Weekend di azione globale 18-21 settembre

BDS Italia - BDS Italia - Sunday, August 31, 2025

La società civile palestinese chiede un'escalation delle azioni di disturbo del BDS contro gli Stati, le aziende e le istituzioni complici, fino ad arrivare a un'azione di disturbo di massa dal 18 al 21 settembre, data fissata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite come termine ultimo in cui Israele deve porre fine all’occupazione illegale e all’apartheid.

Palestina occupata, 28 agosto 2025 – L'iniziativa Integrated Food Security Phase Classification (IPC), sostenuta dall'ONU, ha infine confermato lo stato di carestia in cui versano centinaia di migliaia di palestinesi che vivono nel nord di Gaza. La carestia, conseguenza diretta della politica israeliana sostenuta dagli Stati Uniti di usare la fame come arma, colpirà molte più persone nel sud di Gaza entro la fine del prossimo mese, afferma l'IPC. Nessuno può affermare di non esserne a conoscenza. Persino il complice Segretario Generale delle Nazioni Unite, che in più di 22 mesi di genocidio ha espresso solo “preoccupazione”, è stato costretto a menzionare finalmente Israele come responsabile di questa carestia indotta.

Poiché si tratta di una questione di vita o di morte, chiediamo la formazione di ampie coalizioni e l'organizzazione, ove possibile, di potenti azioni di disturbo di massa, adeguate al contesto, pacifiche e strategiche, che prendano di mira le entità complici e chiedano la fine della complicità e l'imposizione di sanzioni legali, in particolare embarghi militari ed energetici completi, in qualsiasi giorno durante il Disrupt Complicity Weekend, dal 18 al 21 settembre. Alcuni esempi¹:

  • Bloccare, occupare o comunque interrompere il funzionamento di autostrade strategiche, ponti, porti, strutture di aziende complici nel settore delle armi, della tecnologia, dei media, della finanza e altro;
  • Proteste di massa e azioni pacifiche di disturbo presso sedi governative (ad esempio ministeri del commercio, dei trasporti o degli affari esteri) o parlamenti, chiedendo che rispettino i loro obblighi legali ai sensi del diritto internazionale. Come richiesto da decine di esperti delle Nazioni Unite in materia di diritti umani, queste includono:
    • L’imposizione di “un embargo totale sulle armi a Israele, interrompendo tutti gli accordi, le importazioni, le esportazioni e i trasferimenti di armi, compresi i beni a duplice uso”.
    • L’annullamento o la sospensione “delle relazioni economiche, degli accordi commerciali e dei rapporti accademici con Israele che possono contribuire alla sua presenza illegale e al regime di apartheid nei territori palestinesi occupati”.
    • L’adesione al Gruppo dell'Aia, finora l'iniziativa interstatale più promettente volta a promuovere sanzioni concrete e misure di responsabilità significative e consequenziali, e l’approvazione e l’attuazione della Dichiarazione di Bogotá del Gruppo. 
    • L’espulsione di Israele, stato che pratica l'apartheid, dall'ONU, revoca del suo accreditamento all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e pressione per sanzioni legali contro di esso simili a quelle imposte al Sudafrica dell'apartheid. 
  • Scioperi², ove possibile, e obiezione di coscienza alla complicità nel genocidio nelle istituzioni e nei luoghi di lavoro, comprese le università, i consigli comunali e altri;
  • Intensificazione delle campagne di boicottaggio contro gli obiettivi prioritari del movimento BDS, compresi disturbi pacifici nei negozi e nelle sedi delle aziende, nonché azioni sui social media;
  • Lancio di ampie campagne intersezionali per costringere le istituzioni, compresi i consigli comunali, le università, i sindacati, gli ospedali, ecc., ad adottare politiche di approvvigionamento e di investimento etiche, ove applicabile, che escludano le aziende consapevolmente e persistentemente coinvolte in gravi violazioni dei diritti umani, in particolare crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio.

Nel settembre 2024 l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA) ha votato a stragrande maggioranza a favore di sanzioni contro Israele, per la prima volta in decenni, confermando la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia del luglio 2024 secondo cui la presenza di Israele nei territori palestinesi occupati è assolutamente illegale, costituisce apartheid e deve essere portata a termine. L'UNGA ha inoltre dato a Israele un ultimatum con scadenza al 18 settembre 2025 per porre fine alla sua occupazione illegale di Gaza e della Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est.

Non solo Israele non ha per nulla posto fine all'occupazione, ma ha anche intensificato la sua depravata violenza genocida a Gaza, anche contro il personale e le strutture delle Nazioni Unite, e ha aumentato drasticamente il furto di terre, l'espansione delle colonie e gli attacchi contro i palestinesi in Cisgiordania. Ora più che mai, Israele rappresenta una minaccia mortale non solo per i palestinesi, ma anche per l'umanità intera. Già un anno fa, i relatori speciali delle Nazioni Unite avevano avvertito: “Il mondo è sul filo del rasoio: o ci incamminiamo collettivamente verso un futuro di pace e legalità, oppure precipitiamo verso l'anarchia e la distopia, in un mondo in cui conta solo la legge della forza”. 

Nonostante lo slogan “Mai più” che ha seguito l'Olocausto, il mondo non è riuscito a fermare i genocidi, dal Ruanda all'ex Jugoslavia al Myanmar. Ora, tutti gli Stati e gli organismi interstatali, così come tutte le istituzioni, hanno l'obbligo legale, e non solo etico, di fermare il primo genocidio al mondo trasmesso in diretta streaming: i crimini atroci di stampo nazista commessi da Stati Uniti e Israele contro 2,3 milioni di palestinesi nella Striscia di Gaza occupata illegalmente. Il regime israeliano di colonialismo d’insediamento e apartheid, che dura da 77 anni, sta ora cercando di “portare a termine il lavoro” di sterminio dei sopravvissuti alla sua Nakba continua  di espropriazione e pulizia etnica.

In questa fase più terribile del genocidio, la società civile palestinese è unita nel ribadire l'appello alle persone di coscienza di tutto il mondo affinché canalizzino il loro immenso dolore e la loro rabbia per recidere i legami di complicità di stati, aziende e istituzioni con questo regime genocida e con tutte le istituzioni e le aziende che ne rendono possibili i crimini. Il più alto obbligo morale è innanzitutto quello di non nuocere, di porre fine alla complicità

Non siamo mai stati così vicini come ora all'imposizione di un regime di sanzioni completo ed efficace. Sempre più stati e municipalità stanno procedendo all'imposizione di sanzioni parziali e alla revisione dei legami e dei contratti. La maggioranza globale oggi è chiaramente a favore della liberazione della Palestina, e anche negli stati che sono partner di Israele nel genocidio, come gli Stati Uniti, la Germania, il Regno Unito, i Paesi Bassi e altri, la maggioranza delle persone oggi ha un’opinione negativa di Israele e sostiene i diritti dei palestinesi, e sta procedendo a un isolamento informale, ma non per questo meno incisivo, di Israele. Dobbiamo incanalare questa energia potenziale nella costruzione di una massa critica di potere popolare in grado di costringere i governi, le aziende e le istituzioni complici a porre fine alla loro complicità. 

Mai più è davvero ora. Insieme, possiamo e dobbiamo interrompere ogni complicità nella “soluzione finale” di Israele per il popolo indigeno della Palestina. Insieme possiamo sostenere lo smantellamento dell'apartheid israeliano proprio come è stato smantellato l'apartheid sudafricano.

  • Palestinian General Federation of Trade Unions (PGFTU - Gaza)
  • Council of National and Islamic Forces in Palestine
  • Palestinian BDS National Committee (BNC) 
  • Global Palestine Right of Return Coalition
  • General Union of Palestinian Workers
  • Palestinian Federation of New Unions
  • General Union of Palestinian Teachers (GUPT)
  • Palestinian Federation of Unions of University Professors and Employees (PFUUPE)
  • General Union of Palestinian Women
  • General Union of Palestinian Writers
  • Engineers Association - Jerusalem Center
  • Palestinian Bar Association
  • General Union of Palestinian Peasants
  • Palestinian Union of Postal, IT & Telecommunications Workers
  • Union of Professional Associations
  • Palestinian NGO Network (PNGO)
  • Palestinian National Institute for NGOs
  • Federation of Independent Trade Unions
  • Veterinarians Syndicate - Jerusalem Center
  • Occupied Palestine and Syrian Golan Heights Initiative (OPGAI)
  • Union of Palestinian Farmers
  • Grassroots Palestinian Anti-Apartheid Wall Campaign (STW)
  • Palestinian Campaign for the Academic & Cultural Boycott of Israel (PACBI)
  • Popular Struggle Coordination Committee (PSCC)
  • Civic Coalition for the Defense of Palestinian Rights in Jerusalem
  • Coalition for Jerusalem
  • Union of Palestinian Communities’ Institutions and Activities in Europe (IGMAH)
  • Palestinian Youth Movement (PYM)
  • Palestine Community in Belgium and Luxembourg
  • Palestinian Community of Catalonia
  • Union of Palestinian Charitable Organizations
  • Women's Campaign to Boycott Israeli Products
  • Agricultural Cooperatives Union
  • National Committee for Grassroots Resistance
  • Southern Electricity Company Employees Union
  • Association of Employees of The Financial Sector, Palestine 
  • Health Services Employees’ Association
  • Union of Workers in Kindergartens and Private Schools
  • Jawwal Employee Association
  • Union of Workers' Unions in Local Authorities - Hebron
  • Palestinian Electricians Union - Hebron

¹ Per ridurre al minimo i rischi legali, raccomandiamo sempre di consultare prima gli avvocati del movimento.

² Laddove uno sciopero potrebbe causare danni significativi ai lavoratori, è preferibile “darsi malati”: malati a causa del genocidio e della fame usata come arma da Israele e malati a causa della complicità dell’istituzione di cui si fa parte in entrambe queste cose.