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VENERDÌ 21 NOVEMBRE: ANALISI CRITICA DEI FATTI ECONOMICI DELLA SETTIMANA CON ANDREA FUMAGALLI
Consueto appuntamento del venerdì con l’analisi critica dei fatti economici della settimana con l’economista e nostro collaboratore Andrea Fumagalli. Venerdì 21 novembre 2025 abbiamo parlato delle previsoni di crescita economica dei paesi europei, delle pressioni dei grandi produttori di energia fossile alla Cop 30, del futuro dell’ex Ilva e infine della somministrazione a tempo determinato. Secondo le previsioni della Commissione europea, il PIL reale dell’UE dovrebbe crescere dell’1,4% nel 2025 e nel 2026 per poi salire all’1,5% nel 2027. L’inflazione è attesa in discesa graduale fino a raggiungere l’obiettivo del 2% nel 2027. Nel quadro delle previsioni per i singoli Stati membri, l’Italia si conferma, però, tra le economie a crescita più debole dell’Unione. La Commissione segnala che Roma rimarrà in fondo alla classifica anche nel medio periodo: il Pil italiano è atteso allo 0,8% nel 2026 e allo 0,9% nel 2027, unico Paese dell’Unione a restare sotto la soglia dell’1%. Una trentina di paesi ha scritto ieri (giovedì 20 novembre) alla presidenza brasiliana della Cop 30, per chiederle di rivedere la bozza e di includere una tabella di marcia per l’uscita dalle energie fossili. Un’inedita coalizione di stati europei, latinoamericani e piccoli paesi vulnerabili, è convinta che senza una traccia chiara sul fossile la Cop amazzonica si trasformi in un vertice di buone intenzioni e poco più. Sul fronte opposto si muove un blocco eterogeneo ma compatto di grandi esportatori e consumatori di combustibili fossili. Tra questi spiccano Arabia Saudita e Russia, accanto a loro, secondo varie testimonianze diplomatiche, si collocano paesi come India e Cina. Fabbriche occupate, strade bloccate e operai con bandiere e cori agguerriti nelle città per oltre 24 ore.  La protesta dei lavoratori ex Ilva ha costretto il governo a correre ai ripari. Così ieri sera ha pubblicato un nuovo decreto, uno dei tanti che hanno percorso la storia travagliata dell’acciaieria d’Italia. “Misure urgenti per assicurare la prosecuzione delle attività produttive” (titolo del decreto) mette in campo 108 milioni per finanziare il proseguimento delle attività fino a febbraio 2026, data in cui è attesa la conclusione della procedura di gara per l’individuazione dell’aggiudicatario. Per i lavoratori arrivano 20 milioni aggiuntivi per il biennio 2025-2026 di cassa integrazione. La Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di somministrazione di lavoro a tempo determinato, chiarendo come la reiterazione di missioni a termine dello stesso lavoratore presso il medesimo utilizzatore e per lo svolgimento di uguali mansioni sia soggetta al limite temporale complessivo di 24 mesi. Il superamento di questo termine legittima il lavoratore a chiedere la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Su Radio Onda d’Urto la conversazione con Andrea Fumagalli, docente di economia politica all’Università di Pavia. Ascolta o scarica  
VENERDì 14 NOVEMBRE: ANALISI CRITICA DEI FATTI ECONOMICI DELLA SETTIMANA CON ANDREA FUMAGALLI
Appuntamento del venerdì con il nostro collaboratore e economista Andrea Fumagalli e la sua rubrica di analisi critica dei fatti economici della settimana. Venerdì 14 novembre 2025 abbiamo parlato della fine dello shutdown negli USA, della direttiva europea sul salario minimo, della manovra economica tutt’ora in discussione e in chiusura, della ex Ilva di Taranto. USA – Lo shutdown più lungo della storia americana finisce. Dopo 43 giorni di chiusura, Donald Trump ha firmato il provvedimento approvato dal Congresso per mettere fine shutdown. Il consiglio dei consulenti economici della Casa Bianca stima che lo shutdown, durato sei settimane, sia costato circa 15 miliardi di dollari a settimana, quindi in totale 90 miliardi di dollari. UE – La Corte di giustizia dell’Unione europea ha confermato la validità della maggior parte della direttiva sul salario minimo. La pronuncia arriva in seguito al ricorso della Danimarca, che aveva chiesto l’annullamento integrale della direttiva. La Corte di giustizia respinge in gran parte il ricorso della Danimarca: resta valida la direttiva, esclusi solo due articoli per ingerenza diretta sulle retribuzioni. MANOVRA – Continua la caccia alle coperture per la manovra per il 2026. I leader del centrodestra sembra abbiano messo in agenda un nuovo vertice a metà della prossima settimana. Intanto circola l’ipotesi di una tassa sull’oro un’aliquota agevolata al 12,5% per la rivalutazione di monete, lingotti e placchette. E continua la polemica sul taglio dell’Irpef previsto dalla manovra che secondo l’Istat avvantaggia “la fascia più ricca” di contribuenti. La misura principale della che prevede un taglio della seconda aliquota Irpef dal 35% al 33% per i redditi fino a 50mila euro ILVA  – Nuovo incontro tra governo, sindacati e rappresentanti dell’ex ILVA di Taranto. L’incontro aveva lo scopo di discutere il piano per la vendita dell’acciaieria: attualmente il Governo la gestisce in amministrazione straordinaria e sta provando a venderla tra molte difficoltà. I sindacati hanno rifiutato il piano in discussione perché prevede, tra le altre cose, l’aumento delle persone in cassa integrazione. Un progetto di chiusura della fabbrica di Taranto. Questo è, per i sindacati, il piano presentato dal governo per l’ex Ilva. Su Radio Onda d’Urto Andrea Fumagalli, docente di economia politica all’università di Pavia. Ascolta o scarica
Manovra siciliana, copia in carta carbone della meloniana legge di bilancio
Prendiamo spunto dall’analisi sulla legge di bilancio 2026/2028 dei due economisti Roberto Romano e Andrea Fumagalli, di cui è stato pubblicato in versione ridotta l’articolo su Pressenza, per allargare l’orizzonte su come i movimenti di massa che hanno agitato le piazze delle scorse settimane in difesa del popolo palestinese, ora si stiano saldando sul tema della lotta alle politiche neoliberiste che stanno mettendo in seria discussione la tenuta democratica dei paesi occidentali, a partire dallo smantellamento del sistema di tutele pubbliche in favore di una politica di riarmo che toglie risorse ai servizi essenziali per i cittadini. Partendo proprio dall’analisi di Romano e Fumagalli sulla manovra, possiamo dire con loro che a tornare sono solo i conti, ma non è presente nell’azione del governo italiano una strategia di crescita per il Paese; la stabilità continua ad essere il dogma inviolabile al quale sacrificare sviluppo e giustizia sociale. La politica sceglie di non decidere facendo prevalere la tecnica dei freddi e asettici regimi contabili di un’Unione Europea che non riesce a venir fuori dalle contraddizioni che essa stessa ha creato. Non si può che condividere l’impietosa conclusione della loro analisi: le società di rating brindano e i mercati speculativi e i poteri forti gioiscono! Ci sono due dati che testimoniano in maniera incontrovertibile la tendenza a spostare più che negli anni passati il baricentro dell’economia verso politiche fintamente difensive giustificate dalla perenne lotta del mondo libero contro gli imperi del male:  da un lato, il piano di riarmo che, per portare la spesa militare al 5% in dieci anni, farà salire le poste in bilancio da 45 miliardi  nel 2025 a 146 miliardi nel 2035, con una spesa complessiva di quasi mille miliardi; dall’altro, un’inflazione da guerra pari al 18,6% cumulato fra il 2021 ed il 2024, ancora non recuperata, ed un drenaggio fiscale nel triennio 2022/2024 che ha portato 25 miliardi in più nelle casse dello Stato per IRPEF versata che non sono stati né restituiti ai lavoratori né reinvestiti in settori come la sanità, l’istruzione ed i servizi. L’evasione fiscale e contributiva sfiora i 100 miliardi l’anno ed  il 50% della ricchezza nazionale è saldamente tenuta in mano dal 5% più ricco della popolazione, ma non un solo intervento in campo economico viene assunto per superare questo trend e far ripartire l’economia, anzi: la produzione industriale è in calo da più di tre anni, non si creano nuovi posti di lavoro per i giovani che alla media di 100.000 all’anno emigrano verso altri paesi e più di sei milioni di lavoratori vivono di precarietà, lavoro nero, sommerso e di paghe al limite della soglia di povertà. In Sicilia, dove secondo i dati Istat ci sono 600.000 persone in condizione di povertà assoluta, il governo regionale riprogramma la spesa dei fondi strutturali europei per finanziare la spesa per infrastrutture militari: oltre 250 milioni di euro per “Sviluppare infrastrutture di difesa resilienti, dando priorità a quelle di natura duale, anche al fine di promuovere la mobilita militare nell’Unione, nonché rafforzare la preparazione civile“, mentre le infrastrutture civili cadono a pezzi, la sanità  subisce tagli a più non posso e la pubblica amministrazione avrebbe bisogno di maggiori investimenti in termini occupazionali per il ricambio generazionale.  Cgil, Arci, Anpi, Legambiente, Libera e Uisp hanno chiesto di revocare gli atti di programmazione e di indirizzare le risorse verso politiche di welfare, ma è difficile immaginare che il governo presieduto da Renato Schifani possa discostarsi dalla linea del governo Meloni: per questo la piazza è tornata a gridare lo slogan già scandito durante lo sciopero del 3 ottobre:  diciamo no a una Sicilia piattaforma militare. La manifestazione svoltasi a Roma il 25 ottobre, indetta dalla Cgil sui temi della pace, del lavoro e della democrazia e contro l’austerità ed il riarmo che determina l’affermarsi di un’economia di guerra, evidenzia un dato politico importante: le mobilitazioni messe in campo negli ultimi mesi a sostegno del popolo palestinese e dell’iniziativa della Global Sumud Flotilla, hanno dato l’avvio a un processo sociale che si è messo in movimento, e difficilmente si fermerà, contro le politiche neoliberiste e reazionarie di gran parte dei governi occidentali e che, in Italia, di fronte all’incapacità delle forze politiche di sinistra di dare adeguata rappresentanza ad ampi strati della popolazione, vede come maggior punto di riferimento proprio i sindacati come la Cgil e le altre oo.ss. di Base che, insieme a movimenti ed associazioni, costituiscono di fatto la vera opposizione sociale a questo governo.  C’è materia su cui discutere e proseguire la mobilitazione: Landini non esclude lo sciopero sulla manovra, ma in gioco c’è anche il futuro della democrazia in questo Paese e nel mondo occidentale. Enzo Abbinanti
Legge di Bilancio 2026-2028 | La manovra della stabilità: quando il rigore diventa la sola politica – di Roberto Romano e Andrea Fumagalli
Con l’approvazione della Legge di Bilancio 2026-2028, il governo italiano ha scelto di non scegliere, adeguandosi ai dettami e ai vincoli imposti dal nuovo Patto di Stabilità e Crescita europeo. Si conferma così la linea di questo governo impavido: una linea fondata su grandi proclami ideologici (tutto va bene!) e promesse di riforme strutturali [...]
Il neocolonialismo della pace – di Andrea Fumagalli
La firma dell'accordo di pace tra Israele e Hamas ha giustamente suscitato molte speranze perché si possa arrivare a un definitivo "cessate il fuoco". Tuttavia, dietro questo accordo si nascondano nuove forme di colonialismo e di depredazione/saccheggio a danno dei palestinesi e dei territori occupati. La guerra delle armi e delle macerie lascia così [...]
ANALISI CRITICA DEI FATTI ECONOMICI CON ANDREA FUMAGALLI: IL “BIG BEAUTIFUL BILL” DI TRUMP, IL SUMMIT 2025 DEI BRICS, I DATI INAIL SUGLI INCIDENTI SUL LAVORO E L’INFLAZIONE
L’analisi critica dei fatti economici della settimana di venerdì 4 luglio 2025, come sempre insieme all’economista e collaboratore di Radio Onda d’Urto, Andrea Fumagalli. In questa puntata parliamo dell’approvazione, negli Usa, del “Big Beautiful Bill” voluto da Trump, dell’apertura del summit dei Brics in Brasile, dell’aumento dei prezzi del “carrello della spesa” e,  in chiusura, dei dati Inail riguardo gli infortuni sul lavoro. La Camera dei Rappresentanti Usa ha dato il via libera definitivo alla legge di bilancio fortemente voluta dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che l’ha chiamata “Big Beautiful Bill”. Si tratta di una manovra economica ultraliberista che prevede, tra l’altro, l’aumento della spesa militare, il finanziamento di una campagna di deportazione di massa dei migranti e lo stanziamento di 4.500 miliardi di dollari per estendere le agevolazioni fiscali alle imprese. In cambio aumenterà il deficit di altri 3.400 miliardi di dollari in dieci anni. Dal 5 all’8 luglio 2025 si terrà in Brasile il diciassettesimo Summit dei BRICS. Gli stati fondatori – Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – puntano a rafforzare la cooperazione con i sei nuovi membri: Egitto, Etiopia, Iran, Emirati Arabi Uniti, Indonesia e Arabia Saudita. Il blocco di stati che compongono i Brics rappresenta quasi il 50% della popolazione mondiale e genera circa il 40% del PIL globale. Un recente rapporto del Fondo Monetario Internazionale prevede che le economie Brics cresceranno del 3,4% nel 2025, superando la media globale del 2,8%. Gli undici paesi della coalizione rappresentano insieme il 24% del commercio globale. La composizione del summit riflette una nuova mappa del potere globale, in cui la rivalità tra Stati Uniti e Cina si estende sempre più coinvolgendo anche l’America Latina. Il significativo aumento dei prezzi che si registrò tra il 2021 e il 2023 – fino a oltre il 10% di inflazione – oggi è molto meno intenso. Nonostante questo il costo della vita sta continuando a salire.  Continuano a registrarsi rincari significativi e oltre la media per quanto riguarda il cibo e tutti i prodotti da supermercato, quelli raccolti nell’indice che l’Istat definisce il “carrello della spesa”, aumentato del 3,1%. Inail ha pubblicato i dati su infortuni e morti sul lavoro in Italia nel 2024. Lo scorso anno gli infortuni denunciati sono stati 593mila con una crescita dello 0,4% sul 2023 legata in particolare alla crescita delle denunce da parte di studenti in alternanza scuola-lavoro (il Pcto), che sono salite a 78mila. I casi mortali sono stati 1.202, uno in più rispetto al 2023. Per i lavoratori si registrano quattro decessi in meno, ma i 13 casi mortali rilevati tra gli studenti sono cinque in più rispetto agli otto dell’anno precedente. Le denunce di malattie professionali hanno toccato quota 88mila, il dato più elevato dal triennio 1976-1978, in crescita del 21,8% rispetto al 2023. L’analisi critica dei fatti economici della settimana con l’economista e collaboratore di Radio Onda d’Urto Andrea Fumagalli. Ascolta o scarica