Vicenza: «Difendiamo i boschi contro una idea falsa di sviluppo»L’8 luglio una grande mobilitazione ecologista ha impedito l’accesso a un’area
boschiva che si vuole abbattere per fare spazio alla TAV tra Padova e Verona.
Abbiamo intervistato attivist3 della rete “Boschi che resistono” per comprendere
le origini e le prospettive della loro lotta.
Potete raccontare cosa è il bosco di Ca’ Alte e come è nata l’azione della rete
“Boschi che resistono” a Vicenza?
È una area boschiva di 14mila metri quadrati nel cuore della città di Vicenza.
Vogliono abbatterla per fare spazio a un’area di cantiere del progetto TAV.
Inoltre è prevista la costruzione di una strada, un viadotto che scavalcherà la
ferrovia. Siamo entrat3 in questo bosco e in un’altra area boschiva a 200 metri
di distanza un anno fa, nel maggio 2024 per scongiurare l’abbattimento, che
abbiamo fatto ritardare fino a oggi.
In un anno si sono avvicinati molti gruppi a questa realtà, anche gruppi che
hanno compreso la lezione di Luzerath in Germania e praticano forme di
resistenza e disobbedienza civile che consistono nel presidiare l’area
attrezzata con casette sugli alberi che ci aiuteranno a difendere questa
meraviglia che una città inquinata come Vicenza non si può permettere di
perdere.
Il bosco di Ca’ Alte grazie allo studio svolto da agronomi forestali di fama
nazionale è stato dichiarato un valore ecosistemico da preservare. I boschi sono
riserve di carbonio che catturano la CO2 in atmosfera, ci aiutano a respirare
perché producono ossigeno, abbattono le polveri sottili perché le assorbono,
oltre a trattenere la pioggia nel caso di eventi piovosi, e in una città a
rischio idrogeologico elevato ha notevole importanza. Inoltre hanno un ruolo
nella diminuzione delle temperature vista la tendenza mondiale all’innalzamento.
I boschi maturi come quello di Ca’ Alte, sviluppati nel corso di decenni, vanno
assolutamente tutelati.
Ci dicono che una volta finite le opere – si stima una decina di anni –
ripristineranno l’area e pianteranno “piantine” di 1 o 2 anni di vita cresciute
in serre in nord Europa, ma che sono molto fragili e muoiono facilmente. Inoltre
la loro capacità di influire negli effetti di mitigazione sopra descritti non è
comparabile a boschi che hanno decine di anni.
Questo bosco è un avamposto di resistenza a questa assurda opera che è il TAV
dentro la città. Cerchiamo di difendere questi meravigliosi esseri viventi, cioè
questi boschi che resistono a una idea di sviluppo tanto falsa quanto folle.
Mobilitazione a difesa del bosco dell’8 luglio 2025
L’8 luglio avete subito un forte tentativo di sgombero da parte delle forze
dell’ordine, cosa è successo e quale è ora la situazione nel Bosco di Ca’ Alte?
È stata una giornata molto intensa per l’assemblea dei Boschi e per la città di
Vicenza, abbiamo coinvolto circa 250 persone per impedire lo sgombero. Dalle 5
del mattino eravamo pront3, le forze dell’ordine sono arrivate molto presto per
convincerci ad abbandonare l’area e permettere ai lavori di Iricav – il general
contractor per la TAV – di proseguire.
Molte di noi erano sedute fuori dal cancello, persone di età differenti. Erano
incatenati tra di loro e sono stati portati via a forza. Poi hanno iniziato a
tirare giù il cancello e le barricate costruite. Alcune signore dell’assemblea
dei boschi erano sopra alla barricata e sono state portate giù con il
macchinario dei pompieri. In seguito alla seconda barricata si è resistito agli
idranti con gli scudi. Nessun albero è stato abbattuto e questo era il nostro
obiettivo. In questi giorni hanno iniziato a mettere colate di cemento
all’ingresso. Stiamo dormendo nei boschi da un po’ per controllare cosa fanno
ogni giorno operai e forze dell’ordine.
Continueremo a vivere i boschi e a lottare contro il progetto TAV. Pensiamo che
sia un progetto obsoleto che distrugge l’ambiente, la città e la salute. Siamo
persone lavoratrici, pensionate, che studiano, alcune hanno preso le ferie per
difendere il bosco. Tutto questo è un simbolo della nostra determinazione e crea
molta gioia nello stare assieme, perché si sta creando una forte collettività.
Immagine di “Boschi che resistono”
Nell’opposizione alla distruzione di questo bosco contestate l’inutilità
dell’opera TAV ma proponete anche alternative. Ci puoi spiegare perché ritenete
quel tracciato ferroviario inutile e quali potrebbero essere altre opzioni?
Chiediamo l’opzione zero, che significa l’ammodernamento della linea con le
tecnologie più recenti ed efficienti, che permettono di aumentare la capacità
della linea senza dover devastare la città. La valutazione della opzione zero è
prevista dalla norma, e Rfi non l’ha fatto. L’Europa, quando parla di TAV,
precisa di costruire linee nuove dove questo è possibile, ma dove ci sono dei
vincoli territoriali/tipografici anche dovuti ai nuclei urbani prescrive
l’ammodernamento e non linee nuove.
Infatti nella vicina regione Friuli Venezia Giulia, per tutta la tratta di 140
km, da Venezia a Trieste, è stata adottata l’opzione zero. Questo dimostra che
dove c’è la volontà politica, l’opzione zero è possibile. Noi lo chiediamo per i
10 km del tratto di Vicenza. La soluzione eviterebbe anche la costruzione
dell’impattante salto de montone, un cavalcaferrovia alto 7 metri, in una zona
rurale la cui vocazione è rimanere verde. L’opzione zero eviterebbe le opere
complementari e compensative che di fatto sono tutte opere di cemento e asfalto,
si eviterebbero 30 km di nuove strade a fronte di 10 km di ferrovie. Possiamo
parlare di un progetto ferroviario con questi numeri?
Le Conseguenze dei cambiamenti climatici che stiamo vivendo ci dovrebbero
indurre a ragionare su altri tipi di infrastrutture, opere verdi che mettano in
sicurezza il territorio, che riducano le emissioni di CO2, che rendano le città
più vivibili aumentando il verde non il cemento.
Come continuerà durante l’estate la vostra lotta a Vicenza?
Per il momento l’idea è continuare a proporre eventi culturali, sociali per far
vivere i boschi a quante più persone possibili, di Vicenza ma non solo. È
importante che la città sia consapevole di quello che vogliono dire questi
boschi per chi vive in questi luoghi. Il presidio permanente continuerà al bosco
di Ca’ Alte, quello più a rischio dove stanno facendo i lavori all’entrata.
Continueremo a presidiare e continueremo a vivere i boschi e a resistere assieme
a loro. Vedremo se le istituzioni nel frattempo si renderanno conto di quanto
grave sia quello che sta accadendo.
Immagini di copertina e nell’articolo di “Boschi che resistono”
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