROMA CAPITALE LA BUONA NOTIZIA È CHE L’VIII MUNICIPIO HA IN FASE DI REALIZZAZIONE LA SISTEMAZIONE DEL TRATTO DI VIA DEL CAMPO BOARIO IN COLLABORAZIONE CON LA SOVRINTENDENZA CAPITOLINA, E I LAVORI SONO QUASI ULTIMATI, DALLA PIRAMIDE CESTIA ALL’IMBOCCO DEL MATTATOIO CHE COSÌ SI AVVICINA ALLA METROPOLITANA.   LUCA REALE (ROMA RICERCA ROMA) GRAZIE, SOPRATTUTTO PER LE BUONE NOTIZIE. MI RIALLACCIO A QUANTO DICEVA CAUDO SULLE COSE PICCOLE CHE SI POSSONO FARE SUBITO. È UNA COSA CHE PIACE MOLTO A ROMA RICERCA ROMA: NELL’INTRODURRE QUESTO INCONTRO ABBIAMO PARLATO DI GRANDI STRATEGIE A SCALA URBANA E PERSINO METROPOLITANA, MA SIAMO D’ACCORDISSIMO SULL’INIZIARE DA OPERAZIONI FACILMENTE ATTUABILI IN TEMPI BREVI, TANT’È CHE ABBIAMO PROPOSTO DI PORTARE SUBITO A META ARCHEOTRAM E PARCO LINEARE. IL PARCO LINEARE, CHE RICHIEDE UN PROGETTO ORGANICO AGGIORNATO, È FATTIBILE, E NON PARTICOLARMENTE COSTOSO. SULL’ARCHEOTRAM SI È GIÀ FATTA UNA VERIFICA DI PROVA, E ORA POSSIAMO AGGIUNGERE, TRA GLI OBIETTIVI A BREVE TERMINE, ANCHE LA PEDONALIZZAZIONE DEFINITIVA DI VIA RAFFAELE PERSICHETTI – UNO DEI CADUTI DEL 10 SETTEMBRE 1943 – IN MODO DA RIUNIRE PIRAMIDE E PORTA; UNA TERZA COSA CHE SI PUÒ FARE IN TEMPI BREVISSIMI.   FABRIZIO FANTERA (RETE COMUNE INQUILINI ATER SAN SABA) NOI PARLEREMO DELLA STORIA DI QUESTI LUOGHI, CHE È LA STORIA DELLA TRASFORMAZIONE DEL PRIMO ‘900, EPOCA NATHAN. DI SAN SABA MOLTI HANNO UNA CONOSCENZA SBAGLIATA, IMMOBILIARISTA: SI PARLA, PER ESEMPIO, DELLA SPLENDIDA VILLA DI ROBERTO BENIGNI, L’EX VILLA DI SOFIA LOREN, MA È UNA FORZATURA, SAN SABA È FATTO DI CASE ECONOMICHE, POPOLARI. QUESTA STORIA È INIZIATA DA TEMPO, CON SVENDOPOLI O AFFITTOPOLI. NOI NEL 2015 ABBIAMO INIZIATO UNA SERIE DI INIZIATIVE PER SOSTITUIRE A QUESTO RACCONTO UNA NARRAZIONE CHE PARTISSE DALL’AUTENTICITÀ DELLE PERSONE E DEI LUOGHI. SAN SABA ERA UN LUOGO PENSATO PER DARE CASA ALLE FAMIGLIE OPERAIE CHE DOVEVANO LAVORARE IN TUTTO IL SETTORE NUOVO DELL’OSTIENSE, COME TESTACCIO E COME GARBATELLA. IL 25 APRILE 2015 ABBIAMO INIZIATO A FARE LE “MEMORIE DI PIAZZA”, CIOÈ IL NOSTRO 25 APRILE ATTRAVERSO LE MEMORIE DEGLI ANZIANI, DI QUELLI CHE HANNO VISSUTO QUELLE GIORNATE. LA RESISTENZA DI PORTA SAN PAOLO SI SVOLGE PERLOPIÙ A SAN SABA, PERCHÉ SAN SABA È IN SALITA E QUINDI LÌ AVVENGONO I FATTI PIÙ DRAMMATICI DI QUELLA GIORNATA. È LÌ CHE I CITTADINI DI SAN SABA TIRANO FUORI IL MEGLIO, NASCONDONO IN CASA I SOLDATI CHE SCAPPANO. ABBIAMO TANTI RACCONTI IN UN LIBRO COLLETTIVO CHE ABBIAMO FATTO DUE ANNI FA, SCRITTO DA TUTTI NOI E CHE RACCOGLIE TANTISSIMA STORIA ORALE – LA STORIA DI QUESTO LUOGO E DELLE PERSONE CHE LO HANNO ATTRAVERSATO, LE COSE CHE CI SONO ACCADUTE NON SOLTANTO DAL TEMPO DEGLI ANTONINI O DI CARACALLA. PERCHÉ SAN SABA È PICCOLA, MA CI STA DENTRO LA STORIA. LA SETTIMANA SCORSA ABBIAMO INCONTRATO ADRIANO LABBUCCI, ASSESSORE ALLA MEMORIA DEL I MUNICIPIO, PERCHÉ INSIEME A TESTACCIO STIAMO CERCANDO DI REALIZZARE UN MUSEO DIFFUSO PERMANENTE DELLA RESISTENZA ROMANA DI PORTA SAN PAOLO, MAPPANDO LA STORIA DI QUESTI LUOGHI, COME VIALE GIOTTO CON I SEGNI DEI PROIETTILI TEDESCHI, I SEGNI DEL BOMBARDAMENTO DEL 3 MARZO DEL ‘44, O LE PIETRE D’INCIAMPO: NE ABBIAMO INAUGURATO UNA SECONDA QUEST’ANNO, CON I PARENTI DELLE VITTIME CHE HANNO RACCONTATO LE LORO STORIE. E CI SONO ANCHE SEI UCCISI ALLE FOSSE ARDEATINE, METTEREMO PIETRE D’INCIAMPO PURE PER LORO. UN ALTRO ELEMENTO È IL “CIVICO GIUSTO”, CHE NASCE DALLA STORIA DI MIO PADRE, SCOPERTA DOPO BEN 65 ANNI: LUI NASCOSE IN CASA PER TUTTA L’OCCUPAZIONE NAZISTA UNA FAMIGLIA EBREA, I MOSCATI. “PERCHÉ L’HAI FATTO RISCHIANDO COSÌ TANTO?”, GLI ABBIAMO CHIESTO. “PERCHÉ ERA GIUSTO FARLO” HA RISPOSTO ASCIUTTO. E OGGI A SEGNARE IL CIVICO GIUSTO È IL NUMERO IN BRONZO. PORTA SAN PAOLO E PIAZZALE OSTIENSE SONO PIENI DI STORIA E DI MEMORIA CHE VA RACCONTATA, VA TRASFORMATA IN PATRIMONIO DEL TERRITORIO E DELLE SCUOLE. ORA STIAMO LAVORANDO A UN NUOVO PROGETTO, LE FOTO PARLANTI: ABBIAMO FESTEGGIATO IL CENTENARIO DELL’ULTIMA PIETRA, NOI SIAMO SEMPRE UN PO’ ORIGINALI. CI SONO PERSONE CHE FANNO E CHE HANNO COSE DA DIRE, DA RACCONTARE O DA RAPPRESENTARE, CI SONO LE IMMAGINI DEI NOSTRI ANZIANI.  QUESTE FOTO PARLERANNO PERCHÉ CI SARANNO LE LORO STORIE SOTTO E ALLA FACCIA DELL’ATER CHE NON CI DÀ I LOCALI PER LA NOSTRA ASSOCIAZIONE, LA MOSTRA LA FAREMO NEI LOCALI DELLA UISP. LA GENTRIFICAZIONE? IL RISCHIO C’È. L’AMMINISTRAZIONE REGIONALE PRECEDENTE HA UNA COLPA ENORME: PRIMA ANCORA DI CONSENTIRE AI RESIDENTI CHE VOLESSERO ACQUISTARE LE LORO CASE HA INIZIATO LA VENDITA ALL’ASTA SENZA ALCUN PIANO VENDITA. INOLTRE, NOI CI SIAMO BATTUTI PER CHI NON PUÒ O NON VUOLE COMPRARE E VA SALVAGUARDATO. COSÌ ORA SIAMO IN UNA SITUAZIONE DI DISCRIMINAZIONE VERGOGNOSA: CHI HA COMPRATO ALL’ASTA HA POTUTO USARE IL BONUS 110, CON I SOLDI DI TUTTI. CHI NON HA POTUTO COMPRARE, NO. BISOGNA CHE LA POLITICA SI FACCIA QUALCHE DOMANDA. NOI CI SIAMO, E QUANDO SI PARLA DI CUBATURE, I POLITICI E GLI AMMINISTRATORI RAGIONINO ANCHE CON GLI ABITANTI E CHE FANNO IL TERRITORIO, COME NOI.   ELIANA CANGELLI (SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA) GRAZIE AGLI AMICI DI ROMA RICERCA ROMA PER L’INVITO A PARTECIPARE E ALL’UNIVERSITÀ ROMA TRE PER L’OSPITALITÀ. DA TEMPO SAPIENZA E L’UNIVERSITÀ DI ROMA TRE SONO IMPEGNATI NELLA REDAZIONE DEL PIANO DI RIGENERAZIONE DEL RIONE TESTACCIO, UN LAVORO ANCORA IN CORSO, PER IL QUALE SI STA AVVIANDO LA FASE DI CONDIVISIONE CON I CITTADINI. L’OBIETTIVO È METTERE A SISTEMA TUTTE LE PROGETTUALITÀ GIÀ ATTIVE SULL’AREA DEL RIONE – E SONO MOLTE, COMPRESE QUELLE LEGATE AL PNRR, COME HA MOSTRATO GIOVANNI CAUDO, E INDIVIDUARNE ALTRE STRATEGICHE E NECESSARIE. RITENGO CHE L’ATTUALE AMMINISTRAZIONE STIA FACENDO MOLTO. TUTTAVIA, SE C’È UN AMBITO IN CUI PUÒ MIGLIORARE, È PROPRIO IL COORDINAMENTO TRA I VARI PROGETTI PRESENTI SUL TERRITORIO. IL PIANO DI RIGENERAZIONE DEL RIONE COSTITUISCE UN IMPEGNO IN QUESTA DIREZIONE. TRA I PROGETTI SVILUPPATI NELL’AMBITO DEL PIANO DI RIGENERAZIONE C’È ANCHE PIAZZALE OSTIENSE. IL NODO DI PIAZZALE OSTIENSE È ASSOLUTAMENTE STRATEGICO: SU DI ESSO INSISTONO TRE RIONI – AVENTINO, SAN SABA, TESTACCIO – E IL QUARTIERE OSTIENSE. ATTORNO A PORTA SAN PAOLO CONVERGONO BEN OTTO STRADE: VIA MARMORATA, VIA OSTIENSE, VIALE DELLA PIRAMIDE CESTIA, VIA MARCO POLO, VIA DI PORTA ARDEATINA, VIA DELLE CAVE ARDEATINE, VIA DEL CAMPO BOARIO. SI TRATTA DI UN NODO INFRASTRUTTURALE DI PRIMARIA IMPORTANZA, UNO DEI PRINCIPALI SNODI DEL TRASPORTO PUBBLICO: VI SI TROVANO LA STAZIONE DI TESTA DELLA ROMA-LIDO, LA FERMATA DELLA METROPOLITANA PIRAMIDE, ALCUNI CAPOLINEA ATAC E, POCO PIÙ IN LÀ, LA STAZIONE OSTIENSE, SERVITA DA RFI. NON MANCA NEPPURE UNO STALLO TAXI, NÉ LA “RACCHETTA” PER L’INVERSIONE DEL TRAM. SE OSSERVIAMO LA PLANIMETRIA, EMERGE CHIARAMENTE LO SQUILIBRIO TRA LA QUANTITÀ DI SUPERFICIE DEDICATA ALLA MOBILITÀ CARRABILE E QUELLA RISERVATA ALLO SPAZIO PUBBLICO. SEMPRE A PORTA SAN PAOLO ARRIVA ANCHE IL TRATTO DEL PARCO DELLE MURA CHE CORRE LUNGO VIALE DI PORTA ARDEATINA, VISIBILE DA PORTA SAN PAOLO. DA PIRAMIDE PARTE POI L’ALTRO SEGMENTO DEL PARCO DELLE MURA, LUNGO VIA DEL CAMPO BOARIO. SI TRATTA QUINDI DI UNA ZONA AD ALTISSIMA DENSITÀ STORICO-MONUMENTALE. L’ACCESSO ALLA STAZIONE DELLA METROPOLITANA È PROBLEMATICO: POCO PIÙ DI UN MARCIAPIEDE DI 1,50 METRI DI PROFONDITÀ. MANCA UNO SPAZIO PUBBLICO ADEGUATO PER ACCEDERE SIA ALLA METRO SIA ALLA ROMA-LIDO. ABBIAMO ELABORATO ALCUNE IPOTESI PROGETTUALI, PARTENDO DALLA PEDONALIZZAZIONE DI VIA PERSICHETTI, CON L’OBIETTIVO DI METTERE IN RELAZIONE LA PIRAMIDE, PORTA SAN PAOLO, IL CIMITERO ACATTOLICO E LA FASCIA VERDE CHE SI ESTENDE LUNGO LE MURA, INCLUDENDO ANCHE IL PARCO DELLA RESISTENZA, I VECCHI PRATI DEL POPOLO E IL MONTE TESTACCIO. OGGI VIA PERSICHETTI RIDUCE PORTA SAN PAOLO A UNA SEMPLICE ROTATORIA: SE RIUSCISSIMO A PEDONALIZZARLA, POTREMMO CREARE UN UNICO GRANDE SPAZIO PUBBLICO TRA LA PIRAMIDE E PORTA SAN PAOLO, APRENDO ANCHE LA POSSIBILITÀ DI REALIZZARE UN NUOVO ACCESSO ALLA STAZIONE PIRAMIDE. NATURALMENTE, LA CHIUSURA DI VIA PERSICHETTI NON È UN’OPERAZIONE SEMPLICE: OCCORRE UNO STUDIO APPROFONDITO DELLA MOBILITÀ, DAL MOMENTO CHE IN QUEL PUNTO CONFLUISCONO OTTO STRADE. IL NOSTRO INTENTO È MANTENERE E ANZI POTENZIARE IL VERDE, AMPLIANDO IL PARCO LINEARE DELLE MURA. ABBIAMO LAVORATO A UNA PROPOSTA CHE ABBIAMO CONDIVISO CON UN GRUPPO DI INGEGNERI TRASPORTISTI DELLA SAPIENZA, COORDINATO DA GAETANO FUSCO. INIZIALMENTE CI HANNO DETTO CHE ERAVAMO PAZZI, IL TRAFFICO SUL PIAZZALE È INTENSO, RIDURRE LE DIMENSIONI DELLE CARREGGIATE POTREBBE PEGGIORARLO. POI, PERÒ, ABBIAMO AVVIATO UN CONFRONTO COSTRUTTIVO. LE NOSTRE PRIORITÀ ERANO: POTENZIARE LO SPAZIO PUBBLICO, FAVORIRE LA MOBILITÀ PEDONALE, MIGLIORARE L’ATTRAVERSAMENTO DELLA PIAZZA. PER RAGGIUNGERE QUESTI OBIETTIVI, ABBIAMO RIDOTTO LE ESIGENZE DI SCORRIMENTO VEICOLARE, INTRODOTTO SENSI UNICI – AD ESEMPIO SU VIA DI PORTA ARDEATINA – ED ELIMINATO GLI STALLI PER I BUS TURISTICI. OVVIAMENTE, IL SOLO PROGETTO DI PIAZZALE OSTIENSE NON È SUFFICIENTE. BISOGNA INTERVENIRE ANCHE SU PIAZZALE DEI PARTIGIANI, DOVE IMMAGINIAMO SI POSSANO SPOSTARE L’ARCHEOTRAM E I CAPOLINEA DEI BUS. CIÒ CHE È CERTO, PERÒ, È CHE QUEST’AREA HA UN GRANDE POTENZIALE: POTREBBE DIVENTARE UN IMPORTANTE NODO INFRASTRUTTURALE, PUNTO DI CONVERGENZA DI TUTTI I VETTORI DEL TRASPORTO PUBBLICO – FERROVIA, METROPOLITANA, AUTOBUS, TRAM – E PORTA DI ACCESSO AL CENTRO ARCHEOLOGICO MONUMENTALE, GRAZIE AL POSIZIONAMENTO DEL CAPOLINEA DELL’ARCHEOTRAM, COME CI HA INSEGNATO A IMMAGINARE WALTER TOCCI. TUTTI, CITTADINI E TURISTI, POTREBBERO ARRIVARE A PIAZZALE OSTIENSE CON QUALSIASI MEZZO, PERSINO IN AEREO, SE IL LEONARDO EXPRESS FERMASSE QUI (VEDI CAUDO NDR). DA QUI, POI, POTREBBERO SALIRE SULL’ARCHEOTRAM E RAGGIUNGERE FACILMENTE LA ROMA ARCHEOLOGICA.   EDOARDO ZANCHINI (UFFICIO CLIMA DI ROMA CAPITALE) LA VIVIBILITÀ DI ROMA STA CAMBIANDO: LA CITTÀ È DIVENTATA MOLTO PIÙ CALDA, ED È CAMBIATO ANCHE L’ANDAMENTO DELLE PIOGGE. I DATI FOTOGRAFANO CHIARAMENTE PIÙ LUNGHI PERIODI DI TEMPERATURE SOPRA LE MEDIE, CON NOTTI TROPICALI IN CRESCITA, PIOGGE INTENSE CONCENTRATE IN SEMPRE MENO GIORNI. SE SI VUOL GOVERNARE LA CITTÀ, BISOGNA PORSI DENTRO QUESTO SCENARIO. BISOGNA IMMAGINARSI QUEL GRANDE SPAZIO, ALLA DE CHIRICO, CON SPAZI APERTI, E UNA PERSONA ANZIANA CHE ESCE DALLA STAZIONE OSTIENSE E DEVE ANDARE ALLA METRO PIRAMIDE, IN LUGLIO ALLE 11 – UN PERCORSO RISCHIOSO. I NOSTRI STUDI PER LA STRATEGIA DI ADATTAMENTO CLIMATICO APPROVATA IL 14 GENNAIO CI MOSTRANO CHE LA COSA PIÙ PREVEDIBILE È CHE ROMA AVRÀ IL CLIMA DI FOGGIA – E SUCCEDERÀ NEI PROSSIMI VENT’ANNI. A QUESTO CI DOBBIAMO PREPARARE. IERI ABBIAMO PRESENTATO UN LAVORO SULL’ADATTAMENTO CLIMATICO CHE STIAMO PORTANDO AVANTI IN DUE MUNICIPI DELLA CITTÀ FINANZIATO DA UN PROGRAMMA EUROPEO. LAVOREREMO SULL’AREA DEL CENTRO STORICO E SU QUELLA DI CENTOCELLE PERCHÉ SONO QUELLE PIÙ DELICATE A ROMA DI GIORNO E DI NOTTE. DA LÌ USCIREMO CON DELLE PROPOSTE, INDIVIDUANDO QUEGLI AMBITI DOVE ESISTONO OPPORTUNITÀ PER ABBASSARE UN PO’ LA TEMPERATURA. NON SONO TANTI PERCHÉ, SE VOI VEDETE COME SONO COSTRUITI MOLTI QUARTIERI, LARGA PARTE DEGLI SPAZI È OCCUPATA DA EDIFICI E COPERTA DA PAVIMENTAZIONI, SPESSO IN ASFALTO. CI SONO TANTE SITUAZIONI DA RIPENSARE, COME QUI, A OSTIENSE, PROPRIO PERCHÉ È UN IMPORTANTE NODO DELLA MOBILITÀ, UN POSTO CHE OGNI GIORNO VIENE ATTRAVERSATO DA UN NUMERO RILEVANTE DI PERSONE. IL PIAZZALE OSTIENSE È ENORME: BISOGNA GARANTIRE PERCORSI COPERTI, OMBRA, ABBASSARE LA TEMPERATURA DEL PIAZZALE, COME È POSSIBILE FARE SCEGLIENDO MATERIALI A TERRA ADATTI, CHE FANNO LA DIFFERENZA DELLA QUALITÀ DELLA VITA, COME DELL’ABITARE. IN QUESTI GIORNI C’È UNA GIUSTA POLEMICA SU PIAZZA DEI CINQUECENTO, APPENA INAUGURATA, PERCHÉ MANCHEREBBERO GLI ALBERI. È UNA DISCUSSIONE IMPORTANTE, CON UN’ATTENZIONE DA PARTE DELL’OPINIONE PUBBLICA DI CUI ABBIAMO BISOGNO. IL MIO AUGURIO È CHE QUANDO VERRÀ COMPLETATA LA PARTE CHE OGGI È ANCORA UN CANTIERE SI POTRÀ VEDERE UN GIARDINO CON TANTI ALBERI COME PREVISTO DAL PROGETTO. MA IO CREDO CHE INTANTO POSSIAMO DIRE CHE IL GIUBILEO HA SEGNATO UN CAMBIO DI APPROCCIO ALLA PROGETTAZIONE DELLE PIAZZE DA PARTE DELL’AMMINISTRAZIONE, PERCHÉ IN OGNI INTERVENTO È STATA POSTA ATTENZIONE AI MATERIALI UTILIZZATI, ALL’ACQUA, AL VERDE, COSÌ DA DIMINUIRE IL PIÙ POSSIBILE LA TEMPERATURA PERCEPITA. ORA OCCORRE CONTINUARE SU QUESTA STRADA.   WALTER TOCCI (CONSULENTE DEL SINDACO PER IL CARME) OGNI TANTO QUALCUNO MI CHIEDE: MA CHE COS’È QUESTO ARCHEOTRAM? PRIMA DELLA PRESENTAZIONE DEL PROGETTO C’È GIÀ STATA UNA CAMPAGNA OSTILE VOLUTAMENTE MIRATA A FRAINTENDERE GLI OBIETTIVI, FINO A SOSTENERE CHE VOLEVAMO INSTALLARE I BINARI IN VIA DEI FORI. È VERO L’ESATTO CONTRARIO. IL TRACCIATO SU VIA DEI FORI, DECISO AVVENTATAMENTE DALLA SINDACA RAGGI, È STATO CANCELLATO DALL’ATTUALE AMMINISTRAZIONE, AL FINE DI EVITARE UN VINCOLO INFRASTRUTTURALE CHE AVREBBE IMPEDITO IL RADICALE RIPENSAMENTO DELL’INTERO ASSETTO DELL’AREA ARCHEOLOGICA CENTRALE. È MATURO IL TEMPO, INFATTI, PER CONCLUDERE LA VICENDA NOVECENTESCA, NELLA QUALE SI È UTILIZZATA L’AREA ARCHEOLOGICA, UNA DELLE PIÙ PREZIOSE AL MONDO, COME ATTRAVERSAMENTO DEI FLUSSI MECCANIZZATI DALLA PERIFERIA VERSO IL CENTRO. INVECE DI UNA MOBILITÀ DI ATTRAVERSAMENTO DOBBIAMO PROGETTARE UN MODELLO DI ACCESSIBILITÀ, CIOÈ UN SISTEMA CHE AIUTI LA VISITA NELL’AREA E ATTIVI NUOVE RELAZIONI TRA LA CITTÀ ANTICA E LA CITTÀ MODERNA. DIETRO L’ARCHEOTRAM C’È UN CAMBIAMENTO DI VISIONE. È UN PO’ COME UN ESPERIMENTO GESTALTICO: NELLA STESSA IMMAGINE ALCUNI VEDONO UN PAPERO, ALTRI VEDONO UNA LEPRE. ALLO STESSO MODO IL PROGETTO URBANO SCATURISCE DA UNO SGUARDO NUOVO VERSO LA CITTÀ. RICHARD SENNETT IN UN BELLISSIMO LIBRO – LA COSCIENZA DELL’OCCHIO –  HA SVELATO L’ETIMOLOGIA DI THEOREIN NEL RAPPORTO TRA LA VISIONE E LA TEORIA, TRA IL VEDERE E IL PENSARE LA CITTÀ E QUINDI PROGETTARE LA TRASFORMAZIONE. UN BEL PROGETTO, COME QUELLO CHE CI HA APPENA MOSTRATO ELIANA CANGELLI PER PIAZZALE OSTIENSE, È SEMPRE UN’OPERA DI RICONOSCIMENTO DELLA CITTÀ. RI-CONOSCIMENTO COL TRATTINO, COME LO SCRIVONO I FILOSOFI. CIOÈ CONOSCERE DI NUOVO QUEL LUOGO, GUARDARLO CON UNO SGUARDO DIVERSO DAL CONSUETO. E QUANDO RIESCE QUESTA OPERAZIONE, CIOÈ QUANDO SI REALIZZA UN BEL PROGETTO, SI ATTIVA ANCHE UN RICONOSCIMENTO SOCIALE, CIOÈ I CITTADINI SI RICONOSCONO IN QUEL LUOGO E SI RICONOSCONO TRA DI LORO. C’È UNA PROPRIETÀ TRANSITIVA DEL RI-CONOSCIMENTO. TUTTE QUESTE COSE LE ABBIAMO IMPARATE DA ITALO INSOLERA. HO AVUTO IL PRIVILEGIO DI CHIAMARLO AL MIO FIANCO, ORMAI TRENT’ANNI FA, COME CONSULENTE PER IL TRAM A ROMA. VENNE DA ME, FACEMMO UNA LUNGA DISCUSSIONE SU QUELLO CHE AVREMMO DOVUTO REALIZZARE. PARLARE CON LUI ERA SEMPRE UNA PREZIOSA ESPERIENZA INTELLETTUALE. MA POI ITALO SCOMPARVE, NON RIUSCII PIÙ A TROVARLO. TELEFONAVO, NON MI RISPONDEVA, PER MESI. PENSAI CHE CI AVESSE RIPENSATO. ERA GIÀ UN CARO AMICO ALL’EPOCA, PERÒ AVEVA UN CARATTERE UN PO’ DIFFICILE. ALL’IMPROVVISO MI CHIAMA, DICE: È TUTTO PRONTO. AH, MENO MALE. TORNA DA ME E MI GETTA SUL TAVOLO QUALCHE CENTINAIO DI FOTOGRAFIE – ERA UN GRANDE APPASSIONATO DI FOTOGRAFIA – E MI DICE: “ECCO IL PROGETTO, BASTA VEDERE LA CITTÀ. CE LO DICE LA CITTÀ QUELLO CHE DOBBIAMO FARE”. E QUESTO È VERO SOPRATTUTTO A ROMA, POICHÉ CE LO DICE ROMA IL SENSO DEL PROGETTO, SE INTERPRETIAMO BENE LA RICCA STRATIFICAZIONE ANTICA E MODERNA. INTERPRETARE BENE SIGNIFICA RAGIONARE SULLA STORIA, SENZA CADERE NELLA SICUMERA DELLA RETORICA DI “ROMA CITTÀ ETERNA”, BENSÌ CERCARE IL LATO PIÙ PARADOSSALE DELLE TRASFORMAZIONI, PER COMPRENDERE MEGLIO LE INCERTEZZE E LE FRAGILITÀ DELLA VICENDA URBANA. ALLORA EMERGE L’IDEA DELL’ARCHEOTRAM COME INASPETTATO PARADOSSO. ALL’INIZIO DEGLI ANNI ’20 ROMA AVEVA UNA VASTA RETE DI TRASPORTO SU FERRO, ALL’ALTEZZA DELLE ALTRE GRANDI CITTÀ EUROPEE. QUI VICINO ABBIAMO LA ROMA LIDO DEFINITA DA LEGAMBIENTE LA LINEA CARONTE. LA MALAGESTIONE CI HA FATTO DIMENTICARE CHE NEGLI ANNI ’20 ERA LA MIGLIORE LINEA DI TRASPORTO, UN’INFRASTRUTTURA ALL’AVANGUARDIA, PERCHÉ AVEVA L’ACCESSO A RASO TRA BANCHINA E PIANALE DEL TRENO; AVEVA PENSILINE IN CEMENTO ARMATO; AVEVA QUELLA BELLA STAZIONE DI MARCELLO PIACENTINI, ANCORA GIOVANE, ANCORA INDENNE DALLA RETORICA DEL VENTENNIO. POI CI FU IL GRANDE DISCORSO PER L’INAUGURAZIONE DEL GOVERNATORATO, IN CUI MUSSOLINI DISSE TRE COSE. È IL PIÙ EFFICACE DISCORSO POLITICO DEL ‘900, AL DI LÀ DEL NOSTRO PESSIMO GIUDIZIO DI VALORE, POICHÉ INDICA TRE OBIETTIVI CHE SI REALIZZANO EFFETTIVAMENTE ANCHE DOPO IL VENTENNIO FASCISTA: LE BORGATE; LO SVILUPPO VERSO IL MARE; L’ELIMINAZIONE DELLA “STOLTA CONTAMINAZIONE TRAMVIARIA”. LO SMANTELLAMENTO DELLA RETE COMINCIA SUBITO. E PROSEGUE CON I GOVERNI DEMOCRISTIANI NEGLI ANNI ’50 E ’60. È LA SPINTA DELL’EPOCA DEL FORDISMO, DELLA FIAT IN PARTICOLARE: NON UNA “SPINTA GENTILE”, MA UNA VERA E PROPRIA OPERAZIONE IDEOLOGICA ED ECONOMICA MIRATA A SMANTELLARE L’INFRASTRUTTURA TRANVIARIA PER FARE LARGO ALLE AUTOMOBILI. CON UN GIOCO DI FANTASIA HO IMMAGINATO CHE A ELIMINARE I TRAM SIA STATA UNA SOLA PERSONA NELL’ARCO DI QUASI 80 ANNI, UN PERVICACE “SMANTELLATORE”. FORSE ERA UN AMANTE DELL’ARCHEOLOGIA, POICHÉ HA LASCIATO L’UNICO TRATTO CHE COLLEGA QUASI TUTTI I LUOGHI E I MONUMENTI DI ROMA ANTICA: PIRAMIDE, CIRCO MASSIMO, CELIO, PALATINO, COLOSSEO, DOMUS AUREA, BASILICA DI SAN CLEMENTE, LA QUALE DA SOLA RACCONTA I MILLENNI DELLA STORIA ROMANA. E POI ANCORA LE MURA A SAN GIOVANNI, PORTA MAGGIORE CON LA BASILICA IPOGEA LÌ ACCANTO. E POI PIAZZA VITTORIO, ANCHE SE NELL’IMMAGINARIO NON LA PERCEPIAMO COME LUOGO ARCHEOLOGICO, È RICCA DI TESTIMONIANZE: AUDITORIUM DI MECENATE, TROFEI DI MARIO, HORTI LAMIANI NEGLI SCANTINATI DEL PALAZZO ENPAM. E DOVE FINISCE? ALLE TERME DI DIOCLEZIANO E AL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE. ROMA ANTICA È QUASI TUTTA SU QUESTO PERCORSO. L’ARCHEOTRAM UTILIZZA ED ESALTA LA COPPIA DI BINARI CHE IN PASSATO HA SOSTENUTO LA GLORIOSA CIRCOLARE ROSSA, POI IL 30, INFINE IL 3, CIOÈ UN’IMPORTANTE LINEA DI TRASPORTO PER QUASI TUTTO UN SECOLO. NEL RIBALTAMENTO DI VISIONE SCOPRIAMO IL TRACCIATO TRANVIARIO COME UN VETTORE NARRATIVO DELLA STORIA ANTICA E MODERNA DI ROMA. IL TRAM È SEMPRE UN VETTORE NARRATIVO: LE CITTÀ CHE NE HANNO PRESO CURA LO HANNO POI SEMPRE TRASFORMATO IN UN’ICONA. PENSIAMO A LISBONA SOPRATTUTTO, MA ANCHE AD ALTRE CITTÀ EUROPEE. TORINO AD ESEMPIO: QUANDO METTE IN RETE I SUOI VECCHI TRAM, I TORINESI RISPONDONO CON ENTUSIASMO. PERCHÉ? IL TRAM È NARRATIVO IN QUANTO RESTA A CONTATTO CON LA CITTÀ RENDENDO POSSIBILE L’INVENZIONE DEL QUOTIDIANO. GLI ALTRI MODI DI TRASPORTO INVECE SI STACCANO DAL TESSUTO URBANO. ANCHE IN QUESTO CASO, SE LI IMMAGINIAMO COME PERSONE EMERGONO CARATTERI OSTILI ALL’URBANITÀ. PER LA METROPOLITANA LA CITTÀ È UN INCUBO NOTTURNO DA TENERE A BADA LASCIANDO SEMPRE ACCESA LA LUCE ARTIFICIALE. LA FERROVIA NON VUOLE CONTAMINARSI CON LA CITTÀ E GIRA ALLA LARGA ANDANDO VIA A PASSI LUNGHI. L’AUTOMOBILE È UNO STUPRATORE SERIALE DELLA CITTÀ, VIOLENTA LO SPAZIO PUBBLICO, DESTRUTTURA LA FORMA URBANA, NE AMPLIA A DISMISURA LA SCALA. RESTA SOLO IL TRAM A TESSERE UNA RELAZIONE INTIMA CON LA CITTÀ, RACCONTANDO LA VITA URBANA COME UNA FAVOLA. PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE, EDOARDO ALBINATI HA SCRITTO “19”, UN RACCONTO SUL PERCORSO, APPUNTO, DEL TRAM 19. IN PRIMAVERA COMINCEREMO IL SERVIZIO SPERIMENTALE DELL’ARCHEOTRAM; QUALCHE GIORNO FA ABBIAMO FATTO UN PRIMO GIRO DI PROVA. USEREMO UN VECCHIO TRAM “STANGA”, UNO STORICO MODELLO DI INGEGNERIA. POCHI LO RICORDANO, MA È UN BREVETTO INTERNAZIONALE REALIZZATO DA INGEGNERI ROMANI ALLA FINE DEGLI ANNI ’30. UN BREVETTO DIFFUSO IN TUTTO IL MONDO. EBBENE SÌ, NELLE AZIENDE DI TRASPORTO ROMANO SI REALIZZAVANO BREVETTI INTERNAZIONALI; DA NON CREDERCI SE PENSIAMO ALL’ATTUALE IMPOVERIMENTO PROFESSIONALE DELL’AZIENDA PUBBLICA PROPRIO NELL’EPOCA DELLA VORTICOSA CRESCITA TECNOLOGICA. SULLO “STANGA” BEN RESTAURATO E ALLESTITO CON LA LIVREA ROSSA SI VIAGGERÀ CON UN NORMALE BIGLIETTO METREBUS; LA LINEA AVRÀ IL SUO NUMERO, IL MAGICO NUMERO 7 DI ROMA, E AVRÀ UNA FREQUENZA DI MEZZ’ORA NELLA FASE SPERIMENTALE. QUANDO AVREMO L’ARCHEOTRAM, SE LA SPERIMENTAZIONE ANDRÀ BENE, SI POTRÀ POTENZIARE LA FREQUENZA E RAFFORZARE IL SERVIZIO. A QUEL PUNTO NON CI SARÀ PIÙ MOTIVO DI VEDERE I PULLMAN TURISTICI DENTRO IL PERIMETRO DEL CARME, E ANZI SI POTRANNO ELIMINARE ANCHE DALL’INTERA AREA COMPRESA ENTRO L’ANELLO FERROVIARIO. I VETTORI TURISTICI POTREBBERO ATTESTARSI NELLA ZONA OSTIENSE, CONSENTENDO LO SCAMBIO CON IL TRASPORTO SU FERRO: I VISITATORI SCENDEREBBERO DAI PULLMAN PER PROSEGUIRE CON UN COMODO TRAM FACENDO UN’ORIGINALE ESPERIENZA DI VIAGGIO, ACCOMPAGNATA DA UNA NARRAZIONE DEL PAESAGGIO ARCHEOLOGICO. RESTA LA QUESTIONE DELL’APPIA ANTICA, UNO DEI LUOGHI PIÙ BELLI DEL MONDO E PURTROPPO MOLTO TRASCURATO PERCHÉ È DIFFICILE ANDARCI. EPPURE, ANCHE QUI ABBIAMO DELLE OCCASIONI FORMIDABILI MAI COLTE PRIMA. C’È UNA STAZIONCINA, TORRICOLA, CHE SEMBRA IN ATTESA DEI COWBOY, COME NEL FILM DI SERGIO LEONE. OGGI, PERÒ, LE FERROVIE HANNO APERTO UN CANTIERE DI RIQUALIFICAZIONE E AMMODERNAMENTO DEL SERVIZIO. RIMANE DA COMPLETARLO CON LA REALIZZAZIONE DI UN PERCORSO CICLO-PEDONALE DALLA STAZIONE AL TRATTO IN BASOLATO DELL’APPIA. DA TERMINI A TORRICOLA IN TRENO SI ARRIVA IN 9 MINUTI; SI PUÒ TORNARE VERSO IL CENTRO A PIEDI, IN BICICLETTA O CON UN AUTOBUS ELETTRICO, CHE POTREMMO CHIAMARE ARCHEOBUS, FINO A PORTA CAPENA, DOVE SI INCROCIA L’ARCHEOTRAM PER TORNARE A TERMINI. SI CHIUDE COSÌ UN GRANDE ANELLO DI CONNESSIONE TRA L’ARCHEOLOGIA CENTRALE E L’APPIA ANTICA; POTREMMO CHIAMARLO ARCHEOMETREBUS, IN MODO DA RICHIAMARE IL PRINCIPIO DI INTEGRAZIONE INTERMODALE GIÀ APPLICATO NEL TITOLO DI VIAGGIO. QUESTI NUOVI SERVIZI NARRATIVI DI TRASPORTO POGGIANO SULLA NUOVA PASSEGGIATA ARCHEOLOGICA, L’OPERA ALLA BASE DEL PROGETTO CARME, SULLA QUALE ABBIAMO APPENA CONCLUSO UN CONCORSO DI ARCHITETTURA. ORA SONO IN ATTUAZIONE I SEGMENTI DI VIA SAN GREGORIO E DI VIA SAN TEODORO, POI SI REALIZZERÀ ANCHE VIA DEI CERCHI ED ENTRO L’ANNO PARTIRÀ IL CANTIERE DI RIQUALIFICAZIONE DELL’ASSE CENTRALE DI VIA DEI FORI IMPERIALI. IN QUESTO SCHEMA È CRUCIALE PORTA CAPENA, DOVE C’È LA CASINA VIGNOLA BOCCAPADULI, OGGI SOFFOCATA DA UN DIFFICILE INCROCIO VIARIO. IL RESTAURO DELLA CASINA È PARTITO IN QUESTI GIORNI E PRESTO VERRÀ REALIZZATA UNA PIAZZA ANTISTANTE, ELIMINANDO LE AMPIE E INUTILI FASE D’ASFALTO. SARÀ UN CENTRO INFORMATIVO PARTICOLARMENTE DEDICATO AL RAPPORTO TRA L’AREA ARCHEOLOGICA CENTRALE E L’APPIA ANTICA. UN LUOGO A SERVIZIO DEI VISITATORI E DEI CITTADINI. A ME PIACEREBBE ALLESTIRE SULLA FACCIATA DELLA CASINA UN GRANDE STENDARDO CON IL TITOLO “DAI FORI ALL’APPIA” IN OMAGGIO AD ANTONIO CEDERNA, CHE CI HA INSEGNATO A PENSARE I FORI INSIEME ALL’AREA ARCHEOLOGICA CENTRALE E ALL’APPIA. PER MERITO SUO QUESTO GRANDE TRIANGOLO METROPOLITANO DAL CAMPIDOGLIO AI CASTELLI SI È SALVATO DALLA SPECULAZIONE EDILIZIA NOVECENTESCA; RICORDIAMO LA SUA BATTAGLIA DEGLI ANNI ’50 CONTRO I VANDALI IN CASA. INFINE, SI DOVRÀ PORTARE IL TRAM PIÙ AVANTI, A PIAZZALE DEI PARTIGIANI, SONO 600 METRI, PER CONNETTERE LA RETE CON LA FERROVIA. IN QUELLA STAZIONE ARRIVANO I FLUSSI DALL’AEROPORTO, DA CIVITAVECCHIA E DA TUTTA LA LINEA TIRRENICA; QUINDI È UN FLUSSO IMPORTANTE, ANCHE SE, COME SOTTOLINEA GIOVANNI CAUDO, UN PO’ SOTTOUTILIZZATO DALLE FERROVIE. PENSATE ALLE POTENZIALITÀ DI QUEL PIAZZALE, RIPULITO DAL DISORDINE ATTUALE PER FARNE UN GRANDE SPAZIO VIVIBILE AD USO DEI VIAGGIATORI E DEI CITTADINI. E DALL’ALTRA PARTE LA BELLISSIMA IMMAGINE PROPOSTA DA ELIANA CANGELLI DELLA PIRAMIDE LIBERATA DALL’ANGUSTIA DEL TRAFFICO DI VIA PERSICHETTI,  DI NUOVO CONNESSA CON LA PORTA S. PAOLO E APERTA SUL PIAZZALE OSTIENSE RIQUALIFICATO. IL TRAM RENDE POSSIBILE QUESTO MIRABILE PAESAGGIO ANTICO E MODERNO. OVVIAMENTE È SOLO UN PRIMO PASSO PER RISOLVERE, IN UNA STRATEGIA PIÙ AMPIA, LE INCONGRUENZE TRASPORTISTICHE DELL’AREA, SOTTOLINEATE DA LUCA REALE. POTENZIALMENTE È IL NODO PIÙ POTENTE DEL TRASPORTO PUBBLICO ROMANO, POICHÉ POSSIEDE TUTTE LE MODALITÀ: LA FERROVIA, IL TRAM, LA METROPOLITANA, LA ROMA LIDO E MOLTE LINEE DI AUTOBUS. MA SONO TUTTI MEZZI SCOLLEGATI TRA LORO O COMUNQUE NON DI FACILE SCAMBIO. È COME UN NODO SLACCIATO DELLA SCARPA, CHE DI SOLITO PROVOCA L’INCIAMPO DEL VIANDANTE. GIÀ PORTARE IL TRAM AL PIAZZALE DEI PARTIGIANI È UN PRIMO PASSO VERSO L’INTEGRAZIONE, ALMENO CON LA FERROVIA. PERÒ, NELLA MIA ESPERIENZA DI ASSESSORE HO SEMPRE AVUTO UNA CERTA SFIDUCIA SULL’APPROCCIO AUTOREFERENZIALE DELLA POLITICA DEI TRASPORTI, QUANDO CIOÈ VIENE PENSATA DA SOLA A PRESCINDERE DALL’ASSETTO URBANO. PER RICONNETTERE DAVVERO I MODI DI TRASPORTO È NECESSARIO UN RIPENSAMENTO URBANISTICO DEL NODO, ELABORANDO UN’OPERAZIONE PIÙ RICCA E PIÙ COMPLESSA SU QUESTA PARTE DI CITTÀ. SI POTREBBE, PER ESEMPIO, PRENDERE IN ESAME L’IPOTESI DI TOMBARE LA STAZIONE DELLA METROPOLITANA, NE HA PARLATO QUI FABIO MARTELLINO SULLA BASE DI UN’INDICAZIONE DELL’ASSESSORE MAURIZIO VELOCCIA. IN TAL MODO SI REALIZZEREBBE UNA PIATTAFORMA ARTIFICIALE CHE OLTRE A FAVORIRE LO SCAMBIO TRA I MODI DI TRASPORTO COSTITUIREBBE UNO SPAZIO PUBBLICO DI CONNESSIONE TRA I TESSUTI URBANI DELL’AVENTINO, DI TESTACCIO, DI S. SABA E QUELLI DI OSTIENSE. INOLTRE, SUL SUOLO ARTIFICIALE SOSPESO SOPRA I BINARI SI POTREBBERO COLLOCARE FUNZIONI PREGIATE PER ATTIVITÀ DI SERVIZIO E DI CULTURA CON ARCHITETTURE DI ALTA QUALITÀ DA SELEZIONARE MEDIANTE UN CONCORSO INTERNAZIONALE. DA QUESTO PUNTO DI VISTA IL NODO URBANO È MOLTO IMPORTANTE PER NOI DEL LABORATORIO CARME, IL GRUPPO CHE HA IL COMPITO DI ELABORARE LA STRATEGIA PER IL FUTURO DEL CENTRO ARCHEOLOGICO ANCHE IN RELAZIONE ALL’APPIA ANTICA (È COSTITUITO DALL’UNIVERSITÀ SAPIENZA E ROMA TRE, CON  E ORAZIO CARPENZANO E GIOVANNI LONGOBARDI E TANTI ALTRI, PER CITARE I PRESENTI ELIANA CANGELLI E FRANCESCA STABILE). IN QUESTA STRATEGIA OSTIENSE È LA PORTA DEL CARME, UN LUOGO RICCO DI SERVIZI, ANCHE CULTURALI DI PREPARAZIONE ALLA VISITA E ALLA CONOSCENZA DELLA CITTÀ ANTICA. NON MI RESTA CHE FARE I COMPLIMENTI AGLI AMICI DI ROMA RICERCA ROMA PER AVER RICHIAMATO NEL DIBATTITO ROMANO L’AREA DI OSTIENSE, LA QUALE PRESENTA DA TANTI PUNTI DI VISTA GRANDI CRITICITÀ MA ANCHE GRANDI OPPORTUNITÀ, COME SPESSO ACCADE A ROMA. RIUSCIREMO A REALIZZARE AL MEGLIO QUESTI PROGETTI? LA VIGILANZA DEMOCRATICA DI ROMA RICERCA ROMA SARÀ SICURAMENTE PREZIOSA. QUINDI CI CHIAMERETE, NELLE DIVERSE FASI, A RENDER CONTO DI COME VANNO LE COSE, A DISCUTERE I PROGETTI E A TENERE VIVO IL DIBATTITO PUBBLICO SU QUESTI TEMI. LA QUALITÀ DEL DIBATTITO PUBBLICO, DI SOLITO, CONTRIBUISCE ALLA BUONA QUALITÀ DEI PROGETTI E DELLE OPERE.     L'articolo Ripensare piazzale Ostiense: tra Piramide Cestia e Nathan, un’occasione per le romane e i romani proviene da Roma Ricerca Roma.
Archeotram: come farlo diventare una vera opportunità per i romani
DI ANDREA DECLICH SI RIPORTA, QUI DI SEGUITO, L’INTERVENTO DI ANDREA DECLICH, DI ROMA RICERCA ROMA, ALL’INIZIATIVA CONVOCATA DA NUMEROSE ASSOCIAZIONI DELLA CITTADINANZA LO SCORSO 27 MARZO, INTITOLATA “IPERTURISMO: COSA SI STA FACENDO PER CONTRASTARLO?”   E’ DI ALCUNI GIORNI FA LA NOTIZIA CHE A ROMA VERRÀ AVVIATO L’ARCHEOTRAM. IL 28 FEBBRAIO, NE PARLAVA LA CRONACA DI ROMA DI REPUBBLICA. IL GIORNO PRIMA, NE AVEVA PARLATO DIFFUSAMENTE WALTER TOCCI IN UNO DEI NOSTRI “DIALOGHI COSTITUENTI” CHE ABBIAMO CONVOCATO PER PARLARE DI PIAZZALE OSTIENSE. AVEVAMO CONVOCATO QUESTA INIZIATIVA PER PARLARE DI UN LUOGO EMBLEMATICO DI ROMA: * UN LUOGO DI GRANDE BELLEZZA, PERCHÉ LE RIMANENZE DELLA ROMA ANTICA E ALCUNE COSTRUZIONI DELLA ROMA MODERNA PLASMANO IL PIAZZALE OSTIENSE IN MANIERA SIGNIFICATIVA * LA STESSA EDILIZIA POPOLARE, CON RIONI COME SAN SABA E TESTACCIO, TESTIMONIANO DI COME LA QUALITÀ URBANA – A VOLERLO – POSSA ESSERE ACCESSIBILE A TUTTI. QUARTIERI ANCORA ABITATI DAI ROMANI SEBBENE SIANO NUMEROSE LE PRESSIONI PER ESPELLERE GENTE IN FAVORE DI B&B E ABITANTI RICCHI IN GENERALE * NON SOLO BELLEZZA, TUTTAVIA: PIAZZALE OSTIENSE È UN NODO DEL TRASPORTO ROMANO CHE, COME SPESSO SUCCEDE IN QUESTA CITTÀ, È DEL TUTTO NEGLETTO * TUTTO QUESTO PESA SU UN LUOGO CHE HA UN GRANDE SIGNIFICATO PER LA CULTURA CIVILE NON SOLO DI ROMA, MA DI TUTTO IL PAESE. NEL ’43, CON LA BATTAGLIA DI PORTA SAN PAOLO, SI PUÒ DIRE, NASCE IL RISCATTO DELL’ITALIA E, FORSE LA STESSA REPUBBLICA. NEGLI ANNI È STATO ANCHE IL LUOGO DELLE BATTAGLIE PER LA DIFESA DELLA DEMOCRAZIA UN LUOGO DA RIPENSARE E RISISTEMARE AL SERVIZIO DELLA CITTÀ, DI UNA NUOVA VISIONE, SE NON DI UN NUOVO PARADIGMA, CHE VEDA AL CENTRO I RESIDENTI DI ROMA E LA POSSIBILITÀ PER LORO DI VIVERE LA CITTÀ E DI ACCEDERE ALLA SUA RICCHEZZA ED OPPORTUNITÀ, AFFRANCATI DAL TRASPORTO PRIVATO SU GOMMA. NON MI DILUNGO SU TUTTO CIÒ. MA PERCHÉ PARLARNE QUI OGGI? PERCHÉ, UN TEMA CENTRALE NEL RIPENSAMENTO DI PIAZZALE OSTIENSE È PROPRIO L’ARCHEOTRAM. SI TRATTA DI UNA LINEA TRAMVIARIA ORDINARIA, SOLAMENTE MARCATA DA CARROZZE DI COLORE SPECIALE. IL TITOLO DI VIAGGIO È QUELLO NORMALE. IL TRAGITTO È INTERESSANTE. DA PIAZZALE OSTIENSE, PER VIALE AVENTINO, SI ARRIVA A VIA DI SAN GREGORIO E AL COLOSSEO. POI, DI LI, PER VIA LABICANA E VIA EMANUELE FILIBERTO, SI ARRIVA A SAN GIOVANNI E, PER VIA CARLO FELICE, SI GIUNGE A PORTA MAGGIORE, PER PROSEGUIRE LUNGO VIA DI PORTA MAGGIORE, PIAZZA VITTORIO E VIA NAPOLEONE III, FINO ALLA STAZIONE TERMINI. POI, IL PERCORSO, SI RIFÀ A RITROSO. C’È UN SOLO CAPOLINEA, A PIAZZALE OSTIENSE. LA FREQUENZA INIZIALE SARÀ DI UN PASSAGGIO OGNI MEZZ’ORA. L’AVVIO ERA INIZIALMENTE PREVISTO ENTRO APRILE. CON L’ARCHEOTRAM, SUI BINARI ESISTENTI, SI TOCCANO TUTTI I LUOGHI CENTRALI DELLA ROMA ANTICA. SI TRATTA DI UN MEZZO DI GRANDE IMPORTANZA PER ACCEDERE AL CENTRO DA UN GRANDE SNODO DEL TRAFFICO URBANO SU FERRO, FORSE IL PIÙ IMPORTANTE – PIAZZALE OSTIENSE – E DAL PIÙ IMPORTANTE SNODO DEL TRAFFICO ROMANO – LA STAZIONE TERMINI. SENZA CONTARE TUTTI GLI ALTRI INCROCI IMPORTANTI CON LE LINEE DELLA METROPOLITANA (A VIALE MANZONI, AL COLOSSEO, A PIAZZA SAN GIOVANNI). L’ARCHEOTRAM È UNA NOVITÀ PER QUANTO RIGUARDA IL TRASPORTO A ROMA, CIOÈ PER L’ACCESSO ALLA CITTÀ DA PARTE DI TUTTI E, OVVIAMENTE, ANCHE DA PARTE DEI TURISTI. PER LA CRONACA, SI SAREBBE POTUTO GIÀ FARE AI TEMPI DEL GRANDE GIUBILEO DEL 2000. FU PENSATO ALLORA DAL GRANDE URBANISTA ITALO INSOLERA. L’INTERVENTO È SEMPLICE. SE NON È STATO REALIZZATO È PERCHÉ NON LO SI È VOLUTO FARE. IL PERCHÉ IN 25 ANNI SIA ANDATA COSÌ, LO LASCIO ALLE RIFLESSIONI PERSONALI. IL PUNTO È CHE LE FORZE CHE HANNO TRATTENUTO IL LANCIO DI QUESTA SEMPLICE NOVITÀ, PROBABILMENTE SONO ANCORA ATTIVE. NOI PENSIAMO CHE L’ARCHEOTRAM SIA UNA GRANDE OPPORTUNITÀ PER I ROMANI, PER DUE MOTIVI GENERALI: * PRIMO MOTIVO: È UNA RISPOSTA ALLA DOMANDA DI ACCESSIBILITÀ ALLE ZONE CENTRALI DA PARTE DEI RESIDENTI. * SI TRATTA, CIOÈ, DI UNA MAGGIORE OFFERTA DI TRASPORTO CHE PUÒ CONTRIBUIRE AD ALTRE POLITICHE DI TRASPORTO, CHE ANDREBBERO FATTE, PER DECONGESTIONARE IL CENTRO DI ROMA DAL TRAFFICO AUTOMOBILISTICO * SECONDO MOTIVO: È UN CONTRIBUTO, POTENZIALMENTE IMPORTANTE, PER SODDISFARE LA DOMANDA DI TRASPORTO TURISTICO, CHE ANCHE GRAZIE A QUESTA INIZIATIVA, PUÒ ESSERE GESTITA SENZA IL RICORSO AL TRASPORTO PRIVATO SU GOMMA DEI PULLMAN. SE PARLIAMO DI LOTTA ALL’IPERTURISMO, DOBBIAMO GUARDARE A QUESTI DUE ELEMENTI. SI DEVE PARLARE, PERÒ, DI POTENZIALITÀ CHE VANNO GESTITE AFFINCHÉ POSSANO ESSERE TRAMUTATE IN FATTI. IL RISCHIO È CHE SI FACCIA LA SOLITA INIZIATIVA VELLEITARIA, DESTINATA A DURARE POCO. ABBIAMO SENTITO LE CRITICHE INFONDATE CHE SI FECERO A SUO TEMPO ALLE LINEE TURISTICHE ISTITUITE PER IL GRANDE GIUBILEO DEL 2000. LE FAMOSE, SECONDO ALCUNI FAMIGERATE, LINEE J. CHE POI VENNERO ABOLITE. L’ARCHEOTRAM POTREBBE ESSERE UNA DELLE TANTE RISPOSTE CHE SI DEVONO DARE PER ESSERE ALL’ALTEZZA DELLA SFIDA DELL’IPERTURISMO. E’ UN MODO CON CUI SI AUMENTA L’ACCESSIBILITÀ, LIBERA E PER TUTTI, ALL’AREA ARCHEOLOGICA, IN PARTICOLARE AL CARME (CENTRO ARCHEOLOGICO MONUMENTALE). POTREBBERO USUFRUIRE DI TALE OFFERTA, NON SOLAMENTE I TURISTI, VARIAMENTE ORGANIZZATI, MA ANCHE * SCOLARESCHE, * ROMANI CHE VANNO AL LAVORO, CHE DEVONO ANDARE IN CENTRO, * GIOVANI CHE VOGLIONO ANDARE IN CENTRO – MAGARI PER PARTECIPARE ALLA MOVIDA -, * ROMANI A PASSEGGIO… L’ARCHEOTRAM È UN TIPO DI SERVIZIO PUBBLICO CHE RENDEREBBE LA CITTÀ OGGETTO DI UNA FRUIZIONE NON STEREOTIPATA, AL CONTRARIO DI QUELLA CHE VIENE OFFERTA ORA, IN PARTICOLARE COL COSIDDETTO TURISMO ESPERIENZIALE. MA PER RENDERE QUESTA IDEA REALTÀ SONO NECESSARIE ALCUNE CONDIZIONI, CHE È BENE METTERE IN EVIDENZA. E’ UTILE, TUTTAVIA, FARE ALCUNE PREMESSE. * INNANZITUTTO, BISOGNA AVERE IN MENTE CHE È UN SERVIZIO LA CUI FREQUENZA DEVE POTER AUMENTARE * IL COLLEGAMENTO CON L’APPIA ATTRAVERSO ALTRI VETTORI- UNA DELLE PARTI DEL PROGETTO ARCHEOTRAM (SI VEDA L’INTERVENTO DI WALTER TOCCI QUI) – È UNA PROMESSA DA MANTENERE * L’INTEGRAZIONE CON GLI ALTRI MEZZI DI TRASPORTO PUBBLICI, IN PARTICOLARE SUL FERRO, DEVE ESSERE RESA EFFETTIVA. DI LI L’IMPORTANZA DEI DUE ESTREMI DEL PERCORSO DELL’ARCHEOTRAM, VALE A DIRE, DI: * PIAZZALE OSTIENSE, CHE ANDREBBE RIPENSATA ANCHE TENENDO CONTO DI QUESTA SUA CENTRALITÀ COME PORTA DI ACCESSO AL CENTRO * TERMINI, DOVE POTREBBE SCAMBIARE CON IL TVA (L’ASSESSORE AI TRASPORTI PROMETTE CHE IL TVA SI FARÀ. PER ORA, A ROMA VEDIAMO NUOVE LINEE DI TRAM MA ANCHE VECCHIE LINEE CHE VENGONO TRONCATE, COME IL 19 A PIAZZA RISORGIMENTO) LE CONDIZIONI PER REALIZZARE CON SUCCESSO QUESTO PROGETTO, DUNQUE, SAREBBERO LE SEGUENTI: * PRIMA CONDIZIONE: FAR CONOSCERE L’ARCHEOTRAM; POTREBBE ESSERE OFFERTO GRATIS OGNI PRIMA DOMENICA DEL MESE, QUANDO SONO GRATIS ANCHE I MUSEI. I ROMANI POTREBBERO CAPIRE CHE, COME I MUSEI SONO PER TUTTI, LO È ANCHE IL MEZZO PER ARRIVARCI. * IN QUESTO QUADRO, L’ARCHEOTRAM DOVREBBE ESSERE FATTO CONOSCERE AI TURISTI ATTRAVERSO INIZIATIVE MIRATE. * SECONDA CONDIZIONE: AGGIORNARE E INCREMENTARE L’OFFERTA, QUINDI MONITORARE L’ANDAMENTO DEL SERVIZIO, RACCOGLIERE L’OPINIONE E I SUGGERIMENTI DEGLI UTENTI. A QUESTO PROPOSITO, ESISTONO PROPOSTE CHE POTREBBERO PORTARE AD AUMENTARE IL NUMERO DI VETTURE IN BREVE TEMPO E CON POCA SPESA (ODISSEA QUOTIDIANA PROPONE ALCUNI RESTAURI DI VECCHIE CARROZZE) * TERZA CONDIZIONE: NON TRADIRE L’ARCHEOTRAM, CIOÈ FARE IN MODO CHE RIMANGA UN SERVIZIO PER TUTTI, CIOÈ NON UN COMPLEMENTO A SERVIZI BRUTTI E INQUINANTI COME I PULLMAN HOP-OFF * QUARTA CONDIZIONE: L’ARCHEOTRAM DEVE RISPETTARE I LUOGHI PREZIOSI IN CUI TRANSITA. QUESTO È PARTICOLARMENTE VERO PER QUANTO RIGUARDA PIAZZALE OSTIENSE E I QUARTIERI LIMITROFI. L’EVENTUALE SCAMBIO COI PULLMAN TURISTICI NON DEVE ESSERE REALIZZATO A SCAPITO DELLA VIVIBILITÀ DEL PIAZZALE E DEI QUARTIERI ATTORNO AL CAPOLINEA. SU QUESTO BISOGNA ESSERE MOLTO CHIARI. INSOMMA, NON SARÀ METTENDO TRE VECCHI TRAM “STANGA” RESTAURATI E RIDIPINTI CHE SI INNOVA LA MOBILITÀ A ROMA NELLE ZONE DI PREGIO ARTISTICO E CULTURALE. SE SI RISPETTANO LE CONDIZIONI DI CUI SOPRA – NATURALMENTE, ANDREBBE DISCUSSO IL COME – L’ARCHEOTRAM POTREBBE DIVENTARE IL SEME DI UN MODO NUOVO DI PROPORRE LA CITTÀ AI RESIDENTI E AI TURISTI, IN MODO SOSTENIBILE. PURTROPPO, SAPPIAMO CHE TUTTO CIÒ NON È SCONTATO (SI VEDA IL CASO DEL TRAM DI PIAZZA RISORGIMENTO). L'articolo Archeotram: come farlo diventare una vera opportunità per i romani proviene da Roma Ricerca Roma.
Dialoghi costituenti 4: Ambiente e Clima
Giovedì 17 aprile 2025 ore 15.00 – 18.00 Aranciera Orto Botanico Largo Cristina di Svezia 24, Roma Mentre a Roma il consumo dei suoli continua a crescere, il Regolamento europeo 2024/1991 sul Ripristino della Natura al contrario stabilisce la tutela dei residui “vuoti” verdi, interni al costruito, per rispondere a esigenze sempre piu pressanti di adattamento al clima, contrasto agli allagamenti e riduzione delle isole di calore. L’incontro completa il quadro emerso nel primo Dialogo sui legami tra “Salute delle persone e cura del territorio”, evidenziando i rischi per la popolazione dell’attuale perdita di terreni ricchi in funzioni e risorse ambientali. Si propone così una riflessione che indichi alla Capitale nuovi scenari di trasformazione imperniati sulla ricca biodiversità delle aree inedificate, intrecciati alle permanenze antiche delle sue campagne, alla salvaguardia e al rafforzamento del sistema di connessioni ecologiche verso l’Agro, il Tevere, il mare. Ne discutono con i ricercatori, esperti e cittadini impegnati in difesa del patrimonio storico, culturale ed ecosistemico, consapevoli del valore che riveste grazie alle relazioni sociali che attiva, e alla qualità del vivere che consegue quando, da padroni degli spazi, si diventa custodi dei luoghi per il bene collettivo della città.                                                                                                                                                   INTERVENGONO  Fabio Attorre: Orto Botanico, Saluti introduttivi  Michele Munafò: ISPRA, Il Consumo di Suolo  Chiara Badaloni: DEP Lazio, Polmoni verdi per la citta  Mirella Di Giovine: Ecomuseo di Via Latina, La Rete ecologica  Giuliano Fanelli: Universita Sapienza, Processi e funzioni ecosistemiche Sabrina Baldacci: Forum ex Snia, Il riscatto dei Parchi  Sara Vegni: ASud, Da spazi a luoghi                                                                                                                                                                MODERA Alessandra Valentinelli: Roma Ricerca Roma                                                                                                                                               Ingresso libero Una prima registrazione dell’incontro è disponibile sulla pagina Fb del Lago Bullicante ex Snia che ringraziamo: https://www.facebook.com/lagoexsnia/videos/1348643336384949 L'articolo Dialoghi costituenti 4: Ambiente e Clima proviene da Roma Ricerca Roma.
LE NTA IN CONTRASTO CON LE POLITICHE SUL CLIMA – Comunicato Stampa
LE NTA IN CONTRASTO CON LE POLITICHE SUL CLIMA. INTERVENGA L’ASSEMBLEA CAPITOLINA. 9 APRILE CONFERENZA STAMPA IN CAMPIDOGLIO – SALA DEL CARROCCIO – ORE 10-13 Le nuove norme tecniche di attuazione del PRG, adottate nel dicembre 2024 e presentate dal sindaco Roberto Gualtieri il 14 febbraio come “necessarie alla rigenerazione”, agevolano l’attività edilizia con generosi premi volumetrici e incentivi agli imprenditori privati ma non producono benefici per gli spazi pubblici, il verde e i servizi alla cittadinanza. Anzi, è alto e concreto il rischio che la “rigenerazione” non rispetti nemmeno gli standard di verde e servizi fissati dal PRG del 2008 in 22 mq abitante (di cui 9,5 a verde). Infatti, mentre vengono aggiornate le norme tecniche di attuazione, è rimasto immutato l’articolo 72 del PRG sulla Rete ecologica, concepito nel PRG come uno strumento prescrittivo di “raccordo dinamico” tra le spinte alla trasformazione e la difesa delle biodiversità. Ecco dove si annidano i rischi: · Le aree pubbliche a standard non realizzate e decadute tornano nelle disponibilità edificatorie dei privati. · Non c’è verifica dello stato di attuazione del PRG vigente da 20 anni. · Non è prevista la valutazione dei carichi che risulteranno dal sommarsi di cambi di destinazione d’uso, incentivi, premi, ricostruzioni, monetizzazione degli standard in generale destinata a infrastrutture e non a spazi verdi e servizi o mancanti o resi necessari dall’aumento di popolazione attratta dalle trasformazioni. · Derubricazione a silenzio-assenso dei poteri della Sovrintendenza Capitolina a tutela del patrimonio storico minore (Carta della qualità) Inoltre le agevolazioni e semplificazioni concesse caso per caso non governeranno il concentrarsi degli interventi: · Nell’area centrale dove, con l’unico obbligo di conservare le facciate antiche, accorpamenti, demolizioni e sostituzioni favoriscono gli usi commerciali. · Negli ultimi terreni inedificati delle periferie consolidate · Nelle corone accessibili dell’Agro, la cui integrità paesistica è minacciata anche da “usi complementari” all’attività rurale per aziende rilevate in produzione nel 1997, che nel frattempo possono avere cessato l’attività. Tutto questo è in paradossale contrasto con l’ambizioso obiettivo che la stessa Giunta capitolina si è data di raggiungere la neutralità delle emissioni di CO2 nel 2030. La Strategia di adattamento climatico definita dall’Ufficio clima punta sul rafforzamento del collegamento dinamico fra i due pilastri del PRG (trasformazione e tutela della rete ecologica) ma è rimasto lettera morta. Chiediamo al Consiglio comunale, dopo la presentazione delle osservazioni e controdeduzioni, di subordinare l’approvazione delle Norme tecniche all’ottemperanza delle indicazioni di Piano per restituire alla Rete il ruolo di “elemento strutturante” delle scelte urbanistiche, nel senso auspicato dalla Strategia climatica di “spina dorsale dei servizi ecosistemici della città di Roma”. 9 APRILE CONFERENZA STAMPA IN CAMPIDOGLIO – SALA DEL CARROCCIO – ORE 10-13 Associazione Roma Ricerca Roma; Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli; Forum Territoriale Permanente “Parco delle Energie ex SNIA; Comitato Si Parco No Stadio; ASud; Quarticciolo ribelle; Salviamo il paesaggio; Associazione Roma Agricola; Fridays for Future; Arci Roma; WWF Roma e Area Metropolitana; Insieme 17 APS; Insieme per l’Aniene; Comitato Pratone Torre Spaccata; ABC Associazione Beni Comuni Stefano Rodotà; Italia Nostra Roma; Crocevia­; Associazione Progetto Celio APS; Comitato Colline e Valli di Pietralata e Tiburtina; Rete per Aguzzano; Ecomuseo Casilino AD Duas Lauros; Comitato Stadio Pietralata No Grazie; Extinction Rebellion Roma; Casale Podere Rosa APS; Associazione La Torre del Fiscale ODV; Ecomuseo della Via Latina. Le adesioni restano aperte fino alla data della Conferenza Stampa. In allegato il documento integrale approvato dalle Associazioni firmatarie L'articolo LE NTA IN CONTRASTO CON LE POLITICHE SUL CLIMA – Comunicato Stampa proviene da Roma Ricerca Roma.
LE NTA IN CONTRASTO CON LE POLITICHE SUL CLIMA – Le adesioni
LE NTA IN CONTRASTO CON LE POLITICHE SUL CLIMA INTERVENGA L’ASSEMBLEA CAPITOLINA Le richieste di associazioni e territori prima dell’approvazione finale Le Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore, adottate in Consiglio con Delibera 169 l’11 dicembre 2024, modificano 62 dei 113 articoli del testo originario, entrato in vigore nel 2008 con il PRG. Descritte il successivo 14 febbraio dal Sindaco come “necessarie alla rigenerazione” della città, risultano in effetti in gran parte concepite per agevolare l’attività edilizia, e anche piuttosto generose in premi volumetrici e incentivi agli imprenditori privati, ma avare in benefici per la cittadinanza. Non mirano infatti ad adeguare gli spazi collettivi o a consolidarne le tutele, né a potenziare il patrimonio pubblico o difenderne le valenze. Il 7 aprile scade il termine per presentare le Osservazioni. Seguiranno le Controdeduzioni degli Uffici per recepirle o rigettarle, quindi sulla definitiva approvazione del testo dovrà pronunciarsi l’Assemblea capitolina. In questi mesi l’impegno delle associazioni civiche, pur significativo per supportare ogni cittadino nell’esercizio del diritto ad esprimersi sulle scelte urbanistiche che lo riguardano, non ha potuto supplire la scarsa visibilità data dall’Amministrazione alla revisione di uno strumento tanto importante per il futuro assetto di Roma. La partecipazione limitata a incontri tecnici in Assessorato senza coinvolgere la Soprintendenza nazionale, che infatti ha formalizzato la propria contrarietà, e semmai il confronto privilegiato con le organizzazioni di costruttori hanno prodotto un testo con due lacune nell’impostazione di fondo rilevanti e non superabili da eventuali integrazioni migliorative accolte in fase di Controdeduzioni: il mancato aggiornamento della Rete ecologica e l’assenza di valutazioni sulle ricadute territoriali delle Norme adottate che ne escono così prive di riferimenti cruciali per governare pesi, collocazioni o priorità delle trasformazioni, e ridurne la vulnerabilità ai rischi climatici. È dunque difficile, al di là degli annunci della Giunta, comprendere come possano in concreto condurre a interventi “rigenerativi” del sistema urbano nel senso più attuale, e da molti auspicato, di contrasto al consumo di suolo e adattamento al clima. La verifica del carico urbanistico Secondo l’Assessorato all’Urbanistica che le ha redatte, le nuove Norme costituiscono una Variante “parziale” non sostanziale del Piano, trattandosi di “aggiornamenti” e “semplificazioni” che non incidono sul carico urbanistico, quindi sull’obbligo di fornire servizi e spazi verdi pubblici alla popolazione insediata in una certa area: i cosiddetti “standard” fissati dal PRG in un minimo di 22 metri quadri per abitante, di cui 9,5 a verde. Simile affermazione però non poggia sulla riconferma delle aree pubbliche a standard previste dal PRG, non realizzate e perciò decadute, che quindi tornano nelle disponibilità edificatorie dei privati. Tanto meno è fondata sulla verifica dello stato di attuazione del Piano Regolatore vigente ormai da circa vent’anni, né sulla valutazione dei carichi che risulteranno dal sommarsi fra cambi d’uso, premi, incentivi o ricostruzioni, e la monetizzazione degli standard consentita dalle Norme adottate in via ordinaria, peraltro con prevalente attribuzione delle relative risorse alla realizzazione di infrastrutture, invece che a servizi e spazi verdi mancanti o resi necessari dalla popolazione generata e attratta dalle trasformazioni. È così forte il timore che non sia aggredita la povertà sofferta da tanti quartieri soprattutto per le dotazioni a verde, e che ai pregressi si aggiungano ulteriori fabbisogni e nuove carenze di servizi collettivi. Non si può infine ignorare che le criticità, per cui la stessa “rigenerazione” è invocata, investono Roma per specifiche funzioni e si concentrano in aree dove maggiori sono i vantaggi attesi dai privati: nell’area centrale già fragile per il sovraccarico di turismo dove accorpamenti e persino demolizioni e sostituzioni, autorizzati purché conservino la facciata degli edifici antichi, favoriranno gli usi commerciali, negli ultimi terreni inedificati delle periferie consolidate dove l’esposizione ai rischi climatici già correlata all’assenza di verde diffuso non potrà che intensificarsi, nelle corone meglio accessibili dell’Agro, la cui integrità paesistica sarà ora minacciata da usi “complementari” all’attività rurale ammessi per aziende rilevate in produzione nel lontano 1997, che potrebbero quindi già essere dismesse. A ciò si sommano la derubricazione a silenzio-assenso dei poteri della Sovrintendenza Capitolina a tutela del patrimonio storico minore inserito nella Carta della Qualità del Piano, e l’ennesimo rinvio del recepimento dei vincoli paesistici sul centro storico più autorevoli e stringenti della sua semplice appartenenza al patrimonio Unesco. Questo quadro rende doverosa una verifica, in forma di Valutazione Ambientale Strategica per le Varianti al PRG, che affronti localmente, in modo puntuale e trasparente i carichi urbanistici dei futuri interventi prima che l’approvazione ultima delle nuove NTA impatti irreversibilmente sulla Roma che viviamo ogni giorno. L’adeguamento della Rete ecologica al rischio climatico Roma figura tra le 100 città europee che nel 2022 hanno accettato l’ambiziosa sfida di centrare la neutralità di emissioni climalteranti di CO2 entro il 2030. Allo scopo, la Giunta ha costituito un Ufficio Clima che nel 2024 ha completato la locale Strategia di Adattamento disponendo, tra le varie linee d’azione, il rafforzamento della Rete Ecologica. Il documento ricorda come, sin dall’adozione nel 2003, il Piano regolatore avesse concepito la Rete quale strumento prescrittivo di “raccordo dinamico” tra le spinte alla trasformazione e gli obbiettivi di difesa della biodiversità e come, nelle Norme tecniche di allora, avesse preposto a garanzia che la Rete fosse “oggetto di tutela, qualificazione e completamento”, un successivo Regolamento: mai prodotto pur essendo esplicitamente previsto, la Strategia suggerisce siano appunto le nuove Norme l’occasione per riconoscere le valenze ecologiche della Rete nel frattempo maturate, e adeguarne la consistenza alle esigenze di “adattamento e resilienza ai cambiamenti climatici”. Il mutuo collegamento fra la Strategia climatica e il parallelo, ampio procedimento di revisione delle NTA condotto dalla stessa Amministrazione, tuttavia non c’è stato; nessuno dei criteri ambientali concepiti vent’anni or sono è stato aggiornato e l’articolo 72 relativo alla Rete ecologica è rimasto identico alla versione originaria. Spetta ora pertanto al Consiglio subordinare l’approvazione delle Norme tecniche all’ottemperanza delle indicazioni di Piano per restituire alla Rete il ruolo di “elemento strutturante” delle scelte urbanistiche, integrandone quello di “asse portante” nel senso auspicato dalla Strategia climatica di “spina dorsale dei servizi ecosistemici della città di Roma”. Nell’assenza di modifiche all’articolo 72, ad essere disatteso è infatti proprio il carattere “dinamico” che il PRG aveva stabilito la Rete dovesse assumere. Estesa al perimetro tracciato nel 2008 dal Piano, come allora poco strutturata nelle connessioni tanto fisiche quanto funzionali verso l’Agro e all’interno della città, suddivisa in componenti il cui valore ecologico ha scarsa attinenza con i processi ambientali avvenuti in questi vent’anni, la Rete fatica a preservare la biodiversità per la quale è stata progettata, con le conseguenti difficoltà a gestire l’adattamento del territorio urbano alle sfide climatiche. Così pur restando il principale Elaborato prescrittivo del PRG al pari delle Norme tecniche, la sua forza nel “condizionare e regolare” gli interventi sulla città si è indebolita, e in certi casi annullata, mentre la vulnerabilità ai rischi climatici di Roma ha continuato a crescere. Oggi per recuperarne la prescrittività, le Norme devono fissare, anche al di fuori della Rete, criteri, obbiettivi e priorità che ne ristabiliscano la cogenza ambientale tutelando, oltre alle eccellenze, i processi ecosistemici, per loro natura dinamici, in grado di fronteggiare l’intensità degli allagamenti, le isole di calore, la siccità e i correlati incendi. Per assegnare alla Rete la centralità necessaria a svolgere efficacemente tali funzioni, serve anzitutto estenderne il perimetro: includendo le “zone irrinunciabili” dell’Agro per preservare i varchi tra gli spazi liberi della città e quelli aperti verso la campagna e il mare, le pertinenze riparie del reticolo idrografico anche minore, le aree verdi di risulta interne ai tessuti edificati, le previsioni di verde pubblico. Serve inoltre riarticolarne le componenti: ampliando quella primaria inedificabile, alle aree di tutela della falda e alle connessioni “irrinunciabili” verso l’Agro, lungo il reticolo superficiale e tra questi e le aree libere interne all’edificato, quella secondaria alle aree interessate da processi di rinaturazione spontanea in corso o da ripristinare per ridurre la frammentazione e l’isolamento delle componenti primarie nei tessuti edificati e assicurarne la connettività alla Rete, quella di completamento, già comprendente le aree a rischio di esondazione, a tutti gli spazi aperti che, pur frammentati o isolati nella città, siano funzionali al contenimento delle isole di calore o alla prevenzione degli allagamenti. A tale scopo, la Rete dovrà essere aggiornata con cadenza triennale e le Valutazioni preliminari, oggi previste per interventi al suo interno, rese obbligatorie per interventi entro un raggio di 1000 metri dal perimetro. Tali Valutazioni dovranno infatti dimostrare l’assenza di impatti significativi sulle valenze naturalistiche oggetto di tutela, la fauna stanziale, migratoria e impollinatrice, le prioritarie esigenze di contrasto al clima legate alla connettività ecosistemica e alla diffusa presenza di spazi verdi, liberi all’interno della città. Alle priorità di mitigazione della vulnerabilità ai rischi climatici dovranno quindi infine essere commisurati premi, incentivi e ricostruzioni altrimenti previsti, abbattendone le volumetrie e rendendone più selettiva la concessione, anche al fine di colmare i fabbisogni pregressi di standard a verde. Solo così Roma disporrà di uno strumento essenziale per evitare che l’eventuale, futuro carico urbanistico generato dalle nuove NTA vanifichi il dichiarato impegno alla difesa climatica, sanitaria e ambientale della città, e al contrario governare gli interventi privati a beneficio della collettività. Associazione Roma Ricerca Roma Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli Forum Territoriale Permanente “Parco delle Energie ex SNIA” Comitato Si al Parco No allo Stadio ASud Quarticciolo Ribelle Salviamo il Paesaggio Roma e Lazio Associazione Roma Agricola Fridays For Future Arci Roma WWF Roma e Area Metropolitana Insieme 17 APS Insieme per l’Aniene Comitato Pratone di Torre Spaccata ABC Associazione Beni Comuni Stefano Rodotà Italia Nostra Roma … Crocevia­ Associazione Progetto Celio APS Comitato Colline e Valli di Pietralata e Tiburtina Rete per Aguzzano Ecomuseo Casilino AD Duas Lauros Comitato Stadio Pietralata No Grazie Extinction Rebellion Roma Casale Podere Rosa APS Associazione La Torre del Fiscale ODV Ecomuseo della Via Latina L'articolo LE NTA IN CONTRASTO CON LE POLITICHE SUL CLIMA – Le adesioni proviene da Roma Ricerca Roma.
La bellezza invisibile. Piazzale Ostiense
DIALOGHI COSTITUENTI. SECONDO INCONTRO: LA BELLEZZA INVISIBILE. PIAZZALE OSTIENSE FRA PIRAMIDE CESTIA E NATHAN Il piazzale Ostiense è un luogo importante di Roma: un’incredibile concentrazione di patrimonio storico, architettonico, archeologico – la Piramide Cestia e Porta San Paolo, le Mura Aureliane e il Palazzo delle Poste di Libera – che si dirama verso i quartieri di Testaccio, San Saba, Miani, Ostiense, Garbatella, dove tuttora i residenti custodiscono la memoria storica della Roma operaia e della Resistenza. Gli edifici industriali – ex Mattatoio e Gazometro, Centrale Montemartini e ex complesso dell’ENEL – sono in parte stati trasformati per ospitare attività culturali, museali e formative, con le sedi dell’Università degli Studi Roma Tre. Le stazioni di Roma- Lido e Ostiense, la linea B della metropolitana, le grandi corsie preferenziali per autobus e tram fanno di questa parte di Roma anche un grande nodo di mobilità pubblica a cui si aggiunge quella privata su gomma. Nonostante i numerosi interventi degli ultimi trenta anni, valore e bellezza del luogo sono quasi invisibili: pensato e dunque percepito come spazio di transito, privo di qualità urbana.   Ma il piazzale può diventare una piazza, se si qualificano le aree pedonali e gli attraversamenti, se si ottimizza e potenzia il trasporto pubblico, liberando dal traffico e dall’inquinamento i monumenti e la popolazione residente. Piazzale Ostiense può e deve rappresentare un nuovo paradigma per Roma, da città congestionata dal traffico privato e turistico, a città dei pedoni, dei tram, delle ferrovie urbane e delle piste ciclabili. Una città moderna, pronta ad affrontare i cambiamenti climatici già in atto attraverso nuove politiche di mobilità, riqualificazione urbana con stop al consumo del suolo, con aree verdi e grandi camminamenti pedonali. Per questo come Roma Ricerca Roma pensiamo che si debba ragionare sul breve e sul lungo periodo, inserendo idee che possono essere realizzate rapidamente in una visione d’insieme. Il Parco lineare delle Mura Aureliane e l’archeo-tram possono essere il punto di partenza per avviare una trasformazione che deve coinvolgere tutti i soggetti interessati. Per questa ragione invitiamo tanti attori diversi a parlarne in una iniziativa pubblica che si terrà il 27 febbraio 2025 alle ore 17.00 a Testaccio alla sede di Roma Tre, piazza Orazio Giustiniani 4, aula Musmeci. L'articolo La bellezza invisibile. Piazzale Ostiense proviene da Roma Ricerca Roma.
Salute delle persone e cura del territorio
DIALOGHI COSTITUENTI. PRIMO INCONTRO: SALUTE DELLE PERSONE E CURA DEL TERRITORIO Salute della popolazione e cura del territorio sono due elementi strettamente correlati. Allo stesso modo l’elemento della salute, secondo la definizione dell’OMS, non può prescindere da una visione globale di benessere in termini biomedici, sociali, ambientali. In Italia, nonostante il Servizio Sanitario Nazionale, persistono ancora disuguaglianze in salute, che hanno origine proprio dalle differenti condizioni ambientali, culturali e sociali di vita delle persone. L’incontro ha come obiettivo quello di leggere le dinamiche di salute in un’ottica di equità, rileggendo criticamente le recenti trasformazioni dell’assistenza territoriale e le prospettive di ricomposizione della salute attraverso le esperienze di partecipazione attiva delle realtà territoriali. INTERVENGONO * Patrizia Di Caccamo, ricercatrice indipendente * Federica Fava, Giovanni Caudo, Università degli Studi Roma 3 * Costanza Alfieri, Daniele Pasqualetti, Casale Alba 2 * Elisabetta Papini, infermiera, Forum per il Diritto alla Salute MODERA Lorenzo Paglione, medico di sanità pubblica, Roma Ricerca Roma L'articolo Salute delle persone e cura del territorio proviene da Roma Ricerca Roma.
Quei favolosi anni Cinquanta
QUEI FAVOLOSI ANNI CINQUANTA: LA “RIGENERAZIONE” VINTAGE DELLE NUOVE NTA DI ROMA E IL DECRETO “SALVA MILANO” Ha un forte sapore vintage la recente tornata di proposte sulla “rigenerazione urbana”: tra Decreto “Salva Milano” e nuove Norme Tecniche del PRG di Roma, sembra di rivivere la stagione della grande espansione postbellica magistralmente ritratta dal film di Rosi Le mani sulla città. Benché non si punti più alla massiccia edificazione dei suburbi agricoli, a trasparire dietro allo slogan del “consumo di suolo zero” è infatti la stessa fascinazione che negli anni ’50 portò alla sistematica promozione dello sviluppo edilizio privato e alla sua crescita in ogni possibile direzione a detrimento di qualsiasi obiettivo pubblico di governo urbanistico delle trasformazioni: l’assenza o la reiterazione di deroghe ai piani, la massimizzazione delle densità edificatorie, il sottodimensionamento delle aree a verde e quell’indifferenza per le fattispecie d’intervento che di fatto delega la scelta localizzativa ai soggetti proprietari, frustrando ogni programmazione efficace di spazi e servizi collettivi.   Prima di divenire il paladino dell’urbanistica contrattata, Campos Venuti amava schernire il “rito ambrosiano” dell’urbanistica milanese, ricordando come nel 1955 il Grattacielo Pirelli, simbolo della modernità meneghina, fosse stato realizzato con la licenza in precario delle costruzioni temporanee. Certo le città erano da poco di nuovo impegnate nella redazione di Piani regolatori dopo le ricostruzioni dell’immediato dopoguerra; la disciplina urbanistica cominciava appena a misurarsi davvero con le dinamiche e le spinte propulsive della rendita fondiaria che emergevano insieme al boom economico e su cui soltanto nel decennio successivo avrebbe maturato strumenti (almeno potenzialmente) più adeguati al contrasto: una combinazione ottimale per la speculazione immobiliare dell’epoca, i cui guasti sono testimoniati al meglio da congestione, fabbisogni pregressi o vulnerabilità ai rischi climatici che oggi affliggono le periferie “consolidate” in quegli anni. Viene tuttavia spontaneo chiedersi se qualcosa sia davvero cambiato, perché invece di una coraggiosa sterzata nelle politiche per la città, si osserva piuttosto una costante tensione della attuale variante dell’orientamento pro-growth, la “rigenerazione”, ad attirare sviluppatori interessati ad appropriarsi dei valori “differenziali” di qualità urbana nel frattempo faticosamente riscattati nei quartieri, da e per la collettività.   È l’estate 2023 quando, intervistato sul suo Disegno di Legge per la “rigenerazione”, il senatore Gasparri di Forza Italia candidamente dichiara la necessità di “regole chiare e procedure semplici” a beneficio “di investitori internazionali che vorrebbero operare nel nostro paese”. Non è una novità, tanto che bisognerebbe suonare un campanello di allarme ogni volta che un discorso richiama la “certezza delle norme” e il “bisogno di semplificazione”. Già da qualche tempo, a Milano il Comune rilascia sulla base di SCIA, il più blando fra i titoli abilitativi, svariati permessi per abbattere vecchi edifici e laboratori dove innalzare fabbricati multipiano o persino grattacieli. Ma mentre il Sindaco Sala rivendica con orgoglio l’ingresso di ampi capitali stranieri nell’economia del mattone ambrosiana, fino a poco fa solo il giornalista Gianni Barbacetto e la locale rivista Arcipelago esprimevano sconcerto per lo zelo degli uffici nel consentire operazioni su cui di lì a breve avrebbe indagato la magistratura, bloccando quasi duecento cantieri. I meccanismi sono quelli classici, noti per i molti varchi che offrono ai settori immobiliari più aggressivi e di cui, con vaghe sfumature, si avvale la deregolamentazione urbanistica: cambi di destinazione d’uso, “premi di cubatura”, snellimenti procedurali, riduzione degli oneri in carico ai privati, deroghe in altezze e distanze al DM 1444/1968 che, dice Gasparri, “la rigenerazione richiede quando non sia possibile ricostruire altrove”.   Nasce così anche il c.d. Decreto “Salva Milano”, la proposta di “interpretazione autentica” in discussione alle Camere contro la cui definitiva approvazione, proprio in chiusura del 2024, si è schierato un numero crescente di urbanisti. L’appello partito da quattro docenti del Politecnico di Milano denuncia Il necrologio dell’urbanistica: in dieci anni Milano “ha iniziato a trasformarsi pezzo per pezzo, fuori da una visione d’insieme dello spazio pubblico e delle esigenze collettive della città”, “senza alcuna considerazione degli impatti ambientali, sociali e sulla qualità della vita”; in tal modo “si è imposto un modello di rigenerazione fai da te”, ma “disaccoppiare la rigenerazione urbana dalla pianificazione urbanistica (…) mette a rischio la possibilità di rigenerare le città secondo principi di inclusione sociale e riconversione ecologica”. Se passasse in Parlamento, la legge investirebbe la totalità dei centri italiani, con validità retroattiva al decreto del 2013 che, fatto salvo –ancora, ma per quanto?– il rispetto dei parametri di dotazioni urbane pubbliche, fissa un ulteriore tassello nella separazione fra edilizia e urbanistica: l’inclusione, nelle ristrutturazioni, delle demolizioni con ricostruzione.   L’appello, raccolto dalla SIU e rilanciato da singoli e associazioni lungo tutta la penisola, ha aperto un salutare dibattito, creando addirittura scompiglio nell’INU, lo storico Istituto nazionale degli urbanisti; se infatti il presidente Talia ha definito “scelte ed effetti pericolosi, e nemmeno risolutivi” gli impatti del Decreto, il presidente della sezione lombarda Marco Engel lo ha difeso in nome della “straordinaria vitalità del mercato immobiliare” di Milano e della sua pretesa impareggiabile quanto “assoluta eccezionalità”. Si può perdonare Engel che da buon milanese ignora come invece a Roma ci si stia già attrezzando in quella medesima direzione con la “variante” dell’intero corpus delle Norme Tecniche di Attuazione, adottata lo scorso 11 dicembre in Consiglio capitolino. Semmai stupisce il silenzio attorno alle contemporanee e non meno preoccupanti vicende della Capitale di diversi esponenti della cultura urbanistica romana nonostante l’indignazione per il caso milanese. C’entrano sicuramente la lunghezza e complessità del testo delle nuove NTA, i suoi tecnicismi, la pletorica bizantina: il contrario dello stile linguistico che dovrebbe accompagnare, completare e chiarire indirizzi e modalità di spazializzazione degli usi del suolo configurati nelle tavole di Piano, del quale sono la parte “verbale” inscindibile. Eppure anche tale variante è stata giustificata dalla necessità di “certezze” e di “semplificazione”.   Forse si è più propensi a partecipare a battaglie di livello nazionale per non compromettersi in quelle locali, dove ci si espone più direttamente – ma se non sono urbaniste e urbanisti ad occuparsene, chi mai dovrebbe farlo? Fra coloro che vi hanno messo mano (pochissimi), la maggior parte ha preferito concentrarsi su singoli articoli e commi, anche ottenendo gli auspicati riscontri su temi scottanti per Roma quali il diritto alla casa, la turistificazione, la cementificazione degli alvei. A sfuggire tuttavia è ciò che le nuove NTA svelano rispetto al modo di considerare l’urbanistica e la sua azione, ovvero la direzione che imprimeranno allo sviluppo della città. Abbiamo provato in diverse occasioni pubbliche a far presente che, prima e più che non ai singoli articoli, bisognerebbe far attenzione al significato complessivo dell’operazione, al quadro completo, partendo da aspetti “sistemici” che non possono essere sottovalutati: in particolare il carico urbanistico di residenti, pendolari o abitanti temporanei che andrà a pesare su zone a differente attrattività di investimento, con il connesso inasprimento di carenze pregresse localmente già drammatiche in servizi e verde, o il definitivo svilimento di previsioni di Piano già deboli, perché inattuate, insufficienti o non più adeguate, e che sempre più spesso si pensa di poter risolvere con la “monetizzazione”.   Giustificate principalmente come necessaria chiarificazione di un testo eccessivamente complesso, mero atto di adeguamento legislativo a normative nazionali, l’Amministrazione non ha infatti inteso né precedere le nuove Norme da una valutazione sullo stato di attuazione del Piano, che pure sconta il suo quindicesimo anno di vigenza, né provare a verificare, seppure tentativamente, le loro potenziali ricadute spaziali. Così che, mentre l’attività di revisione ha finito per modificare oltre metà dell’articolato delle precedenti NTA incidendo su pesi, relazioni ed equilibri del Piano regolatore, la Rete ecologica (peraltro elaborato “prescrittivo” esattamente come “Sistemi e Regole” e le stesse NTA) e la Carta della Qualità (citata ma mai presa seriamente in considerazione), cui spettava fissarne le “invarianti”, si sono limitate ad acquisire l’una i vincoli sovraordinati, l’altra qualche villino sparso tra I e II Municipio, perdendo assieme all’opportunità di includere nuove visioni strategiche e di tutela, anche molto della propria autorevolezza conformativa.   Gli esempi sono purtroppo molteplici. Fra questi, la già accennata “monetizzazione degli standard” ossia la possibilità concessa ai privati di convertire in somme equivalenti, la realizzazione di spazi verdi o parcheggi pubblici che il DM 1444/1968 riserva per legge a ciascun abitante da insediare e in relazione alle diverse funzioni: la monetizzazione è ora accordata ogni volta risultino irreperibili i terreni destinabili allo scopo; assenza che, viceversa, non condiziona i cambi di destinazione d’uso o gli aumenti di cubatura cui il costruttore può ambire, non subordina l’entità dei pagamenti alla distanza e accessibilità delle zone verdi che si rendono disponibili in alternativa, non implica finalità di consolidamento o ampliamento della Rete ecologica. In sintesi, se l’operatore privato prevede una certa trasformazione e questa richiede, per legge, di essere accompagnata da una determinata quantità di verde e servizi che però non è possibile realizzare perché non c’è spazio per farlo, invece di trovare una diversa, più sostenibile collocazione per l’intervento privato o rinunciare alla trasformazione, quanto si deve al pubblico in termini di standard viene trasformato in “moneta”: come se il denaro sostituisse un giardino, un parco o una scuola, mentre ciò che conta è lasciar liberi i capitali di essere investiti, e gli operatori di operare. L’urbanistica romana che critica il “rito ambrosiano” non fa niente di sostanzialmente diverso: non mette in discussione il modello di sviluppo ancora basato sulla crescita che la città sta perseguendo in contrasto con qualsiasi principio, pur continuamente evocato, ma altrettanto continuamente sottovalutato o addirittura ignorato, di “transizione” ecologica e di lotta al cambiamento climatico.   Ad agosto l’Unione Europea ha approvato il Regolamento 2024/1991 per il Ripristino della Natura che dovrà essere tradotto nella legislazione degli Stati Membri. L’articolo 8 dispone di conservare le coperture arboree e le aree verdi esistenti all’interno dei perimetri edificati, per poi estenderle dal 2030. Roma poteva eccellere in innovazione dettandone le fattibilità lungo il Tevere e il reticolo minore dei corsi d’acqua, nelle aree destinate agli ex SDO che supportano le residue connessioni ambientali tra Appia e Aniene, a Monte Mario perno dei corridoi ecologici occidentali: preservando quei felici connubi di beni storici, archeologici e naturalistici, tanto cari ad Adriano La Regina, come Torre Spaccata, l’ex Snia, Tor Fiscale, ramificando nel costruito più denso “isole d’ombra” per le scuole, le case di cura, i mercati rionali, moltiplicando le piazze “spugna” per assorbire le piogge e ricaricare la falda idrica; al Comune bastava integrare il Piano Clima, conferendogli funzioni di adattamento climatico ora inspiegabilmente lacunose, ma non ha saputo o, peggio, non ha voluto. L'articolo Quei favolosi anni Cinquanta proviene da Roma Ricerca Roma.
Regolamentare gli affitti brevi con gli strumenti urbanistici: proposta per Roma
> Di Filippo Celata e Daniela Festa (*) > > . > > Cosa si può fare per porre un freno alla conversione di appartamenti > residenziali in affitti brevi per i turisti. Quali sono gli strumenti > urbanistici disponibili. Cosa stanno facendo le altre città. Cosa può e deve > fare Roma. > > . La necessità urgente di regolamentare e introdurre limitazioni agli affitti brevi, ovvero alla locazione turistica di alloggi ad uso abitativo, al fine di favorire la residenzialità, è ormai riconosciuta da molti. La lista di coloro che si sono espressi a favore, anche all’interno della Giunta e dell’Assemblea capitolina, è lunga. Sul perché, ovvero sugli effetti devastanti della massiccia conversione di abitazioni residenziali in alloggi destinati ai turisti, non è necessario soffermarsi qui, perché molto è stato già scritto e detto (Celata, 2024; si segnala anche questo podcast). Il problema principale è l’effetto drammatico che il ‘fenomeno Airbnb’ ha avuto sulla disponibilità di locazioni a lungo termine, come sa bene chi in questi mesi pre-Giubileo cerca a Roma una casa in affitto: missione quasi impossibile. A Roma come altrove in Italia di tale necessità ci si è resi conto tardivamente, mentre ormai in quasi tutte le altre grandi città turistiche europee sono state introdotte norme più o meno stringenti (si veda la tabella). Per mesi poi, in Italia, si è attesa una specifica legge nazionale che consentisse esplicitamente ai Comuni di intervenire in tal senso, sul modello della norma introdotta ad hoc per Venezia (art. 37-bis, d.l. 50/2022 convertito in legge n. 90/2022), e che per inciso risulta tuttora inattuata. Nell’ultima legge di Bilancio (L. 2143/2023) sono invece confluiti solo alcuni vincoli in materia di sicurezza degli immobili destinati a locazione turistica e l’estensione all’intero territorio nazionale del cosiddetto Codice Identificativo, già previsto da diverse norme regionali. Diventato evidente, dunque, che il governo non avesse alcuna intenzione di consentire una effettiva regolamentazione e limitazione del fenomeno, la domanda è diventata: cosa possono fare i Comuni in assenza di una esplicita legge nazionale? La risposta è che si può fare molto, utilizzando appunto gli strumenti urbanistici, sebbene la questione sia complessa, anche perché le competenze in materia sono suddivise tra diversi livelli di governo in maniera non sempre chiara. PROPOSTE PER ROMA: LO STRUMENTO URBANISTICO Presentiamo qui una proposta di regolamentazione urbanistica degli affitti brevi, coerente con la proposta del Gruppo Romano per la Regolamentazione degli Affitti Brevi, successivamente discussa in un incontro sul tema organizzato il 19 Aprile 2024 dalla Commissione Politiche Abitative e Patrimonio di Roma Capitale, e poi rielaborata all’interno delle Osservazioni del Municipio I del 2 maggio 2024 sulla modifica in corso delle Norme Tecniche di Attuazione (NTA) del Piano Regolatore di Roma. A giugno 2023 la giunta capitolina ha infatti approvato una proposta di modifica delle attuali NTA che ha suscitato un acceso dibattito anche perché, piuttosto che contrastare l’iper-turistificazione, la modifica è sembrata a molti volerla favorire (1). L’idea che è emersa successivamente è, in particolare l’introduzione – in sede di discussione e approvazione delle modifiche delle NTA da parte dell’Assemblea capitolina, prevista a breve –  di una sub-articolazione della categoria funzionale residenziale per distinguere i casi nei quali le unità immobiliari sono effettivamente ad uso abitativo dai casi in cui l’uso è prevalentemente o esclusivamente ricettivo. Le stesse NTA dovrebbero rimandare poi a un successivo e separato regolamento da emanarsi a cura dell’Assemblea Capitolina entro alcuni mesi, che introduca una disciplina specifica. L’obiettivo è favorire gli usi effettivamente abitativi e mantenere la riconoscibilità della struttura insediativa della città storica e della città consolidata, attenendosi ai profili strettamente urbanistici del governo degli usi e delle trasformazioni del territorio, e in coerenza con i principi costituzionali relativi alla proprietà dell’abitazione (2). Le NTA vigenti (Delibera del Consiglio Comunale 18/2008), all’interno delle destinazioni d’uso ‘abitative’ (lettere A), prevedono ad ora esclusivamente le sub-categorie ‘abitazioni singole’ e ‘abitazioni collettive’ (studentati, convitti, conventi, ecc.). Nell’ambito della categoria funzionale D, ‘turistico-ricettiva’, è prevista la sub-categoria ‘strutture ricettive extra-alberghiere’, ma in essa non ricadono attività quali i Bed & Breakfast, gli affittacamere o gli alloggi ad uso turistico, anche perché le norme regionali prevedono esplicitamente che tali attività non comportino cambio di destinazione d’uso. L’Art. 17 delle NTA vigenti prevedeva infine che, con successivo provvedimento, il Comune potesse “limitare, per motivi di salvaguardia dei caratteri socio-economici, culturali e ambientali di particolari zone della Città storica e della Città consolidata, i cambiamenti di destinazione d’uso o l’insediamento di specifiche attività interne alle destinazioni d’uso” previste, ma a tale disposizione, almeno per quel che riguarda le locazioni turistiche, non è mai stato dato seguito. COSA STANNO FACENDO LE ALTRE CITTÀ ITALIANE Altri Comuni in Italia hanno d’altronde intrapreso la stessa strada. Noto è il tentativo del Comune di Firenze che l’8 agosto 2023 ha approvato una variante alle NTA del Regolamento Urbanistico prevedendo all’interno dell’uso residenziale la sub-categoria “residenza temporanea”, comprensiva delle locazioni turistiche brevi e delle strutture ricettive extra-alberghiere. Il Comune ha poi, su questa base, imposto il blocco alle nuove registrazioni di locazioni turistiche all’interno del centro storico e del sito UNESCO. Nell’Aprile 2024, inoltre, il Comune di Bologna ha approvato una modifica al Regolamento edilizio che introduce all’interno della categoria funzionale turistico-ricettiva una sub-categoria relativa alle attività turistiche svolte in unità immobiliari a destinazione abitativa, incluse le locazioni brevi. Tali attività dovranno quindi sottostare a un vero e proprio cambiamento di categoria funzionale; il che dovrebbe preludere, si desume, all’introduzione di uno specifico regime autorizzativo. Interventi analoghi sono attualmente in discussione in diverse altre città. Si attende a giorni, in seguito ad alcuni ricorsi, la pronuncia del TAR in merito alle nuove norme fiorentine. È possibile che il Tribunale possa pronunciarsi in merito alle modalità dell’intervento, ma difficilmente potrà inficiare l’intero provvedimento. “Nella giurisprudenza amministrativa possono rinvenirsi rilevanti pronunce che non solo confermano la possibilità di introdurre limitazioni a B&B e locazioni turistiche a fini di tutela della residenzialità dei centri storici (…), ma che certificano pure la non irragionevolezza di una disciplina differenziata tra uso residenziale ‘vero e proprio’ – volto a soddisfare il bisogno primario dell’abitazione – e uso residenziale temporaneo – volto a soddisfare un mero interesse turistico”, laddove le leggi regionali contengono disposizioni in tal senso (Menegus, 2024). LE ABITAZIONI A USO TURISTICO NEL PIANO REGOLATORE DI ROMA La proposta qui presentata è, come detto, da un lato coerente ma d’altro lato diversa da quelle summenzionate. L’idea è, in particole, prevedere due specifiche sub-articolazioni all’interno delle destinazioni d’uso ‘abitative’ di cui all’art.6 delle NTA. La distinzione è principalmente dovuta alla possibilità o meno che l’unità immobiliare continui a essere utilizzata a scopi abitativi e residenziali, ovvero implichi o meno la presenza di un soggetto residente che dimori all’interno dell’appartamento in maniera permanente o per lo meno intermittente. Una prima sub-categoria (A3) comprenderebbe le ‘abitazioni ad uso misto abitativo-turistico’, ovvero parzialmente o occasionalmente utilizzate a scopo turistico ricettivo in forma non imprenditoriale. Sarebbero inclusi in tale sub-categoria i Bed and Breakfast (Art. 9 R.R. 8/2015) (3); e gli Alloggi per uso turistico (Art. 12 bis R.R. 8/2015) nei soli casi in cui soltanto parte dell’abitazione è utilizzata a scopo turistico ricettivo. In tali casi le unità immobiliari mantengono una loro funzione abitativa. Per i Bed & Breakfast, infatti, l’art. 4 del R.R. 8/2015 impone che “il gestore deve avere la residenza nella struttura e si riserva una camera da letto all’interno della stessa”. Gli Alloggi ad uso turistico rientrerebbero invece in tale sub-categoria soltanto nei casi in cui solo una parte dell’abitazione – tipicamente una camera – è a uso turistico ricettivo, mentre il restante è a uso abitativo. In questi casi il successivo regolamento potrebbe anche non avere scopi esplicitamente limitativi, ma operare al fine di garantire che l’abitazione mantenga effettivamente un utilizzo abitativo e, almeno nel caso degli alloggi ad uso turistico, che tale utilizzo debba intendersi come prevalente. La seconda sub-categoria (A4) comprenderebbe le ‘abitazioni a uso turistico’, ovvero interamente e non occasionalmente utilizzate a scopo turistico ricettivo. Sarebbero quindi inclusi: le Guest house o Affittacamere, per i quali è prevista esclusivamente la gestione in forma imprenditoriale (art. 4 R.R. 8/2015) (4); le Case e appartamenti per vacanze gestiti in forma imprenditoriale o non imprenditoriale (art. 7 R.R. 8/2015); gli Alloggi per uso turistico nei casi in cui l’intera abitazione è utilizzata a scopo turistico ricettivo e per i quali le norme regionali prevedono che tale uso debba comunque essere “occasionale, non organizzato e non imprenditoriale” (art. 12 bis R.R. 8/2015). COSA CONSENTONO DI FARE LE LEGGI NAZIONALI E REGIONALI È possibile operare in tal senso in assenza di esplicite norme che consentano ai Comuni di farlo? La risposta è si. A livello nazionale, l’art. 23-ter comma 3 del Testo Unico sull’Edilizia prevede infatti che “il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito, salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali” (5). A livello regionale, le Regioni avrebbero in teoria ampissimi poteri in merito al ‘governo del territorio’. A questi poteri tuttavia, nel caso specifico dell’utilizzo per finalità ricettive di immobili residenziali, le Regioni sembrano aver volontariamente rinunciato, mentre “più di un dubbio può esser sollevato in merito all’inattività delle Regioni” in questo ambito, laddove l’utilizzo turistico ricettivo non occasionale delle abitazioni ha evidentemente rilevanza urbanistica (Tumminelli, 2023). L’introduzione di una disciplina specifica anche in assenza di un chiaro e specifico quadro normativo ci appare comunque necessaria anche al solo fine di favorire un chiarimento di quelle che sono le prerogative dei diversi livelli di governo. Il regolamento comunale, d’altro lato, agirebbe del tutto in coerenza con quanto già disposto, a livello regionale, dall’art. 4 della L.R. n.8 dell’8 maggio 2022, il quale prevede che “ai fini della salvaguardia ambientale e paesaggistica e del patrimonio storico, artistico, archeologico e monumentale, nonché della sostenibilità ambientale, infrastrutturale, logistica, della mobilità e della vivibilità necessaria alla fruizione dei luoghi da parte della collettività, Roma Capitale può individuare criteri specifici in riferimento a determinati ambiti territoriali per lo svolgimento di attività di natura non imprenditoriale di locazione di immobili ad uso residenziale per fini turistici, nel rispetto dei principi di stretta necessità, proporzionalità e non discriminazione”. Il regolamento comunale sarebbe inoltre del tutto coerente con i Regolamenti Regionali sulle attività ricettive. Tali regolamenti prevedono da un lato, come detto, che l’utilizzo turistico ricettivo di appartamenti residenziali “non comporti cambio di destinazione d’uso” (escludendo quindi – a norma regionale invariata – che tali utilizzi possano prefigurare una destinazione d’uso a funzioni turistico-ricettive, la quale sarebbe invece auspicabile per lo meno nei casi in cui tali utilizzi prefigurino un utilizzo esclusivamente ricettivo). D’altro lato, i Regolamenti Regionali disciplinano l’utilizzo a scopo turistico ricettivo delle unità abitative in maniera dettagliata e stringente. Tali disposizioni, tuttavia, in particolare per quel che riguarda gli alloggi ad uso turistico, risultano in larga parte inattuate e inattuabili in assenza di una specifica disciplina urbanistica e per via dell’onerosità e della scarsa efficacia dei relativi controlli. Il regolamento comunale avrebbe quindi lo scopo, tra le altre cose, di consentire il rispetto di quanto già previsto da norme esistenti. VERSO UN REGOLAMENTO COMUNALE PER GLI AFFITTI BREVI In coerenza con l’art. 4 della L.R. 8/2022, il regolamento comunale potrà in particolare introdurre una disciplina differenziata per ambiti e tessuti e i criteri specifici per lo svolgimento delle attività di cui agli usi A3 e A4 nei diversi contesti, tenendo presenti tanto le peculiarità e le fragilità dei vari tessuti urbanistici, quanto i diversi gradi di intensità con i quali il fenomeno si manifesta nella città. Preme sottolineare che il problema, in questo senso, non è in alcun modo limitato al ‘centro storico’, e nemmeno al solo Municipio I di Roma. Limitare l’intervento al solo centro storico o peggio a specifiche zone all’interno di esso non avrebbe infatti alcuna efficacia in zone limitrofe dove il fenomeno è già notevolmente diffuso e impattante, e rischierebbe perfino di disperdere il problema altrove. Il rischio, in altre parole, è congelare il centro così com’è, turistificando il resto della città. D’altro lato, una effettiva regolamentazione che non avesse espliciti intenti zonali, ma che si proponesse di limitare lo svolgimento in forma non occasionale e sistematica di attività ricettive negli appartamenti residenziali, avrebbe comunque effetti differenziati a scala sub-comunale dal momento che l’utilizzo ricettivo più intenso e organizzato si concentra nelle zone più attrattive, redditizie e nelle quali sono maggiormente visibili gli effetti negativi dell’iper-turistificazione. Il regolamento dovrebbe poi disciplinare la distinzione tra attività occasionale e non, dal momento che, come detto, l’art 12 bis del R.R. 8/2015 dispone che l’affitto come alloggio ad uso turistico debba essere in ogni caso “occasionale”. Tale distinzione potrà anche basarsi sulla definizione di un tetto annuale di giornate per l’affitto ai turisti, sufficientemente stringente per consentire una effettiva utilizzazione a scopo abitativo. Ci appare per altri versi eccessivamente ampio il limite dei 120 giorni che è spesso menzionato in Italia, laddove nelle città estere nelle quali è stato introdotto il cosiddetto ‘time-cap’ esso è in genere da 30 a 90 giorni, e/o associato ad altre restrizioni, quali l’obbligo di residenza (si veda la tabella). Il regolamento dovrà, inoltre, dare effettiva attuazione a quanto disposto dal comma 2 dell’art 12 bis del R.R. 8/2015, il quale limita l’utilizzo di alloggi ad uso turistico solo alle unità immobiliari ai “proprietari, gli affittuari o coloro che a qualsiasi titolo dispongono di un massimo di due appartamenti nel territorio del medesimo Comune”. Tale norma potrebbe avere effetti rilevantissimi dal momento che, attualmente, il 52% degli annunci su Airbnb.com fa riferimento a soggetti che gestiscono più di due annunci. Più complesso appare un intervento che chiarisca, sempre in coerenza con le norme regionali, cosa si intenda per utilizzo a scopo turistico ricettivo in forma non organizzata e non imprenditoriale. In linea di principio, dovrebbe essere verosimilmente e fino prova contraria esclusa la gestione da parte di proprietari o locatari che siano persone giuridiche, ovvero soggetti che per le loro caratteristiche costitutive e organiche si orientano inevitabilmente verso una gestione organizzata e imprenditoriale. Ciò non impedirebbe che proprietari o locatari persone fisiche possano avvalersi di intermediari quali i ‘property manager’, laddove il loro ruolo sia limitato a funzioni di intermediazione per loro conto, e non equiparabili all’assunzione di una vera e propria funzione gestionale, organizzata e imprenditoriale. La natura imprenditoriale o meno di una qualsiasi attività non è tuttavia di competenza urbanistica. Il tema andrebbe in ogni caso posto nelle sedi sovraordinate al fine, anche in questo caso, di dare effettiva attuazione a quanto previsto dalle norme regionali esistenti (6). Sempre al fine di favorire la residenzialità, il regolamento potrà stabilire che non è in alcun modo precluso l’utilizzo a fini esclusivamente abitativi delle unità immobiliari classificate come a utilizzo misto abitativo-turistico (A3) o a utilizzo turistico (A4). Sarebbe sempre possibile tornare, in altre parole, a un utilizzo a scopi esclusivamente abitativi di tali immobili.  Il regolamento riguarderebbe in questo modo tutte le forme di ricettività extra-alberghiera in abitazioni residenziali, chiarendo eventualmente che la disciplina si pone anche l’obiettivo di sanare l’ineguale e ingiustificato favore con il quale le norme disciplinano gli alloggi ad uso turistico rispetto ad altre forme di ricettività alberghiera ed extra-alberghiera. PER UNA REGOLAMENTAZIONE EFFICACE, E IL PROBLEMA DEGLI ‘ABUSIVI’ Le modifiche così introdotte e ulteriormente disciplinate dal successivo regolamento si applicherebbero a partire dalla data di adozione delle modifiche alle NTA, tutelando le situazioni pregresse solo per coloro che già svolgono attività turistico ricettiva in abitazioni in piena conformità alle norme e ai regolamenti vigenti, inclusi il rispetto dei “requisiti previsti per le abitazioni”, della “normativa vigente in materia edilizia e igienico sanitaria”, gli obblighi di registrazione e di comunicazione, e ivi compresi gli obblighi di comunicazione dei “dati sugli arrivi e sulle presenze” e gli obblighi introdotti recentemente in materia di sicurezza degli immobili. La disciplina avrebbe invece piena applicazione nei confronti dei cosiddetti ‘abusivi’, ovvero coloro che non ottemperano agli obblighi summenzionati, facilitando peraltro le relative verifiche. Per questi casi di un uso ricettivo di fatto e contra legem, l’attività deve essere infatti considerata come illegittimamente avviata. Il regolamento dovrà adoperarsi per evitare che la nuova disciplina comporti, in questo modo, un trattamento ingiustamente vantaggioso per chi già svolge attività ricettiva, a danno di chi intendesse iniziare a intraprendere tale attività. A tal fine si dovrà esplorare la possibilità di limitare il passaggio alla sub-categoria A4 solo per un numero limitato di anni, per favorire una qualche forma di rotazione ispirata a principi redistributivi dei vantaggi economici associati alla ricettività turistica. Sempre a tal fine si dovrà stabilire che l’utilizzo di cui alle sub-categorie A3 e A4 sia vincolato allo stesso immobile e al medesimo proprietario o locatario, ovvero non possa tale prerogativa essere trasferita da un immobile a un altro e/o da un proprietario o locatario all’altro. Al fine di evitare che l’introduzione della nuova disciplina si associ alla persistenza o alla crescita di un’offerta ‘abusiva’, irregolare o illegittima, il regolamento dovrebbe disciplinare anche i relativi controlli e le verifiche, anche tramite un incremento delle risorse ad essi destinati. È cruciale, in particolare, l’introduzione di un adeguato sistema di monitoraggio delle piattaforme online di prenotazione, anche tramite accordi con tali piattaforme per consentire, come avviene in molte altre città estere, la condivisione delle informazioni rilevanti e/o il blocco automatico degli annunci ‘irregolari’. Su questo, sarà utile fare riferimento a quanto sperimentato in altre città – si veda in particolare Barcellona – valutando la soluzione migliore sulla base del suo costo-efficacia. Si potrà inoltre valutare, in sede separata, l’introduzione di ulteriori norme di carattere incentivante/disincentivante, quali un regime differenziato per le imposte municipali. Preme tuttavia sottolineare che agire esclusivamente in termini di disciplina fiscale, come pure anche in Italia in qualche modo si è fatto, è ovviamente necessario sotto il profilo dell’efficacia e dell’equità dei regimi impositivi, ma avrà molto difficilmente sostanziali effetti disincentivanti. Quanto sopra è soltanto una proposta, che dovrà essere discussa con tutti i soggetti rilevanti e sottoposta ad attente valutazioni di ordine tecnico e giuridico, soprattutto in sede di emanazione del regolamento comunale. Bisognerà in ogni caso agire energicamente, prima possibile, e all’interno di un perimetro più ampio possibile, assumendosi anche qualche rischio. Ci si muove, d’altronde, su un terreno in Italia ancora praticamente inesplorato. In questo quadro qualsiasi intervento ha innanzitutto lo scopo di chiarire, come detto, fino a che punto può spingersi un intervento urbanistico. È l’unica strada percorribile affinché la regolamentazione abbia effetti sostanziali e non meramente cosmetici su un fenomeno che ha già raggiunto proporzioni enormi e i cui effetti sono ormai molto difficilmente reversibili. NOTE: * Gli autori desiderano ringraziare per la collaborazione alla stesura del testo Gianluca Bei, Barbara Brollo, Alessandra Esposito, e per i commenti Grazia Galli (Progetto Firenze), Maria Luisa Mirabile (Gruppo Romano Regolamentazione Affitti Brevi), Giacomo Menegus, Giacomo Maria Salerno e Giovanni Leone (Alta Tensione Abitativa), Paolo Gelsomini (Carteinregola). (1) La proposta di modifica delle NTA approvata dalla giunta capitolina il 13 giugno 2023, in particolare, includerebbe esplicitamente bed and breakfast, affittacamere, case per vacanze nella categoria funzionale abitativa, senza alcuna ulteriore distinzione o articolazione in sottocategorie funzionali. Consentirebbe inoltre nei tessuti storici i frazionamenti di unità immobiliari (facilitando quindi la loro conversione ad un utilizzo ricettivo), la conversione a funzioni ricettive degli edifici per più del 70% occupati da tali attività, e l’apertura anche in centro di grandi alberghi (che è attualmente preclusa). Si veda in tal senso l’intervista a Barbara Pizzo sul Fatto Quotidiano, urbanista ed ex presidente di Roma Ricerca Roma, e il commento di Giancarlo Storto per Carteinregola. (2)  La Costituzione tutela infatti i diritti dei proprietari di immobili residenziali ma “solo nella misura in cui vi sia diretta corrispondenza tra la proprietà del bene-casa e la soddisfazione del bisogno abitativo del proprietario” (Olivito, 2016). (3)  Qui e di seguito si intende il Regolamento Regionale 8/2015 così come modificato e integrato dal Regolamento Regionale 14/2017. (4)  Guest house e affittacamere, sebbene possano in teoria consentire un uso misto abitativo/ricettivo, sono qui ricompresi in quanto da disciplina regionale, come detto, possono essere gestite solo in forma imprenditoriale e poiché l’eventuale funzione residenziale assume carattere residuale e puramente servente rispetto all’attività ricettiva. (5)  Perfino nel recentissimo ‘Decreto Salva Casa’ approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 24 Maggio 2024, il quale sembra prevedere per altri versi una completa liberalizzazione dei cambi di destinazione d’uso e addirittura di categoria funzionale, si dice che tali cambi siano sempre ammessi ma “fermo restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni”, oltre che ovviamente “nel rispetto delle normative di settore”. Tale provvedimento renderebbe semmai ancora più urgente l’introduzione da parte dei Comuni di una specifica disciplina urbanistica. (6)  Si fa presente che, in questo ambito, il limite di 4 appartamenti previsto dalle norme nazionali affinché la locazione turistica sia considerata attività di impresa, o la più recente modifica della disciplina della cedolare secca (che sale in alcuni casi dal 21% al 26%), hanno rilevanza soltanto a fini fiscali. L'articolo Regolamentare gli affitti brevi con gli strumenti urbanistici: proposta per Roma proviene da Roma Ricerca Roma.