A Roma la quarta Conferenza dell’EL*CDalla marginalità alla visibilità lesbica (inclusiva): si è aperta a Roma la
quarta Conferenza internazionale dell’Eurocentralasian Lesbian* Community –
EL*C, network transfemminista e intersezionale nato come spazio auto-organizzato
e a partire dal riconoscimento di una pluralità di bisogni di rivendicazione
condivisi da persone lesbiche in tutta Europa e in Asia centrale. La scelta di
adottare l’asterisco ha una specifica valenza, ossia reclamare il valore del
lesbismo come identità politica – prima e oltre che orientamento sessuale. Il
punto è riappropriarsi e risignificare l’utilizzo del genere femminile, che ha
segnato una storia di marginalità ma anche di sorellanza e riconoscimento
reciproco. Contemporaneamente, l’identità lesbica rappresenta uno spazio altro
anche rispetto al binarismo di genere. Dunque, l’utilizzo dell’asterisco implica
sia la rivendicazione di una categoria di marginalità, sia l’inclusione di
chiunque non abbia il privilegio di una socializzazione maschile, al di là delle
forme del suo corpo e della sua identità. In questo senso ci si riferisce a
lesbiche, donne*, donne* bisessuali, donne* queer, persone queer (sia cisgender
sia trans), non binarie, intersessuali, che si sentono legate all’identità
lesbica e all’attivismo lesbico.
BRINGING THE LESBIAN GENIUS TO THE WORLD!
In generale l’EL*C identifica la sua missione nel Bringing the lesbian genius to
the world («diffondere la genialità lesbica nel mondo») e utilizza strategie
differenti e varie forme di intervento che spaziano dall’advocacy al networking,
fino alla partecipazione a bandi per finanziare progetti. Questi ultimi sono
perlopiù rivolti alla crescita della visibilità lesbica, anche attraverso la
costruzione di solidarietà e alleanze tra gruppi e movimenti. La traduzione di
tale visibilità diventa così uno strumento di risonanza, una risorsa per far
prosperare e consolidare le lotte lesbiche per il raggiungimento di una maggiore
affermazione nello spazio politico e di una effettiva parità giuridica in vari
contesti nazionali e a livello internazionale. Infatti, l’EL*C cerca di valutare
i bisogni delle lesbiche in tutta Europa e Asia centrale e affrontare la
mancanza di politiche e misure che garantiscano i diritti e il benessere
lesbico.
Altri obiettivi della comunità possono riassumersi nella condivisione di
desideri, elaborazione di riflessioni e in un’attuazione di pratiche volte a
creare e consolidare un movimento e una piattaforma da e per lesbiche e
promuovere alleanze significative e sostenibili con i movimenti transfemministi
e di giustizia sociale, nonché con altre comunità intersezionali. È in questo
senso fondamentale per la comunità arrestare la continua scomparsa degli spazi
lesbici e (ri)creare località e aggregazioni sociali diversificate e
intergenerazionali.
Tra le finalità dell’EL*C emerge anche la volontà di sviluppare e diffondere una
nuova rappresentazione delle soggettività e delle vite lesbiche. Dunque,
anzitutto la comunità analizza e pone in evidenza i contributi storici e le
conquiste lesbiche nel pensare, costruire e vivere modi alternativi di relazioni
sociali e di organizzazione della comunità. A partire da qui, l’EL*C lavora
attivamente per creare nuove e diverse narrazioni e denunciare misoginia e
lesbofobia nella rappresentazione pubblica delle lesbiche, così come la
sessualizzazione, la vittimizzazione, la mercificazione delle vite e la violenza
sulle vite lesbiche.
Per fare tutto ciò, in particolare oggi, è necessario opporsi all’ascesa di
partiti e gruppi politici di estrema destra, nazionalisti, religiosi e
conservatori a livello paneuropeo e globale.
STORIA E ATTUALITÀ DELLE CONFERENZE EL*C: VIENNA, KYIV, BUDAPEST E ROMA
Durante la Conferenza dell’International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans, and
Intersex Association (ILGA), tenutasi nel 1980 a Barcellona, si formò
l’International Lesbian Information Service (ILIS), organizzazione che mirava a
promuovere l’aggregazione e la mobilitazione lesbica internazionale. L’anno
successivo, nel corso della Conferenza annuale ILGA di Torino, l’ILIS si oppose
alla mancanza di visibilità delle lesbiche e segnalò l’assenza di una
riflessione postcoloniale nel movimento. Queste tensioni portarono alla
separazione dell’ILIS dall’ILGA e, in seguito, le successive Conferenze ILIS
inclusero numerose discussioni sulle relazioni tra razzismo e lesbofobia.
Tuttavia, anche l’ILIS mantenne in sé una serie di criticità proprio in termini
di adozione di posture eurocentriche e di scarsa inclusività rispetto a donne*,
donne* bisessuali, donne* queer, persone queer (sia cisgender sia trans), non
binarie, intersessuali vicine all’attivismo lesbico. Le attività dell’ILIS si
sono gradualmente interrotte alla fine degli anni Novanta, con la pubblicazione
dell’ultimo bollettino nel 1998.
Nel 2016, durante la Conferenza annuale dell’ILGA a Cipro, settanta attivistə
lesbiche europee e dell’Asia centrale hanno provato a recuperare e riproporre
l’esperienza dell’ILIS ma in una forma nuova e più marcatamente inclusiva e
intersezionale. Questa necessità è nata a partire dal riconoscimento di
un’urgenza di consolidamento comunitario e di coinvolgimento di soggettività
plurali all’interno di un percorso di convergenza e di lotta contro
l’oppressione lesbica.
Dunque, l’anno successivo, nel 2017, si è tenuta a Vienna la prima Conferenza
EL*C, “Lesbians in Europe: Act, Reflect, Transform, Connect”; la seconda, “Let’s
Bring Lesbian Genius to the World!”, è stata nel 2019 a Kyiv; la terza, “Lesbian
Resistance”, nel 2022 a Budapest.
La scelta dei luoghi in cui si sono tenute le diverse Conferenze non è stata
casuale e ha avuto anche considerevoli implicazioni e sviluppi successivi. In
particolare, è stata significativa la Conferenza di Kyiv. Questa occasione ha
permesso di rafforzare i rapporti con le compagnə ucrainə e, nel 2022, dopo
l’invasione russa, moltə attivistə dell’EL*C si sono organizzatə per trasferirsi
sul confine tra Polonia e Ucraina e aiutare lə compagnə a costruire degli
shelter (rifugi) per accogliere persone LGBTQIAPK+* che stavano cercando di
oltrepassare quel confine. L’intenzione alla base di questa iniziativa
mutualistica è stata quella di creare e fornire uno spazio di respiro a chiunque
avesse bisogno di capire verso quale altro paese essere orientatə.
Nel 2025 la scelta di tenere la quarta Conferenza “Scissoring against the
Patriarchy/ Dykerise against fascism” a Roma risponde al continuo attacco ai
diritti delle lesbiche in Italia, culminato nel 2023 con la cancellazione delle
madri lesbiche dai certificati di nascita dellə loro figlə. Questa azione
discriminatoria ha mobilitato il movimento lesbico italiano, che continua a
lottare senza sosta per il riconoscimento e la parità di diritti. Questa
Conferenza rappresenta anche una risposta unitaria ai più ampi attacchi
governativi contro l’accesso all’aborto, le persone trans* e la più ampia
comunità LGBTQIAPK+* in Italia.Per quanto riguarda l’organizzazione e il
programma della Conferenza, il 23 aprile si è svolta l’inaugurazione della
Conferenza alla Casa Internazionale delle Donne. Tra il 24 e il 26 aprile,
dibattitti, discussioni, plenarie e workshop si terranno presso l’Hotel Pineta
Palace. A questi eventi potranno partecipare coloro che si sono precedentemente
iscrittə alla Conferenza. A conclusione della Conferenza EL*C ci sarà la prima
Dyke march italiana.
Immagine di Vittorio Giannitelli, Bologna Pride
LA DYKE MARCH: TRA STORIA, IDENTITÀ E OBIETTIVI POLITICI
Le Dyke March hanno una loro storia che ha una dimensione globale ed è rilevante
ripercorrere. La prima è stata il 24 aprile 1993, alla vigilia della storica
Marcia su Washington per i diritti LGBTQIAPK+*, ventimila donne lesbiche si
ritrovarono a Dupont Circle. Questa iniziativa fu organizzata dalle Lesbian
Avengers, gruppo nato l’anno prima a New York con l’obiettivo dichiarato di
combattere l’invisibilità lesbica. Sin dall’inizio, la Dyke March ha rivendicato
il suo spazio di affermazione dalla marginalità e il suo carattere
antistituzionale, opponendosi chiaramente alla retorica del Pride, che
cominciava a piegarsi all’estetica della festa autorizzata e del carro
sponsorizzato. Ancora oggi a New York la Dyke March sfila senza chiedere il
permesso. Nessuna autorizzazione, nessun dialogo con la polizia, nessun
compromesso. Durante la prima marcia, con altissimo e imprevisto numero di
partecipantə, si verificarono episodi rimasti impressi nella memoria collettiva
lesbica: le Lesbian Avengers, armate di cherosene, eseguirono performance di
fire-eating lungo il corteo, sputando fuoco sotto gli occhi di tuttə. Una
risposta simbolica all’attentato incendiario che un anno prima, in Oregon, aveva
ucciso Hattie Mae Cohens e Brian Mock. Le fiamme furono accompagnate da un
grido: «il fuoco non ci consumerà ma lo prendiamo e lo facciamo nostro». Questo
passaggio torna anche nel manifesto della Dyke March italiana: «le marce
lesbiche esistono per ricordarci ed affermare che le lesbiche sono il granello
di sabbia nell’ingranaggio patriarcale. Esistiamo contro l’eteronormatività,
contro i ruoli di genere, contro l’idea che una donna* esiste solo se è
accompagnata da un uomo cis. Non eravamo previste, ma siamo emerse lo stesso. È
da 30 anni, da quando le Lesbian Avengers organizzarono la prima marcia di
ventimila lesbiche a Washington DC, che siamo qui per dire che il patriarcato
non riuscirà mai a cancellarci, non potrà dividerci e non sarà la nostra fine.
Saremo noi la sua».
Dal 1994, dopo New York, la Dyke March si è espansa a San Francisco, Atlanta,
Chicago, Boston, Seattle, Los Angeles e un elenco che si allunga di anno in
anno. Nel 1996 c’è stata la prima manifestazione in Canada. A Città del Messico,
la prima Dyke March si è tenuta il 21 marzo 2003 e l’esperimento messicano ha
ispirato altre realtà in America Latina, tra cui Buenos Aires e San Paolo.
In Europa, nel 2012, Londra è stata la prima città a ospitare una Dyke March.
Nel 2013 è stato il turno di Berlino seguita negli anni successivi da Amburgo,
Colonia, Heidelberg, Oldenburg, Monaco, Francoforte, Hannover. Il 25 aprile
2021, alla vigilia della Giornata di Visibilità Lesbica, circa 10.000 persone
hanno attraversato Parigi in quella che è stata riconosciuta come la prima Dyke
March francese. Oggi, finalmente, anche noi in Italia rivendicheremo questo
spaziopoiché, tornando al manifesto italiano, abbiamo bisogno di «riprenderci il
potere dei nostri amori, delle nostre visioni, della nostra rabbia, delle nostre
intelligenze, della nostra storia e delle nostre radici» e «non possiamo
sottovalutare le politiche di estrema destra della presidenza Trump, le
discriminazioni contro le persone trans, gli attacchi alla società civile
pro-diritti, gli arresti e la lesbofobia di stato contro le associazioni e le
attiviste in Europa dell’Est e in Asia Centrale. Il governo degli Stati Uniti
sta violando i diritti fondamentali nel peggior modo possibile, causando una
reazione a cascata in tutto il mondo; l’Italia non è da meno. L’Europa, divisa e
ambigua, si sta arrendendo e intende ritirare la direttiva contro le
discriminazioni e l’eguaglianza di trattamento. La nostra Dyke March guarda a
ciò che succede in Italia, in Europa e nel mondo e rivendica che la nostra
identità lesbica non può prescindere dai luoghi, dalle culture e dalle politiche
in cui si sono svolte le nostre storie di lotta».
DYKE MARCH E DYKES RISE: UN GIORNO DI LOTTA E UNO SPAZIO DI CELEBRAZIONE A ROMA!
A causa dei funerali papali era emerso il rischio di annullare la Dyke March o
posticipare la manifestazione ma, citando il nuovo (ironico e significativo)
comunicato, «le lesbiche hanno fatto il miracolo e la Dyke March si farà
nonostante tutto nella stessa giornata»! Tuttavia, è stato necessario cambiare
parte dell’organizzazione dell’evento, che sarà probabilmente statico e si terrà
a largo Agosta, con concentramento alle 16:00. Qui è possibile trovare segnalate
le nuove indicazioni assieme ai prossimi aggiornamenti ed eventuali variazioni.
È comunque da sottolineare la problematicità relativa alla necessità di
riorganizzazione, che porta a mettere a tema (e in discussione) le priorità
politiche italiane e, dunque, la ancora maggiore importanza di riuscire a
portare una Dyke March in questo paese e la potenza lesbica nel riuscire
comunque a farlo. Rispetto a ciò è importante citare un passaggio del manifesto
della Dyke March italiana, che si dichiara espressamente anticlericale e NO-VAT,
oltre che antifascista, antirazzista, anticolonialista, antimilitarista,
solidale con il popolo palestinese, per la giustizia climatica, antispecista e
anti-abilista: «La prima Dyke March italiana è anticlericale. A unire le
lesbiche d’Italia, d’Europa e del mondo che nell’anno del giubileo marceranno
insieme a Roma, sede della capitale dello stato del Vaticano, è la convinzione
che tutte le persone – al di là del loro credo religioso – abbiano il diritto di
vivere in uno stato laico che le tuteli garantendo loro uguali diritti. In uno
stato laico, chi rappresenta le istituzioni deve agire nel rispetto dei valori
sanciti dalla Costituzione e nell’interesse di tutta la comunità e non seguendo
le proprie convinzioni morali dettate da credenze religiose. La laicità è il
fondamento della democrazia, un anticorpo contro il virus del fascismo, una diga
resistente alla straripante deriva antidemocratica, illiberale, reazionaria dei
governi di estrema destra, sostenuti dai movimenti anti-gender, antiabortisti e
contrari all’educazione sessuale nelle scuole. L’Italia, come sempre, fa scuola,
trasformandosi sempre di più in uno stato confessionale e moralista. Partiti
come Fratelli d’Italia e la Lega, nonché la stessa premier Meloni, hanno usato
la retorica anti-gender per radicalizzare la loro proposta politica. Non è un
caso che si siano moltiplicate le crociate contro le donne* che scelgono di
abortire e contro le persone LGBTQIAK+* e i loro percorsi di autodeterminazione.
La lotta alla fantomatica “ideologia gender” è diventata il collante che ha
permesso la saldatura di soggetti che pur non avendo obiettivi comuni sono
riusciti a fare fronte comune. Lo scopo è generare allarmismo verso il futuro
instillando panico sociale nei confronti di pericoli immaginari, senza
affrontare i problemi reali. Per smascherare le fake news e le manipolazioni di
questi movimenti, rivendichiamo una presa di parola collettiva durante il
giubileo, e la costruzione di reti e alleanze con i movimenti per i diritti
umani, per organizzare mobilitazioni e iniziative in grado di sensibilizzare
l’opinione pubblica sulla necessità di difendere la laicità dello stato».
La Dyke March, momento di presa di spazio pubblico e lotta radicale collettiva,
sarà seguita da una festa per celebrare la comunità con una notte di danza,
erotismo e cura queer. L’evento si terrà presso l’Alibi Club e sarà organizzato
da Safffo, una collettiva artistica formatasi a Roma con l’obiettivo di dare uno
spazio all’espressione queer e FLINTA* (donne, lesbiche, intersex, non-binary,
trans e agender) indipendente. Gli eventi Safffo rispondono alla necessità di
creare spazi in cui i corpi che non corrispondono necessariamente alla
concezione cis-eteronormativa trovano casa. Le proposte artistiche e le policy
di sicurezza della collettiva porgono l’attenzione alla creazione di spazi più
sicuri e consensuali, alla libertà di espressione e all’assenza di giudizio. Gli
eventi Safffo non escludono e non nascono dall’opposizione verso qualcosa, ma
dalla voglia di condivisione e unione, attraverso l’espressione artistica, dove
le regole della normatività etero-cis vengono sfidate e sovvertite a ritmo di
festa. Dunque, anche la festa Dykes Rise, pur essendo rivolta esplicitamente a
persone queer e FLINTA*, accoglierà alleatə, purché con una premessa di
conoscenza e condivisione delle regole di cura della comunità. Oggi, più che
mai, è il momento di lottare, ballare, celebrare, liberarci insieme, verso nuovi
orizzonti di desiderio che sembrano lontani, ma che sono nel nostro raggio del
possibile, perché questo spazio possiamo rivendicarlo e costruirlo noi.
Foto di copertina, Pride Roma 2021, Dinamopress
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