Dalla riforma Madia, l’Italia brucia di più

Pressenza - Wednesday, August 13, 2025

L’incendio intorno al Vesuvio, iniziato venerdì scorso a Terzigno, è stato domato solo oggi. Circa 100 Vigili del Fuoco e vari mezzi aerei tra cui 4 Canadair sono intervenuti nelle operazioni.

 Più di 5 chilometri quadrati di bosco sono andati inceneriti, degli 84 complessivi nel parco nazionale del Vesuvio. La memoria va al 2017 quando un incendio ancora più grande bruciò 30 chilometri quadrati di parco. Come quello del 2017, anche questo incendio pare che sia di origine antropica. La procura di Nola e la procura di Torre Annunziata hanno aperto due indagini parallele, anche per eventuali ritardi nello spegnimento.

Le prime segnalazioni di piccoli roghi, pare infatti che siano state date dal 20 luglio, ben due settimane prima dell’incendio vero e proprio.

Alessandro Cerofolini, ex dirigente del Corpo Forestale dello Stato e autore di libri per Altreconomia (“Cuore verde” e “La meraviglia dei boschi italiani”), sottolinea la grave situazione generale.

«In Italia, il 99% degli incendi boschivi è causato dall’uomo, per dolo (es. criminalità) o per colpa (es. incuria). I casi di piromania sono pochissimi, pari al 2% di tutti gli incendiari arrestati e a, parte i fulmini, l’autocombustione non esiste. In Italia gli incendi boschivi ci sono sempre stati, con numeri altalenanti da un anno all’altro (con picchi maggiori ogni 4 – 5 anni). Fino al 2016 con la Forestale ancora vigente, per ogni incendio bruciavano mediamente 7,5 ettari di bosco e di norma il fuoco veniva spento in giornata. Nel 2017, primo anno senza la Forestale, per ciascun incendio, iniziarono a bruciare 24,7 ettari di bosco per ogni incendio e nel 2021 mediamente 30,1 ettari di bosco. Nei primi sette mesi del 2025 i dati provvisori sono ancora più gravi, 47,5 ettari di superficie forestale bruciata per singolo incendio. Incendi fuori controllo, spenti dopo due o tre giorni anziché il giorno stesso».

 

Quali sono le cause?

«Non solo i cambiamenti climatici, con la presenza di maggiori eventi estremi (più siccità, pioggia distribuita su meno giorni, più fulmini, venti più forti), ma anche e soprattutto a causa della nuova macchina organizzativa voluta dal Governo Renzi con la Riforma Madia che sta provocando  inefficienze nella prevenzione e ritardi nello spegnimento degli incendi boschivi.

Con la riforma Madia del 2016, il Corpo forestale dello Stato è stato soppresso e smembrato tra più Corpi ed Enti dello Stato, riducendo il personale preposto al controllo e al presidio delle zone montane e forestali della nazione (3.200 unità in meno). 

La competenza sugli incendi boschivi della Forestale è stata assegnata ai Vigili del fuoco, ma quasi tutti i forestali (e mezzi operativi) sono transitati nell’Arma, nella Polizia, nella Finanza e nella Direzione generale delle foreste, che però non possono più intervenire sugli incendi. Il Corpo forestale era capillare sul territorio con i suoi 1.150 comandi stazione e agiva immediatamente. I forestali si trovavano sul posto e conoscevano sia il territorio di loro competenza che le squadre a terra dei volontari di protezione civile. Non appena c’era un incendio, si spegneva il focolaio, generalmente da terra (e se necessario con l’intervento di uno o due elicotteri), prima che diventasse più grande e indomabile. I Vigili del fuoco, a cui  va tutto il mio rispetto e stima per il loro encomiabile lavoro, si trovano invece solo nelle città, non conoscono le aree boschive e le strade forestali che le attraversano, impiegano tempo per arrivare nel fronte dell’incendio, ignorano la tipologia di bosco da affrontare e le specie di alberi a cui dare priorità nello spegnimento. Sono calibrati per spegnere incendi urbani, e lo fanno benissimo, tutti i loro mezzi sono per questo. Ma non per i boschi».

 

Cos’altro ancora?

 

«Prima della riforma, l’Italia, attraverso il Corpo forestale dello Stato, aveva la flotta elicotteristica antincendio boschivo più grande ed efficiente d’Europa ed era formata da 36 elicotteri dislocati su più basi operative. Con la riforma tale flotta è stata divisa a metà tra Carabinieri (non usata per spegnere incendi) e Vigili del fuoco. Ora i Vigili del fuoco, a causa delle manutenzioni ordinarie e straordinarie ai singoli mezzi, riescono a tenere operativi per gli incendi boschivi soltanto pochi elicotteri al giorno. Di conseguenza, le regioni, titolari della competenza primaria sugli incendi boschivi, sono obbligate ad affidarsi a società private per gli elicotteri, con conseguente aumento della spesa pubblica. Più il bosco brucia, più le ditte private guadagnano. Inoltre i Canadair, di proprietà dello Stato, vengono gestiti da ditte private che noleggiano i piloti, e traggono profitti enormi dagli incendi boschivi. Ogni ora di volo di un Canadair costa allo Stato tra 5 e 12.000 euro. 

Bisogna però ricordare che i primi Canadair in Italia furono introdotti dalla Forestale, che ne aveva affidato la gestione a una società pubblica mista tra Alitalia e Aeronautica militare (la Sisam), quindi una società senza scopo di lucro e con piloti già esperti.

Ancora.

Dopo l’incendio è necessaria la bonifica, cioè lo spegnimento dei focolai residui e le ceneri ardenti, ma non viene più fatta da terra come facevano un tempo i forestali insieme ai volontari di protezione civile con pale e flabelli, bensì dall’alto con mezzi aerei che spesso irrorano le zone percorse dalle fiamme con acqua marina, desertificando il suolo forestale e intaccando le falde acquifere per anni, oltre a dispendio di denaro pubblico.

 

Cosa fare?

Ripristinare il Servizio forestale, che ha spento incendi per 194 anni. Riunificare i carabinieri forestali, la Direzione generale delle foreste e la flotta elicotterista, in un unico Servizio forestale nazionale e assegnargli di nuovo le competenze in materia di lotta attiva agli incendi boschivi. Per fortuna sempre più cittadini si stanno accorgendo di questo, consapevoli che lo scioglimento della Forestale sia stato un grande errore. I forestali erano anche un importante argine contro i tagli illegali degli alberi, il bracconaggio e i pascoli abusivi. La conseguenza è che oltre agli incendi, anche i tagli illegali e i bracconaggi sono aumentati.

Linda Maggiori