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Ferrovia Jonica: non è più tempo di attese
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani (CNDDU) esprime forte preoccupazione per i ritardi e le continue interruzioni legate ai lavori di elettrificazione della linea ferroviaria Sibari–Crotone–Catanzaro Lido, infrastruttura vitale per la Calabria ionica e, in particolare, per la città e la provincia di Crotone. Alla data del 24 agosto 2025, la situazione è la seguente: * la tratta Crotone–Catanzaro Lido è chiusa dal 20 gennaio 2025 e resterà interrotta fino al 7 settembre 2025 per consentire l’avanzamento dei lavori; * la tratta Sibari–Crotone è stata riaperta solo temporaneamente per il periodo estivo, ma tornerà a essere sospesa dal 1° ottobre 2025 fino ai primi mesi del 2026, sempre per esigenze di cantiere; * gli obiettivi ufficiali di Rete Ferroviaria Italiana (RFI) indicano il completamento dell’elettrificazione entro il 2026, ma la banca dati ministeriale SILOS riporta come data presunta di fine lavori il 16 giugno 2027. Questi dati, forniti da fonti istituzionali, fotografano con chiarezza il rischio di uno slittamento temporale che avrebbe ripercussioni pesanti sul territorio. La mobilità non è un privilegio, ma un diritto fondamentale, strettamente connesso alla dignità della persona e alla possibilità di accedere ai servizi essenziali. Le chiusure prolungate della linea ferroviaria hanno già prodotto conseguenze tangibili: * Sociali: studenti e lavoratori pendolari costretti a ricorrere a bus sostitutivi con tempi di viaggio molto più lunghi; cittadini che devono spostarsi per cure mediche in altre città incontrano difficoltà aggiuntive; le comunità locali vivono un senso di isolamento crescente. * Turistiche: il territorio crotonese, ricco di patrimonio storico, archeologico e naturalistico, viene penalizzato da collegamenti instabili proprio nei mesi cruciali della stagione estiva. * Economiche: la mancata affidabilità della rete ferroviaria riduce la competitività del territorio, scoraggia investimenti e genera un danno diretto per imprese, attività commerciali e famiglie. Dal punto di vista tecnico-scientifico, va sottolineato che l’elettrificazione di una linea a binario unico di circa 170 km, in condizioni ordinarie e con più fronti di lavoro attivi, può essere completata in un arco temporale stimato di 18–30 mesi. Il fatto che nel caso calabrese la previsione reale si estenda fino a oltre tre anni conferma un divario significativo tra tempi tecnicamente realizzabili e tempi effettivamente previsti, divario che si traduce in un evidente danno sociale e territoriale. Il CNDDU chiede con forza che la politica, a tutti i livelli, garantisca la concreta attuazione dei tempi di realizzazione già comunicati, assicurando trasparenza sugli avanzamenti e responsabilità nella gestione delle scadenze. Il Mezzogiorno, e la Calabria in particolare, non possono più essere condannati a vivere nella logica dell’attesa perpetua: la ferrovia jonica deve diventare simbolo di riscatto e modernità, non l’ennesima testimonianza di promesse disattese. Il CNDDU ribadisce che la mobilità sostenibile è oggi un diritto umano emergente: senza un trasporto efficiente, equo e rispettoso dell’ambiente non è possibile garantire uguaglianza, inclusione e futuro ai cittadini. prof. Romano Pesavento presidente CNDDU Redazione Italia
Un Sud mai visto
Raccontare il Sud Italia attraverso i fenomeni sociali che lo caratterizzano porta a scoprire tante buone pratiche e a prendere atto di una narrazione diversa del nostro Mezzogiorno. E’ questo l’obiettivo di un’iniziativa promossa da Fondazione Con il Sud e Fondazione Apulia Film Commission per far incontrare il mondo del cinema – imprese cinematografiche italiane o internazionali – con il Terzo settore – organizzazioni non profit meridionali – per raccontare il Sud Italia attraverso le tematiche sociali. Una sperimentazione unica nel suo genere che promuove una collaborazione attiva tra società di produzioni cinematografiche di qualunque nazionalità e organizzazioni del Terzo settore meridionale. La prima edizione del bando promossa in via sperimentale nel 2018, registrò un grande interesse con la partecipazione di 350 organizzazioni tra imprese cinematografiche e organizzazioni di terzo settore. Le 10 opere selezionate ottennero numerosi premi e riconoscimenti internazionali – tra cui la vittoria alla Festa del Cinema di Roma del docufilm “Santa Subito” di Alessandro Piva – ma, soprattutto, hanno contributo ad alimentare e qualificare un’originale narrazione sul Sud attraverso i fenomeni sociali che lo attraversano, presso le comunità locali e, attraverso i festival, gli incontri, i canali distributivi e, più in generale, verso l’opinione pubblica. Anche la seconda edizione del bando “Social Film Production Con il Sud” (evoluzione del precedente “Social Film Fund Con il Sud”), promossa nel 2020, registrò grande interesse con oltre 160 proposte ricevute da 150 società di produzione cinematografica, con il coinvolgimento di circa 350 organizzazioni di Terzo settore di tutte le regioni meridionali. In base alle categorie previste dal bando, furono selezionati 10 documentari sui temi: ambiente, cultura, legalità, territorio, diritti, nuove generazioni, pensiero femminile, cittadinanza attiva, oltre i luoghi comuni, emergenza Covid. Diverse opere hanno partecipato a festival nazionali e internazionali, ricevendo riconoscimenti e riscontrando successo, a partire dalla proiezione di “Naviganti” di Daniele De Michele alle prestigiose Giornate degli Autori, nella cornice della Mostra internazionale d’Arte del Cinema di Venezia a settembre 2021, dove riscosse un grande successo di pubblico. Torna ora la terza edizione del “Social Film Production Con il Sud” , il cui bando scade il 3 novembre 2025. L’iniziativa si rivolge a partenariati composti da almeno tre organizzazioni: l’impresa cinematografica proponente dovrà essere affiancata da almeno due enti del Terzo settore meridionale (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia), che avranno un ruolo di valorizzazione e promozione della tematica affrontata, nella fase di ideazione e realizzazione del prodotto audiovisivo e della promozione. Le riprese, così come le attività di promozione sul territorio, potranno essere svolte in una o più delle regioni meridionali in cui interviene la Fondazione Con il Sud (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia). Le opere potranno essere documentari (della durata compresa tra i 20 e i 52 minuti) o cortometraggi di animazione (della durata minima di 10 minuti). A disposizione 50.000 euro complessivi per progetto. Le proposte potranno affrontare una o più tematiche sociali tra quelle previste nel bando. Beni comuni e territorio: tutela, cura e valorizzazione del patrimonio ambientale, del paesaggio, della biodiversità, del patrimonio culturale materiale e immateriale; valorizzazione di terreni incolti o abbandonati, di beni confiscati alle mafie, di periferie urbane, di biblioteche di comunità; promozione culturale e turismo responsabile; legalità: educazione alla legalità; contrasto alla criminalità organizzata; percorsi di inclusione socio-lavorativa di persone detenute; diritti: cura e integrazione delle persone con disabilità; cura e integrazione degli anziani; supporto ai caregiver; contrasto allo sfruttamento sessuale e lavorativo e integrazione degli immigrati; contrasto alla violenza e promozione della parità di genere; housing sociale; nuove generazioni: servizi per l’infanzia, contrasto alla dispersione scolastica e alle povertà educative; contrasto al lavoro minorile; accoglienza e interazione dei minori stranieri non accompagnati; promozione dei giovani talenti in ambito economico sociale e della ricerca scientifica; cittadinanza attiva: promozione della cittadinanza attiva, volontariato; promozione della partecipazione attraverso lo sport sociale, l’arte urbana; comunità e spopolamento: contrasto al fenomeno della denatalità e dello spopolamento al Sud, promozione della rigenerazione demografica, sociale e culturale delle comunità; promozione dell’economia sociale nell’ambito dello sviluppo locale del territorio; oltre i luoghi comuni e pensiero femminile: contrasto alla narrazione stereotipata di comunità e persone. Qui la documentazione necessaria per partecipare al bando Social Film Production Con il Sud: https://www.apuliafilmcommission.it/bandiefornitori/avviso-pubblico-relativo-ad-una-indagine-di-mercato-per-la-produzione-esecutiva-di-opere-audiovisive-social-film-production-con-il-sud-edizione-2024-2025-nellambito-del-programma/.  Giovanni Caprio
Accompagnamento al declino
-------------------------------------------------------------------------------- Foto di Ambra Pastore -------------------------------------------------------------------------------- L’invecchiamento dell’Italia non è dovuto solo al calo demografico. Quest’ultimo dipende, unicamente, da scelte sbagliate fatte in passato, e che provocano la stasi attuale. Il primo implica l’involuzione culturale conseguente a indirizzi specifici di mala gestione politica. In questi giorni se ne è tornato a parlare perché è emerso, nonostante la scarsa informazione dei media mainstream, il programma previsto dal Piano Nazionale Strategico relativo alle Aree Interne. Oggi sopravviviamo sulle macerie. Trent’anni di politiche neoliberiste hanno ridotto i Paesi in stato vegetativo. Da noi, in particolare, le scelte operate dalla classe dirigente sono state funzionali a quella che allora veniva chiamata globalizzazione economica. Sul mercato hanno messo di tutto pur di fare cassa e accompagnare il passaggio d’epoca. Il che si è tradotto nell’impoverimento sociale e culturale dei territori. Il venir meno della gestione collettiva – pubblica e/o dal basso – di settori, beni e funzioni indispensabili alla vita associata, e il loro affidamento a soggetti privati nazionali ed esteri (le privatizzazioni, i monopoli) hanno determinato il declino sociale del paese. A subirne maggiormente le conseguenze sono le zone definite “più arretrate” (non per colpa loro ma per processi storico-politici e condizioni geografiche). Queste, già pagavano la mancanza di possibilità adeguate dovute alle condizioni ereditate, ed alla carenza infrastrutturale e di servizi inefficienti. Globalizzazione, taglio della spesa pubblica, vincoli fiscali austeritari, un continuum devastante, che ha impattato sul mondo del lavoro, rendendolo povero e insicuro. Sulle attività produttive sottomesse alla sleale concorrenza dei grandi distributori. Ripercussioni riguardanti la biodiversità e i servizi ai cittadini con l’accorpamento di scuole, il ridimensionamento di uffici, la sparizione di sportelli bancari e postali. E il complesso del trasporto pubblico inidoneo. Sono le aree interne (paesi collinari, di montagna, rurali) le vittime preferite. A pagare il prezzo di decisioni fatte da privilegiati che vivono altrove. E che tutt’al più vanno in questi posti per presenziare a celebrazioni fini a se stesse, o per riposarsi qualche giorno nel silenzio di luoghi con ritmi di vita ancora parzialmente autonomi. -------------------------------------------------------------------------------- LEGGI ANCHE QUESTO ARTICOLO DI VITO TETI: > Requiem prima della morte -------------------------------------------------------------------------------- Da decenni sentiamo parlare di desertificazione sociale, migrazione economica, eppure nulla è stato fatto per invertire la rotta. Quando le persone abbandonano i comuni in cui sono nati, svuotano gli stessi di competenze, saperi, interrompendo il futuro. Venendo meno il presidio fisico manca anche la salvaguardia degli stessi (il patrimonio boschivo e idrico ad esempio). Pensiamo all’assetto idreologico, alla manutenzione, alla tutela e preservazione, soprattutto in presenza di fenomeni climatici estremi e sempre più diffusi. In tanti, così, decidono malvolentieri di spostarsi altrove. Presso città e metropoli in cerca di opportunità che da loro latitano. Andando, inevitabilmente, a ingrassare la massa di quell’esercito di riserva italiano e straniero che, anche se riuscirà a trovare un salario, spesso non sarà sufficiente a garantire una vita dignitosa. In considerazione del caro affitti e della gentrificazione degli spazi. La classe politica, nazionale e locale, dopo aver svenduto l’impossibile adesso punta sul turismo per la ripresa. Bisognerebbe chiedersi per chi? A quanti giova davvero l’economia basata sul turismo modaiolo e invasivo? Le città d’arte per vacanzieri mordi e fuggi, dagli affitti brevi, sono diventati posti standardizzati, tutte uguali, spesso in mano a brand esteri, che lavorano estraendo valore che non viene distribuito sui territori. Albergatori, case vacanze, ristoratori, sagre, mentre i cittadini reclamano il necessario che non c’è. Dopo aver vissuto una vita intera a Venezia, Firenze, Roma ecc. sono costretti ad abbandonare, tristemente, tali posti perché stressati dal ritmo vacanziero quotidiano imposto da amministratori e gestori di locali. Il grosso del meridione, arretrato da un punto di vista di infrastrutture, con il suo sistema di viabilità e i collegamenti, i carenti servizi dedicati all’infanzia, ai giovani, e agli anziani, il lavoro non previsto per chi non ha amicizie politiche, si è ridotto, esclusivamente, ad attrarre i vacanzieri stranieri o benestanti. Mentre il resto dell’anno sopravvive a fatica. L’esempio eclatante può essere la città di Matera. Passata dal dimenticatoio ad essere Capitale europea della cultura. Ciò ha portato un tornaconto di visibilità ed economico rilevante. Eventi e iniziative come mai prima di allora, però, al di fuori della passeggiata da ospiti rimangono differenze preoccupanti. Gli affitti sono balzati alle stelle per i residenti, la sanità è in condizione pietose (molti vanno a visitarsi fuori regione), il trasporto pubblico dentro e per Matera è quasi completamente assente. All’interno della visione miope degli amministratori locali, con l’unico scopo di andare all’incasso di finanziamenti pubblici-comunitari-del PNRR, mentre la crisi sociale aumenta, prende forza l’intento dei governi nazionali, che da Renzi all’Autonomia Differenziata hanno contribuito ad aumentare il divario. Quindici anni fa leggevamo di come il Sud vedeva sparire in media un comune di circa duemila abitanti ogni anno. Lo SVIMEZ parlava di un Paese diseguale e a due velocità. L’Italia aveva più di sessanta milioni nel 2014 e nel 2024 siamo scesi sotto i cinquantanove; nel meridione in vent’anni se ne sono andate più di un milione di persone; la piccola Basilicata ha perso quasi il dieci per cento (cinquantamila abitanti in dieci anni); la Calabria circa centocinquantamila. Adesso arriva il Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne. Dovrebbe contenere un progetto di ripresa, invece la “strategia” consiste nell’accompagnamento al declino. Il governo di estrema destra che parla di sovranismo, ma fa il gioco delle élite. Disinteressandosi della sorte di quattromila comuni – circa la metà del totale italiano – e tredici milioni di persone. Tutto il contrario di quanto fanno gli altri, come la Francia o i Paesi del Nord Europa, che investono sulle aree rurali per offrire alternative sostenibili di vita e opportunità alle giovani generazioni, senza dimenticare il welfare. Nel documento pubblico tenuto nascosto ai media viene detto, chiaramente, che il declino delle aree interne è inarrestabile. Quindi nessun investimento per offrire opportunità lavorative, sociali, e prestazioni al cittadino. Violando esplicitamente principi, come la solidarietà sociale (art. 2 Cost.) e l’eguaglianza formale e sostanziale (art. 3), che garantiscono la coesione attraverso la cooperazione, rimuovendo le differenze. Per i fratellitalioti, sorelle e affiliati, l’ordinaria amministrazione consisterà in quel residuo di funzioni a disposizione di quanti potranno ancora permetterselo (l’assistenza considerata l’avanzata età anagrafica). Le ultime generazioni con un reddito sufficiente (le pensioni) a garantirsi un minimo vitale. I posti in montagna, i piccoli borghi, diventeranno come cattedrali nel deserto. Paesi fantasma da appaltare per set cinematografici e fiction. E di cui leggere sui libri di storia, al fine di conservare (e possibilmente tramandare) quella memoria mancante a chi decide. -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Accompagnamento al declino proviene da Comune-info.
APPELLO PER LA SALVAGUARDIA E LA RIGENERAZIONE DEI PAESI
Il 9 aprile scorso la Cabina di regia, istituita presso il Dipartimento per le politiche di coesione e per il Sud della Presidenza del Consiglio, ha approvato il Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne. Lo ha fatto senza una … Leggi tutto L'articolo APPELLO PER LA SALVAGUARDIA E LA RIGENERAZIONE DEI PAESI sembra essere il primo su La Città invisibile | perUnaltracittà | Firenze.
Requiem prima della morte
MENTRE DECIDE CHE IL DISSENSO È UN REATO, BOICOTTA LA PARTECIPAZIONE AL REFERENDUM DELL’8 E 9 GIUGNO E AUMENTA LE SPESE PER LE ARMI, CON IL NUOVO PIANO STRATEGICO SULLE AREE INTERNE, IL GOVERNO HA ANCHE EMESSO UN’IMPORTANTE SENTENZA: PER MOLTI PAESI DEL MERIDIONE NON C’È RITORNO, LO SPOPOLAMENTO È IRREVERSIBILE, AL MASSIMO SI PUÒ PROPORRE UN DIGNITOSO DECLINO. SCRIVE VITO TETI: “CHI DECIDE E COMANDA NON SA COSA È UN PAESE, COME VIVE E RESISTE, NON SA CHI SONO I GIOVANI CHE VANNO VIA E NON TORNANO O SOGNANO DI TORNARE, NON VEDE LA FATICA, LA RESISTENZA, LE INIZIATIVE, LE PRATICHE ATTIVE DI GIOVANI, ASSOCIAZIONI, FAMIGLIE, GRUPPI. NON SI VOGLIONO IMMAGINARE ALTRI PERCORSI, CAMMINI ALTERNATIVI, NUOVI SLANCI DI VITALITÀ. HANNO GIÀ DECISO. TUTTO È PERDUTO. PER LORO… VOGLIONO SEPPELLIRCI VIVI, TRASFORMARE PAESI E CITTÀ IN NECROPOLI, IN FOSSE COMUNI, IN CITTÀ MORTE DOVE, MAGARI, FARE ARRIVARE NUOVI TURISTI, CHE GRIDERANNO AL BELLO E ALL’ESOTICO… MA MAI NESSUN POPOLO SI È FATTO STERMINARE SENZA OPPORSI. SE NON ORA, PACIFICAMENTE, MA IN MANIERA RIVOLUZIONARIA, CON PIANI ANTAGONISTI, CON FANTASIA, CON PASSIONE E IMMAGINAZIONE PRATICA, ATTIVA, COLLETTIVA, QUANDO?” Bomba (Chieti). Foto di Ferdinando Kaiser -------------------------------------------------------------------------------- Corrado Alvaro aveva raccontato i paesi che si dissolvono come polvere al sole. Marando, con cinismo, quando, dopo le grandi alluvioni degli anni Cinquanta, fuggivano via, diceva: in buona sostanza che volete? Tutti i paesi nascono e, prima o poi, muoiono. Franco Costabile aveva fatto un dolente planctus di paesi che dicevano addio alla geografia dei luoghi. I pochi che, dagli anni Settanta, abbiamo scritto che, con le nuove fughe di intere generazioni, con le nascite vicine allo zero, interi luoghi si sarebbero desertificati, venivamo indicati come apocalittici, nostalgici, passatisti, antimoderni. Adesso siamo a quelle infinite cronache di morte annunziate. Nel silenzio, nell’indifferenza generalizzata, anche degli intellettuali che vivono o tornano nei paesi. Mariano Meligrana, negli anni settanta del Novecento, aveva parlato di organizzazione della dimenticanza, adesso siamo all’organizzazione dei funerali dei paesi. Amici e compagni dell’associazione I 1000 Papaveri Rossi di Bocchigliero (Cosenza) hanno, non a caso, rappresentato il funerale carnevalesco con la morte dei paesi. Per contrastarla. Non si contano le iniziative sui paesi, sulla loro rigenerazione, proprio mentre muoiono. Per ogni individuo, ammalato, agonizzante, avevamo affermato il diritto alla cura. Per i paesi no. Mille piani e progetti vengono proposti o finanziati per ripopolare i paesi ma intanto non ci sono abitanti. Abbiamo gli esteti delle rovine, le prediche prezzolate che girano per assicurarci che il futuro è dei paesi, ma debbono fare il loro spettacolo funebre nei grandi teatri, nelle città del Nord, non nelle piazze vuote dei paesi ormai abitati da cinghiali e avvolti da rovi e spine. Non seminano fiducia, non alimentano speranze, non dicono come contrastare la cultura dominante necrofila. Vogliono anestetizzarci, farci pagare il biglietto per lo spettacolo neoliberista, abituarci alla dolce morte, raccontare l’ultima menzogna, l’ultima favola prima di farci assistere alla morte di una grande civiltà millenaria, che verrà raccontata da IA a milioni di nuovi schiavi che, quando sopravviveranno, saranno delle larve, degli zombie, dei morti viventi. Chi decide e comanda non sa cosa è un paese, come vive e resiste, non sa chi sono i giovani che vanno via e non tornano o sognano di tornare, non vede la fatica, la resistenza, le iniziative, le pratiche attive di giovani, associazioni, famiglie, gruppi. Non si vogliono immaginare altri percorsi, cammini alternativi, nuovi slanci di vitalità. Hanno già deciso. Tutto è perduto. Per loro. Non c’è più niente da fare. Non si vogliono politiche di rigenerazione, magari a rendita zero per “lor signori”, che prosperano sulle disgrazie della povera gente. Non ascoltano e non vedono ragazze, artisti, scrittori, studiosi, piccoli imprenditori, ambientalisti, portatori di nuovi mestieri e di nuovi saperi per capire se un altro mondo sarebbe possibile. Per tentare di dare dignità di protagonista del proprio destino a chi resta, a chi parte, a chi vuole tornare, a chi coltiva con nuovi sementi e nuove concrete utopie. Hanno stampato i manifesti a lutto prima della morte dei paesi, di tentare nuove ed efficaci cure, di alimentare speranze di vita. Vogliono seppellirci vivi, trasformare paesi e città in necropoli, in fosse comuni, in città morte dove, magari, fare arrivare nuovi turisti, che grideranno al bello, all’esotico, e piangeranno sulle rovine di un mondo che non hanno mai conosciuto. Mi perdonerete se adopero una immagine forte soltanto per dare il senso di una fine collettiva. Quanto avviene a Gaza è terribile, indicibile, un etnocidio impietoso. Nei paesi del Sud e delle aree interne e urbane non solo del Sud, l’etnocidio, l’annullamento dei luoghi, il bombardamento delle case sono avvenuti lentamente nei decenni, con furbizia, ipocrisia, lamentele sterili, pianti ipocriti. Non ci hanno fatto nemmeno capire da chi bisognava difendersi, abbiamo denunciato, atteso, sperato. Ci siamo illusi, abbiamo immaginato soluzioni fantasiose, abbiamo ascoltato imbonitori di ogni risma e appartenenza. Il risultato, il conto, di tanta nostra stupidità ce lo porta Fitto, mandato a Bruxelles per fare rinascere il Sud. Non ho ricette, non ho odio, non ho più lacrime, eppure devo dire che mai nessun popolo si è fatto sterminare senza opporsi, senza difendersi, senza resistere. Se non ora, pacificamente, ma in maniera rivoluzionaria, con piani antagonisti, con fantasia, con passione e immaginazione pratica, attiva, collettiva, quando? -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Requiem prima della morte proviene da Comune-info.