
Il principe Cuomo, che vuole far perdere Mamdani
Jacobin Italia - Wednesday, July 16, 2025
Ross Barkan, classe 1989, newyorkese, saggista e giornalista per testate tra cui The Guardian, The Nation, Jacobin Magazine, è anche un apprezzato romanziere. Il suo ultimo romanzo, Glass Century (2025), è una saga familiare newyorkese che copre una cinquantina d’anni, dal 1970 al 2020 circa, in cui, dice l’autore, «c’è un’apparizione di Donald Trump», dato che si tratta di «un romanzo sociale, alla Honoré De Balzac del ventesimo secolo, che mescola storia, società e modo di vivere, mettendo in evidenza come gli eventi influiscano sulle persone e come le persone a loro volta influiscano sugli eventi».
Nel giugno del 2021, con qualche mese di anticipo sulle dimissioni dalla carica di governatore di Andrew Cuomo, Barkan pubblicò The Prince. Andrew Cuomo, Coronavirus and the Fall of New York. Riedito quest’anno, con il titolo The Dark Prince Returns e una nuova introduzione, in occasione della corsa di Cuomo nelle primarie Democratiche per la carica di sindaco di New York, vinte da Zohran Mamdani, il libro è oggi come oggi più che mai di attualità.
Dopo molti giorni di silenzio sulle sue decisioni future, infatti, il 14 luglio Cuomo ha annunciato la sua candidatura ufficiale alle elezioni generali per il sindaco di New York di novembre nella lista indipendente Fight and Delivery per un nuovo scontro con Mamdani, che vedrà però coinvolti, almeno allo stato attuale delle cose, altri tre candidati tra cui l’unico di peso è l’attuale sindaco Eric Adams. In piena sintonia con quanto raccontato da una nostra fonte, che qualche mese fa era presente a un evento di raccolta fondi con influenti uomini d’affari della comunità Italo-americana in cui Cuomo si è vantato di godere dell’apprezzamento di Donald Trump, arrivato puntuale il giorno dopo l’annuncio della candidatura.
Ross Barkan è un amico di lunga data di Mamdani, essendo stato il suo campaign manager nel 2018, quando Ross si candidò al Senato dello Stato di New York senza però vincere la competizione. Abbiamo intervistato Ross Barkan a New York una settimana dopo la vittoria di Mamdani, quando la ricandidatura di Cuomo era ancora un’ipotesi.
Il tuo libro The Prince, con quella bella copertina in cui Cuomo è ritratto in abiti rinascimentali sullo sfondo di un paesaggio leonardesco, è tornato più che mai di attualità. Puoi raccontarci qualcosa sul suo contenuto e sul perché l’hai scritto?
L’ho scritto nel periodo del Covid, quando Andrew Cuomo stava ricevendo un grande apprezzamento per come si credeva stesse gestendo la pandemia. Nel libro, che era una risposta a quella gestione, sostenevo che Cuomo non meritasse tutte quelle lodi perché aveva commesso molte negligenze, a partire dal ritardo con cui impose il lockdown a New York, diventato uno dei motivi di litigio costante con il sindaco De Blasio, che Cuomo detestava. Comunque dai primi di marzo del 2020 aveva cominciato a tenere in diretta tv delle conferenze stampa quotidiane che tutti i newyorkesi guardavano e che erano diventate un fenomeno nazionale. Intanto però New York aveva un altissimo tasso di morti proprio per colpa di Cuomo, che aveva fatto un patto con gli ospedali permettendo loro di dimettere gli anziani e rimandarli nelle case di riposo prima che fossero negativi al test. Aveva nascosto i dati reali per far risplendere la sua immagine e aveva persino fatto in modo di ottenere 5 milioni di dollari per scrivere un libro di memorie sulla sua gestione della pandemia. Il libro venne scritto velocemente e così mentre la gente soffriva e moriva, lui faceva grandi eventi per promuoverlo. Ecco perché ho deciso di scrivere quel libro, occupandomi non solo della sua gestione del Covid ma più in generale dei suoi incarichi da governatore, nei quali ha conseguito successi e fallimenti. Ci sono stati scandali legati alla corruzione, dal malgoverno del sistema della metropolitana di New York e dei trasporti pubblici, al suo supporto mascherato per i Repubblicani contro i Democratici nel Congresso dello Stato; dai suoi legami con l’industria immobiliare, alla sua ostilità verso i sindacati, gli inquilini e coloro che non possedevano casa di proprietà. Tutta la sua gestione dello Stato era segnata dalla corruzione. Poiché era una figura molto potente e riverita, ho voluto scriverne per cercare di correggere la falsa narrativa che circolava su di lui, raccontando la realtà dei fatti. Ho finito il libro prima che si dimettesse per gli scandali sessuali, che lui ha negato, ma che furono provati dal procuratore generale. Quando nell’agosto del 2021 decise di dimettersi, lo fece per evitare l’impeachment da parte del Congresso dello Stato di New York. La Camera, che non ne poteva più di lui, lo avrebbe richiesto e il Senato lo avrebbe condannato e rimosso dalla carica.
Come ti è venuta l’idea di paragonare Cuomo al Principe di Machiavelli?
Cuomo e il Principe di Machiavelli sono simili per molti aspetti. Andrew Cuomo ha operato dalla prospettiva secondo cui è meglio essere temuti che amati. Quella era davvero la sua essenza. Aveva pochissimi amici in Congresso e deteneva il potere in modo molto prepotente, tanto da essere temuto da tantissima gente in tutto lo Stato. E questa paura gli ha permesso di consolidare il potere, di dominare e di ottenere spesso quello che voleva. Era molto subdolo, scaltro, e bravissimo nei giochi di potere dietro le quinte. Non è mai stato accogliente e socievole, non lo si vedeva mai alle parate a stringere le mani alle persone per la strada. Non ha mai praticato quel tipo di politica, ma si trovava perfettamente a suo agio nell’ombra, nel muovere i pezzi sulla scacchiera in maniera calcolata e strategica. Ecco perché penso che abbia preso lezioni dal Principe di Machiavelli. Nessuno poteva essere veramente amico di Cuomo. Era molto transazionale, il rapporto era sempre basato su cosa si può dare e su cosa si può ricevere in cambio. E inoltre era molto vendicativo e se non stavi dalla sua parte sapeva come punirti utilizzando le leve del potere della sua posizione, perché l’ufficio del governatore è molto potente. È come essere il Primo Ministro dello Stato di New York. Hai veramente in mano il potere esecutivo e controlli un mucchio di soldi. Controlli tutto il sistema della metropolitana di NYC, tutti i vari dipartimenti scolastici, hai una tua propria polizia che è la Polizia di Stato. Hai davvero un potere enorme e lui era bravissimo nell’esercitarlo. Ecco perché l’ho assimilato a Machiavelli.
Pensi che Cuomo correrà per diventare sindaco come indipendente, magari contando sul fatto che alle elezioni generali di solito si presentano più elettori che alle primarie?
È sulla scheda elettorale con la lista indipendente Fight and Deliver, quindi una possibilità c’è. Ma la sconfitta pesante delle primarie lo ha indebolito parecchio e non sarà più facile come prima raccogliere i fondi, quindi non avrà più quel Super Pac da 30 milioni di dollari che aveva a disposizione nelle primarie. Lo Stato di New York ha un sistema di primarie chiuse, secondo cui per votare devi registrarti con un partito. E c’è tanta gente, in particolare di sinistra, a cui il Partito democratico non piace e che o non si è registrata o si è dimenticata di farlo e i cui voti entrano in gioco nelle generali. Quindi è difficile capire se Andrew Cuomo riuscirebbe a far meglio in novembre, anche perché dovrà vedersela con il candidato Repubblicano Curtis Sliwa e soprattutto col sindaco in carica Eric Adams, che potrà contare sui voti degli ebrei ortodossi, generalmente conservatori, e su parte dell’elettorato afroamericano. C’è anche il fatto che importanti sindacati che lo avevano appoggiato nelle primarie si sono affrettati a dare l’endorsement a Zohran. Se Cuomo correrà, magari perché si sentirà così disperato da voler tentare un’altra volta, sarà comunque un candidato debole che difficilmente potrà vincere. Non so se riuscirebbe a condurre la sua campagna in modo combattivo. Quella per le primarie l’ha fatta in modo molto pigro e questa volta non avrebbe neppure lo stesso livello di supporto.
Era convinto di vincere?
Assolutamente. Ed era anche convinto che non ci fosse nemmeno la necessità si impegnarsi particolarmente. Credeva di avere la strada spianata anche senza parlare agli elettori e ai media. Ha creduto che bastasse impostare la campagna dicendo «sono stato governatore per undici anni, ho conseguito X,Y e Z» e che solo per questi motivi gli elettori lo avrebbero votato. Non ha mai parlato dei suoi scandali, non si è mai scusato, non ha fatto nessuno sforzo per costruire dei ponti con le comunità. La vera storia di queste primarie è sostanzialmente la storia di come Zohran sia riuscito a raggiungere e ispirare un numero incredibile di comunità e persone e di come Cuomo abbia invece condotto la peggior campagna che io abbia mai visto.
Per quanto riguarda la reazione dell’establishment Democratico alla vittoria di Zohran, quasi tutti tacciono, a parte i commenti negativi di persone come lo speaker di minoranza della Camera Hakeem Jeffries o la senatrice newyorkese Kirsten Gillibrand. Che cosa pensi di questo silenzio, compreso quello di Obama?
I leader dell’establishment sono ancora sbalorditi e non sanno cosa fare, sia perché per loro era inverosimile che Mamdani potesse vincere, sia perché le loro politiche sono diverse da quelle di Zohran. Quanto a Obama, il fatto che non commenti è ironico, perché Zohran ha fatto una campagna simile alla sua e tra i due ci sono molte analogie. La differenza principale è che, diversamente da Obama, Zohran è un uomo di sinistra, anzi è un socialista genuino. Oltre al carisma di entrambi le altre affinità riguardano la grande abilità nell’aggregare un forte movimento di volontari motivati e nel costruire coalizioni che non si credeva potessero vincere. L’establishment Democratico ora si trova in una posizione molto debole e confusa. Molti elettori sono delusi dal partito, sono persone a cui non piacciono né l’establishment Democratico né quello Repubblicano. La vittoria di Zohran ha dimostrato chiaramente questa frattura, che credo continuerà ad aumentare, motivo per cui i leader Democratici sperano che Zohran non vinca. Ma vincerà, o almeno è molto probabile che vinca. E l’establishment dovrà adattarsi, perché lui rappresenta non solo il futuro del partito, ma il futuro stesso. Ora è una figura nazionale e una celebrità internazionale. Io per esempio ho continue richieste da parte di reporter stranieri che mi chiedono interviste per parlare di lui. Insomma ormai ha un livello di popolarità come Obama, Alexandra Ocasio Cortez (Aoc) o Trump, e il partito dovrà tenerne conto, anche se per il momento sono ancora sbalorditi e non sanno cosa fare.
Zohran ha impostato una campagna di tipo principalmente populista correndo su temi economici che impattano la vita delle classi sociali più deboli. Tuttavia, a parte l’appellativo di «comunista» affibbiatogli da Trump, la maggior parte degli attacchi, anche dal suo partito, riguarda la questione israelo-palestinse. Quanto contano e conteranno Israele, l’Aipac e tutti i suoi soldi, che finanziano la maggior parte dei membri del Congresso, alcuni in maniera esorbitante come ad esempio Hakeem Jeffries?
Le politiche di Zohran su Israele sono molto diverse da quelle dell’establishment, che non sa ancora come gestire il fatto che oggi come oggi la gente che vota sta molto più dalla parte della Palestina e di Zohran. La senatrice Gillibrand ha detto che Mamdani sostiene la jihad globale, il che è assolutamente falso, ma rispecchia il sentire dell’establishment, molto conservatore e a totale sostegno di Netanyahu, mentre sono sempre di più gli americani in linea con le posizioni della sinistra secondo cui Netanyahu e i membri della sua amministrazione sono dei guerrafondai di destra, spietatamente antipalestinesi, che vogliono costruire un etno-Stato. Io sono ebreo ma diffido di etno-Stati costruiti con la violenza in nome della mia religione. E molti ebrei americani la pensano come me, soprattutto tra i giovani dove il gap generazionale comincia davvero a farsi sentire. Anche dal punto di vista politico, per molto tempo non c’è stato assolutamente spazio per chi fosse pro-palestinese. Ti marginalizzavano, ti attaccavano. Zohran ha spazzato via tutto questo e, anche se per ora le cose sembrano ferme a livello di establishment, credo che nei prossimi dieci anni tutto il partito si sposterà a sinistra su questo tema, soprattutto mettendo in discussione l’incondizionato appoggio militare a Israele, che ci sia Netanyahu o un governo diverso. Già si sono fatti enormi passi in questa direzione negli ultimi dieci anni. Mi ricordo che la critica moderata mossa da Bernie Sanders a Israele quando correva contro Hillary Clinton aveva fatto scalpore. Bernie è stato di fatto il primo politico a livello mainstream a criticare in qualche modo Israele. Oggi ci sono alcuni membri del Congresso che lo hanno seguito e l’ascesa di Mamdani favorirà ulteriormente questo percorso, ma ci vuole tempo. Le lobby come l’Aipac sono molto potenti e intelligenti, e possono spendere quantità enormi di denaro. Ma anche in questo campo la divisione generazionale avrà il suo peso, quindi le mie aspettative sono che in un decennio ci saranno cambiamenti significativi.
Non temi che alle elezioni generali di novembre si possa replicare quello che è successo a Buffalo con la democratica socialista India Walton, che aveva vinto le primarie e poi ha perso le elezioni generali contro lo stesso candidato?
Come giornalista ho seguito quell’elezione e credo che Zohran sia in una situazione molto migliore di India Walton. Alle primarie Walton aveva sconfitto il sindaco Byron Brown in carica da circa vent’anni, però non aveva molti soldi e si trovava in una posizione molto più vulnerabile di quella attuale di Zohran. Di contro Brown era in una posizione molto più forte di quella attuale di Cuomo perché alle generali poteva contare sul supporto dei Repubblicani e di molti indipendenti. A New York quei voti verranno spartiti perché allo stato attuale delle cose i candidati sono almeno tre, quindi non credo si possa verificare a New York quello che è successo a Buffalo.
Che compromessi dovrà fare Zohran con le corporation e gli interessi di Wall Street che a New York sono potentissimi? Comincerà ad avere contatti con loro fin da ora?
Prima di tutto Zohran dovrà concentrarsi sulla campagna elettorale per le elezioni generali e contemporaneamente cominciare a preparare la transizione. Anche se fino a novembre non saprà se sarà sindaco, credo stia già pensando a come costruire la sua squadra, per esempio a chi nominerà come Capo della Polizia o Cancelliere dell’Istruzione. Il governo di New York è enorme, ci sono 300.000 impiegati municipali e il budget è di più di 100 miliardi di dollari. È come governare un paese europeo di piccole o medie dimensioni. Adesso la priorità è la campagna elettorale, il momento dei compromessi arriverà quando sarà sindaco. Siamo ancora in una fase preparatoria piuttosto complicata anche perché ci sarà un sacco di gente che vorrà lavorare con lui, comprese molte persone che pur non essendo a sinistra quanto Zohran vorranno comunque essere parte della sua squadra. E stiamo già cominciando a vederlo. C’è tantissima energia intorno a lui, cosa che all’inizio sarà un grande incentivo per mantenere le promesse.
Osservando attentamente Brad Lander alla festa della notte elettorale di Mamdani, ho avuto la sensazione che fosse davvero commosso è che la loro alleanza sia sincera. È così?
Sì, credo proprio che la loro alleanza sia sincera come appare. Si rispettano moltissimo a vicenda. Zohran rispetta l’esperienza di Lander e Lander rispetta il movimento che Zohran ha costruito e sono certo che se Lander vuole potrà lavorare per Zohran. Oltre al mutuo rispetto c’è il riconoscimento per quello che ciascuno di loro due può mettere sul tavolo. Quindi credo ci sia una buona possibilità che Lander diventi il vicesindaco o comunque un personaggio fondamentale dell’amministrazione, a meno che non voglia fare qualcos’altro della sua carriera.
Quali promesse Zohran potrà mantenere in autonomia e quali invece dipendono dal Congresso di Stato di Albany?
Alcune promesse saranno facili da mantenere e altre difficili. Per esempio congelare gli affitti dei moltissimi appartamenti che rientrano nella categoria dell’affitto calmierato e che riguardano sostanzialmente le classi lavoratrici, è una cosa che Zohran può fare in autonomia, perché dipende dal governo cittadino. Sarà lui a decidere le linee guida per la politica degli affitti. Lo stesso vale per il progetto dei supermercati cittadini, per cui credo che arrivare ad aprirne cinque dovrebbe essere piuttosto facile. Per quanto riguarda l’assistenza all’infanzia dai cinque mesi ai cinque anni, dall’asilo nido alla scuola materna, dovrebbe costare 5 miliardi all’anno. Anche in questo caso la città è indipendente ma la spesa è altissima, quindi è possibile che si debba chiedere aiuto ad Albany. Zohran vuole aumentare le tasse alle corporation e ai ricchi per provvedere al Childcare, ma non può farlo da solo perché la tassazione è materia di pertinenza statale. La governatrice Kathy Hochul ha detto che non ci saranno aumenti di tasse quindi quella sarà una grande sfida. Anche per rendere gli autobus gratuiti c’è una certa dipendenza da Albany, perché gli autobus fanno parte della Metropolitan Transportation Authority (Mta) che è controllata dal governatore. Poiché comunque è necessario che l’Mta sia d’accordo e provveda al finanziamento, Zohran potrebbe fare in modo che sia la città a dare più soldi all’Mta. Ci sono situazioni in cui potrà essere creativo, ma ci saranno cose su cui dovrà per forza collaborare con Albany.
Come influirà su New York il Big Beautiful Bill appena approvato anche alla Camera dalla maggioranza repubblicana?
Se il governo federale vuole davvero colpire New York City, le ripercussioni saranno preoccupanti sia che i provvedimenti riguardino la riduzione dei fondi per il Medicaid sia che riguardino la diminuzione della tassazione per i super ricchi e la corporation. Zohran dovrà negoziare e cercare di lavorare con l’amministrazione Trump. Anche questa è una cosa che incombe su tutto il resto. Se la riduzione del denaro federale riguarderà lo Stato di New York, impatterà notevolmente sulla città di New York che avrà meno soldi per fare quello che Zohran vuole fare.
Veniamo alla posizione del New York Times che nella campagna elettorale per le primarie ha finto di non prendere una posizione pur prendendola invece molto nettamente, tanto che tu hai parlato di «non-endorsement endorsement».
Il New York Times è stato molto ostile nei confronti di Zohran, perché il suo board editoriale non voleva che diventasse sindaco. Il comitato editoriale aveva detto che si sarebbe astenuto dal dare il suo endorsement nelle primarie per il rinnovo del sindaco, secondo una nuova politica per cui d’ora in poi si esprimerà solo per le elezioni presidenziali. Malgrado ciò, ha specificamente chiesto di non votare per Mamdani e di non segnalarlo nella lista delle preferenze, aggiungendo che nonostante ci fossero riserve su Cuomo sarebbe comunque stato meglio scegliere lui. Ecco perché ho parlato di non-endorsement endorsement. Ora il board editoriale dovrà riflettere su quello che il Nyt scriverà in futuro, perché è chiaro che è mancata la sintonia con gli elettori, che infatti non hanno ascoltato il parere del giornale. Credo che i reporter siano onesti e seguiranno Mamdani con oggettività, ma sarà interessante vedere come poi interverrà il board editoriale a cui Mamdani non piace. Dovrà comunque valutare che cosa sarà più conveniente per il giornale, visto che Zohran ha vinto di larga misura.
In questo periodo si parla molto della teoria dell’abbondanza introdotta da Ezra Klein e Derek Thompson nel loro libro Abundance: Politics in the Age of Climate. Riguardo alla politica edilizia ci sono similarità con i piani di Mamdani?
Sia gli autori di Abundance che Mamdani sono favorevoli alla costruzione di più edifici abitativi, ma mentre Zohran è focalizzato sulla salvaguardia dei diritti degli inquilini, in particolare quelli della working class che stanno affrontando gli sfratti, e sulla necessità di fare in modo che i proprietari assumano le proprie responsabilità, Klein e Thompson non sono particolarmente interessati alla protezione degli inquilini, essendo contrari al congelamento degli affitti o a qualsiasi altro tipo di controllo. Zohran inoltre non crede che il libero mercato sia la soluzione dei problemi che è invece l’orientamento principale dei sostenitori di Abundance. Comunque credo anche che esista una buona dose di sovrapposizione perché entrambi vogliono costruire, rendere il governo più efficiente e fare in modo che lavori meglio e con più trasparenza.
La mia ultima domanda è doppia e riguarda le due celebrità Aoc e Obama. Ci potrà essere della competizione tra Zohran e Aoc? E credi che la popolarità di Obama stia cominciando a declinare?
Visto che ormai sono due super star, potrebbe esserci nel caso tutti e due corressero per la presidenza. Ma Zohran non lo farà, quindi se Aoc dovesse decidere di candidarsi alle presidenziali non ci sarà competizione. Per il momento sono molto vicini, tuttavia il fatto di avere queste due grosse personalità nella stessa città, entrambe leader nazionali della sinistra, anche se Zohran è più a sinistra di Aoc, potrebbe creare qualche tensione in futuro. Zohran potrebbe prendere posizioni sulle quali lei è in disaccordo. Sono allineati su molte cose, per di più lei è concentrata su Washington e lui su New York, ma essendo due celebrità, con molto talento e carisma, non si può mai sapere quello che accadrà.
Quanto a Obama, credo che sarà sempre un personaggio molto popolare per un segmento del Partito democratico per quello che ha rappresentato, essendo stato il primo presidente afroamericano e quindi una figura storica. Ma c’è anche una certa disillusione verso di lui, per come si è comportato nel periodo post presidenziale. A differenza di Jimmy Carter, Obama non ha fatto progetti significativi per restituire qualcosa di rilevante nell’ambito del sistema politico, o della beneficenza, o del social welfare. Insomma Obama rappresenterà sempre qualcosa di importante per la gente, ma è anche vero che in qualche modo non è più una figura che abbia tantissima influenza. Non riesce più a muovere voti. Il suo endorsement non è servito a Kamala e inoltre ci sono sempre più elettori giovani che di Obama non si ricordano poi così tanto. Parlo di ragazzi e ragazze nati nel 2004, 2005 e anche nel 2007 che hanno diciotto anni o pochi di più. È un cambio generazionale e quei giovani non vedono Obama nel modo in cui lo vedeva la mia generazione. Io sono un millennial, avevo 18 anni all’inizio della sua prima campagna presidenziale del 2007-2008 e ricordo quanta eccitazione ci fosse e quanto ottimismo e speranza avessimo allora per quelle promesse che poi non ha portato a compimento. Ora le nuove generazioni lo vedono in modo differente.
*Elisabetta Raimondi è stata docente di inglese nella scuola pubblica. È attiva in ambito teatrale ed artistico, redattrice della rivista Vorrei.org per la quale segue dal 2016 la Political Revolution di Bernie Sanders.
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