A qualcuno piace caldo

Roma Ricerca Roma - Wednesday, July 23, 2025

A qualcuno piace caldo, cronache dal Piano Clima di Roma

di Lorenzo Paglione e Alessandra Valentinelli, Roma Ricerca Roma

Lo scorso 25 giugno, la Protomoteca ha ospitato la presentazione del “Piano Caldo”, ultimo spin off della Strategia di Adattamento lanciata nel gennaio 2024 dall’Ufficio Clima di Roma. Il momento scelto per illustrare dinamiche e risposte alle ondate di calore attese in città certo non poteva essere più propizio per un raffronto diretto con quanto emerso dai vari contributi: di lì a qualche giorno avremmo vissuto le settimane più torride degli anni recenti, sperimentando così in prima persona portata e bontà delle informazioni fornite.

Oltre agli esempi di pavimentazioni (drenanti, riflettenti, assorbenti…) e agli elenchi di potenziali rifugi climatici ispirati ai comuni normalmente attivi contro i picchi di temperatura, tra le novità dell’incontro, vale in particolare segnalare la serie di mappe sulla distribuzione delle isole di calore romane. Modellate su cartografie forse non perfettamente aggiornate, tali mappe riflettono la geografia della crescita mal governata della Capitale; una scena desolante di edificato compatto, carenza di verde, piastre logistiche e commerciali sovradimensionate, dove il termometro registra i valori massimi. Restituisce le asimmetrie generate dal consumo di suolo che chiunque, girando i quartieri nel pieno dell’ondata di caldo dei giorni successivi, ha potuto misurare nella loro dimensione fisica: l’asfalto infuocato, la scomparsa di ogni refolo d’aria, la preoccupante assenza di calo termico nelle ore notturne, fresco e ombra confinati sotto le (rare) gallerie arboree, vicino all’acqua, nei varchi aperti verso l’Agro o il mare. Così però si delinea anche l’altra mappa, utile ad adattare i nostri spazi quotidiani al clima contrastandone la ferocia: non semplici rifugi, ma polmoni verdi, piazze giardino, strade alberate e aiuole spugna disseminati in tutta la città.

In un simile quadro spicca ciò di cui agli incontri dell’Ufficio Clima si continua a non parlare, confermando un’attuazione del Piano che, nonostante i paralleli encomiabili sforzi per sistematizzare in dettaglio gli impatti climatici, procede senza garanzie né di sinergia fra gli interventi cittadini, né di coerenza strategica con la pianificazione di ambiti chiave per la gestione di quelle temperature che non sono più eccezionali, ma ordinarie, ovvero le dotazioni e le tutele ambientali, la mobilità e la sostenibilità energetica.
In questo senso, se sicuramente risultano migliorativi gli interventi legati al posizionamento delle nuove pensiline alle fermate del trasporto pubblico di superficie, manca ancora una visione complessiva, capace di leggere il TPL non solo come mitigatore di emissioni climalteranti, ma come vero e proprio strumento per affrontare le disuguaglianze sociali anche legate all’esposizione al calore, dal momento che, sempre per quanto riguarda la mobilità, la riduzione del parco automobili circolanti non può che essere un obiettivo centrale per ridurre le temperature in città. Stesso discorso per quanto riguarda il favorire l’autoproduzione di energia, in un contesto in cui, specialmente per le fasce più vulnerabili (o per la popolazione più esposta), la climatizzazione rappresenta un salvavita: le Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali (CERS), strumento chiave per affrontare questa problematica (al netto di una rivisitazione complessiva dei vincoli sull’aspetto esterno degli edifici, in particolare nella città consolidata della periferia storica), restano purtroppo fuori dal documento conclusivo, nonostante gli sforzi condotti proprio dall’Amministrazione per la stesura del regolamento, mentre i blackout di alcune aree di Roma di questi giorni dimostrano quanto sia fragile l’infrastruttura energetica cittadina quando sottoposta a fortissime sollecitazioni dovute alla climatizzazione degli ambienti.

Sin dai suoi esordi la Strategia climatica ha insomma rinunciato all’integrazione delle politiche settoriali per l’adattamento diffuso, privilegiando la realizzazione di opere meglio beneficiate dai finanziamenti. Una strada utile ma insufficiente. Come mostrano Parigi o Barcellona, se si vuol essere efficaci, serve un’organica regia operativa, correlata alle condizioni del territorio, alle intensità di rischio, alla vulnerabilità dei soggetti esposti.
Per quanto la Giunta dichiari assumerne le priorità, enumerando alberi piantati, superfici decementificate, persino nuovi parchi, il Piano Clima è solo uno strumento volontario, perseguibile nel singolo appalto ma privo di cogenza sugli altri strumenti ben altrimenti prescrittivi in capo all’Amministrazione. Senza un radicamento nei capitolati delle opere pubbliche, nel Regolamento del Verde, in quello Edilizio o nel Piano Regolatore, senza standard prestazionali obbligatori per gli interventi, dagli spazi minuti dei marciapiedi fino alle nuove piazze, Roma continuerà a fare come ha sempre fatto. E’ difficile infatti non riconoscere, negli esiti delle piazze inaugurate per il Giubileo o nella Rambla di Pietralata, lo scollamento cui si è assistito tra l’elaborazione del Piano Clima e l’adozione delle Norme Tecniche, che si ripropone ora nella programmazione degli interventi, ora nei tanti piccoli e grandi cantieri sparsi per la città; oggi contro il caldo, domani contro le piogge o l’erosione costiera. Lo spazio pubblico, anche superando concezioni tradizionali sul suo aspetto monumentale, deve invece diventare un grande laboratorio di sperimentazione di pratiche di adattamento al clima aperte alle istanze dal basso, dove le comunità partecipano al processo di cambiamento necessario per evitare che nei prossimi dieci anni, Roma sia resa invivibile più che dagli estremi stagionali, dal calore o dagli allagamenti intrappolati e potenziati dalla sua stessa massa di cemento e asfalto.

Il 25 giugno, l’Assessore all’Urbanistica Veloccia ha finalmente accennato ad un “prossimo” studio per integrare nel Regolamento edilizio le indicazioni su materiali, colori e cappotti termici. La Strategia di Adattamento suggeriva anche un aggiornamento della Rete Ecologica che l’Assessora all’Ambiente Alfonsi non pare aver ad oggi raccolto. Quel giorno soltanto Ispra ha richiamato la Direttiva europea per il “Ripristino della Natura” che impone il mantenimento di zone verdi e coperture arboree esistenti; contraddizioni nel processo di adattamento della città che, a più di un’anno dall’uscita del Piano, non possono credersi solo apparenti, ma semmai coerenti con la mission ambientale dell’Ufficio Clima di questa Amministrazione.

(nella foto in alto: Gualtieri all’inaugurazione della “Rambla” di Pietralata, 25 giugno 2025)

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