Livio Galla / L’industria e i suoi innovatori: la storia della Lanerossi di Schio
Con la modalità tutta italiana di disprezzarsi e ritenersi sempre peggio degli
altri, quasi compiacendosi dei propri limiti e difetti, l’Italia ci è sempre
apparsa, nel racconto che ci arriva dai romanzi oltre che dal mondo circostante,
come il paese dell’industrializzazione mancata. O di un’industrializzazione
tardiva e monca e guidata dall’esterno, da altri paesi e altri capitali. Che da
un certo punto di vista è anche vero, per carità. Ma che sembra dimenticare il
valore, il contributo e anche l’originalità per cui si sono distinte tante
industrie medio-piccole, di cui molte sono ancora oggi esistenti. Alcune hanno
anche conservato il nome del fondatore, come la Lanerossi, di cui Livio Galla
racconta la storia nel bel romanzo Il canto dei telai. Un racconto che rientra
nella recente fioritura di romanzi storici che, partendo dalla famiglia dei
fondatori, ricostruiscono un progetto, un’idea di sviluppo, un’azienda e il
mondo che le ruota attorno. Si tratta in genere di imprese familiari, in cui si
tramanda non solo la proprietà ma anche uno stile di business e di management,
si direbbe oggi. L’insieme di questi romanzi riesce, quasi involontariamente, a
dare conto finalmente di un’industrializzazione originale, peculiare, forse
ancora da studiare dal punto di vista economico.
Il canto dei telai è la storia del lanificio Lanerossi di Schio. Ed è anche la
storia del figlio del fondatore, Alessandro Rossi, vera anima dell’azienda,
imprenditore lungimirante, innovatore nella tecnica ma soprattutto nel rapporto
con gli operai e con la comunità di Schio, il paese vicino a Vicenza dove
tuttora si trova l’azienda. Il lascito di Lanerossi, oltre ai prodotti di grande
cura e qualità, è duraturo, attento e curato, e non assomiglia per niente al
lascito dei giganti come l’Italsider, durata lo spazio di un mattino ma il cui
inquinamento resterà per sempre.
Il canto dei telai è ambientato nella metà dell’Ottocento, il Lombardo Veneto è
ancora sotto gli Asburgo e sopporta sempre meno la dominazione austriaca, e uno
dei protagonisti, Lorenzo Sella, è in tribunale, accusato di omicidio. È un
giovane operaio della Lanerossi, bravo ma impulsivo, paladino della giustizia e
della libertà, e il gesto che ha compiuto era senza dubbio involontario. Ma la
condanna alla forca non lo risparmierebbe, se non intervenisse Alessandro Rossi,
il figlio del padrone della fabbrica, che tra lo scandalo generale del paese e
degli imprenditori locali, prende le difese di Lorenzo, sottolineando la durezza
della condizione operaia e la necessità di cambiarla. Da qui si diparte il
percorso del giovane Rossi, mandato in punizione dal padre in una sorta di “gran
tour” alla rovescia, cioè a visitare clienti e concorrenti nelle fabbriche
tessili del nord Europa, da cui mutuerà non solo innovazioni tecniche ma anche
rapporti diversi, più adulti e complessi, tra padroni e operai.
Nel frattempo, in Italia i moti indipendentisti si fanno sempre più forti e
decisi, e anche Rossi farà la sua parte, barcamenandosi tra la tutela
dell’azienda e dei posti di lavoro e la lealtà ai combattenti per l’unità
d’Italia. Intorno all’azienda e ad Alessandro Rossi, un mondo di contadini
diventati operai, di giovani donne in cerca di indipendenza, di intellettuali
che dibattono e si battono per un’Italia finalmente unita e libera. Le
innovazioni proposte da Alessandro Rossi non riguardano solo le macchine e la
fabbrica, ma anche il benessere degli operai, la loro alfabetizzazione, il
renderli partecipi delle scelte produttive. È una visione molto interessante, di
cui a Schio restano molte tracce: il giardino intitolato all’inventore dei telai
meccanici, Joseph-Marie Jacquard; il grande edificio ora abbandonato, chiamato
“fabbrica alta”, la prima fabbrica in Italia ad essere costruita in altezza, per
sfruttare il fatto che il vapore sale verso l’alto e può essere usato per il
riscaldamento, dotata di grandi finestre e bagni per tutti gli operai; il
teatro, sempre intitolato a Jacquard; il quartiere di casette colorate, ognuna
con il suo orto perché i contadini diventati operai potessero continuare a
vivere a contatto con la terra.
Il romanzo è stato presentato a Schio, e prima della presentazione noi blogger e
giornalisti abbiamo potuto ammirare i giardini, guardare da fuori la bellezza
architettonica della fabbrica alta, e poi sentire dalla viva voce di Livio
Galla, che è di Schio, come è nata l’idea di raccontare questa storia, e come
Lanerossi sia tutt’oggi parte integrante del paese e della sua comunità. E se è
bellissimo costruire con la propria immaginazione il mondo che emerge dalle
pagine di un libro, è altrettanto bellissimo vedere di persona la ricchezza
della storia industriale del nostro paese.
L'articolo Livio Galla / L’industria e i suoi innovatori: la storia della
Lanerossi di Schio proviene da Pulp Magazine.