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Catania, 15 dicembre: Corso di formazione “Conoscere la guerra per costruire un immaginario di pace”
LUNEDÌ, 15 DICEMBRE 2025, ORE 8:30-13:30 AULA MAGNA L.S. “E. BOGGIO LERA” DI CATANIA (INGRESSO VIA QUARTARONE) Si svolgerà lunedì 15 dicembre 2025 dalle ore 8:30 fino alle 13:30 a Catania, presso il Liceo Scientifico “Enrico Boggio Lera“, il Convegno di Formazione e Aggiornamento in presenza e online per il personale scolastico organizzato dal CESP (Centro Studi per la Scuola Pubblica) con la collaborazione dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università dal titolo “Conoscere la guerra per costruire un immaginario di pace“. Il Corso si svolgerà sia in presenza che on line (per chi non abita nella provincia di Catania), ma in entrambi i casi occorre iscriversi e attendere la conferma al seguente link: https://forms.gle/2P4cqNVBK7ZHRaKY6 Si ricorda che il CESP è Ente accreditato/qualificato per la formazione del personale della scuola (Dir. MIUR n. 170/2016), per cui viene rilasciato Attestato di Partecipazione valido per l’esonero dal servizio per tutto il personale Docente e Ata (art. 36 Ccnl 2019/2021). PROGRAMMA DEL CONVEGNO Introduce e coordina: Patrizia Russo (Docente, Cesp Catania) Intervengono: Antonino De Cristofaro (Docente, Cobas Scuola) Pace e guerra dopo la fine del mondo bipolare     Gabriella Falcicchio (Docente di Pedagogia, Università di Bari) L’antropologia della guerra, noi e i nemici Michele Lucivero (Docente, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università) Educare alla pace. Oltre la militarizzazione dell’istruzione Futura D’Aprile (Saggista, Giornalista free lance) Il mercato delle armi e le guerre Si allega locandina e modulo esonero dal servizio. cespboggio25Download
Riunione Consiglio Supremo di Difesa del 17 novembre: ci prepariamo alla guerra?
Il 17 novembre si è riunito, al Palazzo del Quirinale, il Consiglio supremo di difesa, presieduto dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il Consiglio (legge n. 624/1950) esamina i problemi relativi alla difesa nazionale e, dal 1997 (legge n. 25), è stato stabilito che «è la sede nella quale, anche nei momenti di crisi, avviene l’informazione tempestiva e approfondita per il Presidente della Repubblica sulle scelte governative in materia di difesa per consentirgli la più celere ed equilibrata funzione di garanzia del rispetto dei fini, dei mezzi (in particolare dello strumento militare) e dei limiti previsti dalla Costituzione». Ricordiamo, inoltre, che secondo l’art. 87 della Costituzione, il Presidente della Repubblica: «ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere». Si tratta di un organismo che nel recente passato (Presidenti Cossiga, Scalfaro e Napolitano) ha contribuito alla subordinazione del nostro Paese alle politiche della NATO; ha sollecitato, nella crisi della ex Jugoslavia, la trasformazione del modello difensivo nazionale, privilegiando un ruolo militare attivo del nostro Paese, in contrasto con l’art. 11 della Costituzione; così come un analogo ruolo attivo (coerente con le politiche dell’Unione Europea) venne assunto rispetto alla crisi libica e, più in generale, nel Mediterraneo. Alla riunione hanno partecipato, oltre alla Presidente del Consiglio, i ministri dei cosiddetti settori strategici. Ovvero, Tajani (esteri); Piantedosi (interno); Crosetto (difesa); Giorgetti (economia); Urso (imprese) e il Capo di Stato maggiore della difesa, generale Portolano. È difficile, vedendo la tempistica e la composizione di questa riunione, non pensare ai tristemente famosi Gabinetti di Guerra: «organi ristretti di governo composti da un numero limitato di ministri e funzionari, creati in genere durante situazioni di crisi per prendere decisioni rapide e coordinate sulla strategia militare, diplomatica ed economica». Impressione suffragata dai temi affrontati e in particolare, come si può leggere in un comunicato della Presidenza della Repubblica, dalle seguenti affermazioni: «Il Consiglio ha confermato il pieno sostegno italiano all’Ucraina nella difesa della sua libertà. In questo senso si inquadra il dodicesimo decreto di aiuti militari. Fondamentale rimane la partecipazione alle iniziative dell’Unione Europea e della NATO di sostegno a Kiev e il lavoro per la futura ricostruzione del Paese. […] Il Consiglio ha espresso preoccupazione per la manipolazione dello spazio cognitivo, attraverso campagne di disinformazione, interferenze nei processi democratici, costruzione di narrazioni polarizzanti e sfruttamento delle piattaforme digitali per indebolire la fiducia nelle istituzioni e minare la coesione sociale». Temi, questi ultimi, purtroppo ampiamenti presenti nel dibattito europeo, basti ricordare le recenti affermazioni della Kallas (Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza): «la guerra della Russia all’Ucraina rappresenta una minaccia esistenziale per l’Unione Europea. Porre fine alla guerra in Ucraina in modo giusto e sostenibile è il primo passo di un lungo percorso per riscrivere l’equilibrio internazionale e farlo funzionare per ogni Paese […] La verità è che se si inizia a investire nella difesa quando ne abbiamo veramente bisogno è già troppo tardi. E lo è anche oggi. Se vogliamo la pace, dobbiamo prepararci alla guerra». Del resto, il 16 novembre, il Presidente Mattarella, intervenendo al Reichstag a Berlino in occasione della Giornata del lutto nazionale, ha detto: «considero questa giornata anche un invito a riflettere, insieme, sul percorso straordinario che le nostre due Repubbliche hanno compiuto, fianco a fianco, per costruire – in questi ottant’anni – un mondo migliore, partendo dall’Europa. […] Abbiamo saputo dar vita a un’area di pace, di libertà, di prosperità, di rispetto dei diritti umani, che non ha precedenti nella storia». Ribadendo una supposta superiorità della “civiltà occidentale”, quella cui dobbiamo i due conflitti mondiali, oltre alle vergogne di cui si è macchiato, negli altri continenti, il dominio coloniale, e dimenticando, come scrive Marco Travaglio «che nel 1999 il governo di cui Mattarella era vicepremier partecipò alla guerra d’aggressione della NATO (contro l’ONU) alla vicina Federazione Jugoslava, bombardando per 78 giorni le aree abitate piene di civili a Belgrado. Poi l’Italia e tutto l’Occidente riconobbero la secessione del Kosovo sebbene la risoluzione ONU 1244 vi avesse ribadito la sovranità jugoslava». Siamo, perciò, di fronte all’ennesimo tassello che fa crescere i pericoli di guerra, o meglio di un ulteriore allargamento dei conflitti in atto, che paghiamo con la progressiva riduzione del diritto di manifestare, l’aumento della repressione e una crisi economica sempre più grave, vista la crescita esponenziale degli investimenti e delle spese militari. È, quindi, fondamentale opporsi alla normalizzazione della guerra, alla retorica delle armi e del sacrificio, all’esaltazione delle politiche muscolari, consapevoli del fatto che se vogliamo la pace, c’è un’unica strada: preparare, e praticare, la pace. Nino De Cristofaro, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Catania
22 settembre, sciopero generale e generalizzato, ma c’è chi prova a mettere i bastoni fra le ruote
ASPETTIAMO UNA RISPOSTA DA CGIL E GILDA. Tanti Collegi Docenti, a partire dall’iniziativa e dalla sensibilità di tanti colleghi e colleghe, hanno deciso di iniziare il nuovo anno scolastico effettuando un minuto di silenzio contro il genocidio in Palestina, per l’immediato cessate il fuoco e per garantire l’arrivo degli aiuti umanitari nella Striscia. Per questa massiccia adesione all’iniziativa lanciata da Docenti per Gaza insieme all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università e alla Scuola per la pace Torino e Piemonte, noi siamo estremamente grati a tutti e a tutte gli/le insegnanti. Nel frattempo, però, cresce l’attenzione verso la missione della Global Sumud Flotilla, che deve poter approdare a Gaza e consegnare gli aiuti. Di fronte a una articolata e coerente iniziativa dal basso, USA e UE continuano a supportare la politica criminale di Israele e il governo Meloni si oppone alle pur timide proposte di sanzioni, che, comunque, non riguarderanno la fornitura di armi e la cooperazione militare con Israele. Fortunatamente cresce l’indignazione e la consapevolezza che bisogna, qui e ora, opporsi al genocidio e fermare la cosiddetta “operazione di terra”, iniziata dall’esercito israeliano. Lo sciopero generale e generalizzato del 22 settembre è una prima decisiva prova per dimostrare da che parte stanno lavoratrici e lavoratori e per chiedere le dimissioni del governo Meloni. Nelle scuole, in particolare, si preannuncia una significativa partecipazione. Ebbene, in questo contesto delegati locali di CGIL e GILDA diffondono, attraverso la deleteria comunicazione What’s App, informazioni di questo tipo: “Ricordiamo ai colleghi che, come previsto dall’Accordo ARAN del 2 dicembre 2020 e dalla Legge 146/1990, in caso di sciopero i docenti devono comunicare per iscritto una delle tre opzioni: aderisco; non aderisco; non ho ancora preso una decisione. La mancata comunicazione comporta responsabilità e può essere oggetto di sanzione disciplinare”. Quindi non solo non partecipano allo sciopero, ma condividono false informazioni. Infatti, secondo la normativa vigente, il personale scolastico non è obbligato a comunicare la propria adesione o meno. Chiediamo, perciò, e con urgenza, alle strutture nazionali dei due sindacati di diffondere una comunicazione corretta. NON ADERIRE A UNO SCIOPERO È UN CONTO, BOICOTTARLO È MOLTO GRAVE. Nino De Cristofaro, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Catania
Catania, docenti e scuole esprimono condanna per le guerre e solidarietà alla Palestina
A Catania i collegi docenti di tre scuole (Liceo E2. Boggio Lera”, Istituto “M. Cutelli” e IC “Parini”) hanno approvato la mozione in allegato, altri collegi (IC “Rapisardi -Dante Alighieri”, Istituto “Musco”, IC “Sauro- Giovanni XXIII”, IS “Vaccarini”) hanno espresso una chiara condanna delle guerre e solidarietà verso il popolo Palestinese. Non è tempo di silenzi o reticenze. Oltre 56 conflitti (di varia natura) attraversano il nostro pianeta. Una guerra mondiale a pezzi, che rischia di diventare globale. Un conflitto, vista la qualità, e la quantità, degli armamenti che non avrebbe né vincitori, né vinti. La scuola, quella che non addestra, che non esalta le competenze, che non rinuncia alla riflessione e allo spirito critico, può giocare un ruolo decisivo. Può provare a rovesciare la “normalizzazione” della guerra e della violenza che sembrano oggi prevalere. Non soltanto perché “se vuoi la pace, devi preparare la pace”, ma perché se vuoi costruire il futuro, se vuoi pensare/progettare il futuro, non puoi non partire dall’articolo 11 della nostra Costituzione, dal ripudio della guerra. Ma, pur condannando tutte le guerre, dobbiamo anche affermare che non sono tutte uguali. Il genocidio in Palestina, dove non c’è uno scontro fra due eserciti, rappresenta, infatti, la riproposizione di logiche e politiche che, dopo la sconfitta del nazi-fascismo, pensavamo sconfitte per sempre. L’idea della pulizia etnica (a Gaza, come in Cisgiordania) va contrastata in tutti i modi possibili. Né si può accettare che il “democratico” Occidente si volti dall’altra parte, applicando la politica dei due pesi e delle due misure (nessuna sanzione, prosecuzione di tutti i rapporti politici e commerciali, cooperazione militare…) che rafforza Israele nel perseguire i suoi obiettivi. Al punto che lo stato di Tel Aviv può, come se fosse normale, radere al suolo Gaza, fare morire di fame la popolazione, bombardare Libano, Siria, Yemen, Iran, Quatar… Come si può pensare che dopo questi crimini si potrà nuovamente percorrere il cammino della pace? Di fronte a un tale fallimento, politico e culturale, non stupisce che le classi dirigenti, europee e statunitensi, complici e silenti abbiano paura del confronto e della discussione, sino ad affermare che la scuola non può, non deve, occuparsi di tali problematiche. Lo fanno attraverso il linguaggio burocratico degli uffici scolastici regionali, ma anche, come nel caso del ministro Valditara, tentando di distribuire genericamente fra tutti le responsabilità. Un modo per evitare il giudizio su ciò che sta effettivamente accadendo. Se sono tutti colpevoli, nessuno è colpevole. Se la scuola non vuole voltarsi dall’altra parte, deve impegnarsi a fianco di chi, dal basso, pratica la solidarietà (per ultima la Global Sumud Flotilla) e, soprattutto, non rinunciare alle analisi, alle riflessioni e al confronto. Bisogna essere coscienti che non basta la pace, ma occorre una pace giusta. Nino De Cristofaro, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università Mozione approvata dagli istituti di Catania. *La Scuola ripudia la guerra* La barbarie bellica sembra essersi impadronita della nostra esistenza. In questo momento, nel nostro pianeta sono in atto oltre 50 conflitti, fra stati e/o fazioni civili: la guerra russo-ucraina, o quelle in Myanmar, Sudan, Siria sono solo alcune di un elenco purtroppo molto lungo. Bombardamenti, droni killer, massacro di civili (soprattutto donne e bambini) ci vengono riproposti quotidianamente, quasi a certificarne la normalità, come se dovessimo abituarci all’indifferenza. In Palestina, nella Striscia di Gaza e non solo, l’orrore è ancora maggiore. La popolazione è affamata, le strutture abitative distrutte per oltre il 70%, ospedali e scuole rasi al suolo, sfollamento continuo di oltre due milioni di persone. Israele parla apertamente di allontanamento di tutti i palestinesi dalla Striscia. Un progetto di pulizia etnica. Non a caso la Corte Penale Internazionale ha emesso mandati di arresto per la leadership israeliana (incluso Netanyahu e Gallant) per presunti crimini e violazioni del diritto umanitario nel conflitto a Gaza e più voci autorevoli hanno definito quello in corso nella Striscia un genocidio. Ebbene, di fronte a tutto questo la scuola non può più tacere. Se lo facesse, abdicherebbe al proprio compito educativo, al dovere di lavorare per la pace, per l’inclusione e contro ogni forma di discriminazione e di pregiudizio. La scuola non può rinunciare a far vivere la nostra Costituzione che, come recita l’art.11, “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.” Per questi motivi il Collegio dei Docenti del ………… si impegna 1) Ad esporre la bandiera della Pace per ribadire la condanna di tutte le guerre; 2) Ad effettuare in tutte le classi, giorno …. settembre alle ore 9,15, un minuto di silenzio per chiedere l’immediato cessate il fuoco in Palestina e lo sblocco degli aiuti umanitari; 3) Ad affrontare, all’interno dei programmi di studio, il tema della pace e della guerra, affinché tutti gli studenti e tutte le studentesse possano maturare conoscenze adeguate ed esprimere autonomamente le loro riflessioni.
Da Catania il saluto e il sostegno alla Global Sumud Flotilla: “Buon vento Flotilla”
È stata definita la più grande missione di pace del dopoguerra, stiamo parlando della Global Sumud Flotilla, che giorno 7 settembre muoverà decine e decine di imbarcazioni verso la Striscia di Gaza, con attivisti provenienti da 44 Paesi. Porteranno aiuti umanitari e materiale sanitario per provare a rompere l’assedio israeliano. Che a Gaza Israele stia consumando un vero e proprio genocidio ce lo conferma l’International Association of Genocide Scholars (Iags), la più autorevole associazione internazionale di studiosi e accademici del genocidio nei suoi aspetti storici e legali: “Le politiche e le azioni di Israele a Gaza soddisfano la definizione giuridica di genocidio di cui all’articolo II della Convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio (1948)”. A supporto della Flotilla e delle navi che partiranno dalla Sicilia, giorno 3 settembre a Catania e Siracusa si sono svolte due importanti manifestazioni. Particolarmente imponente il corteo catanese, circa 15,000 partecipanti che hanno letteralmente riempito, per gli interventi finali, piazza Federico di Svevia, una delle piazze più grandi della Città, con i suoi oltre 4200 metri quadrati. A promuoverlo Catanesi Solidali con il Popolo Palestinese, un comitato, composto da sindacati di base, forze sociali e politiche, singole/i aderenti, tra cui anche l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, che da quasi due anni si è schierato a fianco del popolo Palestinese. E lo ha fatto, sin dall’inizio, con la convinzione che Israele non stesse mettendo in campo, come soprattutto nel primo periodo veniva ignobilmente affermato, “una reazione eccessiva”. Le scelte dello stato sionista, sempre supportate dalle “democrazie occidentali”, infatti, miravano e mirano, come ormai è drammaticamente evidente, all’espulsione di tutti i Palestinesi da Gaza e dalla Cisgiordania. Del resto basterebbe ricordare che Theodor Herzl, il padre del sionismo moderno, già nel 1896 nel saggio “Lo stato ebraico” scriveva che occorreva costituire un insediamento ebraico, nel cosiddetto Medio Oriente, per porre un argine alla barbarie. Oggi, è il tempo delle scelte radicali. O si sta con Israele, cui tutto è permesso, o si fa l’impossibile per impedire che prosegua il genocidio. Avendo piena consapevolezza che chi sostiene e vota per il riarmo europeo, non si batte per la rottura dei rapporti diplomatici, economici e militari con Israele e ha paura di pronunciare la parola genocidio non è uguale a coloro che progettano i resort nella Striscia, ma è comunque subordinato alla logica del più forte. Per questo è certo decisivo ampliare le azioni solidali, ma occorre, soprattutto, modificare le politiche di morte dei nostri governi. Sia per fermare la guerra, sia per impedire che il riarmo e l’aumento esponenziale delle spese militari contribuiscano in modo decisivo alla distruzione dello stato sociale. Se vogliamo, perciò, rispondere alla volontà di pace e giustizia sociale che esprimono le mobilitazioni in tutto il mondo, proviamo a decolonizzare il nostro pianeta. Nino De Cristofaro, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Catania
Nino De Cristofaro al Convegno dell’Osservatorio: Pace e Diritti. Decostruire il pensiero
Pubblichiamo il video dell’intervento dal titolo “Pace e diritti, decolonizzare il pensiero per costruire nuovi percorsi didattico-educativi” di Antonino De Cristofaro, docente e sindacalista Cobas Catania al convegno nazionale dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università svoltosi il 16 maggio a Roma presso Spin Time dal titolo Scuole e università di pace. Fermiamo la follia della guerra. Dopo l’esperienza positiva dello scorso anno l’Associazione Nazionale “Per la Scuola della Repubblica“- OdV, soggetto accreditato alla formazione Decreto MIUR 5.7.2013 Elenco Enti Accreditati/Qualificati 23.11.2016, insieme all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università hanno organizzato a Roma per il 16 maggio 2025 un Convegno nazionale in presenza e online sul processo di militarizzazione dei luoghi della formazione e sulla necessità di costruire percorsi di pace all’interno di un quadro europeo e mondiale che vira inesorabilmente verso un conflitto globale.
Merkatu di Noto: iniziativa per la Pace e i Diritti con Osservatorio contro la militarizzazione
Intervento dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università domenica 29 giugno nel contesto animato e festivo di Testa dell’Acqua, una frazione del Comune di Noto (Siracusa) dove l’associazione Meraki (https://www.lazytime.org/sicily) organizza un Merkatu contadino mensile. In mezzo alle bancarelle di contadini, apicoltori e artigiani, a laboratori per bambini, e accanto al palco di una band, Nino De Cristofaro e Lorenzo Perrona hanno creato con Vanni Spataro uno spazio di riflessione per cercare di disinnescare l’intervento dei militari nelle scuole. Oltre alle persone che hanno ascoltato sparse nel mercato, una ventina si sono soffermate ad ascoltare e a fare domande, condividendo  e riconoscendo l’impegno e la lotta dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università. In particolare, è stata condivisa la preoccupazione per l’allargamento e l’estensione dei conflitti in atto, soprattutto nel cosiddetto Medio Oriente. Israele, infatti, prosegue nel genocidio del popolo palestinese (anche attraverso il blocco degli aiuti umanitari) e, come avvenuto per ultimo con l’aggressione all’Iran, getta ulteriore benzina sul fuoco. È stata anche sottolineata la subordinazione dell’Unione Europea, incapace di stimolare una politica di pace, subordinata ai diktat di USA e Israele, schierata contro l’avvio di trattative di pace fra Russia e Ucraina. Un quadro generale reso ancora più  preoccupante dal tentativo della maggior parte dei governi, compreso quello italiano, di rendere ‘normale’ la guerra come strumento utile per risolvere problemi e contraddizioni. Per contrastare tutto questo, diventa perciò essenziale costruire, a partire dai luoghi di studio e di ricerca, una grande mobilitazione per la pace e per i diritti. Nella consapevolezza che l’escalation degli armamenti e i sempre maggiori investimenti in questa direzione sottraggono e sottrarranno sempre più risorse alle spese sociali (sanità, scuola, trasporti…) e al benessere dei cittadini. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Siracusa