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I prigionieri palestinesi affrontano un peggioramento degli abusi, della fame e della negligenza medica nelle carceri israeliane
Gaza – PIC. La Società dei Prigionieri Palestinesi (PPS) ha avvertito lunedì dell’escalation di crimini sistematici contro i detenuti palestinesi, tra cui politiche di fame, repressione violenta, negligenza medica e rapida diffusione di malattie all’interno delle prigioni israeliane. In un rapporto basato su visite effettuate nella seconda metà di agosto in diverse carceri, tra cui Gilboa, Negev, Megiddo, Ramla e Ofer, il gruppo ha denunciato che i prigionieri continuano a subire una deliberata politica di fame. I pasti quotidiani sono limitati a piccole porzioni di pane, verdure, riso, fagioli e minuscoli pezzi di carne lavorata, causando gravi complicazioni sanitarie tra i detenuti. Nella prigione di Gilboa, l’amministrazione continua a condurre incursioni e perquisizioni settimanali con l’uso di cani d’attacco, armi e dispositivi elettrici stordenti, spesso accompagnati da aggressioni fisiche e verbali. Nella prigione di Ofer, è stato segnalato un diffuso focolaio di scabbia tra i detenuti, inclusi minori. I prigionieri non ricevono cure, e gli infetti vengono collocati insieme ai sani, alimentando così la diffusione della malattia. Molti soffrono di prurito estremo che porta a sanguinamenti. Nella prigione di Megiddo, sono state fornite cure limitate, ma le condizioni continuano a peggiorare, in particolare per i detenuti con malattie croniche come cancro, ipertensione e patologie cardiache, che non ricevono un’adeguata assistenza. Nella prigione del Negev, persistono incursioni settimanali con l’impiego di cani d’attacco e proiettili di gomma. I prigionieri temono un nuovo focolaio di scabbia simile a quello che ha portato alla morte diversi detenuti mesi fa. Le preoccupazioni aumentano a causa della continua privazione di igiene, ventilazione, vestiti e cure mediche. Nella clinica carceraria di Ramla, dove sono detenuti 22 prigionieri con malattie croniche e gravi ferite, la settimana scorsa l’amministrazione ha condotto una violenta repressione, spruzzando gas lacrimogeni contro i malati, causando svenimenti e casi di soffocamento. Secondo la PPS, il numero totale di prigionieri e detenuti nelle carceri israeliane ha raggiunto i circa 10.800 all’inizio di agosto, la cifra più alta dal 2000. Tra questi ci sono 49 donne, oltre 450 bambini, 3.613 detenuti in regime di detenzione amministrativa senza accuse, e 2.378 classificati da Israele come “combattenti illegali”. Il gruppo ha rinnovato il suo appello alle organizzazioni internazionali per i diritti umani affinché si assumano le loro responsabilità e adottino misure concrete per perseguire i leader israeliani per crimini di guerra contro i prigionieri e il popolo palestinese. Ha inoltre esortato all’imposizione di sanzioni per porre fine alla cultura di impunità di Israele e fermare l’aggravarsi degli abusi all’interno delle carceri. Traduzione per InfoPal di F.F.
Abuso dei social e socializzazione degli abusi
Fatti Il 21 agosto scorso una ragazza di 23 anni denuncia di aver subito un commento sessista da un operatore, mentre la stessa si preparava per una TAC. È in corso un’indagine interna da parte del Policlinico Umberto I di Roma, per far luce su quanto accaduto. Modi La suddetta […] L'articolo Abuso dei social e socializzazione degli abusi su Contropiano.
Dopo soli sette giorni di detenzione: muore il detenuto Samir Al-Rifai di Jenin
Jenin. La Commissione per gli Affari dei detenuti ed ex detenuti e la Società dei Prigionieri palestinesi hanno annunciato la morte di Samir Muhammad Al-Rifai, 53 anni, originario della cittadina di Rummanah, nel governatorato di Jenin, mentre si trovava in custodia israeliana. In una dichiarazione congiunta diffusa giovedì, le due organizzazioni hanno riferito che Al-Rifai, sposato e padre di cinque figli, era stato arrestato dalle forze di occupazione israeliane nella sua abitazione il 10 luglio. Era atteso per la sua prima udienza presso il tribunale militare di Salem, ieri. Hanno inoltre sottolineato che, secondo i referti medici forniti dalla famiglia, Al-Rifai soffriva già di problemi cardiaci prima dell’arresto e necessitava urgentemente di cure mediche continuative. Con il suo decesso, il numero complessivo di prigionieri palestinesi morti dall’inizio dell’attuale guerra di genocidio condotta da Israele — iniziata quasi due anni fa — è salito a 74, mentre molti altri risultano ancora vittime di sparizioni forzate, rendendo questo periodo uno dei più cruenti nella storia del movimento palestinese dei prigionieri. Dal 1967, il numero totale di prigionieri martiri documentati ha raggiunto 311. Il comunicato ha evidenziato che l’aumento dei decessi tra i detenuti è divenuto una conseguenza inevitabile, e sta assumendo proporzioni sempre più gravi, poiché migliaia di prigionieri sono ancora rinchiusi nelle carceri israeliane, sottoposti a sistematici abusi, tra cui torture, fame, violenze di ogni tipo, crimini medici, violenza sessuale, e l’imposizione deliberata di condizioni che provocano gravi malattie infettive, in particolare la scabbia. A ciò si aggiungono politiche di privazione senza precedenti. Le due organizzazioni hanno affermato che la morte di Samir Al-Rifai rappresenta un ulteriore crimine che si aggiunge al lungo elenco di atrocità commesse da Israele, che continua a perseguitare e uccidere i prigionieri con ogni mezzo, come parte integrante del genocidio in corso. Hanno ritenuto Israele pienamente responsabile della sua morte e hanno rinnovato l’appello alla comunità internazionale e alle organizzazioni per i diritti umani affinché adottino misure concrete per perseguire i responsabili israeliani per i crimini di guerra commessi contro il popolo palestinese. Hanno infine richiesto sanzioni internazionali per isolare Israele sul piano diplomatico e ristabilire il ruolo originario del sistema internazionale per i diritti umani, oggi paralizzato da questa guerra genocida. Hanno anche sollecitato la fine dell’impunità eccezionale che consente a Israele di agire al di sopra della legge, sfuggendo a ogni forma di responsabilità, giustizia e punizione. Traduzione per InfoPal di F.L.
10.800 palestinesi nelle carceri israeliane: il numero più alto dalla Seconda Intifada
InfoPal. Il numero di prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane è salito a 10.800, il più alto dalla Seconda Intifada, con un forte aumento delle detenzioni amministrative di donne, bambini e detenuti provenienti da Gaza. Le organizzazioni palestinesi di supporto ai prigionieri hanno riferito martedì che il numero di palestinesi detenuti nelle carceri dell’occupazione israeliane è salito a circa 10.800 all’inizio di luglio, segnando il più alto dalla Seconda Intifada, nel 2000. Questo totale non include i detenuti nei campi militari di occupazione, il cui status rimane in gran parte sconosciuto. In una dichiarazione congiunta, le organizzazioni hanno osservato che il numero di detenuti amministrativi è salito a 3.629, la percentuale più alta rispetto ai prigionieri condannati e a quelli etichettati come “combattenti illegali”. Questo sistema consente alle autorità di occupazione di detenere individui senza accusa né processo, una pratica ampiamente condannata dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani. Nel frattempo, il numero di prigionieri classificati come “combattenti illegali” ha raggiunto quota 2.454, esclusi i numerosi cittadini di Gaza detenuti nei campi militari. Secondo la dichiarazione, questa cifra è la più alta registrata dall’inizio della guerra genocida in corso condotta dall’occupazione contro Gaza. Il rapporto ha aggiunto che la classificazione di “combattenti illegali” include anche detenuti arabi provenienti da Libano e Siria, riflettendo ulteriormente la più ampia portata regionale delle politiche di detenzione di “Israele”. Ad oggi, 50 donne palestinesi sono detenute nelle carceri israeliane, tra cui due di Gaza, mentre il numero di minorenni palestinesi ha superato i 450. Le organizzazioni per i diritti umani hanno ripetutamente espresso preoccupazione per le condizioni e il trattamento di questi gruppi vulnerabili sotto custodia dell’occupazione. Secondo una dichiarazione dell’Ufficio Stampa dei Prigionieri palestinesi, le prigioniere palestinesi stanno sopportando condizioni sempre più dure nel carcere di Damon, sotto l’occupazione israeliana, il che mette in guardia da una grave e senza precedenti escalation da parte dell’amministrazione penitenziaria. Secondo quanto riferito, le autorità carcerarie israeliane hanno ridotto il tempo di ricreazione giornaliero a soli 15 minuti, che ora è dedicato esclusivamente all’uso dei servizi igienici. Per il resto del tempo, la sezione rimane chiusa per ore con il pretesto delle “procedure di sicurezza”. Parallelamente, le razioni alimentari sono state significativamente ridotte, peggiorando ulteriormente le condizioni umanitarie. Il rapporto ha anche descritto la brutale repressione attuata all’inizio dell’aggressione dell’occupazione israeliana contro l’Iran, durante la quale cinque detenuti palestinesi, Islam Shouli, Tasneem Odeh, Lin Misk, Samah Hijjawi e Fatima Jasrawi, sono stati aggrediti violentemente, sottoposti a isolamento, a sputi, insultati e persino minacciati di stupro. Le istituzioni palestinesi continuano a chiedere conto alla comunità internazionale, mentre il numero dei prigionieri aumenta a livelli mai visti da oltre due decenni, in una crescente campagna di arresti, incursioni e detenzioni arbitrarie. (Fonti: Al-Mayadeen, Quds News, PIC).