
Il piano “Gaza Riviera”: gentrificare il genocidio israeliano
Assopace Palestina - Wednesday, September 17, 2025di Muhammad Shehada,
The New Arab, 16 settembre 2025.
Il piano “Gaza Riviera” usa il linguaggio degli investimenti e della riqualificazione per far passare come innovazione il genocidio dei palestinesi da parte di Israele.

Il cosiddetto piano “Gaza Riviera” non è tanto una visione del futuro quanto un necrologio scritto nel linguaggio del lusso.
Avvolto in presentazioni patinate e commercializzato come un balzo in avanti verso il progresso, è in realtà il culmine di anni di deliberata devastazione: un piano per cancellare i palestinesi da Gaza e rinominare la loro assenza come innovazione.
Ciò che viene presentato come investimento e rigenerazione è, in realtà, il riciclaggio del genocidio in uno spettacolo, una copertura estetica per un progetto politico le cui fondamenta sono le macerie di Gaza e il silenzio dei suoi abitanti espulsi.
Perché Israele non ha mai sviluppato un piano postbellico a Gaza
Il piano “Gaza Riviera”, pur ampiamente condannato, viene presentato come la trasformazione di un’enclave completamente distrutta in una serie di megalopoli balneari futuristiche e high-tech, ed arriva vestito con il linguaggio degli investimenti e della modernità.
Ma guardando oltre i rendering e le presentazioni per gli investitori, emerge una verità più cruda: non si tratta di una strategia diplomatica, ma di un’estetica della scomparsa. Questo spiega perché, per due anni, non ci sia stato alcun piano politico israeliano coerente per Gaza al di là della distruzione di massa, dello sterminio di massa e della fame di massa; la cancellazione di Gaza è stata fin dall’inizio il vero piano.
La coreografia politica delle ultime settimane tradisce le priorità di questo piano. Mentre il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, suo genero Jared Kushner, Tony Blair e gli inviati israeliani si riunivano per immaginare il futuro di Gaza senza un solo palestinese nella stanza, il genocidio continuava, spogliando la Striscia di ciò che resta della sua densità urbana e del suo tessuto sociale.
La conclusione è che la cancellazione di Gaza non è un ostacolo al piano, ma la sua condizione preliminare.
Il piano di Netanyahu fin dall’inizio
I contorni fondamentali del piano Riviera sono venuti alla luce in documenti trapelati di recente che descrivono le proposte di porre Gaza sotto l’amministrazione fiduciaria degli Stati Uniti per circa un decennio, spopolare completamente l’enclave dei suoi abitanti palestinesi e commercializzare la costa come un futuristico polo turistico-tecnologico: “la Riviera del Medio Oriente”.
Nulla di tutto questo, tuttavia, è nuovo. Il progetto originale di questo promesso centro fantascientifico, costruito su fosse comuni e città rase al suolo, è stato creato dallo stesso Benjamin Netanyahu diversi mesi prima che Trump fosse eletto.
La “Visione Gaza 2035” del primo ministro israeliano, rivelata nel maggio 2024, immaginava l’enclave, da tempo sotto assedio, come una zona industriale e di libero scambio simile a Dubai e utilizzava le stesse immagini generate dall’intelligenza artificiale che vengono ora utilizzate nel piano Riviera.
Non è una coincidenza che entrambi i piani abbiano un’introduzione quasi identica. “Da una [Gaza] distrutta a un prospero alleato di Abramo”, recita il piano Riviera, mentre Netanyahu ha sottolineato la “ricostruzione dal nulla”.
Sono implicite le stesse due condizioni preliminari: Gaza deve essere completamente rasa al suolo senza lasciare nulla e deve essere svuotata della sua popolazione per trasformarla in una tela bianca da sviluppare partendo da zero.

Questo era il piano di Netanyahu fin dall’inizio, quando il primo giorno di guerra ha ordinato alla popolazione civile di Gaza di “andarsene subito” prima che una distruzione senza precedenti colpisse “ogni luogo”. Netanyahu ha poi raddoppiato la posta in gioco quando il suo ministero dell’intelligence ha prodotto un piano dettagliato per l’espulsione di massa e il trasferimento forzato della popolazione di Gaza.
Gli israeliani hanno persino convinto l’allora Segretario di Stato americano Anthony Blinken a visitare paesi arabi come l’Egitto e l’Arabia Saudita per promuovere l’idea del “trasferimento temporaneo” della popolazione di Gaza nel Sinai. All’epoca questa impresa fallì e Israele non riuscì a trovare un pubblico disposto ad accettare il futuristico complotto su Gaza.
Netanyahu ha continuato ad aspettare il momento opportuno fino all’insediamento di Trump, quando si è precipitato a Washington per convincere il presidente americano a presentare l’idea della pulizia etnica e della conquista di Gaza come se fosse una sua idea.
Da allora, Netanyahu ha continuato a riferirsi alla sistematica espulsione di massa da Gaza da parte di Israele come “attuazione del piano Trump” per scaricare sull’alleato la colpa di questa politica genocida.
La copertura di Netanyahu – e il pubblico a cui è destinata
Gli esperti hanno ripetutamente criticato il Piano Riviera di Gaza definendolo “folle”, irrealistico, impraticabile e pieno di ostacoli legali e morali che renderebbero chiunque lo promuovesse complice di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Ecco perché il Boston Consulting Group si è affrettato a sconfessare i propri consulenti senior quando questi hanno elaborato un piano dettagliato per rendere operativo il trasferimento di massa della popolazione di Gaza, includendo scenari modellizzati e fogli di calcolo che quantificavano il costo della pulizia etnica. Chiunque voglia contribuire a questo abominio sarà esposto a cause legali e procedimenti penali per decenni a venire.
Ma la fantasia futuristica di Trump sul Mediterraneo potrebbe non essere intesa come un piano serio fin dall’inizio. È semplicemente una storia con un “lieto fine” artificiale al genocidio e alla pulizia etnica che Israele racconta ai suoi complici.
La vera utilità per Netanyahu di questa idea stravagante è la gestione della narrativa. Mentre il governo israeliano porta avanti una campagna che riorganizza la geografia e la topografia di Gaza e la rende inabitabile – radendo al suolo quartieri, espellendo in massa centinaia di migliaia di persone nei campi di concentramento, bruciando case e facendo morire di fame i bambini – le diapositive della Riviera forniscono un alibi al futuro.
Alla destra di Netanyahu, sussurrano il vecchio sogno di insediamenti esclusivamente ebraici che tornano a Gaza; ai suoi alleati all’estero, offrono un ottimismo su cui si può investire. Alla base di Trump, vendono la favola definitiva del MAGA: “Faremo fiorire il deserto e lo renderemo nostro”.
Lo sfarzo è il punto; il piano che circola alla Casa Bianca è persino chiamato formalmente GREAT (abbreviazione di Gaza Reconstitution, Economic Acceleration, and Transformation, ovvero Ricostruzione, Accelerazione Economica e Trasformazione di Gaza). Per il marchio politico di Trump, la promessa di trasformare le rovine in resort è un classico espediente teatrale.

I paesaggi urbani patinati aiutano a vendere al mondo MAGA e ai venture capitalist l’immagine di Gaza come una tela bianca in attesa di geni esterni che la dipingano, mentre, sul campo, il genocidio procede ininterrottamente e senza restrizioni verso la sua fase finale.
In questo senso, la fantasia della Riviera non è una deviazione dagli ultimi due decenni di politiche draconiane di assedio e massacri a Gaza da parte di Israele, ma piuttosto il loro culmine.
È un gioco di parole per camuffare l’indifendibile; la distruzione diventa “preparazione del sito”, lo sfollamento diventa “pianificazione urbana”, lo sterminio diventa un trampolino di lancio verso profitti e opportunità commerciali inesplorate.
Questo è ciò che rende le rappresentazioni della Riviera di Gaza un potente strumento di propaganda, perché invertono la realtà. Propongono spiagge senza persone, torri senza inquilini, porti senza politica. Fanno sembrare l’assenza dei palestinesi un progresso.
Israele sta promettendo Gaza ai coloni, non a futuristici investitori
È illogico che Israele faccia di tutto per compiere un genocidio a Gaza, spenda quasi 90 miliardi di dollari in questa guerra, perda oltre 900 soldati, diventi uno stato paria, solo per poi consegnare Gaza su un piatto d’argento al governo statunitense e ai magnati americani della tecnologia e del settore immobiliare.
Yehuda Shaul, cofondatore di Breaking the Silence, ha dichiarato a The New Arab che secondo lui il piano della Riviera di Gaza “non è collegato allo sforzo principale del movimento dei coloni [israeliani]”, che sta spingendo per un ritorno a Gaza.
“Il piano originale delle organizzazioni dei coloni, che si adatta anche alla geografia di base di Gaza, è quello di tornare a quello che un tempo era chiamato ‘il recinto settentrionale’, ovvero i tre insediamenti nel nord di Gaza: Elei Sinai, Nisanit e Dugit”, ha aggiunto Yehuda.
“Questi sono gli insediamenti che un tempo si trovavano a nord di Beit Lahia. Questo è ciò a cui mirano i coloni”.
Shaul ha spiegato che i commentatori israeliani della destra come Amit Segal hanno spinto questa idea sui media mainstream. “Viene venduta come una ‘semplice’ espansione dei confini [di Israele] invece che come un’annessione di parti significative della Striscia di Gaza”.
La promessa di grattacieli e porti turistici su una costa spopolata non è un piano di pace, ma un teatro di espropriazione, una storia scritta per gli investitori stranieri, i comizi di MAGA e le fantasie dei coloni.
La “Riviera di Gaza” non indica un domani di convivenza o prosperità; rimanda alla più antica logica coloniale di trasformare le vite altrui in ostacoli e la loro cancellazione in opportunità.
Muhammad Shehada è uno scrittore e analista palestinese di Gaza e responsabile degli affari europei presso Euro-Med Human Rights Monitor
https://www.newarab.com/analysis/gaza-riviera-plan-gentrifying-israels-genocide
Traduzione a cura di AssopacePalestina
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