Il passo indietro di Valditara

Jacobin Italia - Saturday, November 22, 2025
Articolo di Camilla Girotti, Giulia Semi

Quest’anno, più dei precedenti, il corteo nazionale contro la violenza maschile sulle donne e le violenze di genere convocato da Non Una di Meno mette al centro la prevenzione e il ruolo della scuola pubblica. Questo perché l’attacco rivolto alla scuola pubblica e all’educazione sessuo-affettiva messo in atto da questo governo e dal ministro Giuseppe Valditara è completamente fuori scala e rischia di invalidare del tutto la già precaria situazione della scuola italiana, fatta sino a oggi di insegnanti di buona volontà e associazioni che realizzano progetti con pochissime risorse.

Uno dei refrain dell’attuale governo è che l’educazione sessuo-affettiva non è efficace nella prevenzione. L’argomentazione che utilizzano è che nei paesi che la prevedono in maniera strutturata il numero delle violenze non è diminuito, anzi in alcuni casi sarebbe addirittura aumentato. Un’argomentazione che compie svariati errori di metodo, cosa particolarmente grave soprattutto per un ministro all’istruzione. Nei paesi che lavorano in maniera strutturata nel contrasto e nella prevenzione della violenza, infatti, quello che aumenta è la consapevolezza, delle donne così come dei contesti sociali, facendo crescere il numero di denunce e di presa in carico delle vittime, e solo uno sguardo intellettualmente disonesto può leggere queste trasformazioni in termini di inefficacia del contrasto. 

Per far accrescere la consapevolezza, la «denormalizzazione» delle relazioni violente, e la cultura del consenso è fondamentale il ruolo dell’educazione sessuo-affettiva completa, come documentano numerose ricerche internazionali, così come l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Unesco (per una rassegna complessiva in Italiano si può leggere il volume di Silvia Demozzi e Rossella Ghigi Insegnare genere e sessualità. Dal pregiudizio sessista alla prevenzione della violenza, edito per Mondadori). Le ricerche raccontano che questi percorsi educativi sono capaci di incidere sull’adesione ai principali stereotipi di genere, sulla diffusione di una cultura del consenso e del rispetto dei confini personali, e aumentano la capacità di identificare i segnali di una relazione violenta. 

Per farlo, però, non devono essere pensati come percorsi che educano genericamente al rispetto tra le persone, interpretando la violenza maschile contro le donne come una questione «comportamentale» o psicologica di singoli uomini, come la inquadra attualmente il Ministero dell’istruzione e del Merito. Devono, invece, parlare di corpi e di rapporti interrogando le relazioni di potere, i modelli sociali con cui la società ci educa sottobanco a crescere uomini e donne, il sistema complessivo di diseguaglianze di genere che rende possibile la violenza, offrendo come strategia di cambiamento non un manuale di «buone maniere relazionali», ma un’occasione per ripensare radicalmente il modo con cui si articolano le relazioni di genere. 

È questo che in oltre 10 anni di attività della rete Educare alle Differenze abbiamo visto realizzare con fatica e determinazione da associazioni e insegnanti sparsi nelle scuole di ogni ordine e grado in tutta Italia, e che oggi è messo ancora più a rischio dall’ultimo disegno di legge sul Consenso informato proposto dal ministro Valditara che tornerà in aula nelle prossime settimane.

Valditara mette in atto un giro di vite sulle attività di educazione sessuo-affettiva nelle scuole. Nella normativa relativa al consenso informato, il ministro chiede che, per le scuole secondarie di primo e secondo grado, le famiglie diano il consenso dopo aver visionato materiali e profili di chi svolge attività «inerenti la sessualità», mentre per la scuola primaria non sono contemplati percorsi di educazione sessuale e affettiva, in contrasto con le linee guida europee e gli studi in materia che sostengono l’efficacia di questo genere di percorsi se svolti dall’infanzia fino all’età adulta. Durante l’esame del Ddl in commissione è stato persino inserito il divieto – poi rimosso per contrasti interni alla maggioranza – di affrontare temi legati alla sessualità alle scuole medie, mentre il divieto resta per la primaria. È la prima volta dai tempi del fascismo che un contenuto specifico viene proibito nel contesto scolastico: un segnale della matrice autoritaria dell’attuale governo.

Anche l’autonomia della scuola pubblica e la libertà di insegnamento vengono riconfigurate all’insegna del primato educativo della famiglia. L’obbligo del consenso informato assegna ai genitori il ruolo di valutatori e censori delle attività scolastiche e rende sempre più difficile costruire relazioni di fiducia e alleanza tra scuola e famiglie, anzi produce una diffidenza preventiva e una caccia al fantasma delle «teorie gender» nelle scuole. 

Davanti alla narrazione distorta degli studi di genere come «ideologie» e a quest’ennesima stretta sessuofobica, bisogna chiedersi a favore di chi viene portata avanti questa normativa. Si vengono a costituire, infatti, i presupposti di una discriminazione: chi nasce e cresce in una famiglia dove si può parlare di corpo, sessualità e relazioni avrà strumenti maggiori per costruire il proprio benessere e compiere scelte consapevoli; chi invece non dispone di questi spazi non potrà trovare nella scuola una risorsa che possa colmare una disparità di partenza. Questo Ddl finisce così per ledere il diritto di bambini e bambine, di ragazzi e ragazze, a una corretta informazione sul proprio corpo, a uno spazio di confronto sulle relazioni e al diritto alla salute sessuale.

Per rispondere a questo attacco sessuofobico e sessista alla scuola pubblica, abbiamo scritto un vademecum per chi voglia realizzare percorsi di educazione al genere ed educazione sessuo-affettiva nelle scuole, si chiama L’educazione sessuo-affettiva non è un gioco e si propone di condividere informazioni preziose per sostenere e tutelare insegnanti, educatori ed educatrici che vogliono realizzare percorsi di questo tipo nella propria scuola.

Nel mondo educativo tanti insegnanti e genitori si attivano per costruire spazi di parola sulle dinamiche e i ruoli di genere nelle relazioni, per questo tra l’altro abbiamo preparato un ordine del giorno da presentare nei consigli comunali: un testo pensato per difendere un’educazione sessuo-affettiva scientificamente fondata, libera da censure e condizionamenti ideologici, capace di accompagnare tutto l’arco formativo. È uno strumento politico e simbolico insieme: permette di rendere visibile il dissenso nei territori e di riportare, dentro i luoghi istituzionali, la voce delle comunità educanti e la loro capacità di autodeterminarsi. La mobilitazione del 22 novembre può mettere insieme quella parte di società contraria a disegni di leggi che si propongono di educare attraverso divieti e censura e che rappresentano un passo indietro inaccettabile alla prevenzione della violenza di genere nelle relazioni.

*Camilla Girotti e Giulia Semi sono attiviste di Educare alle differenze.

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