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Migliaia in corteo a Messina: il Sud unito contro il Ponte sullo Stretto
Ancora una volta in migliaia abbiamo percorso le strade di Messina. Lo abbiamo fatto insieme a tante realtà del Sud con le quali condividiamo la decisione di difendere i nostri territori dalla furia devastatrice delle politiche coloniali ed estrattiviste. In questi giorni la governance del ponte ha subito un duro colpo, ma noi non ci facciamo illusioni. È possibile che tornino ancora, perché il dispositivo del ponte è uno strumento troppo succulento per il blocco sociale che lo sostiene. Noi ci saremo ancora, ma, soprattutto, continueremo la nostra lotta per rivendicare le risorse destinate al ponte affinché vengano soddisfatti I bisogni che i nostri territori esprimono. Abbiamo fatto un altro passo. Tantissime volte ci siamo ritrovati in questa piazza alla fine di un corteo no ponte. E siamo sempre stati in tanti. Sì, perché questo è sempre stato il movimento no ponte, un movimento di popolo, un movimento dal basso, un movimento di abitanti che vogliono decidere del proprio futuro. Questo è sempre stato il movimento no ponte, un luogo d’incontro per tutte le lotte territoriali. Oggi, collegati con la manifestazione che intanto si svolge a Roma, questo luogo è anche la Palestina. > Perché Gaza è oggi il nome comune di ogni ingiustizia e perché il progetto di > ricostruzione di Gaza è la manifestazione più feroce delle politiche > estrattiviste e coloniali di cui anche il ponte è espressione. Quelle stesse > politiche estrattiviste e coloniali che portano con sé morte e repressione, > repressione che colpisce i movimenti con arresti, multe, misure sempre più > restrittive della libertà di manifestare, Saremmo potuti venire in piazza convinti di dovere dare l’ultima spallata, convinti che, alla fine, un giudice metterà fine a questa follia e che ci preserverà dalla devastazione. Saremmo potuti venire in piazza convinti che fosse riconosciuta la ragionevolezza delle nostre argomentazioni, che, alla fine, le bugie hanno le gambe corte e la giustizia prevale sempre. Noi, però, abbiamo imparato che non è così. In tutti questi anni abbiamo imparato che la storia del ponte è fatta di un’alternanza di fasi e che a uno stop segue sempre una ripresa. Non è, d’altronde, solo la storia del ponte. È la storia delle grandi opere e avviene perché intorno alle grandi opere si forma un blocco sociale che si nutre delle risorse pubbliche. Per questo ci fidiamo così poco delle forze politiche, perché gli abbiamo visto cambiare opinione troppe volte. E anche quando si sono schierate per il no al ponte gli abbiamo visto usare troppo spesso un no condizionato. «Il nostro non è un no ideologico», dicono. E quale sarebbe il no ideologico? «Questo progetto non sta in piedi», dicono. E, se stesse in piedi, diventeremmo per quello a favore del ponte? Noi pensiamo, invece, che dalla storia del ponte bisogna uscire definitivamente. Il ponte non è emendabile, non esiste il ponte ecologico, non esiste il progetto che non impatta sul territorio, soprattutto non esiste un ponte che non sperpera enormi quantità di risorse pubbliche che andrebbero usate per la messa in sicurezza del territorio, per scuole, ospedali, reddito. Così come abbiamo scritto nell’appello “Il Sud unito contro il ponte”. * * di Flashmood …MA CHE COS’È QUESTO SUD? Potremmo partire dal dire che c’è sempre qualcuno più a Sud… nel piccolo e nel grande: a Messina, città del Sud, c’è una zona sud: quella che non ha la spiaggia più bella secondo il National Geographic, quella che nei decenni è stata sacrificata prima all’industria e poi al consumo, quella che non fa notizia, non esiste, non importa… e quella che, in qualche modo, è colpa di chi ci abita se ogni giorno è ancora là… Il Sud: il Sud dove manca il progresso (quella nozione circondata dalla nebbia che, come ricordavamo questa estate, anche nella teoria di chi ci governa dovrebbe essere tutt’altro da una grande opera inutile e impattante); il Sud dove manca la civiltà; il Sud dove manca la voglia di lavorare; il Sud dove manca la coscienza; il Sud dove manca la legalità. Ma non si sa perché a nessuno interessa che manchino (queste davvero) la sanità, la cultura, la cura per i territori, le basi per avere la libertà di decidere come vivere… E in questo contesto un po’ di spaesamento con qualche deriva razzista, noi, che siamo il Sud dell’Italia, guardiamo al Sud del Mediterraneo, al Nord Africa, per cercare alleati, amici, compagni; e loro, quelli del Nord dell’Africa, a loro volta guardano al Sud del Sahara, e forse si continua così fino al polo, chissà… Se fossimo (per dirne una) nei Balcani, o anche egiziani (strano ma vero), le nostre percezioni cambierebbero: non ci sentiremmo “a Sud” ma “a Est”; e allora potremmo dire che c’è sempre qualcuno più a Est (palestinesi, siriani, curdi, iracheni, iraniani, afgani e via dicendo…). E questo è già un primo paradosso. Il secondo paradosso è che negli ultimi anni è diventata palese una strana emigrazione di “progresso”: i meccanismi più beceri di estrazione di profitto sono arrivati, palesemente, al Nord: cantieri senza una fine, incompiute, opere pubbliche fatte coi piedi, ricatto occupazionale… Insomma: quelle cose che sono cose del Sud… E intanto, dall’altro versante, la “democrazia illiberale” (come la chiamano in tv per non allarmarci troppo), quella cosa dell’Est, si è palesata, senza più veli, a Ovest: repressione sempre più violenta, pene sempre più severe, giustizialismo sempre più cieco, un’emergenza eterna e l’idea che dietro ogni parola non conforme c’è un nemico. Repressione che in questi mesi ha colpito con arresti, multe e denunce le lotte contro il ponte e il ddl sicurezza, il movimento contro la guerra e solidale col popolo palestinese. > Sud, Nord, Est, Ovest… sono convenzioni per capire dove siamo su una cartina > geografica (che è a sua volta una convenzione) e vengono, da chi ha più > potere, usate come convenzioni anche per stabilire chi sta sopra e chi sta > sotto. Perché il sistema ha bisogno di qualcuno che sia sempre più in basso; > di qualcuno a cui manchi sempre qualcosa; di qualcuno a cui continuare a > togliere per poi dargli l’illusione di ricevere una grazia. Ma non sono le convenzioni stabilite da altri che possono definire chi siamo, che è indissolubilmente legato a dove scegliamo di essere, ai territori che decidiamo di vivere. E quindi, tornando alla domanda: che cos’è questo Sud? Quello che vogliamo che sia. Tutto quello che ha di potenziale nei nostri desideri. Il Sud può diventare, se lo vogliamo, un concetto intersezionale: non un modo per tracciare nuovi confini identitari, ma una parola collettiva che riunisce e rimanda a tutte le comunità e singolarità che ogni giorno, in ogni parte del mondo vengono ingannate, sfruttate, impoverite, tarpate, ignorate, bombardate, asfaltate e continuano a resistere. Il Sud, può essere la parola con cui immaginiamo, in un mondo che ci vorrebbe tutti uguali sotto i più uguali degli altri, una collettività delle differenze. * * di Flashmood CONVERGENZE E forse è per questo che siamo qua: se è vero (e, in fondo, è vero) che nessuno si salva da solo, vogliamo desiderare, insieme, un nuovo modo di resistere e di esistere; e andare in quella direzione. Ed è in risposta a tutto questo che oggi abbiamo dato vita a questo bellissimo spezzone, ampio e plurale, che ha riempito le strade di Messina e che si ritrova qui, con le tantissime di persone di questa piazza. Una piazza che mette al centro la lotta contro l’estrattivismo delle grandi opere, contro la devastazione di tutti i territori di tutti i Sud e che parte dalla necessaria urgenza della solidarietà tra tutte le comunità in lotta, ecco una piazza così, questa piazza non può che essere invasa dalla consapevolezza che tocca a noi adesso chiudere definitivamente la partita del ponte. Solo la nostra mobilitazione può far sì che i nostri territori smettano di essere ostaggio di un’opera già crollata su se stessa e che i 13 miliardi e mezzo di euro destinati al ponte vengano impiegati per realizzare scuole, ospedali, infrastrutture di mobilità sostenibile, messa in sicurezza idrogeologica e sismica, riammodernamento della rete idrica e tanto altro. Siamo chiare, siamo chiari: tocca a noi farlo. È una lotta che non possiamo, né vogliamo delegare. È una lotta delle persone, dei comitati, dei collettivi, dei movimenti, delle comunità – e nessuno se ne può appropriare. E il primo obiettivo per archiviare la questione ponte per noi è evidente: chiudere la Stretto di Messina SpA. Lo gridiamo forte a chi è al governo – a Meloni, Salvini, Tajani –, ma lo ricordiamo anche a chi ha avuto responsabilità di governo in passato e non lo ha fatto. Oggi alcuni di questi soggetti hanno manifestato per le strade di Messina, ma vogliamo essere chiare, e altrettanta chiarezza pretendiamo, con chi magari un giorno tornerà al governo del Paese: chiudere la Stretto di Messina SpA. Il problema non è solo il ponte di Salvini, il problema è il ponte in sé. * * di Flashmood Questa piazza chiama anche i governi regionali e locali a un’assunzione collettiva di responsabilità, perché non siamo disposte, e mai lo siamo state, a tollerare complicità più o meno aperte con questi progetti di saccheggio da parte di chi dovrebbe tutelare gli interessi dei territori in cui viviamo. E non possiamo che cominciare dal sindaco di Messina, Federico Basile, che chiamiamo, per l’ennesima volta, a prendere una posizione chiara e netta, a dirci se vuole assumere una iniziativa politica in difesa di Messina o contribuire a regalare la città a Webuild, in cambio di quattro spicci per le opere compensative. Questo spezzone, questa piazza, ci consegnano ancora una volta la piena consapevolezza che la lotta No ponte è molto più di una battaglia ambientale o locale. È il punto cruciale in cui i territori del Sud tornano a essere voce collettiva, tornano a mettere al centro se stessi, i propri bisogni, la propria dignità. No al ponte, ma, ancora di più, no a una classe politica che per anni ci ha trattato come territori di conquista, come luoghi da sfruttare e svuotare. > E allora lo ripetiamo, limpide e determinate, quello che vogliamo. Vogliamo > che i miliardi oggi destinati alla devastazione dei territori e alle armi > vengano invece investiti nei servizi essenziali e per la tutela dei diritti > fondamentali, dalla Palestina allo Stretto, passando per tutti gli altri Sud. > Vogliamo una sanità pubblica efficiente, capillare, di qualità. Vogliamo > infrastrutture davvero sostenibili, che uniscano persone e comunità, non che > le dividano. Vogliamo l’acqua nelle case, vogliamo scuole e ospedali che funzionino, vogliamo poter nascere, crescere e invecchiare con dignità, con servizi pubblici che non lascino indietro nessuno. Vogliamo poter scegliere: scegliere di restare o di partire, senza essere costrette a scappare. Vogliamo questo e molto di più. Dalla piazza di Messina, da questa piazza, nasce un’onda che non potrete fermare. Copertina e galleria di fotografie dal corteo a cura del collettivo Flashmood, che ringraziamo per la collaborazione. Il comunicato No Ponte è stato pubblicato sulla pagina facebook No Ponte. SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Migliaia in corteo a Messina: il Sud unito contro il Ponte sullo Stretto proviene da DINAMOpress.
MESSINA: LE BUGIE DELLE DESTRE SULLA PARTECIPAZIONE AL CORTEO CONTRO IL PONTE SULLO STRETTO, “È ANNI CHE PORTIAMO IN PIAZZA MIGLIAIA DI PERSONE”
Migliaia di persone hanno partecipato nel pomeriggio di sabato 29 novembre 2025 alla manifestazione nazionale contro la realizzazione del ponte sullo Stretto a Messina. La mobilitazione era promossa da decine di associazioni ambientaliste, movimenti, organizzazioni politiche e sindacali, in piazza insieme – nonostante una fitta pioggia – per “salvaguardare il territorio e chiedere opere e interventi veramente utili” a Calabria e Sicilia. Tra i temi evidenziati dal movimento popolare è il ruolo che WeBuild (capofila nella progettazione e costruzione del Ponte) ha nella speculazione sulla Striscia di Gaza: è lei una delle multinazionali in pole position per mattere mani sugli affari edilizi nei territori palestinesi, occupati illegalemente da Israele. A seguito della manifestazione, però, si sono scatenate ‘battaglie social’ mosse dalle destre, in particolare dalla Lega che promuove per prima la realizzzazione della mastodontica opera, per cercare di delegittimare la partecipazione e pubblicando foto della fine della manifestazione, durante i comizi finali, in cui vengono mostrate dall’alto poche centiana di persone in piazza Duomo (in foto, a sinistra). Ciò che i post leghisti non raccontano è che il corteo si era precedentemente diviso in due. Una parte della manifestazione, infatti, era terminata in Piazza Municipio. Sono due “le grandi anime del movimento”, spiega Massimo, dell’Assemblea No Ponte ai microfoni di Radio Onda d’Urto: una che “raccoglie attraverso il Coordinamento No Ponte una serie di associazioni” e un’altra grande anima “dell’Assemblea No Ponte” che, per portare avanti la lotta comune, spesso si intersecano in manifestazioni unitarie come quella di sabato, terminando però in due piazze distinte. L’intervista a Massimo, dell’Assemblea no Ponte da Messina. Ascolta o scarica.  
Dati Eurostat: la questione meridionale è la questione della periferia UE
Avere i dati è fondamentale, ma perché abbiamo un qualche valore è necessario che siano analizzati come risultati di processi, non come semplici fotografie dell’oggi. È così che emerge che i dati Eurostat sul rischio di povertà nella UE reinscrivono la tradizionale questione meridionale italiana nella dinamica centro produttivo-periferia sfruttata […] L'articolo Dati Eurostat: la questione meridionale è la questione della periferia UE su Contropiano.
A difesa del diritto alla salute e della Sanità pubblica siciliana. È tempo di dire basta!
Era il 2008 quando Cuffaro veniva condannato in primo grado per favoreggiamento aggravato con Cosa Nostra. Recluso nel carcere romano di Rebibbia dal 22 gennaio 2011 è stato scarcerato il 13 dicembre 2015. Oggi, a distanza di quasi 10 anni dalla scarcerazione, ritorna sulla sanità siciliana l’ombra della gestione clientelare […] L'articolo A difesa del diritto alla salute e della Sanità pubblica siciliana. È tempo di dire basta! su Contropiano.
Catania. Assemblea USB verso lo Sciopero generale del 22 settembre
Le lavoratrici e i lavoratori contro la guerra, il riarmo e il genocidio in Palestina Il 22 settembre è Sciopero Generale contro la guerra, contro il riarmo e contro lo sterminio in Palestina. La guerra e la complicità del Governo Italiano con Israele hanno effetti diretti anche qui: Inflazione alle […] L'articolo Catania. Assemblea USB verso lo Sciopero generale del 22 settembre su Contropiano.
Corteo No Ponte a Messina: vogliamo l’acqua, non la guerra!
Dopo le mobilitazioni contro la guerra di Sigonella e di Niscemi, l’estate di lotta in Sicilia continua con la giornata di sabato 9 agosto, quando a scendere in piazza saranno i No Ponte a Messina, al netto anche dell’approvazione del progetto della grande opera da parte del Comitato interministeriale per la progettazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess). Il movimento è stato già colpito da provvedimenti di pagamento delle spese processuali per 104 ricorrenti, per cui hanno lanciato un crowdfunding, dopo aver effettuato un ricorso e averlo perso. Si trattava di un ricorso per chiedere che «un soggetto terzo, in questo caso il Tribunale di Roma, si potesse esprimere sulla correttezza delle procedure fin qui seguite dal governo e dall’azienda per realizzare il ponte sullo Stretto di Messina». Inoltre, si proponeva di «ordinare alla società Stretto di Messina spa, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, la cessazione immediata di ogni atto o comportamento pregiudizievole dei diritti e degli interessi collettivi e diffusi e giuridicamente protetti, di ogni attività tendente all’approvazione del progetto definitivo ed esecutivo», oltre che di «dichiarare rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale» della serie di norme che hanno consentito il riavvio delle procedure per la costruzione del ponte. Infatti, lo scorso 16 marzo del 2023 il governo Meloni con decreto legge ha stabilito la realizzazione del Ponte sullo Stretto, contro cui si battono da decenni i movimenti e le e gli abitanti dei territori che difendono la Sicilia e la Calabria da speculazioni e grandi opere che rischiano di devastare a livello ecologico il territorio, oltre a utilizzare risorse pubbliche che potrebbero essere utilizzate per necessità e bisogni più urgenti. Infatti, il MIT stima un costo per la realizzazione dell’opera e di tutte le opere complementari di 15 miliardi di euro. Fino ad ora, è costato 330 milioni di euro. Mentre il Ponte della Propaganda salviniana continua a consumare risorse, la situazione dei servizi in Sicilia, e non solo, continua a peggiorare: come scrivono nel loro comunicato, «costellata dagli innumerevoli annunci di Salvini e Ciucci è arrivata una nuova estate. Nel 2023 ci avevano già detto che era l’ultima estate, che eravamo alle soglie dell’avvio dei cantieri del ponte sullo Stretto. Sono passati due anni e ancora una volta ci troviamo di fronte ad accordi e cronoprogrammi che alludono alla messa in moto delle ruspe. Noi sappiamo bene, però, che, al di là dell’effettivo inizio dei lavori, le attività di Stretto di Messina spa ed Eurolink consumano già risorse e rubano futuro, con la complicità di Regione e Comune di Messina lasciando inevasi i bisogni veri che i nostri territori esprimono». Di Giordano Pennisi > «Ancora una volta ci troviamo, d’altronde, di fronte a una estate di passione > per l’assenza di acqua nelle nostre abitazioni. Circa metà di quella che passa > dalla rete idrica siciliana va perduta e in tutta la Sicilia, Messina inclusa, > le crisi idriche sono all’ordine del giorno. Nonostante ciò, i soli lavori di > costruzione del ponte ruberebbero cinque milioni di litri di acqua al giorno, > pari al 20% del fabbisogno idrico di Messina», denunciano dal Movimento No > Ponte. L’opposizione al Ponte, ormai vicina al ventennale della grande manifestazione popolare contro la grande opera del 2006, continua a resistere nei territori e a connettere diversi fronti di mobilitazione e di lotta: il movimento denuncia oggi le relazioni tra grandi opere, devastazione del territorio e guerra, sia intesa come economia di guerra, sia come forma di saccheggio delle risorse comuni e dei territori, ma anche come interessi bellici legati alla costruzione del ponte sullo Stretto. Infatti, scrivono i comitati contro il ponte, «già nella Relazione che accompagnava il DL 35/2023 il ponte sullo Stretto veniva annoverato come opera di interesse strategico. Già in quella occasione, dunque, Salvini & soci avevano provato a collocarlo dentro un contesto europeo che potesse, da un lato, consentire una corsia preferenziale nei meccanismi autorizzativi e, dall’altro, catturare risorse europee da utilizzare ai fini della progettazione e costruzione dell’opera. Di recente il Governo ha con ancora più forza rappresentato il ponte come opera di interesse militare, collocandolo nel quadro degli impegni strategici della Nato e rendendo la Sicilia, da quasi un secolo occupata dalla presenza di basi militari USA, NATO e italiane, sempre più un avamposto militare nel Mediterraneo». Di Giordano Pennisi > «Tale strategia politica e mediatica è stata messa in atto mentre il mondo > intero continua la folle corsa verso la guerra e il riarmo. A tutti gli > effetti, dunque, il manufatto d’attraversamento e tutte le opere collaterali > previste diventano l’ennesima propaganda di una politica militarista che va > contrastata. Essere contro la guerra, così, vuole dire essere contro il ponte > ed essere contro il ponte significa essere contro la guerra». Il Movimento si chiede: «quante delle emergenze strutturali del Sud e delle isole (e non solo) si potrebbero sanare con i 14 miliardi di euro stanziati e i 30 miliardi spesi annualmente in armi dall’Italia? La siccità, certo», scrivono, «ma anche ospedali, scuole, autostrade, ferrovie e tanto altro ancora». L’appuntamento per sabato 9 agosto è alle 18 a piazza Cairoli a Messina. Ancora una volta, per rilanciare l’opposizione alla grande opera, nel nuovo scenario definito dalla crisi climatica, dalla crisi idrica e dal regime di guerra globale: da ogni territorio oggi è ancora più urgente rilanciare la resistenza al modello predatorio, di speculazione e di guerra imperante oggi. L’immagine di copertina è di Giordano Pennisi, Scattomancino SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Corteo No Ponte a Messina: vogliamo l’acqua, non la guerra! proviene da DINAMOpress.
Contro guerre, genocidio e riarmo: manifestazione No Muos a Niscemi
L’appuntamento estivo di mobilitazione contro la guerra e le grandi opere militari, nello specifico contro il Muos, nei territori della Sughereta di Niscemi, che si tiene ormai da oltre dieci anni, assume oggi un significato e un’importanza ancora maggiori nel contesto di guerra dispiegata su più fronti e dell’avanzata del genocidio in Palestina durante gli ultimi mesi. Decine di organizzazioni politiche e sociali, collettivi e assemblee contro la guerra, circoli Anpi e associazioni, ma anche figure istituzionali, sostengono l’appello di convocazione della manifestazione che questo sabato sfilerà nella Sughereta di Niscemi, il parco naturale occupato dalla base militare e dal Muos. A fine giugno, i comitati No Muos hanno chiesto una sessione straordinaria e urgente del consiglio comunale, aperto al territorio, da tenersi in una piazza pubblica, per chiedere alle istituzioni quali misure intendano attuare per garantire la sicurezza in un territorio di fronte al rischio di diventare un obiettivo militare, per la presenza della base Muos e della stazione NRTF, ricordiamo, ad uso esclusivo delle forze armate statunitensi nel territorio. Non ci sono state risposte alla cittadinanza da parte dell’amministrazione, che ha preferito ricevere il comandante della base militare di Sigonella in visita ufficiale. Pochi giorni fa, lo scorso 24 luglio, all’interno del parco naturale della Sughereta, una delle zone più controllate del territorio, un incendio di enormi proporzioni ha devastato parte della riserva con colonne di fumo altissime visibili fin da Licata o Ragusa, come denunciato dagli attivisti e dalle attiviste del movimento No Muos. * * Sul sito i comitati No Muos scrivono: «Non sono bastati i canadair, gli elicotteri e le squadre di terra, il bosco ha continuato ad ardere per tutta la notte e ancora oggi [il 25 luglio, ndr] sono in corso le operazioni di spegnimento. L’incendio si è sviluppato il 24 luglio, non ad aprile o maggio per cui non si erano ancora prese le dovute misure precauzionali. Quali sono gli interventi di cura e difesa del territorio e dei boschi attuati dalla Forestale e dal Comune? Perché non hanno funzionato? Chi sta tacendo la verità? La magistratura interverrà questa volta per accertare tutte le responsabilità?». Proprio nelle strade della Sughereta il movimento contro la guerra e in difesa dei territori tornerà a manifestare questo sabato 2 agosto. «Se prima nei nostri appelli e documenti denunciavamo la tendenza alla guerra, oggi, purtroppo, siamo costretti a registrare che la tendenza è diventata realtà e ha assunto i caratteri della guerra guerreggiata», scrivono i comitati organizzatori del corteo. Oltre alla preoccupazione per l’avanzata di scenari di guerra nei diversi territori, dalla continuità della guerra tra Russia e Ucraina al genocidio che si sta compiendo in Palestina, fino all’intensificazione di scenari di conflitti bellici come la precipitazione della situazione tra Israele e Iran nelle scorse settimane, e all’opposizione alle operazioni di guerra che partono dalle basi militari statunitensi in Sicilia, la manifestazione si pone l’obiettivo di contrastare altri scenari del regime di guerra, quelli relativi all’economia di guerra. Scrivono infatti nel comunicato: «si tratta di una guerra che, oltre all’enorme numero di vittime, ha creato sconquassi nelle nostre vite con ulteriori e pesanti tagli alle spese sociali a favore di quelle militari. Dopo il piano di riarmo dell’Unione Europea da 800 miliardi di euro da investire in armi, le ultime decisioni del nostro governo sono in linea ai diktat degli USA e della NATO e parlano di portare la spesa militare al 5% del PIL; ciò significa arrivare a più di 70 miliardi di euro l’anno a fronte dei 30 circa spesi oggi. Lo scenario è chiaro: addio sanità e istruzione pubblica, pensioni e tutto quello che ancora resta dello stato sociale». Assediare la base militare Usa, dopo le mobilitazioni a Sigonella di alcune settimane fa, rappresenta l’obiettivo della manifestazione: «come Movimento No Muos dobbiamo sfruttare ogni spazio di lotta e per questo ci diamo un doppio compito. Lottare per fermare la guerra che devasta le nostre vite consegnandoci un futuro di miseria e opporsi alle installazioni militari nel nostro territorio, dalle parabole di Niscemi alla superbase di Sigonella che ha un ruolo centrale in tutti i conflitti aperti e che è stata determinante nell’attacco Usa all’Iran (come lo è stata in diversi momenti a supporto delle operazioni belliche ucraine e anche di quelle israeliane). Non vogliamo essere complici e bersaglio delle guerre dei padroni». Dopo le mobilitazioni a Sigonella dello scorso 6 luglio, l’estate di lotta in Sicilia continua con la giornata contro la guerra e il genocidio in Palestina, a cui seguirà la manifestazione contro il Ponte sullo Stretto convocata per il successivo sabato 9 agosto a Messina con lo slogan “Vogliamo l’acqua, non la guerra”, per mettere al centro la necessità di interventi e politiche di tutela dell’ambiente e dei diritti contro speculazioni, grandi opere e logiche di guerra nei territori. Immagine di copertina di Giordano Pennisi – Scattomancino. Le foto dell’incendio sono tratte da nomuos.info SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Contro guerre, genocidio e riarmo: manifestazione No Muos a Niscemi proviene da DINAMOpress.
SIRACUSA: PARTITA L’IMBARCAZIONE HANDALA PER TENTARE NUOVAMENTE DI INFRANGERE IL BLOCCO DI ISRAELE AGLI AIUTI PER GAZA
È salpata domenica 13 luglio a Siracusa l’imbarcazione Handala della Freedom Flotilla Coalition. Farà tappa a Gallipoli, in Puglia e poi si dirigerà in Palestina carica di aiuti umanitari, sfidando nuovamente il blocco imposto dallo Stato sionista. Il natante espone bandiera inglese mentre l’equipaggio proviene da numerosi paesi tra i quali, Italia, Stati Uniti e Sud Africa. Numerosi i solidali da tutta la Sicilia che si sono recati al porto in occasione della partenza per esprimere la loro vicinanza. Tra di loro anche diversi sindaci. Sono alti i rischi che corrono la nave e il suo equipaggio, date le precedenti esperienze di altre imbarcazioni della Freedom Flotilla Coalition, che sono state attaccate dall’esercito israeliano. Nel 2010 durante un blitz sulla nave Mavi Marmara le forze armate di Tel Aviv uccisero 10 attivisti turchi. Zaher Darwish, coordinatore per l’italia della Freedom Flotilla, ci racconta la partenza di Handala e ricorda il significato politico della missione. Ascolta o scarica
MILITARIZZAZIONE: LA SICILIA SEMPRE PIÙ AL CENTRO DEGLI INTERESSI BELLICI DI STATI UNITI E NATO
“La Sicilia sarà il primo luogo al di fuori degli Stati Uniti dove verranno formati i piloti degli F-35. Così come siamo l’unico Paese al mondo dove vengono assemblati gli F-35, a Cameri”. Lo ha annunciato un gongolante ministro della Difesa, Guido Crosetto, in vista a un’altra base, la sarda Decimomannu. Ma che peso ha una dichiarazione del genere nel contesto geopolitico attuale? Quale il sottotesto e quali le ricadute principali in un territorio già abbondantemente militarizzato? Per fare il punto, occorre guardare non solo alla posizione strategica della Sicilia, ma anche alle potenzialità offerte all’economia di guerra non solo dalla presenza di basi Usa-Nato sul suo territorio, ma anche dall’utilizzzo che questi ultimi stanno già facendo dello spazio aereo di tutto il Mediterraneo orientale, con il bene placido del governo Meloni. “Nei giorni successivi ai primi bombardamenti aerei israeliani in Iran – riporta il 20 giugno sui propri social Antonio Mazzeo, giornalista e attivista antimilitarista –  sempre a largo della costa orientale siciliana sono stati effettuati i rifornimenti in volo per i caccia F-15 ed F-35 inviati da Washington nello scacchiere mediorientale, mentre dalla stazione aereonavale di Sigonella sono decollati i velivoli spia P-8A Poseidon di US Navy per svolgere missioni di intelligence e riconoscimento nelle acque del Mediterraneo orientale a favore delle unità da guerra israeliane. La Sicilia ancora una volta si conferma la piattaforma avanzata USA e NATO nel Mediterraneo”. Proprio per chiedere lo smantellamento delle basi Usa-Nato e la smilitarizzazione di Sigonella: domenica 6 luglio manifestazione a Sigonella “Per la pace e per il disarmo” e contro il genocidio del popolo palestinese. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, il commento e l’analisi di Antonio Mazzeo, giornalista, scrittore e attivista antimilitarista Ascolta o scarica