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Antonio La Piccirella, attivista della Freedom Flotilla: “Denunciamo Israele per averci sequestrato”
Il silenzio omertoso e complice sul genocidio dei palestinesi deve essere sconfitto con parole di verità, ma anche con il coraggio di un gesto nonviolento, come ha fatto Antonio La Piccirella imbarcandosi sulla nave Handala della Freedom Flotilla per rompere il muro dell’indifferenza e il blocco agli aiuti umanitari. I 21 attivisti che erano a bordo della nave Handala sono finalmente liberi. Israele non aveva nessun motivo legale per detenere l’equipaggio internazionale dell’Handala, come ha dichiarato Ann Wright, membro del comitato direttivo della Freedom Flotilla: “Non si tratta di una questione di giurisdizione interna israeliana. Si tratta di cittadini stranieri che operano secondo il diritto internazionale in acque internazionali. La loro detenzione è stata arbitraria, illegale”. Lo scopo della Freedom Flotilla è quello di rompere il blocco illegale agli aiuti umanitari, ma soprattutto quello di aprire una breccia nel muro spietato dell’indifferenza e offrire uno spiraglio di speranza contro il genocidio. Antonio La Piccirella è tornato a casa dopo una breve detenzione in Israele e gli ho fatto alcune domande. In sintesi mi ha detto: Israele sta sterminando il popolo palestinese e nessun governo ha fatto abbastanza. Purtroppo molti non fanno niente, ma altri, come l’Italia sono complici. L’1% delle armi usate dagli israeliani per reprimere e massacrare i palestinesi è di origine italiana, prodotto e venduto da Leonardo S.p.A. Questo è uno dei motivi che mi ha spinto a imbarcarmi sull’Handala: volevo scrollarmi di dosso un poco di questa vergogna che sento sulla mia pelle come italiano. Inoltre la frammentazione sociale, l’isolamento, il modo individuale di assorbire tutte le informazioni che ci piovono addosso senza una dimensione collettiva e comunitaria e tanti altri fattori ci fanno sentire degli spettatori impotenti e passivi. Questa percezione di isolamento non è casuale, ma deriva da un sistema tecnologico che, tramite i social e i media, la favorisce e la alimenta. La nostra azione di resistenza civile nonviolenta rompe questa sensazione di impotenza e di isolamento contro i governi complici o indifferenti. Siamo in grado di agire di fronte alle forze della repressione. Partecipando alla missione della Freedom Flotilla mi sono sentito liberato da questa prigione virtuale e in linea con mente, cuore e corpo. Abbiamo fatto un’azione contro tutti i governi che ormai seguono solo logiche disumane in nome del profitto. Abbiamo provato a restituire dignità e coraggio a tante persone. Io mi sono sentito padrone della mia vita. Ci dobbiamo mobilitare per riconquistare la nostra umanità. Ci hanno attaccato di notte in acque internazionali come pirati. La navigazione in mare aperto è un diritto inalienabile. Erano venti militari israeliani armati di mitra con due imbarcazioni. Agiscono nell’oscurità per nascondersi meglio. Hanno distrutto i nostri dispositivi e ci hanno registrato per far vedere che ci offrivano cibo, mentre affamano a morte un popolo intero, ma noi avevamo già iniziato lo sciopero della fame e ci siamo rifiutati di accettare qualsiasi cosa. Durante tutto il tragitto ci hanno costretti a rimanere sdraiati in coperta, sotto la minaccia delle armi. L’ipocrisia si manifesta nel modo più orrendo, ed io l’ho vista da vicino. In Palestina massacrano i giornalisti, perché non tollerano narrazioni diverse dalla loro unica verità. L’Occidente è complice.  Secondo un comunicato di Freedom Flotilla Italia, al momento del rapimento da parte dell’IDF, Christian Smalls, cittadino statunitense e noto attivista sindacale contro Amazon, è stato immobilizzato con la forza e malmenato. Così pure durante gli interrogatori: è stato uno di quelli sottoposti alle peggiori angherie. Tali atti costituiscono un trattamento inumano e degradante, vietato dalla Convenzione ONU contro la tortura (1984). Tutto questo è avvenuto anche grazie al fatto che ambasciata e consolato USA non hanno visitato in carcere i loro connazionali, non li hanno assistiti durante i processi, non li hanno accolti e supportati per il viaggio di ritorno. Numerosi giuristi e organizzazioni per i diritti umani, come Adalah e Al Mezan, hanno già segnalato come l’attacco alla nave Handala si inserisca in un più ampio quadro di impunità e aggressione sistematica nei confronti di iniziative civili e umanitarie che cercano di rompere il blocco su Gaza – un blocco che le Nazioni Unite hanno definito “punizione collettiva” e dunque illegale ai sensi del diritto umanitario internazionale. L’abbordaggio della nave Handala, avvenuto in acque internazionali nella notte tra il 25 e il 26 luglio 2025, costituisce una violazione dell’articolo 87 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), che garantisce la libertà di navigazione, e può configurarsi come atto di pirateria ai sensi dell’articolo 101 della stessa convenzione, nonché come violazione del principio di non-intervento. Inoltre, la detenzione forzata degli attivisti – prelevati contro la loro volontà da acque internazionali, trascinati contro la loro volontà in Israele e trattenuti con una falsa accusa di “immigrazione clandestina” – viola il Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR, art. 9), che sancisce il diritto alla libertà personale. Le denunce di Mazzeo e La Piccirella potrebbero aprire un precedente importante: azioni giudiziarie internazionali volte a far riconoscere che le azioni dell’esercito israeliano contro attivisti pacifisti costituiscono violazioni gravi del diritto internazionale dei diritti umani, del diritto del mare e delle convenzioni sui trattamenti dei civili anche in tempo di conflitto. Rayman
Lunedì 28 luglio, Messina ha assistito a un nuovo episodio di mobilitazione popolare, con cittadini e attivisti scesi in piazza davanti alla prefettura per esprimere la loro solidarietà al popolo di Gaza. In questo contesto, i partecipanti hanno unito le loro voci a quelle di tutti i siciliani e di coloro che in tutto il mondo rifiutano di piegarsi di fronte alle atrocità della guerra_ La manifestazione, stavolta, ha evidenziato una nuovo tipo di urgenza. È fondamentale riconoscere che la lotta per la giustizia non può limitarsi a una retorica generica, ma deve assumere una dimensione intersezionale, coinvolgendo concretamente una vasta gamma di attori sociali. È essenziale che scuole, famiglie, istituzioni si uniscano in modo sinergico, costruendo alleanze e attivando iniziative che permettano di affrontare le ingiustizie in modo concreto e condiviso. Solo attraverso un impegno collettivo e integrato si potrà sperare di creare un cambiamento significativo e duraturo. Le guerre, d’altra parte, non nascono mai per caso. Esse sono il risultato di complesse dinamiche che spesso riflettono un culto del dominio economico. La questione si complica ulteriormente quando si considerano rappresentazioni distorte della realtà, come gli inquietanti video generati dall’intelligenza artificiale che mostrano una Gaza idealizzata e fiorente. Questi materiali, purtroppo, possono rivelare come, per alcuni politici, le considerazioni economiche prevalgano sul valore delle vite umane. Una riflessione critica e consapevole su queste dinamiche è fondamentale per comprendere le radici profonde dei conflitti contemporanei. Le immagini di bambini sofferenti e ridotti alla fame, insieme a quelle di strutture distrutte e in macerie, rappresentano una ferita profonda nelle nostre coscienze collettive. Un dolore che richiede tutto il nostro coraggio e la nostra energia. Perché i martiri di Gaza non sono solo numeri, ma storie di vite spezzate che devono rimanere impresse nelle nostre memorie. Antonio Mazzeo, attivista e concittadino messinese, ha recentemente condiviso la sua esperienza a bordo della nave Handala, bloccata al largo di Gaza prima di poter raggiungere la popolazione in difficoltà. Durante un’intervista dopo il suo rientro a Roma, Mazzeo ha evidenziato la mancanza di pietà verso i bambini gravemente malnutriti, denunciando l’assenza di compassione nelle azioni intraprese anche in situazioni di carestia alimentare. Ha espresso la sua amarezza per questo ennesimo tentativo fallito, sottolineando la disumanità di fronte a una crisi umanitaria senza precedenti negli ultimi decenni. Inoltre, Mazzeo ha commentato il concetto di “mare nostrum”, sottolineando che questo termine non può essere appropriato alla luce della realtà delle operazioni militari, che hanno visto l’abbordaggio dell’equipaggio come un vero e proprio atto di pirateria. Ha affermato che, in tali circostanze, il diritto internazionale sembra ridursi a un formalismo giuridico privo di reale sostanza. Questa riflessione solleva interrogativi significativi sull’etica internazionale e il senso intimo delle nostre istituzioni. È paradossale, poi, come chi ha conosciuto sulla propria pelle l’orrore dello sterminio oggi possa replicare i metodi di oppressione su un altro popolo. I bambini che muoiono di fame, gli ospedali assediati e le case ridotte in macerie non sono semplici danni collaterali, ma il risultato di una macchina di oppressione che la storia avrebbe dovuto insegnarci a riconoscere. In definitiva, la situazione rimane drammatica, complessa e in continua evoluzione. Ma niente è mai vano. Zizek afferma che “l’utopia” non deve essere vista come una semplice immaginazione libera, ma come una questione di intima urgenza, un’imposizione alla quale siamo forzati a rispondere. In questo contesto, l’utopia diventa non solo un desiderio, ma una necessità pressante, un faro che ci guida verso una trasformazione sociale e personale. È attraverso il recupero della nostra umanità che possiamo trovare la forza per mettere in discussione le strutture esistenti. La chiave per il cambiamento risiede nella nostra capacità di trasformare la rabbia e il dolore in un potente motore di solidarietà e bellezza. La determinazione di Messina va proprio incontro a questa volontà.  Dove l’idealismo non sia più un semplice sogno ma una realtà tangibile. Frutto di amore, giustizia sociale e di umanità condivisa.   Redazione Sicilia
Freedom Flotilla Coalition, intervista ad Antonio Mazzeo
Freedom Flotilla, la coalizione internazionale che associa cittadini comuni, attivisti e operatori umanitari, ha lo scopo di fare pressione sul governo israeliano affinché cessi l’assedio che dal ’48 perpetra ai danni del popolo palestinese, con alterne accelerazione dei soprusi nei loro confronti, sfociato nella creazione di Gaza, la più grande prigione a cielo aperto del mondo. Con la decisa sterzata a destra dell’ultimo ventennio, fino all’attuale coalizione governativa, ostaggio delle fazioni più oltranziste, conservatrici e islamofobe, l’assedio, frutto marcio di un colonialismo di insediamento, così come viene sistematizzato ed applicato al popolo palestinese secondo lo storico israeliano Ilan Pappé, si è addirittura trasformato in genocidio: uno sterminio in mondovisione dove le immagini e le cifre si rincorrono a suon di fake-news che negano la realtà dei fatti. Tornando alla Freedom Flotilla e al caso della nave Handala, l’obiettivo è quello di rompere il blocco illegale agli aiuti umanitari, entrando nell’unico corridoio, il porto di Gaza, che in teoria non richiederebbe il “permesso” del governo sionista perché, appunto, è territorio palestinese. Lo scopo più importante però è quello di aprire una breccia nel muro spietato dell’indifferenza, uno spiraglio di speranza contro il genocidio e su questo, come sempre, ci sono venuti in aiuto i bambini e le bambine della Sicilia e della Puglia con i loro giocattoli da consegnare ai loro fratellini gazawi. Pur non avendo l’autorità legale per assaltare la nave, rapirne l’equipaggio e poi detenerlo e deportarlo nel proprio territorio, Israele lo ha fatto compiendo un gesto terroristico, nonché un atto di guerra non dichiarato preventivamente: un attacco non provocato infatti  è considerato “crimine di guerra” (Art. 8 dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale. Come ha dichiarato Ann Wright, membro del comitato direttivo della Freedom Flotilla, “non si tratta di una questione di giurisdizione interna israeliana. Si tratta di cittadini stranieri che operano secondo il diritto internazionale in acque internazionali. La loro detenzione è arbitraria, illegale e deve cessare”. L’assalto dei militari israeliani è avvenuto in acque internazionali a 40 miglia nautiche dalle coste di Gaza nella notte tra il 25 e il 26 luglio 2025, quindi si configura come l’ennesimo crimine commesso da Israele nel totale disprezzo del diritto internazionale. I 21 membri della Freedom Flottilla sono stati rapiti e incarcerati. Gli è stata data la possibilità di essere rimpatriati subito firmando un documento precompilato, ma alcuni di loro non hanno accettato e sono ancora detenuti in attesa di processo per l’espulsione forzata, in teoria dopo 72 ore e dopo avere subito un processo per direttissima con l’accusa paradossale di “immigrazione clandestina”: sulla base di questa accusa fantasiosa lo Stato d’Israele non sarebbe mai dovuto nascere! Antonio Mazzeo, uno dei due italiani che ha scelto di tornare immediatamente in Italia, dopo aver risposto alle domande tipiche dei media mainstream (“Come ti hanno trattato?”, “Dove stanno gli altri membri dell’equipaggio?”, oppure “Quando verranno rilasciati?”, ecc. ecc.) tentando ogni volta di riportare il discorso sulla situazione tragica di Gaza, sui massacri, sul genocidio e sulle complicità dei governi “occidentali”, primo fra tutti quello più fedele a asservito alla coppia USA-Israele, l’Italia, si è soffermato su uno degli aspetti più emozionanti che aveva in serbo la missione. Antonio, parlaci dei giocattoli e dell’obiettivo di portare questi regali, simbolo di unione tra i bambini di Siracusa e Gallipoli (l’ultima tappa prima di prendere il largo verso le coste palestinesi) e i loro fratelli, ancora oggi sotto le bombe a Gaza Il fatto stesso che la nave si chiamasse Handala, un personaggio dei fumetti con cui sono cresciute intere generazioni di giovani palestinesi, conteneva un messaggio particolare. Non eravamo una delle tante navi umanitarie che hanno tentato di forzare il blocco, ma una nave pensata principalmente per il suo rapporto con i bambini. La nave si è “arricchita”, a dimostrazione di quanto fosse stato colto questo segnale, nelle due soste a Siracusa e a Gallipoli, dove è stata visitata da centinaia di bambini e bambine. Volevano vedere proprio la nave Handala, quella che portava gli aiuti ai loro amichetti di Gaza! Tutti sentivano il bisogno di portare qualcosa, in questo caso bambolotti, peluche e giocattoli. La cosa più bella e commovente è avvenuta la mattina dell’arrivo ad Ashdod. Stava albeggiando, eravamo tutti sdraiati sul ponte e mi sono accorto che ognuno di noi dormiva abbracciato a uno dei peluche con cui avevamo navigato in quegli ultimi 10 giorni. Eppure stiamo parlando di persone dai 70 anni e più, sino ai 25! Anch’io ho portato con me un souvenir dall’Handala, uno di quei bambolotti. Ecco, forse questa è la cosa più bella, il segnale più bello, perché probabilmente tra i bambini del mondo, ma anche tra quei bambini a cui l’umanità viene negata, i bambini di Gaza, il luogo più disumanizzato e più disumanizzante che esista, c’è ancora lo stesso bisogno di protezione e di dolcezza. I bambini avrebbero potuto vedere una nave che portava degli aiuti, ma soprattutto i regalini dei loro cuginetti dall’altra parte del Mediterraneo. Allora, questo sì che è un segno di speranza anche per le nostre giovani generazioni. Questa situazione, la strage per fame e oggi il genocidio per fame a Gaza, mi fa venire in mente soltanto un’altra vicenda storica, dei primi anni ’60, dopo l’indipendenza della Nigeria: in quegli anni in Biafra morivano migliaia e migliaia di bambini, come oggi, ma con la differenza che sono passati 60 anni e questi fatti si ripetono ancora. Inoltre all’epoca si trattava di una sorta di guerra civile tutta svolta all’interno di uno Stato, mentre oggi assistiamo a uno Stato che sta occupando e facendo morire di malnutrizione i cittadini di un altro Stato. Antonio, ti porto i ringraziamenti di Nancy Hamad*, la studentessa laureanda in economia con cui sono in contatto direttamente da Gaza. Quando le ho raccontato di questa iniziativa mi ha chiesto di dirti quanto questo supporto morale sia fondamentale per loro. Grazie a voi! * Per leggere le corrispondenze e conoscere la vicenda di Nancy Hamad di Gaza, vai ai nostri articoli pubblicati su Pressenza: articolo1 – articolo2 – articolo3 Stefano Bertoldi
Palermo con la Palestina, ancora e ancora
Lunedì 28 luglio, i movimenti cittadini di Palermo hanno continuato ad agire e “fare rumore” per i compagni della nave Handala e per la Palestina. Nel primo pomeriggio si è svolto un presidio davanti alla Prefettura, in concomitanza con altri in ogni provincia siciliana, per consegnare alle autorità rappresentative del governo nazionale un documento di cui riportiamo alcuni stralci. Mentre sbandieravamo kefieh, bandiere palestinesi ed arcobaleni per la pace e la nonviolenza, un autobus di linea si è accostato all’orlo del marciapiedi dov’eravamo radunati, martellando con il clacson e lampeggiando con i fari in segno di solidarietà. Abbiamo risposto a pugno chiuso. Così la sera precedente alcuni spettatori all’uscita dallo spettacolo di balletti del Teatro Massimo avevano applaudito ai nostri striscioni e al nostro clangore. Piccoli grandi gesti che commuovono e ci fanno sentire non proprio soli e non proprio inutili. Ecco, dunque, alcuni passaggi del documento affidato ai funzionari. Dopo aver denunciato il genocidio in corso a Gaza, l’annessione israeliana della Cisgiordania e le complicità italiane legate al traffico d’armi e a tanto altro, il documento chiede di: > 1) avviare una procedura per la sospensione di tutti gli accordi con Israele, > ed in generale, alla luce dei gravi crimini commessi da Israele di astenersi > dal contribuire al genocidio e all’apartheid della popolazione palestinese > attraverso nuovi accordi di qualsiasi natura, inclusa quella economica, > militare e culturale; > > 2) effettuare una tempestiva ricognizione di tutte quelle attività > promozionali, di scambio commerciale, culturale e sociale, nonché delle > attività di mero rilievo internazionale con Israele, oggetto di richiamo per > le sue condotte da parte della Corte Internazionale di Giustizia; > > 3) garantire un’adeguata accoglienza sanitaria e umanitaria ai profughi > palestinesi in fuga dal genocidio ed incentivare la cooperazione con i presidi > sanitari nel Territorio Palestinese Occupato, in primis nella Striscia di > Gaza. > > 4) adire la Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) in caso di violazioni > della sovranità e dell’ordine giuridico internazionale, e la Corte Penale > Internazionale (ICC) per i crimini commessi da Israele contro civili, > operatori umanitari e imbarcazioni civili. > > 5) promuovere un’azione diplomatica multilaterale con altri Stati coinvolti > nella missione e nel Mediterraneo. Chiede anche una presa di posizione ufficiale del governo italiano circa l’aggressione alla nave Handala e conclude: > Non si possono ulteriormente tollerare né il totale disprezzo dei diritti > umani da parte di Israele, né l’occupazione illegale del Territorio > Palestinese, per altro sotto regime di apartheid. > > Non si può tollerare il clima di guerra fomentato dalla stessa Unione Europea, > attraverso la corsa agli armamenti e il conseguente attacco a tutti i diritti > sociali. > > A Gaza si muore sotto le bombe, ma anche per fame e denutrizione, occorre dire > basta, ora. > > La legalità internazionale, la dignità umana e la sovranità dello Stato > italiano non possono essere piegate all’interesse geopolitico di uno Stato > coloniale e aggressore. > > È giunto il momento per la Repubblica Italiana di riprendere la propria > autonomia morale e giuridica e di schierarsi dalla parte del diritto, della > vita, della giustizia. La città di Palermo è dal 1998 gemellata con la città di Khan Yunis nella striscia di Gaza e, poco dopo, si è aggiunto il gemellaggio con Ramallah in Cisgiordania. Incontri culturali, scambi di classi scolastiche, iniziative politiche e sociali si sono svolte da allora negli anni. Ma l’attuale governo della città a guida UDC, il partito di Cuffaro, ex presidente della regione che ha scontato in galera una condanna per associazione mafiosa, finge di non saperlo. A partire da questa considerazione si è tenuta nel tardo pomeriggio un’assemblea ai Cantieri Culturali alla Zisa (raggiunta di corsa in bici, dalla Prefettura…) proposta dall’associazione Schierarsi. Marcello Faletta, docente dell’Accademia di Belle Arti di Palermo, ha ricostruito con attenzione e passione la storia del sionismo, ideologia razzista e colonialista, a partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento, sotto il governo del conservatore inglese Palmerston, ossia ben prima dell’affaire Dreyfus (1894-96) e del congresso di Basilea (1897) voluto da Theodor Herzl, autore de Lo Stato ebraico. Ha ricordato il fermo antisionismo di Hannah Arendt, filosofa ebrea tedesca perseguitata dal nazismo ed esule negli USA, e la sua contrarietà alla nascita di uno Stato confessionale anziché laico nel 1948, nonché la sua denuncia ne La banalità del male (report puntuale del processo ad Eichmann nel 1961 a Gerusalemme, per il New Yorker) di numerose connivenze tra alcuni ebrei e il nazismo durante la Shoah, cosa che le costò l’ostracismo di molti connazionali statunitensi. Insomma si può essere ebrei ed antisionisti e non per questo si è antisemiti… Amal Khayal, dolcissima compagna gazawi, operatrice del Ciss a Gaza, che mai si risparmia e ad ogni incontro ci narra trattenendo a stento le lacrime la devastazione della Striscia a cui ha personalmente assistito, stavolta descrive le mutilazioni dei bimbi feriti e le amputazioni senza anestesia, come senza anestesia sono i parti cesarei delle innumerevoli giovani donne negli ospedali deliberatamente distrutti dai raid israeliani. Che fare? Zaher Darwish, di Voci del Silenzio, e Fateh Hamdan, di Palestina nel Cuore, espongono le loro diverse prospettive sulla questione palestinese. Il primo sostiene l’impossibilità di trattare con l’entità sionista “criminale e genocida”: “Sarebbe come proporre a una donna stuprata il matrimonio riparatore” dice, e propone la creazione di un solo Stato “dal fiume [Giordano] al mare” per i due popoli. Il secondo, appartenuto all’OLP di Arafat, che ha personalmente conosciuto e amato, pur riconoscendo il fallimento dell’illusione degli accordi di Oslo del 1993, sostiene comunque la necessità di trattative per la pace e suggerisce la soluzione di “Due popoli, Due Stati”. Entrambi concordano, però, sull’urgenza che tutti gli Stati del cosiddetto Occidente e della NATO riconoscano lo Stato di Palestina e la smettano di fare affari, militari e d’altro genere, con Israele. E noi europei riflettiamo che non abbiamo alcun diritto di ergerci a giudici e risolutori di un conflitto che non solo non stiamo patendo in prima persona, ma che abbiamo contribuito a innescare e continuiamo a fomentare per interessi di primazia economica e geopolitica… Ai palestinesi le decisioni sulla terra palestinese. A noi il dovere di farci tramite di un dialogo che non ci veda protagonisti, ma rei confessi di tutte le atrocità commesse da più di due secoli in nome dell’imperialismo “bianco”. Cosa ci lascia, infine, l’esempio di ieri sera? La consapevolezza che è possibile e perciò indispensabile che voci diverse, ispirate a diverse appartenenze, ad ogni costo dialoghino per trovare percorsi condivisi di resistenza ed empatia.     Daniela Musumeci
I bambini di Gaza sono i nostri figli!
Il 27 luglio 2025, in acque internazionali, l’esercito israeliano ha assaltato la nave Handala, battente bandiera tedesca e parte della Freedom Flotilla, diretta verso Gaza con aiuti umanitari. Ventuno civili disarmati sono stati sequestrati e deportati con la forza in Israele. Nessun carico di armi, nessun atto ostile. Solo un tentativo – pacifico e dichiarato – di portare medicine, beni essenziali, solidarietà a una popolazione stremata da mesi di bombardamenti, assedi e totale isolamento. L’Europa ha reagito? I governi occidentali hanno protestato? I parlamentari italiani hanno detto una parola? No. Silenzio. Imbarazzo. Complicità. E se su quella nave ci fossero stati gli aiuti per i figli dei nostri parlamentari? Se quei pacchi fossero stati destinati ai bambini di Montecitorio, alle figlie dei nostri senatori, ai nipoti di chi oggi siede nei banchi delle commissioni Esteri e Difesa? Se a Gaza si trovassero i loro cari, costretti a bere acqua contaminata, a curarsi senza anestesia, a dormire sotto le tende tra le macerie? Sarebbero ancora così cauti, così muti, così attenti a “non sbilanciarsi”? Il sequestro della Handala è un atto di pirateria di Stato, un’aggressione militare contro civili pacifisti, contro il diritto internazionale, contro la stessa idea di umanità. Eppure, il crimine si consuma nell’indifferenza. I bambini di Gaza sono i nostri figli. Non è uno slogan buonista. È una chiamata alla responsabilità. Perché se continuiamo a dividere il mondo in “figli nostri” e “figli degli altri”, in vite che contano e vite sacrificabili, allora non abbiamo imparato nulla dalla Storia. Allora siamo ancora immersi in una logica coloniale, razzista, disumana. Chi oggi tace davanti a questo atto di violenza contro civili, è complice. Chi legittima il blocco totale della Striscia di Gaza, è responsabile. Chi rimuove il volto dei bambini palestinesi dai telegiornali e dalle coscienze, è colpevole. Per questo oggi lanciamo un appello, chiaro, netto, non negoziabile: I BAMBINI DI GAZA SONO I NOSTRI FIGLI! Lo sono per chi crede nel diritto, nella giustizia, nella dignità umana. Lo sono per chi non accetta che la punizione collettiva diventi normalità. Lo sono per chi ha il coraggio di guardare oltre le bandiere, oltre gli schieramenti, oltre la paura di esporsi. La nave Handala non è stata fermata solo da soldati. È stata tradita anche dal nostro silenzio. Siamo ancora in tempo per cambiare rotta. Perché un giorno, quei bambini – se sopravvivranno – ci chiederanno: dov’eravate mentre ci bombardavano, ci affamavano, ci cancellavano? Che cosa risponderemo? Patrizia Carteri
Pirateria in diretta streaming: Israele assalta la Handala sotto gli occhi increduli dell’umanità
Questa notte Israele ha fermato la nave Handala della Freedom Flotilla in acque internazionali e sequestrato i 21 membri dell’equipaggio. Tra loro c’era anche il giornalista e attivista ecopacifista Antonio Mazzeo, che adesso si trova nelle mani dell’IDF. Di lui, dell’altro volontario italiano Tony La Piccerella, come di tutti gli altri internazionalisti, (nel momento in cui si scrive) non si hanno più notizie dalle 22.45 (orario italiano) quando due motoscafi israeliani hanno abbordato la nave umanitaria diretta a Gaza.  Oltre venti soldati israeliani sono saliti a bordo armati, pronti a puntare i loro fucili sugli attivisti. Loro li aspettavano con le mani alzate, intonando Bella Ciao. Indossavano i giubbotti arancioni di salvataggio, seduti uno accanto all’altro, in circolo, sul ponte dell’imbarcazione.  Al centro di questo cerchio umano, gli aiuti e i doni per i bambini da portare a Gaza. Orsacchiotti di peluche, giraffine, bambolotti, un triceratopo di pezza. Molti di questi giocattoli erano stati inviati dai bambini di Siracusa e di Gallipoli. La Handala è stata infatti ormeggiata per mesi ad Augusta (Siracusa) e poi è salpata, esattamente una settimana fa, dal porto pugliese.  Durante una diretta, Mazzeo aveva spiegato che i bambini di Gaza attendevano con ansia i doni che i loro “amichetti” italiani gli stavano inviando. Dove c’è un genocidio, dove c’è lo sterminio per fame pianificato, era stata creata una connessione di amicizia tra le due sponde, tra la costa sud est martoriata del Mediterraneo ed il suo cuore.  Gli attivisti difendevano con i loro corpi questa connessione e questa promessa di pace.  Ed è esattamente questo, l’amicizia tra i popoli mediterranei, che minaccia l’esistenza di Israele, non Hamas, il terrorismo o un fantomatico “antisemitismo”.  La barbarie che è accaduta in diretta ieri notte davanti ai nostri occhi, l’arrembaggio armato di una nave umanitaria in acque internazionali da parte di un esercito, ne è l’inconfutabile dimostrazione.  La Handala è stata fermata a 40 miglia dalla costa di Gaza in uno specchio d’acqua che non era di giurisdizione israeliana. L’allarme era scattato alle 19.30 orario italiano (20.30) orario locale.  Io e l’analista geopolitico Stefano Orsi avevamo organizzato assieme ad Antonio Mazzeo una diretta dalla nave proprio per quell’ora. Antonio si è collegato avvisandoci che era scattato l’allarme, doveva unirsi al resto degli attivisti e prendere posizione secondo le misure di sicurezza previste.  L’equipaggio era formato da cittadini di USA, Svezia, Norvegia, Francia, Spagna, Australia, Tunisia, UK, oltre l’Italia. Presenti anche due giornalisti di Al Jazeera provenienti da Marocco e Iraq. A bordo c’erano anche una parlamentare e una europarlamentare francesi.  In base a quanto riferito da Mazzeo, due barconi veloci israeliani erano salpati due ore prima per intercettare la nave della Freedom Flotilla e impedirle di raggiungere Gaza, forzando il blocco. In precedenza si erano addestrati assieme al battaglione San Marco.  Il giornalista messinese ha denunciato in diretta la complicità dei governi occidentali nell’arrembaggio compiuto dai soldati israeliani, che sarebbe poi avvenuto tre ore dopo.  “E’ da almeno 24 ore che la comunità internazionale è a conoscenza della decisione delle forze armate israeliane di mandare una truppa d’assalto per andare all’arrembaggio della nave, come i pirati di qualche secolo fa”.  Anziché costringere Israele a rispettare il diritto di navigazione ed il diritto internazionale umanitario, lasciando che Handala portasse a termine la sua missione di soccorso al popolo palestinese, le cancellerie di USA e Ue hanno trattato con le autorità israeliane l’approdo della nave umanitaria ad Ashdot e il rimpatrio del suo equipaggio.  “Ne dovranno rispondere non soltanto Netanyahu ma anche i governi europei e degli Stati Uniti per il crimine contro l’umanità del sequestro della nave, dell’equipaggio e della sua eventuale espulsione”, ha affermato Mazzeo.  Tutto è accaduto molto in fretta. Gli attivisti avevano un buon animo, determinati a portare a termine la loro missione umanitaria. Per sfuggire all’intercettazione hanno cercato l’aiuto delle autorità egiziane, chiedendo il permesso ad entrare in acque territoriali. Permesso negato. La nave ha virato a sud per mantenere una navigazione parallela alla costa egiziana, intenzionata a chiedere soccorso alla guardia costiera egiziana in caso di assalto.  La situazione è precipitata dopo le 21.30 circa, quando sui radar sono apparsi due imbarcazioni israeliane.  Si avvicinavano alla Handala da direzioni opposte, per effettuare l’arrembaggio.  L’attivista dell’ISM Huwaida Arraf, statunitense di origini palestinesi, ha chiesto il mayday alle autorità egiziane. Ripetutamente. Non è arrivata nessuna risposta.  Al largo delle coste libanesi, in base ai tracciati di Itamilradar, navigava un’imbarcazione militare italiana, la fregata Carabiniere della nostra marina militare. Inoltre è stato tracciato il volo di un elicottero  SH-90A NH Industries (matricola MM81577), sempre della nostra marina.  Entrambi impiegati nell’operazione Mare Sicuro al largo di Israele ed Egitto.  A dispetto del nome della loro missione, non sono entrati in operazione per difendere la sicurezza di due cittadini italiani attaccati in acque internazionali.  “Quello che sta accadendo dovrebbe farci riflettere sulla responsabilità dei governi USA ed europei, non solo per armare Israele, ma anche per consentire che il Mar Mediterraneo, il mare nostrum, il mare dei popoli che vi si affacciano, sia ormai proprietà di Israele”, aveva denunciato poco prima Mazzeo in chiusura del nostro collegamento.  Così, Handala è stata lasciata sola.  Quando i barconi veloci israeliani si trovavano a tre miglia, le autorità israeliane hanno avvertito gli attivisti di non forzare il blocco. Arraf ha risposto che Israele non ha alcuna autorità per imporre un blocco marittimo, non ha alcuna autorità per intercettare una nave umanitaria in acque internazionali, non ha alcuna autorità per impedire che degli aiuti umanitari siano consegnati ai bambini di Gaza. Ha risposto che il governo di Israele sta compiendo un crimine contro l’umanità affamando il popolo palestinese.  Dopo pochi minuti, uomini in mimetica, armati di fucili di guerra, arrivati a bordo di due motoscafi militari, hanno assaltato l’imbarcazione umanitaria. Alle 22.43 hanno spento le videocamere di bordo. Quelle sono le ultime immagini degli attivisti che abbiamo al momento. Da allora di Antonio e degli altri 20 compagne e compagni dell’equipaggio non abbiamo alcuna notizia.  Per aiutare Antonio Mazzeo, Tony La Piccerella non ci resta che scrivere al nostro governo affinché si muova per il loro rilascio, come chiede l’organizzazione della Freedom Flotilla. Ma non può bastare.  Israele ha commesso un atto di pirateria non per difendere il proprio diritto all’esistenza. La nave umanitaria, con a bordo pacifisti non violenti, carica di giocattoli e orsacchiotti di peluche, non costituisce alcuna minaccia per Israele ed il suo popolo. Costituisce invece un ostacolo tra il governo israeliano e il suo obiettivo di pulizia etnica contro i palestinesi. Costituisce una minaccia per il blocco illegale che affama e uccide Gaza, per la carestia pianificata che Israele utilizza come arma di guerra contro i bambini palestinesi.  L’assalto alla nave umanitaria Handala ha svelato ancora una volta gli intenti di Netanyahu. Ha spezzato il sogno dei bambini palestinesi e dei bambini italiani che volevano aiutarli. Ha spezzato il diritto internazionale umanitario, il diritto di navigazione. Ha insultato ciò che resta della nostra umanità, ogni anelito di libertà e democrazia che resta alla nostra civiltà euro-mediterranea. La società civile non può restare a guardare, mentre Israele pianifica un genocidio per fame, calpestando i nostri principi e i nostri valori, la nostra umanità.    Clara Statello
Presidi per Handala domani pomeriggio di fronte a tutte le prefetture siciliane
Le associazioni pacifiste, i movimenti antimilitaristi, gruppi e collettivi anticapitalisti siciliani si danno appuntamento domani pomeriggio davanti a tutte le prefetture siciliane in solidarietà con la nave Handala e il suo equipaggio e con tutto il popolo palestinese. Riportiamo qui un comunicato sindacale, il primo ad essere uscito stamane. Le Radici del Sindacato – CGIL Sicilia esprimono piena e convinta solidarietà alla missione umanitaria e di pace della Freedom Flotilla Italia, attualmente in navigazione verso Gaza con la nave Handala. Secondo le informazioni a nostra disposizione, mentre si trovava in acque internazionali diretta verso Gaza City con a bordo attivisti internazionali per la pace, la Handala è stata abbordata e sequestrata dalla marina israeliana. L’intero equipaggio risulta sottoposto a fermo forzato, in violazione del diritto internazionale e del principio fondamentale della libertà di navigazione. Esprimiamo profonda preoccupazione per l’incolumità fisica e psicologica di tutti i passeggeri a bordo, tra cui i nostri compagni Antonio Mazzeo e Antonio La Piccirella, militanti da sempre impegnati per la giustizia, la pace e la libertà dei popoli. A loro va il nostro abbraccio fraterno e la nostra vicinanza più sincera. La nostra solidarietà va anche – e soprattutto – al popolo palestinese, stremato da mesi di bombardamenti, assedio e distruzione sistematica, sottoposto a una campagna militare feroce da parte del governo israeliano, che non esitiamo a definire un crimine contro l’umanità. Condanniamo con forza l’abominio perpetrato a Gaza e in tutta la Palestina, e denunciamo le inerzie, l’ipocrisia e le complicità dei governi occidentali e delle istituzioni internazionali, che restano inerti davanti a questa catastrofe umanitaria annunciata, contribuendo con il loro silenzio alla legittimazione dell’occupazione, della pulizia etnica e della guerra. Noi stiamo dalla parte della resistenza palestinese, dalla parte della dignità dei popoli, contro ogni forma di colonialismo, apartheid e oppressione. Che la Palestina possa tornare libera, sovrana, viva. Le Radici del Sindacato Cgil Sicilia Redazione Sicilia
L’ESERCITO ISRAELIANO ASSALTA HANDALA IN ACQUE INTERNAZIONALI: EQUIPAGGIO RAPITO, NAVE SEQUESTRATA. ATTIVISTE E ATTIVISTI IN SCIOPERO DELLA FAME
Poco prima della mezzanotte (orario palestinese) di sabato 26 luglio 2025, l’Idf ha assaltato la nave Handala di Freedom Flotilla Coalition. I militari israeliani hanno sequestrato l’imbarcazione e rapito i membri dell’equipaggio, che nel frattempo sono entrati in sciopero della fame “contro l’assedio israeliano alla Striscia di Gaza”. Tra gli attivisti e le attiviste rapiti illegalmente da Israele in acque internazionali ci sono anche due cittadini italiani: Antonio Mazzeo e Antonio La Piccirella. Al momento dell’arrembaggio militare israeliano, la Handala si trovava a sole 40 miglia nautiche dalla costa di Gaza. L’8 giugno scorso, la nave Madleen di Freedom Flotilla era stata assaltata dall’Idf a oltre 100 miglia nautiche dalle coste palestinesi. Questa volta, l’imbarcazione diretta verso la Striscia con il suo carico di aiuti umanitari per la popolazione civile è stata sorvolata a lungo da droni militari israeliani; poi, è stata circondata da imbarcazioni della marina israeliana che prima l’hanno dirottata verso le coste egiziane e, infine, l’hanno abbordata con i mezzi dai quali i soldati di Tel Aviv sono saliti a bordo. I militari israeliani hanno interrotto le comunicazioni della Handala con il resto del mondo. Un video delle telecamere di bordo, che diffondevano in diretta quanto avveniva sull’imbarcazione, mostra un soldato mentre la distrugge. Com’era accaduto nel caso della Madleen poco più di un mese prima, anche l’equipaggio della nave Handala è stato sequestrato, preso in ostaggio dalle autorità israeliane. Stessa sorte per quanto riguarda la barca. Attiviste e attivisti, che prima di essere intercettati avevano diffuso dei video messaggi personali, sono entrati in sciopero della fame per richiamare ancora una volta l’attenzione non su se stessi, ma sul genocidio in corso a Gaza, sui crimini di guerra, sulla fame indotta e imposta, sull’assedio con blocco degli aiuti umanitari, sulla condizione disumana cui Israele costringe due milioni di persone nella Striscia nella totale impunità. L’obiettivo della missione della Handala era quello di raggiungere Gaza, rompere l’assedio israeliano e portare aiuti umanitari alla popolazione palestinese. L’aggiornamento sulle frequenze di Radio Onda d’Urto con Simone Zambrin, di Freedom Flotilla Italia. Ascolta o scarica.
Gallipoli, sostegno e solidarietà alla nave Handala in partenza per Gaza
Nei primi due giorni di permanenza dell’imbarcazione della Freedom Flotilla nel porto di Gallipoli, in tante e tanti avete dimostrato sostegno e calore incondizionato ad Handala, al suo equipaggio e al popolo palestinese tutto. Una solidarietà diffusa da parte dei salentini e di chi, da ogni dove, ci ha raggiunti per aiutare nella riuscita delle iniziative, per manifestare la propria vicinanza ai volontari che si stanno imbarcando per raggiungere Gaza, o per contribuire economicamente nella raccolta delle somme che verranno devolute all’ospedale Al Awda di Gaza e alla Freedom Flotilla. Dal pomeriggio del 15 luglio abbiamo percepito il legame profondo che ci unisce come popoli. Perché le lotte alle disuguaglianze, alle ingiustizie, alle discriminazioni ristabiliscono le fondamenta di una società sana, sono gli anticorpi della pace. Ieri Don Salvatore Leopizzi per Pax Christi e l’imam di Lecce Saifeddine Maaraoufi hanno lanciato chiari messaggi di pieno supporto alla popolazione palestinese, per il rispetto della vita, contro la violenza e la corsa al riarmo. Mettendo al centro dei loro interventi l’umanità sepolta sotto le macerie e lo scandaloso silenzio di un mondo che non reagisce dinanzi a decine di migliaia di bambini palestinesi cancellati dalle bombe israeliane e dalle complicità dei governi occidentali, insieme hanno poi benedetto la nave e il suo viaggio. Sono passati a trovarci anche “i fanfarròni” che con la loro ”musica randagia” hanno omaggiato i presenti, in costante interazione con il pubblico che inneggiava alla libertà della Palestina. Oggi dalle 17:30 Critical Mass Lecce ha organizzato una pedalata per la Palestina con partenza da Fontana greca. Nel porto invece, dalla stessa ora proseguiamo con gli interventi dei movimenti pugliesi e alle 19:30 l’incontro con il giornalista antimilitarista Antonio Mazzeo e con il responsabile logistica di Freedom Flotilla Shokri al Hroub. Non mancheranno gli intrattenimenti musicali donati dal cuore degli artisti della nostra terra. Saranno con noi Cristian Palano dei Briganti di Terra d’Otranto e Stella Grande e Anime Bianche e poi ronde e ballerini di pizzica. Salento per la Palestina Redazione Italia