Liberarsi dal patriarcato e oltre

Comune-info - Sunday, August 31, 2025
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Sembra ci sia un abisso, e invece culturalmente v’è un piccolo balzo tra il fare ciò che si vuole delle foto di una donna e l’ammazzare la compagna o la moglie.

Questo trascorso agosto in cui l’Italia, come dopo un sonno di pigri, s’è accorta via social di essere un Paese abitato da uomini arretrati, più ripugnanti dello stereotipo preistorico del cavernicolo tutto peli e grugniti, questo agosto in cui abbiamo scoperto migliaia di maschi – di qualsiasi ceto – pugnalare per anni i diritti di altrettante donne, diffondendo foto e su di esse sbavando su portali quali Phica e Mia moglie, questo trascorso agosto rimanda al giorno 30 agosto 1970: allora l’Italia si scandalizzò per l’assassinio di Anna Fallarino da parte del marito, il marchese Camillo Casati Stampa Di Soncino. Lui 45 anni, lei 41.

Il nobiluomo, appassionato di caccia, quel giorno rientrò nel sontuoso appartamento di Roma con le idee ben chiare. La moglie e il suo amante venticinquenne, Massimo Minorenti, lo stavano aspettando in salotto. Lui prese il fucile, sparò tre colpi a lei, due all’amante, uno a se stesso.

E che c’entra con gli scandali dell’agosto odierno?

Il marchese, in accordo con la moglie, aveva un piacere: organizzare incontri sessuali per lei, stare lì ad osservare durante i rapporti, e fotografare.

Gli inquirenti trovarono un diario di Casati, ricco di annotazioni su quegli incontri e accompagnato da oltre 1.500 fotografie di Fallarino nuda, da sola oppure negli amplessi.

Sarebbero stati semplici affari loro, visto che era tutto concordato.

Apparentemente: era il marchese a scegliere e pagare gli amanti, Minorenti compreso. Finché tra quest’ultimo e la donna nacque l’amore.

Casati Stampa Di Soncino, già accortosi della situazione da tempo, il 30 agosto di cinquantacinque anni fa ammazzò la moglie perché non era più in suo possesso: prima in pieno accordo, poi per inerzia, lei aveva acconsentito per anni (così come per la chirurgia plastica al seno e all’addome, voluta da lui negli ultimi mesi), ma infine si era presa libertà dal marito, il quale – disse lo psicanalista Emilio Servadio – tramite l’osservazione degli incontri pagati per la moglie nascondeva anzitutto a sé una propria parte omosessuale (lo stesso nascondimento che forse attua chi utilizza «frocio» come insulto, che sia diretto a gay o eterosessuali: e ce ne sono ancora parecchie di queste persone, anziane, giovani, di destra e di sinistra, comunque bifolchi).

L’utilizzo della donna, del suo corpo come fosse merce divisibile dalla persona. L’idea dell’esserne padroni. Una sostanziale, profonda ignoranza che non dipende dalla posizione sociale ma da un misero, spregevole sentimento dell’animo. Il bisogno di essere curati, nel senso buono. L’indizio, da uno scandalo, della malattia patriarcale che appesta la società intera (dopo l’omicidio del marchese, ci furono giornali che pur di vendere copie pubblicarono le foto di Fallarino nuda).

La necessità di una visione pedagogica che educhi all’amore della propria e altrui vita. «La sola arma di cui disponiamo è la volontà di vivere, alleata alla coscienza che la propaga», ha scritto Raoul Vaneigem in Avviso agli studenti, 1995.

Ecco che cos’hanno in comune la storiaccia del 1970 e quelle odierne via social.

Colleghiamole ai femminicidi (nel 2024, uno ogni tre giorni) e alla più generale discriminazione impartita alle donne, che subiscono «rilevanti condizioni di svantaggio […] nell’ambito lavorativo, familiare e sociale», afferma un rapporto dell’Inps.

Per costruire un mondo nuovo, ognuno ha la responsabilità della piccola, apparentemente banale lotta quotidiana. Quel che c’è intorno a sé, sperando prima o poi nell’abbraccio di veri scioperi generali. La grande rivoluzione è uno sberleffo di sangue della Storia. Dobbiamo vivere parlando, mostrandoci, essendo persone diverse da quelle comandate dal mercato, dal patriarcato, dal razzismo, dall’autoritarismo. Si inizia da qui. Pur non vedendo la fine.

Daniele Ferro, educatore e giornalista, è maestro elementare di sostegno

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