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Regno Unito, 2.000 persone arrestate per aver denunciato la complicità del governo nel genocidio a Gaza
Migliaia di persone chiedono la revoca della messa al bando di Palestine Action in una campagna che si sta sviluppando in tutto il Paese. Circa 2.000 attivisti di Palestine Action sono stati arrestati nel Regno Unito per aver protestato in modo silenzioso e pacifico contro la legge che ha dichiarato terrorista questa organizzazione, che accusa il governo di complicità nel genocidio a Gaza. La mattina del 20 novembre abbiamo assistito davanti al Ministero della Giustizia all’arresto di diverse persone che manifestavano con cartelli di cartone la loro opposizione al genocidio, rivendicando il diritto di resistere, protestare e difendere la libertà di espressione e la democrazia. Questa azione fa parte della campagna “Lift the ban” (Cancellate la messa al bando) che si sta svolgendo dal 18 al 29 novembre in decine di città e località in tutto il Regno Unito, sfidando il divieto del governo britannico e avvertendo che “migliaia di persone comuni in tutto il Paese rischiano di essere arrestate e di affrontare possibili accuse di terrorismo per aver difeso la democrazia e la libertà di espressione e per essersi rifiutate di essere complici del genocidio”. Il governo giustifica gli arresti con l’applicazione di una “legge antiterrorismo” del 2000, che ha suscitato non solo le proteste degli attivisti, ma anche l’ammonimento dell’ONU, che ritiene vi sia una chiara confusione tra “terrorismo” e “libertà di espressione”. Traduzione dallo spagnolo di Anna Polo Juana Pérez Montero
Militarizzazione e arroganza coloniale: il Regno Unito sfida nuovamente la pace nelle Falkland
> Alla fine di ottobre 2025, il Regno Unito ha condotto l’operazione Ex Cape > Sword, una nuova esercitazione militare nelle Isole Falkland (Isole Malvine in > spagnolo, Ndt.) che ha incluso prove con munizioni vere, simulazioni di difesa > aerea e dispiegamento di truppe in zone vicine a Puerto Argentino (in inglese > Stanley, capoluogo e unica città delle Isole, Ndt.). Con il pretesto dell’addestramento, Londra consolida una presenza militare permanente che sfida le risoluzioni delle Nazioni Unite, le quali esortano le parti a evitare atti unilaterali che alterino la situazione nell’Atlantico meridionale o approfondiscano le ferite aperte durante la guerra delle Malvinas nel 1982. Lungi dall’essere semplici manovre di routine, queste operazioni riflettono una strategia di potere coloniale che cerca di riaffermare il controllo britannico su un territorio che continua ad essere oggetto di dispute di sovranità tra il Regno Unito e la Repubblica Argentina. Durante le esercitazioni è stato nuovamente testato il sistema antiaereo Sky Sabre, una delle armi più moderne dell’arsenale militare britannico, in grado di intercettare più obiettivi contemporaneamente. L’uso di questo sistema nel territorio occupato non è casuale: le isole fungono da piattaforma strategica di proiezione militare nell’Atlantico meridionale, un punto chiave nella sorveglianza delle rotte marittime e nella presenza della NATO nell’emisfero sud. A questo quadro si aggiunge il costante e storico sostegno degli Stati Uniti a Londra, sia nella guerra del 1982 che nell’attuale architettura di sicurezza atlantica. Tale sostegno – logistico, politico e tecnologico – viene mantenuto in un contesto in cui Washington, la NATO e il Regno Unito cercano di riaffermare la loro influenza militare di fronte a un continente che tenta di costruire un’autonomia regionale. In questo contesto, desta preoccupazione anche l’avvicinamento politico e militare tra Cile e Regno Unito, che si è manifestato in accordi di cooperazione e recenti visite ufficiali. Tale alleanza non solo mette a disagio l’Argentina, ma solleva interrogativi sul ruolo del Cile in uno scenario in cui il militarismo britannico si normalizza e la sovranità latinoamericana viene relativizzata. A questo si aggiunga che il giornalista argentino Horacio Verbitsky ha rivelato nel programma radio El Cohete a la Luna  del 2 novembre che in ambienti vicini al governo di Javier Milei si sarebbe discusso di una possibile negoziazione con gli Stati Uniti e Donald Trump affinché il Regno Unito trasferisca la sovranità delle Isole Malvinas all’Argentina, in cambio della possibilità di installare una base militare statunitense a Port Stanley (Puerto Argentino). Secondo Verbitsky, questa operazione sarebbe stata presentata come un “recupero della sovranità”, anche se in pratica avrebbe comportato una nuova forma di dipendenza strategica da Washington. Ripetere esercitazioni militari in un territorio conteso non contribuisce né alla sicurezza né alla pace. Al contrario, costituisce una dimostrazione di potere coloniale – che non è mai finito – un messaggio di dominio nel pieno XXI secolo. Le Malvinas continuano a essere una ferita aperta nella storia latinoamericana, e ogni missile testato sul loro suolo lo ricorda nuovamente. Normalizzare le manovre militari nell’arcipelago significa accettare l’occupazione come un fatto compiuto. Per questo motivo, la comunità internazionale deve condannare con fermezza e urgenza questo nuovo atto di militarizzazione britannica, che non solo offende l’Argentina, ma minaccia la pace e la sovranità di tutta l’America Latina. FONTI: https://agendamalvinas.com.ar/noticia/milei-negociaria-la-recuperacion-de-malvinas-a-cambio-de-una-base-de-eeuu-en-las-propias-islas https://www.cronista.com/informacion-gral/tension-en-malvinas-como-es-el-polemico-ejercicio-militar-que-reino-unido-hara-en-las-islas/ https://www.escenariomundial.com/2025/11/03/documentos-secretos-confirman-el-apoyo-militar-de-estados-unidos-al-reino-unido-durante-la-guerra-de-malvinas/ https://www.defensa.com/otan-y-europa/reino-unido-prueba-malvinas-sistema-defensa-antiaerea-sky-sabre https://www.elobservador.com.uy/60-anos-la-resolucion-naciones-unidas-las-malvinas-el-rol-clave-que-tuvo-un-diplomatico-uruguayo-el-apoyo-argentina-n6023423 https://www.bbc.com/mundo/articles/ce37pr2pg62o https://www.canal26.com/internacionales/2025/10/01/reino-unido-y-chile-socios-cada-vez-mas-cercanos-la-alianza-que-incomoda-a-la-argentina-por-las-islas-malvinas/ https://www.cronista.com/internacionales/reino-unido-destaco-la-relacion-con-argentina-pero-advirtio-por-malvinas-la-soberania-no-esta-para-ser-discutida/ https://www.escenariomundial.com/2025/10/01/reino-unido-y-chile-la-alianza-estrategica-en-torno-a-malvinas-y-el-atlantico-sur/#google_vignette -------------------------------------------------------------------------------- Traduzione dallo spagnolo di Thomas Schmid con l’ausilio di traduttore automatico. Félix Madariaga Leiva
La repressione britannica sulla Palestina messa sotto accusa dal Consiglio d’Europa
Che ci sia un’ondata repressiva senza precedenti nel Regno Unito, per cancellare il dissenso verso la complicità del governo con la politica genocidiaria di Israele, è chiaro a tutti ed è stato evidenziato anche dal nostro giornale. Da qualche settimana, in realtà, ad aver sollevato l’allarme sulle centinaia di arresti […] L'articolo La repressione britannica sulla Palestina messa sotto accusa dal Consiglio d’Europa su Contropiano.
British Standards Institution: “Allarme jobpocalypse, gravissima crisi nel mondo del lavoro causata dall’AI”
Era il 2020 quando l’ambientalista Sonia Savioli nel suo libro-inchiesta “Il giallo del Coronavirus. Una pandemia nella società del controllo”, metteva in guarda sugli effetti di quella che sarebbe stata la rigenerazione economica del tecnocapitalismo, durante la crisi sanitaria da Covid-19, che avrebbe avuto inizio nel 2021 con il Piano Great Reset del World Economic Forum di Davos (WEF): la Quarta Rivoluzione Industriale. Tra le innumerevoli operazioni di greenwashing spacciate per “sostenibili” (continui finanziamenti alla pesca intensiva e agli allevamenti intensivi, sfruttamento dei mari e degli oceani tramite attività estrattive, l’ingresso della cibernetica nei settori dell’economia, sanità, welfare e finanza), stando ai dati del World Economic Forum – affermava Sonia Savioli – la Quarta Rivoluzione Industriale sarebbe iniziata con l’eliminazione di circa 800 milioni di posti di lavoro nel mondo industrializzato a causa dell’irruzione sistematica dell’Intelligenza Artificiale nel mercato del lavoro. Un numero che, nonostante la grande consistenza, non fece allarmare nessun giornalista mainstream e nessun analista nostrano. A confermare questo dato però, sistematicamente ignorato, è stato il recente report “Evolving Together: AI, automation and building the skilled workforce of the future“ pubblicato dal British Standards Institution (l’ente certificatore nazionale inglese, l’equivalente del nostro Rina) (BSI), basato su interviste a 853 business leader aziendali in 8 Paesi (Cina, Giappone, Australia, Germania, Stati Uniti, Regno Unito, Francia e India), svolte da agosto 2025, analizzando anche i report annuali di 123 aziende attraverso strumenti di analisi AI. Secondo i leader globali stiamo vivendo quella che viene definita “jobpocalypse”: un collasso sistemico del modello tradizionale di ingresso nel mondo del lavoro. A darne notizia approfonditamente è stato  The Guardian. L’AI infatti sta cancellando tutte le posizioni di lavoro pensate per neoassunti o personale giovane, con competenze di base e poca (o nessuna) esperienza lavorativa. Perché investire su personale da formare senza competenze specialistiche quando quelle funzioni possono essere svolte da una AI? Secondo il BSI le riduzioni di personale sarebbero già in calo ed in numeri parlano chiaro: * 41% dei leader afferma che l’IA sta consentendo riduzioni dirette del personale; * 50% dichiara esplicitamente che l’AI sta aiutando a ridurre il numero di dipendenti; * 18% delle aziende investe in IA specificamente per ridurre il personale; Se per decenni il paradigma capitalista classico affermava “Il lavoro lo fanno le persone, le macchine aiutano”, oggi si sta invertendo la rotta: “Il lavoro lo fanno i sistemi AI, le persone intervengono quando necessario”. Si sta istituzionalizzando sempre più un diverso modo, da parte delle aziende, di pensare al mondo lavoro e lo studio lo constata senza mezzi termini: * 31% delle organizzazioni oggi esplora soluzioni AI prima di considerare l’assunzione di persone; * 40% prevede che questo diventerà la norma entro 5 anni; * 61% investe in IA principalmente per aumentare produttività ed efficienza; * 49% per ridurre i costi operativi; Il dato più allarmante riguarda anche i lavori entry-level, quelli tradizionalmente destinati a chi inizia la carriera: * 39% delle aziende ha già ridotto o eliminato posizioni junior grazie all’IA; * 43% prevede ulteriori tagli nei prossimi 12 mesi; * 55% dei leader ritiene che i benefici dell’IA compensino le distruzioni sulla forza lavoro; Le mansioni entry-level che l’IA sta eliminando non riguardano solo il “lavoro produttivo”, ma anche lo spazio formativo, dal momento che è proprio nei “primi lavori” che si insegnano competenze che nessuna scuola o università può dare: * Gestire il tempo quando hai troppe cose da fare * Comunicare in modo efficace in contesti professionali * Capire come funzionano davvero le dinamiche aziendali * Riconoscere le priorità vere da quelle apparenti * Reggere lo stress e la pressione * Imparare a sbagliare e correggersi * Costruire relazioni professionali * Navigare la politica aziendale L’IA può fare ricerche, compilare report, gestire agende, rispondere a email routine, ma non può insegnare queste meta-competenze che si sviluppano solo attraverso l’esperienza vissuta. Il report evidenzia dunque la skills latency (“latenza delle competenze”), un pericolo strutturale che fa emergere un ritardo generazionale nello sviluppo delle capacità professionali. Se un’intera generazione non ha accesso ai ruoli formativi entry-level, chi ricoprirà i ruoli senior tra 10-15 anni? Come si formeranno i futuri manager se non potranno fare esperienza sul campo? Le aziende stanno ottimizzando per l’efficienza di oggi, ma stanno creando un problema di talento per il domani. Sono gli stessi business leader globali ad ammettere questa situazione di latenza, dichiarandosi “fortunati” ad essere nati e cresciuti in un mondo pre-AI: * 56% dichiara di essere stato “fortunato” ad aver iniziato la carriera prima che l’IA trasformasse il proprio settore; * 43% ammette che non avrebbe sviluppato le competenze attuali se l’IA fosse stata disponibile all’inizio della carriera; * 28% si aspetta che il proprio ruolo attuale non esisterà più entro il 2030. Dall’analisi AI dei 123 report annuali esaminati dal BSI emerge che il termine “automation” è citato quasi 7 volte più frequentemente di “upskilling”, “training” o “education”. Le aziende comunicano l’IA principalmente come: driver di innovazione, vantaggio competitivo e strumento di efficienza. Di conseguenza c’è molta meno enfasi sulle implicazioni sulla forza lavoro, sugli investimenti in capitale umano, sulla preparazione dei dipendenti al futuro. Solo il 34% delle aziende intervistate ha un programma di formazione strutturato per preparare i dipendenti all’uso dell’IA. In Giappone questa percentuale scende al 16%, mentre in India sale al 64%. A livello geografico, a guidare questa trasformazione drastica e allarmante è l’India con il 50% delle aziende che hanno ridotto ruoli junior. Seguono Australia (57% dichiara che l’AI aiuta a ridurre il personale a livello junior) e Cina (61% prevede riduzioni future). In Italia e in Europa, il fenomeno è in crescita ma ancora meno aggressivo rispetto all’Asia-Pacifico.   Il rischio di questa jobpocalypse però è che si crei una contrazione tale della forza lavoro da portare a una mancata formazione professionale di un’intera generazione. Ancora una volta infatti ad essere penalizzate sono le giovani generazioni. Il report BSI introduce un termine nuovo e inquietante “Generation Jaded” – dall’acronimo “Jobs Automated, Dreams Eroded” (“lavori automatizzati, sogni erosi”), riferendosi a quella generazione che: 1. Ha già subito danni nella formazione scolastica a causa del Covid-19; 2. Si trova ora di fronte a un mercato del lavoro che elimina proprio i ruoli pensati per chi inizia; 3. Rischia di non sviluppare mai le competenze che si acquisivano attraverso l’esperienza entry-level. Gli studenti freschi di diploma o laurea per trovare il primo lavoro oggi non devono solo fare i conti con la concorrenza dei loro coetanei, ma anche e soprattutto con quella dell’Intelligenza Artificiale. Le conseguenze sociali ed economiche della Quarta Rivoluzione Industriale potrebbero essere devastanti, tanto da far ritenere a molti che una jobpocalypse sia solo questione di tempo anche qui in Occidente.   https://www.blog-lavoroesalute.org/sul-great-reset-e-lignoranza-dei-giornalisti-mainstream/ https://www.blog-lavoroesalute.org/il-piano-great-reset-del-world-economic-forum-per-i-profitti-delle-industrie-agro-chimiche-alimentari/ https://www.blog-lavoroesalute.org/il-grande-reset/ https://www.blog-lavoroesalute.org/tecno-bio-capitalismo/ https://documenti.camera.it/leg18/resoconti/assemblea/html/sed0610/leg.18.sed0610.allegato_b.pdf > Secondo una ricerca sta per arrivare la jobpocalypse, cioè una gravissima > crisi nel mondo del lavoro causata dall’AI > Jobpocalypse: è iniziata la rivoluzione del lavoro nell’era della IA   Lorenzo Poli
L’aritmetica delle politiche migratorie: il confine tra Calais e Dover
Sulle coste ventose di Calais, tende e rifugi di fortuna sorgono e scompaiono nel giro di poche ore, spazzate via da sgomberi regolari. Qui, sulla soglia del Canale della Manica, si consuma ogni giorno una delle frontiere più simboliche d’Europa: quella tra Francia e Gran Bretagna. Reportage e inchieste/Confini e frontiere LE INVISIBILI: DONNE IN MOVIMENTO TRA CALAIS E GRANDE-SYNTHE Resistere e sopravvivere ai margini della frontiera franco-britannica Aurora Porcelli 30 Giugno 2025 Non è solo un confine geografico, ma uno dei punti cardine delle politiche di esternalizzazione che caratterizzano l’intero continente in tema di migrazione. Ed è proprio lungo queste coste che migliaia di persone ogni anno cercano di varcare il mare, con la speranza di raggiungere il Regno Unito. Le politiche di esternalizzazione delle frontiere non sono una prerogativa italiana. Francia e Gran Bretagna hanno segnato una svolta nel 2003 con la firma del Trattato di Le Touquet, entrato in vigore l’anno successivo, il quale ha ridefinito i controlli alla frontiera marittima con l’obiettivo di gestire i flussi migratori. Al confine tra Francia e UK, il 2024 è stato l’anno più mortale per i bambini. Dal 2018, 1/5 delle persone escluse dalle rotte sicure per il Regno Unito erano bambini. Età media? Solo 7 anni. (Fonte: Calais Appeal 1) Tale accordo si distingue per una peculiarità: il suo testo completo non è mai stato pubblicato, e per leggerlo bisogna risalire agli archivi delle Nazioni Unite, nel registro dei trattati depositato nel 2006 2 L’accordo ha di fatto ridefinito la gestione dei controlli di frontiera tra Francia e Regno Unito. Chi vuole entrare in Inghilterra viene sottoposto ai controlli della polizia britannica già sul lato francese della Manica, mentre chi intende raggiungere la Francia deve affrontare i controlli delle autorità francesi direttamente in territorio inglese. Il risultato è che alle persone in movimento alle quali viene negato l’ingresso nel Regno Unito, si ritrovano automaticamente bloccate in Francia. L’articolo 9 del medesimo inoltre, contiene un elemento controverso: esclude la possibilità di presentare domanda di asilo direttamente alla frontiera. In pratica, chi intende chiedere protezione deve riuscire a raggiungere il territorio del Regno Unito; altrimenti la richiesta viene respinta immediatamente, privando così i migranti non solo di un canale legale di accesso, ma anche del diritto a chiedere protezione riconosciuto dalle convenzioni internazionali. Pochi giorni fa, nel Regno Unito è arrivato la prima persona migrante nell’ambito del cosiddetto “one in-one out deal”. L’accordo, discusso tra giugno e luglio ed entrato in vigore il 4 agosto 2025, punta a scoraggiare le traversate del Canale della Manica su imbarcazioni di fortuna. In base all’intesa, la Francia riprende i migranti senza legami familiari nel Regno Unito, mentre Londra concede asilo a chi può dimostrare connessioni familiari. Notizie/Confini e frontiere L’ACCORDO “UNO A UNO” TRA FRANCIA E REGNO UNITO Un ulteriore passo verso la deumanizzazione delle persone migranti Maria Giuliana Lo Piccolo 7 Agosto 2025 L’accordo presenta diverse criticità. Innanzitutto, limita l’accesso all’asilo ai soli migranti con legami familiari nel Regno Unito, contravvenendo non solo al principio di non-refoulement, ma più in generale ai dettami della Convenzione di Ginevra sui rifugiati. Presentato come deterrente ma, al contrario, rischia di spingere le persone a intraprendere traversate ancora più pericolose. Sul piano pratico, scarica sulla Francia il peso dei respinti, aggravando la già fragile situazione di Calais e di altre città di confine come Dunkerque. Infine, il meccanismo “uno dentro-uno fuori” riduce le persone a numeri intercambiabili: chi non ha parenti nel Regno Unito viene respinto a prescindere dal proprio bisogno di protezione e senza possibilità di vedere esaminata la propria domanda d’asilo. Dunque, se a livello politico le persone in movimento vengono trattate come numeri da scambiare tra Londra e Parigi, sul terreno questa aritmetica si traduce in sgomberi continui. Lo smantellamento della cosiddetta Jungle nell’ottobre 2016 non ha risolto il problema, ma lo ha semplicemente disperso lungo la costa. Oggi, ogni due giorni tende e rifugi vengono demoliti, costringendo uomini, donne e bambini a ricominciare da zero, mentre le ONG vedono il loro lavoro vanificato dai sequestri o dalla distruzione sistematica di tende e beni. Tuttavia, il lavoro delle organizzazioni non si esaurisce nella distribuzione di beni di prima necessità. Fondamentale è anche la denuncia pubblica di quanto quotidianamente accade lungo la frontiera. In questo senso, un ruolo centrale è svolto da Human Rights Observers 3, un team di volontari attivo tra Calais e Grande-Synthe. La loro missione è monitorare, documentare e contestare le pratiche delle autorità, con l’obiettivo di difendere i diritti fondamentali delle persone in movimento, attraverso l’osservazione diretta delle operazioni di polizia e la raccolta di testimonianze sia dai migranti sia dai volontari presenti sul campo. PH: Human Rights Observers Ma cosa si intende quando si parla di ‘sgombero’? Secondo la definizione dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, si definisce una ‘forced eviction’: “the permanent or temporary removal against their will of individuals, families and/or communities from the homes and/or land which they occupy, without the provision of, and access to, appropriate forms of legal or other protection” 4. Tenendo questa definizione in mente, le operazioni di sgombero a Calais sono caratterizzate dalla loro frequenza e regolarità. Ogni 48h, dunque, convogli composti da prefettura, polizia francese, gendarmeria mobile e talvolta CRS (Compagnie républicaine de sécurité) arrivano negli accampamenti informali di Calais per sgomberare gli alloggi di fortuna. Armati e accompagnati da squadre di pulizia, obbligano le persone a spostarsi in aree designate portando con sé tutti i beni. Inoltre, durante tali operazioni, la polizia effettua controlli d’identità che spesso sfociano in arresti, talvolta persino di minorenni che per legge dovrebbero godere di protezione statale. L’osservazione e la documentazione di queste operazioni è particolarmente complicata: gli osservatori, volontari, avvocati e giornalisti vengono tenuti fuori dal vasto perimetro di sicurezza, limitando la possibilità di monitorare ciò che accade sul campo. In questo scenario, la trasparenza diventa un’illusione. Ogni sgombero a Calais ripete lo stesso schema: vite trasformate in numeri, diritti ridotti al silenzio, speranze spezzate e storie cancellate in pochi istanti, mentre le persone restano intrappolate in un limbo di precarietà e invisibilità, dove ogni politica di sicurezza e respingimento apre la strada a una nuova ferita sociale. E, come sottolineato in un rapporto del Relatore Speciale sui diritti dei migranti: “la percezione dei migranti da parte di molti attori come “illegali” è controproducente e non si basa su fatti né sulle disposizioni del diritto internazionale. Sebbene i migranti che arrivano nell’Unione Europea senza documenti si trovino in una situazione irregolare (o “senza documenti” o “non autorizzata”), non hanno commesso alcun reato. […] Ciò ha anche avuto un impatto sulla percezione generale dei migranti da parte dell’opinione pubblica, legittimando politiche non conformi alle garanzie dei diritti umani e contribuendo a xenofobia e discriminazione” 5. 1. Calais Appeal unisce 6 organizzazioni (L’Auberge des Migrants with their two projects Channel Info Project and Woodyard, Calais Food Collective, La Capuche Mobilisée, Project Play, Refugee Women’s Centre, e Utopia 56 Calais & Grande-Synthe) che forniscono cibo, riparo e supporto e chiedono: Percorsi sicuri; Libertà di movimento; Fine della violenza al confine; Accesso ai servizi di base ↩︎ 2. United Nations, Treaty Series, 2006, p. 160 ↩︎ 3. Human Rights Observers, Forced evictions in Calais and Gande-Synthe ↩︎ 4. OHCHR, Forced evictions, Special Rapporteur on the right of adequate housing ↩︎ 5. Human Rights Council, Report of the Special Rapporteur on the human rights of migrants, François Crépeau, A/HRC/29/36, 8 Maggio 2015, p. 14, para. n. 72 ↩︎
Regno Unito, per i Verdi l’esercito israeliano è un’organizzazione terrorista
Il partito britannico dei Verdi ha approvato una mozione su Gaza durante i lavori del congresso, tenuto domenica a Bournemouth. La mozione chiede al governo di considerare l’esercito israeliano un’organizzazione terrorista e di chiedere scusa al popolo palestinese per la dichiarazione Balfour. Tra le altre richieste vi è la fine di ogni collaborazione militare con Israele, la fine dei voli di ricognizione su Gaza degli aerei spia britannici che partono dalle basi a Cipro e l’invio di caschi blu in Cisgiordania e Gaza, per proteggere la popolazione palestinese dalla permanente aggressione israeliana.   ANBAMED
Cadono le accuse di terrorismo per Mo Chara, cantante dei Kneecap
È solo a causa di un vizio di forma che le accuse di terrorismo al cantante Mo Chara, pseudonimo di Liam Óg Ó hAnnaidh, sono cadute finalmente il 26 settembre, ma nonostante questo non si può che essere sollevati del fallimento di un processo tutto politico, intentato in un Regno […] L'articolo Cadono le accuse di terrorismo per Mo Chara, cantante dei Kneecap su Contropiano.
L’estrema destra sfila per Londra. Per ora è questo l’unico risultato di Starmer
Sabato le strade di Londra sono state riempite da manifestanti razzisti, suprematisti, omofobi, che vogliono un Regno Unito – ancor più – chiuso ai migranti e governato con politiche securitarie. Se a organizzare il raduno, che ha visto partecipanti anche dal resto del Vecchio Continente, è stata l’estrema destra britannica, […] L'articolo L’estrema destra sfila per Londra. Per ora è questo l’unico risultato di Starmer su Contropiano.
Regno Unito, quasi 900 arresti durante la manifestazione di sostegno a Palestine Action
Sabato a Londra la polizia ha arrestato quasi 900 persone durante una protesta contro il divieto imposto dal governo britannico al gruppo Palestine Action ai sensi della legge sul terrorismo. Ora è illegale per chiunque in Gran Bretagna mostrare sostegno a Palestine Action. Da settimane si moltiplicano le proteste contro il divieto. “Persone comuni che non hanno mai partecipato a una protesta in vita loro stanno facendo i conti con la loro coscienza. Pensano: ‘Non posso continuare a stare seduto sul divano giorno dopo giorno a guardare questo orrore abietto senza fare nulla’. E quindi, la cosa straordinaria è che le immagini più potenti che stiamo vedendo sono quelle di persone bianche disabili, di mezza età o anziane che vengono portate via dalla polizia per aver detto: ‘Smettete di uccidere i bambini’”, cosa ormai considerata un crimine” ha denunciato la giornalista Tamara Abood. Domenica a Bruxelles oltre 110.000 persone hanno partecipato a una grande manifestazione a favore della Palestina, pochi giorni dopo che il governo belga aveva annunciato che avrebbe presto riconosciuto lo Stato palestinese e imposto sanzioni a Israele.   Democracy Now!
Quasi mille arresti in un giorno nella democrazia filo-sionista del Regno Unito
Il 6 settembre è stata un’altra importante giornata di mobilitazione nel Regno Unito, annunciata già da tempo e svoltasi, nonostante gli atti repressivi che l’hanno preceduta. Al centro, come da settimane a questa parte, non solo la solidarietà col popolo palestinese, ma anche con Palestine Action, rete di attivisti inserita […] L'articolo Quasi mille arresti in un giorno nella democrazia filo-sionista del Regno Unito su Contropiano.