Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidiodi GIROLAMO DE MICHELE.
A proposito di: Francesca Albanese, FROM ECONOMY OF OCCUPATION TO ECONOMY OF
GENOCIDE. Report of the Special Rapporteur on the situation of human rights in
the Palestinian territories occupied since 1967 [scaricabile qui ]
Where’s your Daddy? è un videogioco nel quale un bambino cerca di uccidersi in
casa recuperando uno fra le decine di oggetti potenzialmente letali – il
flaccone di candeggina, una posata da infilare nella presa elettrica –, e un
padre cerca di impedirglielo. Citando un bravo comico, una specie intelligente
capace di concepire un prodotto del genere merita l’estinzione. Ma c’è di
peggio: un programmatore ha scelto questo nome per un sistema di intelligenza
artificiale che insegna ai droni israeliani a individuare ed eliminare esseri
umani che, dopo il bombardamento di un luogo abitato, escono dal rifugio per
cercare i superstiti. Where’s your Daddy? interviene in seconda battuta dopo
Gospel, un sistema di intelligenza artificiale che stima il numero di vittime
collaterali nel colpire un target in cui è ritenuto essere un potenziale
obiettivo: un militare riceve l’informazione, e dà l’ok al drone, sapendo quante
vittime civili saranno colpite. Con le parole di uno di questi [qui]:
> Niente succede per caso. Quando una bimba di tre anni viene uccisa in una casa
> a Gaza, è perché qualcuno nell’esercito ha deciso che la sua morte non è un
> dramma – che è un prezzo accettabile da pagare per poter colpire un obiettivo.
> Non siamo Hamas. Non lanciamo razzi a caso. Tutto è intenzionale. Sappiamo
> esattamente quanti danni collaterali ci sono in ogni casa.
Lo sviluppo di sistema di intelligenza artificiale in israele è reso possibile
dalla partnership con Palantir Technologies [proprio così, Palantír: leggere
Tolkien da piccolo non necessariamente farà di te un essere umano capace di
distinguere il bene dal male], azienda statunitense specializzata nell’analisi
dei Big Data; e dall’accesso alle proprie tecnologie cloud e di intelligenza
artificiale concesso al governo israeliano da Microsoft, Alphabet [cioè Google]
e Amazon. Come per Shylock, il sangue umano vale nella misura in cui può essere
trasfigurato in una merce messa a valore; e infatti crescono i profitti di
queste aziende, e crescono gli investitori dei propri capitali in questo
settore: Blackrock è il secondo maggiore investitore istituzionale in Palantir
(8,6%), Microsoft (7,8%), Amazon (6,6%), Alphabet (6,6%) e IBM (8,6%), e il
terzo maggiore in Lockheed Martin (7,2%) e Caterpillar (7,5%).
Blackrock ricorda qualcosa? È la società di investimenti dalla quale proviene
Friedrich Merz, il cancelliere tedesco che ha di recente dichiarato che “Israele
sta facendo il lavoro sporco per noi tutti”.
Credo possa bastare per dare un’idea del contenuto dell’ultimo rapporto redatto
da Francesca Albanese in qualità di Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui
territori palestinesi occupati, From economy of occupation to economy of
genocide: quanto ho sintetizzato proviene dai paragrafi 41, 42, 75, solo tre dei
99 complessivi. Di questo Rapporto, scaricabile qui, ne ha fatto un’ottima
sintesi Chris Hedges, già Premio Pulitzer, per molti anni inviato del New York
Times sugli scenari di guerra, in particolare in Medio Oriente, che sulla sua
newsletter segue da tempo il genocidio in corso a Gaza, e ha dato alle stampe un
libro, Un genocidio annunciato, al tempo stesso imprescindibile e già superato
dalla tragicità degli eventi.
Francesca Albanese ha costruito un database che cataloga oltre 1000 aziende o
entità economiche che, a diverso titolo, collaborano all’attuazione del
genocidio in corso a Gaza; nel rapporto ne sono nominate 48, fra cui Palantir
Technologies Inc., Lockheed Martin, Alphabet Inc., Amazon, International
Business Machine Corporation (IBM), Caterpillar Inc., Microsoft Corporation e
Massachusetts Institue of Technology (MIT), insieme a banche e società
finanziarie come Blackrock e Vanguard. Ma anche l’italiana Leonardo, Hyundai,
Volvo, HP, Booking Holding Inc., Airbnb Inc., Allianz, Axa, Paribas, Barclay,
BNP.
Un esempio del ruolo di banche e assicurazioni nel par. 74:
> In quanto principale fonte di finanziamento del bilancio dello Stato
> israeliano, i titoli del Tesoro hanno svolto un ruolo cruciale nel finanziare
> l’attacco in corso a Gaza. Dal 2022 al 2024, il bilancio militare israeliano
> è cresciuto dal 4,2% all’8,3% del PIL, portando il bilancio pubblico a un
> deficit del 6,8%. Israele ha finanziato questo bilancio in forte espansione
> aumentando le proprie emissioni obbligazionarie, tra cui 8 miliardi di dollari
> a marzo 2024 e 5 miliardi di dollari a febbraio 2025, insieme alle emissioni
> sul mercato interno del nuovo shekel. Alcune delle più grandi banche del
> mondo, tra cui BNP Paribas e Barclays sono intervenute per rafforzare la
> fiducia del mercato sottoscrivendo questi titoli del Tesoro nazionali e
> internazionali, consentendo a Israele di contenere il premio sul tasso di
> interesse, nonostante un declassamento del merito creditizio. Le società di
> gestione patrimoniale, tra cui Blackrock (68 milioni di dollari), Vanguard
> (546 milioni di dollari) e la sussidiaria di gestione patrimoniale di Allianz,
> PIMCO (960 milioni di dollari), erano tra gli almeno 400 investitori
> provenienti da 36 paesi che li hanno acquistati. Nel frattempo, la Development
> Corporation for Israel (ovvero Israel Bonds) fornisce un servizio di
> sollecitazione di obbligazioni per il governo di Israele per privati cittadini
> stranieri e altri investitori. La Development Corporation for Israel ha
> triplicato le sue vendite annuali di obbligazioni per convogliare quasi 5
> miliardi di dollari in Israele da ottobre 2023, offrendo al contempo agli
> investitori la possibilità di inviare il rendimento degli investimenti
> obbligazionari a organizzazioni di beneficenza che sostengono l’esercito
> israeliano e le colonie.
Mentre le principali piattaforme di viaggio online traggono profitto
dall’occupazione vendendo un turismo che sostiene le colonie, esclude i
palestinesi, promuove le narrazioni dei coloni e legittima l’annessione,
attraverso la pubblicazione di proprietà e camere d’albergo nelle colonie
israeliane, comprese le proprietà israeliane di Gerusalemme est (parr. 69-70).
Lo scopo del Rapporto Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio
è molteplice. In primo luogo, con una dotta appendice giuridica che si richiama
alla legislazione internazionale esistente sui crimini internazioniali e il
genocidio, sostenere che la compartecipazione economica consapevole da parte di
queste aziende e società viola lo jus cogens e le norme internazionali, e
dovrebbe quindi essere sanzionata per la sua complicità giuridica con i crimini
in atto (par. 18).
Ma soprattutto, Francesca Albanese interviene sulla rimozione linguistica e
politica del ruolo della finanza internazionale, cioè del capitale, nella guerra
in atto: ruolo che viene nascosto, rimosso – per chi ha passioni o vezzi
lacaniane si può senz’altro parlare di forclusione – dalle narrazioni che,
facendo iniziare il conflitto dalle “atrocità commesse dall’ottobre 2023” (par.
18), e giustificandolo come una guerra fra religioni – quando non fra “razze” –
ignorano l’ombra lunga del capitale che si estende da anni sull’intera regione
compresa fra il Giordano e il Mediterraneo: il “monopolio di Israele sul 61%
della Cisgiordania ricca di risorse (Area C)” fa sì che l’economia israeliana
sottragga a quella palestinese “almeno il 35% del suo PIL” (par. 24), e consenta
di convogliare sui territori facenti parte dello Stato israeliano, o da questi
controllati con l’occupazione militare e coloniale, gli interessi di alcuni fra
quei “conglomerati aziendali [che] superano il prodotto interno lordo (PIL) di
interi Stati sovrani”, “talvolta esercitando più potere – politico, economico e
discorsivo – degli Stati stessi” (par. 12).
Come ha detto Albanese in una intervista a Chris Hedges [l’integrale in coda al
testo],
> Il genocidio a Gaza non si è fermato perché è redditizio, è redditizio per
> troppe persone. È un business. Ci sono entità aziendali, anche di stati
> amici della Palestina, che per decenni hanno fatto affari e tratto profitti
> dall’economia dell’occupazione. Israele ha sempre sfruttato la terra, le
> risorse e la vita dei palestinesi. I profitti sono continuati e persino
> aumentati mentre l’economia dell’occupazione si trasformava in un’economia di
> genocidio.
Inoltre, ha detto Albanese, i palestinesi hanno fornito “campi di addestramento
sconfinati per testare le tecnologie, le armi e le tecniche di sorveglianza che
ora vengono utilizzate contro le persone ovunque, dal Sud al Nord del mondo”:
basta citare lo spyware Pegasus prodotto dalla società israeliana NSO,
progettato per operazioni segrete e sorveglianza degli smartphone, che “è stato
utilizzata contro gli attivisti palestinesi e autorizzata a livello globale per
prendere di mira leader, giornalisti e difensori dei diritti umani” (par. 37).
Una “diplomazia dello spyware” cara ai governanti italiani, a partire dal
governo Conte-Salvini (quando fu avviata, per candida ammissione di Giuseppe
Conte, la sorveglianza illegale delle comunicazioni di Luca Casarini) per
estendersi in seguito (aspettiamo di sapere ad opera di chi) ad altri militanti
di Mediterranea, giornalisti “impiccioni”, e chissà quanti altri. Fuori
dall’Italia, Pegasus aveva già fatto il suo lavoro sul telefonino della moglie
del giornalista saudita Jamal Khashoggi, assassinato nel consolato saudita di
Istambul il 2 ottobre 2018.
Ma c’è un salto qualitativo evidente nel passaggio dallo Stato-laboratorio di
tecnologie militari, e dell’intersezione di queste con l’analitica dei big data,
quale fino a ieri poteva essere considerato Israele, e la messa a profitto della
guerra all’interno di un vero e proprio ecosistema finanziarizzato senza il
quale il processo genocidiario in atto non sarebbe stato possibile: la
manifestazione evidente di un regime di guerra permanente, nella quale la
macchina bellico-finanziaria sperimenta tecniche di valorizzazione e profitto, e
al tempo stesso di redifinizione del ruolo dello Stato attraverso un disegno
globale di ridimensionamento degli organismi politici e giuridici
sovranazionali, e in definitiva di cancellazione dei limiti segnati dal diritto
internazionale umanitario.
Il Rapporto Albanese, ancor più dei precedenti, va quindi preso a modello per
elaborare strategie di opposizione al genocidio: a partire, in attesa della
pubblicazione dell’intero database, dalle 48 aziende elencate, per le quali
vanno attuate pratiche di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzione.
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EuroNomade.