Lab sociale Fabbri e Leoncavallo: due città diverse, una storia comuneIL 21 AGOSTO, MENTRE VENIVA SGOMBERATO IL LEONCAVALLO, A FABRIANO UNA DIRIGENTE
COMUNALE SI È PRESENTATA ALL’INGRESSO DEL LAB SOCIALE FABBRI, IN SPIAZZI SAN
NICOLÒ, PER “LA RICONSEGNA DELL’IMMOBILE E LA RESTITUZIONE DELLE CHIAVI”.
QUESTO, NONOSTANTE LA SINDACA AVESSE DETTO DUE GIORNI PRIMA A CHI SI PRENDE CURA
DI QUELLO SPAZIO CHE SE NE SAREBBE RIPARLATO A SETTEMBRE. IL LAB FABBRI È UNO
SPAZIO STORICO DEL TERRITORIO, LA SOLA VOCE DISSONANTE IN UNA CITTÀ RICCA MA IN
CRISI E REMISSIVA DA DECENNI AL COSIDDETTO “MERLONISMO”. AL LAB SOCIALE FABBRI
SI SONO SUCCEDUTE DUE GENERAZIONI E OGGI È UNA REALTÀ MOLTO GIOVANE, CAPACE DI
PROMUOVERE NUMEROSE ATTIVITÀ CULTURALI E DI RICOMPORRE LE RELAZIONI SOCIALI
Milano e Fabriano sono palesemente realtà diverse sotto molti aspetti. Eppure,
c’è un filo che nel corso dei decenni, fino ad oggi, le mette in relazione.
Negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, Fabriano aveva il Pil più alto
della città di Milano; era chiamata, questa realtà di poco meno di trentamila
abitanti, la “Svizzera delle Marche”: il distretto industriale
dell’elettrodomestico, della storica cartiera Miliani (poi Gruppo Giano
Fedrigoni), il capitalismo familistico e padronale concentrato perlopiù nelle
mani dei fratelli Merloni, hanno fatto di Fabriano una realtà con un elevato
livello di benessere. La famiglia Merloni è stata per decenni, e in parte lo è
ancora, potere economico e politico monocratico della città; ha espresso,
direttamente o indirettamente, i sindaci fino all’attuale Daniela Ghergo del PD;
con una sola anomala eccezione tra il 2017 e il 2022, quando hanno vinto le
elezioni i Cinque Stelle. Rispediti a casa subito, per loro limiti sicuramente,
ma anche per il formarsi di un cartello omogeneo e monolitico del “tutti contro
uno”; con il PD coalizzato a diverse liste civiche personali, la sinistra più
radicale con un proprio candidato, e con la desistenza fattuale della destra,
che ha messo in campo un poco spendibile ex sindaco del PD. Ma nel 2008, la
“Svizzera delle Marche”, viene travolta dalla crisi. Fallisce l’Antonio Merloni
industrie (per quindici anni sindaco di Fabriano), Indesit di Vittorio Merloni
(ex presidente di Confindustria), all’epoca secondo gruppo europeo di
elettrodomestici, passa a Whirlpool nel 2014 e poi successivamente alla turca
Beku; i terzisti iniziano a saltare. La Cassa di Risparmio di Fabriano e
Cupramontana, gestita con le solite modalità feudali e politiche italiane,
finisce nel vortice delle crisi bancarie e passa ad Intesa. Rimane ancora
presente sul territorio, ma gran parte della produzione è altrove, l’Ariston;
oggi di Paolo Merloni, erede di Francesco (che fu ministro dei Lavori Pubblici).
Da qualche mese Beku ha annunciato 226 esuberi solo a Fabriano, e il gruppo
Giano Fedrigoni 195, andando ad acuire una crisi economica e sociale da cui dal
2008, la città non è più riuscita a riprendersi. Basta vedere i dati del Centro
per l’Impiego e della Caritas cittadina.
La città di provincia marchigiana e la metropoli milanese sono tornate ad
vedersi accomunate nuovamente il 21 agosto. A Milano è stato sgomberato, con
un’azione tipicamente squadrista e con un imponente apparato poliziesco e
militare, lo storico centro sociale Leoncavallo, che per anni ha segnato un’idea
opposta di socialità, di abitare e di cultura, rispetto alla metropoli delle
inchieste sulla cementificazione selvaggia, e dello strapotere dei fondi
finanziari e immobiliari (leggi anche Giù le mani dalla città. Giù le mani dal
Leoncavallo). A Fabriano proprio il 21 agosto alle ore 11, la dirigente comunale
Silvia Campanella, si è presentata, come annunciato nella lettera del 7 agosto,
all’ingresso del Lab Sociale Fabbri, in spiazzi San Nicolò, per “la riconsegna
dell’immobile e la restituzione delle chiavi”. Questo, nonostante la sindaca
Daniela Ghergo avesse detto due giorni prima a chi si prende cura di quello
spazio che se ne sarebbe riparlato a settembre, dopo gli approfondimenti legali
del Comune. Finito il conciliabolo davanti all’ingresso del centro sociale, la
funzionaria, senza più entrare, ha chiesto di inviare un’email al Comune per
chiedere dilazione per l’ispezione sullo stato dell’immobile; una situazione
degna della letteratura di Ennio Flaiano.
L’immobile è un ex asilo comunale dalla storia molto controversa, che parte da
dopo il terremoto del 1997, e che vede molti omissis dai tempi della giunta del
sindaco Roberto Sorci del PD che amministrò la città dal 2002 al 2012. Per la
costruzione in un altro quartiere cittadino di un nuovo asilo con le norme
antisismiche post sima ’97, l’ex asilo venne annoverato nel capitolato d’appalto
come parte del pagamento alla ditta Sava & C srl, che si era aggiudicata la gara
per la costruzione del nuovo asilo. L’impresa, però si trovò l’immobile con una
destinazione d’uso pubblica, di cui da subito non ha saputo che farsene; per
valorizzarlo da un punto di vista residenziale privato o commerciale, sarebbe
dovuta intervenire una variante urbanistica che non fu mai (se pur probabilmente
informalmente promessa da qualcuno) approvata dal Consiglio Comunale, per
evidenti contrasti politici. Per cui la Sava & C. srl, in tutti questi anni non
si è mai intestata l’immobile, non è mai stato fatto il passaggio di proprietà,
e la proprietà è rimasta sempre al Comune. La ditta, che per la “sòla” avuta, ha
anche attraversato problematiche finanziarie, ha intentato causa al Comune,
ancora in corso.
La sindaca, rispetto al ministero dell’Interno per il Leoncavallo, ha per ora
scelto una via più morbida, forse preoccupata dalle imminenti elezioni
regionali, per cacciare via le giovani persone del centro sociale autogestito,
che da anni animano l’ex asilo comunale. Quella del Lab Fabbri è una realtà
storica di Fabriano, uno spazio della città che ha segnato dal punto di vista
della presenza civile e politica, la sola voce dissonante in una città remissiva
da decenni al cosiddetto “merlonismo”. Al Lab Sociale Fabbri si sono succedute
due generazioni, ed oggi è una realtà molto giovane, che promuove attività
culturali e sociali, andando spesso, obtorto collo, anche in surroga di compiti
che spetterebbero all’Amministrazione Comunale. Come la festa della Liberazione
di Fabriano (città medaglia di Bronzo per la Resistenza), il 13 luglio; che dal
suo insediamento nel 2022 la giunta Ghergo non ha mai celebrato. Sono stati
proprio i giovani del Fabbri, il mese scorso, a promuovere un evento per
ricordare la ricorrenza democratica, con un partecipato evento itinerante,
conclusosi allo spazio di San Nicolò.
Nel 2013 il Lab Sociale Fabbri ha occupato l’immobile dell’ex asilo, non potendo
più restare in un’altra sede. Il “pugno duro” pensò di utilizzarlo il sindaco
Giancarlo Sagramola del PD, quando proprio in quell’anno fece un’ordinanza di
sgombero (poi mai eseguita) al Lab Sociale Fabbri. L’immobile rimase occupato
fino al 2019, quando il sindaco Cinque Stelle, Gabriele Santarelli, sanò la
situazione, stipulando con il Lab Sociale Fabbri, tramite l’aps “Camminare
Domandando e Ascoltando”, un regolare contratto di comodato d’uso gratuito di
cinque anni, prevedendone il rinnovo o la proroga (non tacite). La situazione a
Fabriano ha avuto un’escalation istituzionale il 7 agosto scorso quando il
Comune ha inviato una lettera di diffida, di restituzione dell’immobile e delle
chiavi al Lab Sociale Fabbri. Sapendo della scadenza contrattuale del 2024, per
rispettare le condizioni dell’atto vigente, dal centro sociale avevano inviato
come previsto un’email protocollata al Comune già nel 2023, per chiedere il
rinnovo del contratto, alla quale non hanno mai avuto risposta. Da mesi, in
particolare dall’inverno di quest’anno, quando il Comune ha staccato senza alcun
preavviso l’utenza elettrica nell’immobile, i portavoce del Fabbri hanno chiesto
di interloquire con la sindaca per chiedere il rinnovo del contratto di comodato
d’uso, ma non sono stati mai ricevuti.
Si è arrivati così alla “sorpresa” della lettera di diffida di inizio agosto, a
seguito della quale, dopo esser corsi in Comune, agli attivisti è stato concesso
un appuntamento con la sindaca lo scorso 19 agosto. Un fatto normale, si
direbbe, che un amministratore pubblico riceva nella casa municipale i propri
cittadini. Ma invece, il normale è oramai straordinario, eccezione. Non atto
dovuto, ma concessione, elargizione. Il 19 agosto le tre giovani portavoce del
Fabbri, nel recarsi all’appuntamento, hanno trovato il piazzale del Comune
presidiato ai due accessi da polizia e carabinieri, e sotto l’ingresso Digos e
polizia municipale. Si saranno sentite accolte, rispettate, o mal sopportate? Ma
è questa la dinamica delle post democrazie, anche quelle locali. Intimorire,
incutere subalternità, far pensare che chi è in difetto, colpevole, in torto, è
chi si prende cura di un bene comune. In generale è proprio questa generazione
disarmata e disarmante, che spaventa i decisori politici, detentori di un potere
adulto e gerontocratico, terrorizzati dal trovarsi di fronte persone inermi, che
li mettono di fronte alla propria inazione. Ma la potenza di questa generazione
è l’essere talmente mite, che il potere sbanda, evita, non riceve, rinvia,
mistifica, mente. E quando proprio non può evitare il confronto, si militarizza.
E sempre più spesso, opprime e reprime. All’incontro, quelle del Fabbri si sono
trovate “circondate” dalla sindaca, dagli assessori Giombi, Comodi e Serafini,
dal segretario comunale Trojani e dalla dirigente Campanella. Assente,
“convitato di pietra” di molte criticate scelte amministrative fabrianesi,
l’unico assessore titolato a dare spiegazioni, come scritto nella lettera al
Fabbri, sulle “comprovate esigenze di interesse pubblico” relative all’immobile:
quello al patrimonio Pietro Marcolini; assessore esterno, maceratese, e eminenza
del PD regionale, “importato” a Fabriano dopo una lunga carriera istituzionale
in Regione. L’incontro, in cui le ragazze raccontano di aver trovato un clima
piuttosto ostile, si è svolto con un nulla di fatto, tra affermazioni dette e
ritrattate da parte degli amministratori, incalzati dalle prove evidenti di
quanto è accaduto nell’ultimo anno e mezzo.
Una cosa è certa e non confutabile in tutto questo tempo: che il Comune è
rimasto, ed è tutt’oggi proprietario dell’immobile. La sentenza di appello, per
la causa intentata dall’impresa Sava & C srl, e che ha visto già affermare le
ragioni del Comune in primo grado, è prevista nel maggio 2026. Si chiede quindi
all’Amministrazione Comunale perché al Lab Sociale Fabbri non sia stato
prorogato, come richiesto, il contratto almeno fino al giorno dell’udienza di
appello. Poi, se quel contratto sottoscritto nel 2019 fosse ritenuto
illegittimo, perché l’attuale giunta non ha proceduto a revocarlo al suo
insediamento nel giugno 2022? E soprattutto, quali sono le taciute motivazioni
di “interesse pubblico” avanzate dal Comune? La giunta ha intenzione di
utilizzare quell’immobile e lo spazio per altri progetti? Intende concederne
l’uso ad altri soggetti? Sono queste le risposte pubbliche che l’Amministrazione
Comunale dovrebbe dare per primo alla città, e per fare anche chiarezza sul
comportamento tenuto in questi mesi verso le persone del Lab Sociale Fabbri. Il
presidio pacifico delle decine di persone che il 19 agosto si sono radunate
sotto il Comune per sostenere il Fabbri, è il segno che questa nuova generazione
che ha preso in carico il valore di uno spazio storico (e la memoria
dell’anarchico fabrianese Luigi Fabbri, perseguitato dal fascismo), non sarà
sola nella lotta per far vivere a Fabriano un’indispensabile laboratorio di
democrazia; il solo rimasto.
Murales esterno Laboratorio di danzaterapia Loredana Lipperini al Lab sociale
Fabbri il 22 agosto Presidio del 19 agosto
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