«La speranza è viva»

Jacobin Italia - Wednesday, November 5, 2025
Articolo di Zohran Mamdani

Stasera il sole sarà anche tramontato sulla nostra città, ma come disse una volta Eugene Debs: «Vedo l’alba di un giorno migliore per l’umanità».

Fin da quando abbiamo memoria, i ricchi e i benestanti hanno sempre detto ai lavoratori e alle lavoratrici di New York che il potere non appartiene a loro.

Dita ammaccate per aver sollevato scatole sul pavimento del magazzino, palmi callosi per aver urtato il manubrio della bicicletta delle consegne, nocche segnate dalle ustioni in cucina: queste non sono mani a cui è stato concesso di detenere il potere. Eppure, negli ultimi dodici mesi, avete osato raggiungere qualcosa di più grande.

Stasera, contro ogni previsione, l’abbiamo capito. Il futuro è nelle nostre mani. Amici miei, abbiamo rovesciato una dinastia politica.

Auguro ad Andrew Cuomo solo il meglio nella vita privata. Ma che questa sera sia l’ultima volta che pronuncio il suo nome, mentre voltiamo pagina su una politica che abbandona i molti e risponde solo a pochi. New York, stasera hai affidato un mandato per il cambiamento. Un mandato per un nuovo tipo di politica. Un mandato per una città che possiamo permetterci. E un mandato per un governo che realizza esattamente questo.

Il 1° gennaio presterò giuramento come sindaco di New York. E questo grazie a voi. Quindi, prima di dire altro, devo dire questo: grazie. Grazie alla prossima generazione di newyorkesi che si rifiuta di accettare che la promessa di un futuro migliore sia una reliquia del passato.

Avete dimostrato che quando la politica parla senza condiscendenza, possiamo inaugurare una nuova era di leadership. Combatteremo per voi, perché siamo voi. O, come diciamo su Steinway, ana minkum wa alaikum.

Grazie a coloro che, così spesso dimenticati dalla politica della nostra città, hanno fatto proprio questo movimento. Parlo dei proprietari di bodegas yemeniti e delle abuelas messicane, dei tassisti senegalesi e delle infermiere uzbeke, dei cuochi di Trinidad e Tobago e delle zie etiopi. Sì, zie.

A tutti i newyorkesi di Kensington, Midwood e Hunts Point, sappiate questo: questa città è la vostra città, e anche questa democrazia è vostra. Questa campagna riguarda persone come Wesley, un organizzatore della sezione sindacale Seiu 1199 che ho incontrato giovedì sera fuori dall’ospedale di Elmhurst – un newyorkese che vive altrove, che fa due ore di viaggio in entrambe le direzioni dalla Pennsylvania, perché l’affitto in questa città è troppo caro.

Riguarda persone come la donna che ho incontrato sul Bx33 anni fa, che mi disse: «Amavo New York, ma ora è solo il posto in cui vivo». E riguarda persone come Richard, il tassista con cui ho fatto uno sciopero della fame di quindici giorni fuori dal municipio, che ancora deve guidare il suo taxi sette giorni su sette. Fratello, ora siamo nel municipio.

Questa vittoria è per tutti loro. Ed è per tutti voi, gli oltre 100.000 volontari che hanno reso questa campagna una forza inarrestabile. Grazie a voi, renderemo questa città un luogo che i lavoratori e le lavoratrici possano amare e vivere di nuovo. Dopo aver bussato a ogni porta, raccolta ogni firma sotto una petizione e dopo aver guadagnato ogni conversazione, avete eroso il cinismo che è arrivato a definire la nostra politica.

Ora, so di avervi chiesto molto in quest’ultimo anno. Avete risposto ripetutamente alle mie chiamate. Ma ho un’ultima richiesta. New York City, respira questo momento. Abbiamo trattenuto il respiro più a lungo di quanto immaginiamo.

L’abbiamo trattenuto in previsione della sconfitta, l’abbiamo trattenuto perché l’aria ci è stata tolta dai polmoni troppe volte per poterle contare, l’abbiamo trattenuto perché non possiamo permetterci di espirare. Grazie a tutti coloro che si sono sacrificati così tanto. Stiamo respirando l’aria di una città che è rinata.

Al team della mia campagna elettorale, che ci ha creduto quando nessun altro ci credeva e che ha preso un progetto elettorale e lo ha trasformato in molto di più: non riuscirò mai a esprimere la profondità della mia gratitudine. Ora potete dormire.

Ai miei genitori, mamma e papà: mi avete reso l’uomo che sono oggi. Sono così orgoglioso di essere vostro figlio. E alla mia incredibile moglie, Rama, hayati: non c’è nessuno che vorrei avere al mio fianco in questo momento, e in ogni momento.

A tutti i newyorkesi – che abbiate votato per me, per uno dei miei avversari o che siate rimasti troppo delusi dalla politica per votare – grazie per l’opportunità di dimostrarmi degno della vostra fiducia. Mi sveglierò ogni mattina con un unico scopo: rendere questa città migliore per voi rispetto al giorno prima.

Molti pensavano che questo giorno non sarebbe mai arrivato, temevano che saremmo stati condannati solo a un futuro di mancanze, in cui ogni elezione ci avrebbe consegnato semplicemente un po’ di più dell’uguale.

E c’è chi oggi considera la politica troppo crudele perché la fiamma della speranza possa ancora ardere. New York, abbiamo risposto a queste paure.

Stasera abbiamo parlato con voce chiara. La speranza è viva. La speranza è una decisione che decine di migliaia di newyorkesi hanno preso giorno dopo giorno, volontariato dopo volontariato, nonostante gli attacchi pubblicitari. Più di un milione di noi si è presentato nelle nostre chiese, nelle palestre, nei centri comunitari, mentre riempivamo il libro mastro della democrazia.

E mentre andavamo a votare da soli, abbiamo scelto la speranza insieme. La speranza contro la tirannia. La speranza contro i grandi soldi e le piccole idee. La speranza contro la disperazione. Abbiamo vinto perché i newyorkesi si sono concessi la speranza che l’impossibile potesse essere reso possibile. E abbiamo vinto perché abbiamo insistito sul fatto che la politica non sarebbe più stata qualcosa che ci veniva fatto. Ora è qualcosa che facciamo.

In piedi davanti a voi, penso alle parole di Jawaharlal Nehru: «Arriva un momento, ma raramente nella storia, in cui passiamo dal vecchio al nuovo, in cui un’epoca finisce e in cui l’anima di una nazione, a lungo repressa, trova espressione».

Stasera siamo usciti dal vecchio per entrare nel nuovo. Parleremo quindi, con chiarezza e convinzione inequivocabili, di cosa ci riserverà questa nuova era e a chi.

Questa sarà un’epoca in cui i newyorkesi si aspetteranno dai loro leader una visione coraggiosa di ciò che realizzeremo, piuttosto che un elenco di scuse per ciò che siamo troppo timidi di tentare di fare. Al centro di questa visione ci sarà il programma più ambizioso che questa città abbia mai visto dai tempi di Fiorello La Guardia per affrontare il costo della vita: un programma che congelerà gli affitti per oltre due milioni di inquilini con affitto stabilizzato, renderà gli autobus veloci e gratuiti e fornirà un servizio di assistenza all’infanzia universale in tutta la nostra città.

Tra qualche anno, il nostro unico rammarico sarà che questo giorno ci ha messo troppo tempo ad arrivare. Questa nuova era sarà un’era di incessante miglioramento. Assumeremo migliaia di insegnanti in più. Ridurremo gli sprechi derivanti da una burocrazia satura. Lavoreremo instancabilmente per far brillare di nuovo le luci nei corridoi dei complessi residenziali della Nycha [l’Authority sulle abitazioni di Nyc] dove a lungo si sono spente.

Sicurezza e giustizia andranno di pari passo mentre collaboriamo con gli agenti di polizia per ridurre la criminalità e creare un Dipartimento per la Sicurezza della Comunità che affronti a testa alta la crisi della salute mentale e la crisi dei senzatetto. L’eccellenza diventerà l’aspettativa in tutto il governo, non l’eccezione. In questa nuova era che ci creiamo, ci rifiuteremo di permettere a coloro che trafficano in divisioni e odio di metterci gli uni contro gli altri.

In questo momento di oscurità politica, New York sarà la luce. Qui crediamo nel difendere coloro che amiamo, che tu sia un immigrato, un membro della comunità trans, una delle tante donne nere che Donald Trump ha licenziato da un incarico federale, una madre single che aspetta ancora che il costo della spesa scenda, o chiunque altro si trovi con le spalle al muro. La tua lotta è anche la nostra.

E costruiremo un municipio che resti saldo al fianco degli ebrei newyorkesi e non vacilli nella lotta contro il flagello dell’antisemitismo. Un luogo in cui l’oltre un milione di musulmani sappia che appartiene non solo ai cinque distretti di questa città, ma anche ai palazzi del potere. New York non sarà più una città in cui si può trafficare con l’islamofobia e vincere le elezioni.

Questa nuova era sarà caratterizzata da una competenza e una compassione che per troppo tempo sono state in conflitto tra loro. Dimostreremo che non esiste problema troppo grande per essere risolto dal governo, né preoccupazione troppo piccola per non meritare la sua attenzione.

Per anni, i consiglieri comunali hanno aiutato solo chi poteva aiutare loro. Ma il 1° gennaio inaugureremo un’amministrazione cittadina che aiuterà tutti e tutte.

Ora, so che molti hanno ascoltato il nostro messaggio solo attraverso il prisma della disinformazione. Decine di milioni di dollari sono stati spesi per ridefinire la realtà e convincere i nostri vicini che questa nuova era è qualcosa che dovrebbe spaventarli. Come spesso accade, la classe dei miliardari ha cercato di convincere coloro che guadagnano 30 dollari all’ora che i loro nemici sono coloro che guadagnano 20 dollari all’ora.

Vogliono che la gente si scontri al proprio interno, in modo da distrarci dal lavoro di ricostruzione di un sistema ormai in rovina. Ci rifiutiamo di lasciare che siano loro a dettare ulteriormente le regole del gioco. Possono giocare secondo le stesse regole di noi altri.

Insieme, daremo inizio a una generazione di cambiamento. E se abbracciamo questo nuovo corso coraggioso, invece di rifuggirlo, potremo rispondere all’oligarchia e all’autoritarismo con la forza che temono, non con l’appeasement che bramano.

Dopotutto, se c’è qualcuno che può mostrare a una nazione tradita da Donald Trump come sconfiggerlo, è proprio la città che lo ha generato. E se c’è un modo per terrorizzare un despota, è smantellare le condizioni stesse che gli hanno permesso di accumulare potere.

In questo modo non fermeremo solo Trump; fermeremo anche il prossimo. Quindi, Donald Trump, visto che so che mi stai guardando, ho quattro parole per te: Turn the volume up.

Chiederemo conto ai cattivi proprietari di casa, perché i Donald Trump della nostra città si sono abituati fin troppo bene ad approfittarsi dei loro inquilini. Porremo fine alla cultura della corruzione che ha permesso a miliardari come Trump di evadere le tasse e sfruttare le agevolazioni fiscali. Staremo al fianco dei sindacati e amplieremo le tutele del lavoro, perché sappiamo, proprio come Donald Trump, che quando i lavoratori godono di diritti incrollabili, i datori di lavoro che cercano di estorcerli diventano davvero molto piccoli.

New York rimarrà una città di immigrati: una città costruita da immigrati, alimentata da immigrati e, da stasera, guidata da un immigrato.

Quindi ascoltami, Presidente Trump, quando dico questo: per arrivare a uno qualsiasi di noi, dovrai passare attraverso tutti noi.

Quando entreremo in municipio tra cinquantotto giorni, le aspettative saranno alte. Le soddisferemo. Un grande newyorkese una volta disse che mentre si fa campagna elettorale in poesia, si governa in prosa. Se questo deve essere vero, che la prosa che scriviamo continui a fare rima e che costruiamo una città splendente per tutti. E dobbiamo tracciare un nuovo percorso, audace come quello che abbiamo già percorso.

Dopotutto, la saggezza popolare vi direbbe che sono ben lungi dall’essere il candidato perfetto. Sono giovane, nonostante i miei sforzi per invecchiare. Sono musulmano. Sono un democratico socialista. E, cosa più grave, mi rifiuto di scusarmi per tutto questo.

Eppure, se stasera ci insegna qualcosa, è che le convenzioni ci hanno frenato. Ci siamo inchinati all’altare della cautela e abbiamo pagato un prezzo altissimo. Troppi lavoratori non riescono a riconoscersi nel nostro partito e troppi tra noi si sono rivolti a destra per trovare risposte al perché sono stati lasciati indietro.

Lasceremo la mediocrità nel nostro passato. Non dovremo più aprire un libro di storia per avere la prova che i Democratici possono osare di essere grandi.

La nostra grandezza sarà tutt’altro che astratta. La percepirà ogni inquilino con l’affitto stabilizzato che si sveglia il primo giorno di ogni mese sapendo che l’importo che pagherà non è aumentato vertiginosamente rispetto al mese precedente. La percepirà ogni nonno che può permettersi di rimanere nella casa per cui ha lavorato e i cui nipoti vivono nelle vicinanze perché il costo dell’asilo nido non li ha mandati a Long Island.

Lo sentirà la madre single che si sente al sicuro durante il tragitto casa-lavoro e il cui autobus è abbastanza veloce da non dover correre a prendere i bambini a scuola per arrivare in orario al lavoro. E lo sentirà quando i newyorkesi apriranno i giornali la mattina e leggeranno titoli di successo, non di scandalo.

Ciò che più conta sarà la sensazione che proverà ogni newyorkese quando la città che ama finalmente ricambierà il suo amore.

Insieme, New York, congeleremo… [ la folla urla: «gli affitti!» ] Insieme, New York, renderemo gli autobus veloci e… [ la folla urla: «gratis!» ] Insieme, New York, garantiremo universalmente… [ la folla urla: «l’assistenza all’infanzia!»]

Lasciamo che le parole che abbiamo pronunciato insieme, i sogni che abbiamo sognato insieme, diventino il programma che realizziamo insieme. New York, questo potere, è tuo. Questa città ti appartiene.

*Zohran Mamdani è il sindaco eletto di New York City.

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