C’è qualcosa di nuovo oggi a scuola… anzi d’antico
Proprio nel giorno in cui a decine di migliaia studenti e docenti, in più di 80
città d’Italia, scendono in piazza insieme a tanti altri lavoratori, pensionati,
gente comune, per gridare la loro indignazione contro il genocidio palestinese
con i sindacati di base, proprio oggi desideriamo pubblicare una riflessione
accurata sulla scuola modello Valditara
È iniziato un nuovo anno scolastico all’insegna di quella che il Ministro dell’
Istruzione (e del merito) definisce una vera “rivoluzione culturale”. Da mesi si
susseguono infatti proclami sulle novità varate dal governo e sul nuovo corso a
cui le scuole dovranno adeguarsi.
La prima novità sarà sicuramente quella sul voto di condotta che tornerà ad
essere centrale nella valutazione tanto da prevedere esami di recupero e la
bocciatura con l’insufficienza; anche le sanzioni disciplinari saranno inasprite
con sospensioni e svolgimento di lavori “socialmente utili”. Quindi attenzione
al comportamento e addio alle usuali occupazioni che potrebbero compromettere la
promozione.
E a proposito di ribellioni, il rifiuto di poch* student* nel sostenere la prova
orale degli esami di stato ha scatenato questa estate l’ira funesta del ministro
che, a dire il vero, non vedeva l’ora di mettere mano ad una riforma della
“maturità” (così dovrà infatti chiamarsi nuovamente l’esame dal prossimo anno);
anche in questo caso è bastato riavvolgere il nastro e tornare indietro nel
tempo.
La riforma prevede infatti un colloquio con solo 4 discipline, scelte dal
ministero e comunicate già a gennaio, tra le quali, naturalmente, non potranno
mancare le materie base come italiano e matematica, con buona pace delle altre
discipline del curricolo che, facile scommetterci, verranno abbandonate al loro
destino di sopravvissute (e, con esse, i poveri docenti che già vedo vagare nei
corridoi nel vano tentativo di acciuffare una pur minima interrogazione entro la
fine dell’anno).
Ma la vera novità è la sicura bocciatura per chi decida di sottrarsi all’ orale,
una vendetta, promessa e mantenuta dopo i casi che tanto hanno fatto infuriare
il povero ministro.
Nel contestare il colloquio orale, in realtà, gli studenti hanno solo messo a
nudo un sistema d’esame che negli anni è stato peggiorato da vari interventi
ministeriali tanto da renderlo incongruente dal punto di vista valutativo. Se un
esame ti dà la possibilità di raggiungere il punteggio minimo anche senza la
prova orale non è certo colpa degli studenti, ma di chi ha via via modificato i
criteri e i punteggi del credito e delle prove con superficialità.
L’introduzione inoltre del sorteggio di un documento per iniziare l’esame,
voluta senza alcun motivo ragionevole dal ministro leghista Bussetti, ha reso
ancor più iniquo il colloquio, il cui giudizio finale non di rado stravolge
quello dei docenti e le aspettative di chi ha affrontato con impegno lo studio e
la preparazione.
Con il loro rifiuto quest* ragazz* hanno semplicemente fatto notare che “ il re
è nudo” e il sistema non funziona perché “non premia il merito ma l’azzardo e
l’improvvisazione” come li definisce una alunna. Non si comprende altrimenti
come mai quei pochi casi abbiano scatenato un dibattito su giornali e social,
dibattito nel quale ogni categoria ha sentito il dovere di dire la sua, tanto da
costringere il povero ministro a correre ai ripari nella probabile eventualità
che si possa trasformare in un vero e proprio movimento di protesta nel prossimo
autunno.
A dire la verità, la passione nel metter mano alla scuola è sempre stata una
regola per ogni governo in carica, quasi un sigillo da apporre per lasciare un
segno indelebile del proprio passaggio nel panorama politico. Perché, si sa, è
facile inventarsi qualcosa di nuovo spesso senza avere alcuna idea della scuola
e dei bisogni di chi ci vive e lavora, ma estremamente difficile è smaltire nel
tempo le scorie dannose di queste riforme.
Così è stato per i tagli dell’allora ministra Gelmini, i cui effetti di
risparmio (taglio di ore e materie, “classi pollaio”) non sono stati mai stati
superati, o per la famosa “Buona scuola” di renziana memoria, rimasta nella
storia soprattutto per quell’alternanza scuola-lavoro di cui non riusciamo
ancora a liberarci.
Il buon Valditara non si sottrae certo a questa consuetudine, anzi il marchio
della destra sovranista e reazionaria dovrà essere ancor più profondo, una
pietra tombale, come lui stesso ha affermato, su quella scuola erede del
lassismo sessantottino che tanti danni ha provocato nei giovani, rendendoli
irresponsabili, ribelli alle regole e poco inclini al senso del dovere.
Così è bene cominciare dal primo ciclo, con la modifica dei giudizi valutativi e
il ritorno ad un sintetico marchio, da insufficiente a ottimo, anche per i più
piccoli, perché fin da quell’età inizi una sana e rigida educazione; e pazienza
per il lavoro e l’impegno dei docenti nel mettere a punto un sistema valutativo
adeguato all’età e ai criteri pedagogici innovativi, e pazienza anche per
l’inevitabile confusione nelle famiglie.
Il secondo tassello sono i programmi per la scuola primaria e secondaria di
primo grado (scuola media), riscritti da una commissione ministeriale senza
alcun confronto con il mondo della scuola (se non una sorta di sondaggio inviato
ai vari istituti, che però non prevedeva alcuna possibilità di modifica del
testo ritenuto definitivo) e con le associazioni disciplinari, le cui critiche
sono state considerate solo un effetto della presunta posizione ideologica di
sinistra.
Leggere questi nuovi programmi è come fare un tuffo nel passato e tornare
indietro di mezzo secolo, dallo studio del latino e della grammatica normativa,
della storia europea in chiave identitaria e nazional-risorgimentale, allo
studio dei classici della tradizione occidentale. Non riusciamo ad immaginare
quali altre succose novità prevedranno i programmi delle superiori che il
ministro ha promesso saranno presto pronti.
Nel frattempo niente più tecnologie deleterie per i nostri ragazzi, sconsigliato
anche l’uso del registro elettronico per i compiti con il ritorno al diario
cartaceo, d’altronde, vuoi mettere l’antica emozione della scelta del diario al
rientro a scuola?
Non contento delle tante novità, il ministro ha pensato bene di introdurre
un’ultima chicca che aumenterà, se mai ce ne fosse bisogno, il livello di
conflittualità nelle scuole: il divieto assoluto dell’uso dei cellulari durante
l’orario scolastico. Detto così sembrerebbe che gli studenti e le studentesse
italiane abbiano potuto utilizzare finora con assoluta libertà lo smartphone in
classe, cosa che invece non accade ormai da anni in tutte le scuole (il divieto
dell’uso dei cellulari risale al 2007) dotate, con maggiore o minore
flessibilità, di regolamenti più o meno rigidi che ne consentono un uso
limitato, magari durante l’intervallo.
E allora perché tanta solerzia da parte del Ministro? E soprattutto, perché
costringere le scuole, già cariche dei loro problemi quotidiani, a gestire il
controllo, la custodia dei telefoni e le sanzioni disciplinari che
inevitabilmente scatteranno? La circolare prevede infatti alcuni casi in cui
l’uso sarà consentito, alunn* con bisogni speciali o uso didattico in alcuni
istituti tecnici, ma è chiaro che questi casi si moltiplicheranno a dismisura
con richieste tra le più disparate da parte di genitori e ragazz*; l’ampia
casistica sarà un ulteriore stress test per le scuole con un aumento inevitabile
dei conflitti tra alunn* e docenti.
Ancora una volta il ministro dimostra di non tenere in alcuna considerazione il
parere di pedagogisti ed esperti che ritengono più utile intraprendere percorsi
di uso consapevole di cellulari e social, piuttosto che vietarli solo per alcune
ore.
Ma tant’è, il modello repressivo non prevede gradualità, si punisce per educare
e la (nuova ) scuola di Valditara non dovrà certo sfigurare nei confronti di un
governo che deve mantenere alta l’attenzione sull’enfasi propagandistica delle
scelte repressive a cui ormai ci ha abituato.
Resta da chiedersi quale sarà la risposta delle associazioni studentesche che
hanno già manifestato la loro contrarietà alle riforme e al modus operandi di un
ministro che evita ogni confronto con il mondo della scuola; ma certo occorre
anche chiedersi se questa riforma in senso autoritario e sovranista sarà
veramente la pietra tombale della nostra scuola democratica.
Intanto il nostalgico Valditara gioisce perché finalmente i ragazzi che si
comportano male verranno severamente puniti e continua a sognare la bella scuola
del passato severa e dirigista, in cui anche chi aggredisce docenti o personale
scolastico verrà denunciato e punito.
La stretta punitiva riguarderà anche i docenti, per i quali è previsto il
divieto di manifestare critiche nei confronti dell’amministrazione, come ci
insegna il caso recente del professore Christian Raimo, sospeso per avere
criticato il ministro ad un evento pubblico.
Ma intanto nulla è cambiato per gli insegnanti, con salari tra i più bassi
d’Europa e senza speranza di risorse per l’ormai scaduto contratto; per i
precari, la cui stabilizzazione si è trasformata in un percorso ad ostacoli; per
le scuole fatiscenti ridotte al lumicino tra accorpamento e taglio di personale,
mentre raddoppiano i finanziamenti alle scuole private. Coerentemente in linea
con il passato e nonostante i proclami su una restituita dignità professionale,
le riforme si fanno a costo zero per i docenti, come sempre.
Pina Catalanotto