Un nuovo blocco reazionario al governo del mondoSpaesamento. Questa è la reazione emotiva e cognitiva in cui ci troviamo. Tutti
i linguaggi politici, le alleanze geopolitiche, le istituzioni nazionali e
internazionali a noi conosciute sembra ci stiano crollando addosso.
Ci sentiamo disorientate e sotto attacco a ogni notizia, pagina di giornale,
scroll sui social, estranee al mondo che abbiamo conosciuto, compreso e in
qualche modo – seppur limitato – costruito. Le coordinate di senso e le
traiettorie della nostra strategia politica utilizzate fino a oggi sembrano
girare a vuoto. E nell’assurdità dei tempi che viviamo, questo è valido tanto
per la politica istituzionale quanto per i movimenti sociali.
Abbiamo di fronte a noi la stabilizzazione di un nuovo blocco reazionario
globale. La storia della battaglia egemonica portata avanti dalle forze
reazionarie globali è di lunga durata, con diversi punti di svolta, e la seconda
elezione di Trump non è che l’ultimo di questi tasselli, che ha segnato, però,
il punto di svolta e l’affermazione piena del blocco storico reazionario, da un
punto di vista ideologico e istituzionale, sul mondo. In questo articolo
proveremo, quindi, ad abbozzare una prima analisi di questa avanzata reazionaria
sul mondo, a partire da una visuale specifica situata in Italia, nella periferia
d’Europa, nel mondo occidentale, e che non vuole e non può essere
onnicomprensiva o globale.
Renato Ferrantini – No ddl sicurezza – 4 dicembre 2024
UN BLOCCO STORICO REAZIONARIO
Il blocco storico secondo Gramsci è quel momento in cui la classe dirigente
riesce a guidare il popolo-massa con grande unione di intenti e sia le forze
materiali che le rappresentazioni ideologiche convergono e supportano l’egemonia
della classe dirigente. La classe dirigente ha quindi la capacità di imporsi non
solo con la forza, ma anche riuscendo a stringere alleanze con altre classi e
frazioni di classe – ad esempio come ha fatto Trump con il tecnocapitale della
Silicon Valley – e costruendo un largo consenso sociale con il movimento MAGA.
> Ma il blocco storico reazionario non è limitato ai confini statunitensi, le
> alleanze tra gruppi e classi (ora) dirigenti che supportano questo blocco si
> sono costruite lentamente negli ultimi quindici anni, in diversi luoghi del
> mondo, facendo risuonare le proprie ideologie reazionarie in diversi emisferi
> e traducendole in maniera molto efficace nelle diverse latitudini. Ma
> incontrando anche forti resistenze.
Questa strategia di alleanze di classe e di costruzione ideologica si è data
dentro e contro il progetto egemonico neoliberale, cioè l’insieme di alleanze di
classe e il sistema ideologico che ha iniziato la sua scalata nel mondo con il
golpe in Cile, per consolidarsi tra gli Stati Uniti e il Regno Unito nella metà
degli anni ‘70 e poi plasmando l’intero sistema globale dal crollo del muro di
Berlino in poi.
Parliamo di egemonia perché questo progetto reazionario ha avuto la capacità di
fondare le proprie basi prima nelle lotte culturali che in quelle economiche,
costruendo delle vere e proprie macchine ideologiche molto efficaci.
> La teoria gender, il politicamente corretto, il wokism, la sostituzione
> etnica, il “non possiamo accoglierli tutti” sono stati alcuni dei grimaldelli
> tramite i quali puntellare e fare a pezzi la razionalità (neo)liberale, il
> sistema legale e dei diritti, il pensiero scientifico e l’universalismo
> occidentale.
Così il progetto egemonico reazionario sta avendo la capacità di picconare le
istituzioni nazionali e internazionali (neo)liberali, mentre attacca il pensiero
femminista, decoloniale e queer che aveva aperto una lotta (anche molto
efficace) nei confronti di questi istituzioni e razionalità. In questo modo il
progetto egemonico reazionario è riuscito a imporsi sul mondo e farsi blocco
storico, destrutturando le alleanze di classe che supportavano il progetto
neoliberale, attaccando il suo sistema simbolico e riuscendo anche a spiazzare i
movimenti più radicali nati in opposizione al neoliberalismo.
La stabilizzazione egemonica del blocco reazionario sta oggi avvenendo su tre
scale geografiche contemporaneamente: locale, nazionale e globale. Assistiamo,
infatti, a uno spostamento dell’asse politico verso destra ed estrema destra in
tutti i paesi del mondo, anche se con specifiche nazionali e regionali,
sfumature ideologiche culturalmente e storicamente determinate. Per rendersi
conto delle connessioni globali di questo blocco reazionario basta ripercorrere
le strategie dei movimenti antiscelta, antiabortisti e transodianti, che con
finanziamenti tanto statunitensi quanto russi hanno costruito una nuova cornice
simbolico-politica per fondamentalisti religiosi di varia natura, gruppi
neofascisti, nuove destre, gruppi antifemmininisti e antidemocratici. Questo
discorso è oggi al potere in diversi Paesi del mondo.
Le questioni di genere, insieme alla questione della razza, sono state uno dei
terreni di scontro principale per la conquista dell’egemonia del blocco
reazionario, e quello dove la resistenza è ancora fortissima e diffusa.
> Il blocco reazionario pone al centro della sua strategia politica la famiglia
> tradizionale eterossessuale e bianca, il binarismo di genere e la divisione di
> genere del lavoro produttivo e riproduttivo, dentro e fuori le case, per
> questo attacca direttamente l’aborto, l’esistenza delle persone trans e
> qualsiasi diritto delle persone migranti.
La costruzione culturale, ideologica e simbolica del blocco reazionario si è
quindi ben strutturata costruendo alleanze di classe trasversali e convincendo
larghe parti delle classi popolari. Più complessa è invece la strategia di
accumulazione capitalista alla quale questo blocco reazionario si lega, dato che
intreccia gli interessi – spesso confliggenti – del grande capitale finanziario
e industriale. In effetti guardando alle politiche economiche di questi primi
due mesi di presidenza Trump è chiaro quanto l’epoca della globalizzazione
neoliberista sia finita, ma allo stesso tempo non siano ancora così ben
delineate le nuove linee della politica economica reazionaria.
Consideriamo tre punti di svolta per l’ascesa del blocco reazionario globale: la
crisi economico-finanziaria del 2008/2011, che ha portato alla repressione
violenta di tutte le rivolte democratiche nel mondo, la pandemia di Covid-19 e
la guerra in Ucraina. Tutti hanno avuto risvolti tragici e collegati fra loro,
fino al genocidio in Palestina che è il momento in cui la svolta reazionaria del
mondo si compatta e manifesta in tutta la sua forza brutale e sanguinosa, di
fronte a un’opposizione frammentata, divisa e debole.
Ato antirracista e anti-Bolsonaro MASP – 14 giugno 2020
PRIMO STEP: LA CRISI ECONOMICA 2008/2011
La crisi inizia negli USA nell’estate del 2007 quando il castello di carta
costruito sulla finanziarizzazione dei mutui subprime, spacchettati, venduti e
rivenduti nei mercati finanziari globali e incorniciati da triple A delle
agenzie di rating, inizia a crollare. La prima banca in fallimento è Bear
Stearns, segue da BNP Paribas, ma sarà la bancarotta della Lehman Brothers nel
settembre del 2008 a seminare il panico. Colano a picco banche, fondi finanziari
e assicurazioni e si teme per la tenuta dell’intero sistema. La crisi
finanziaria è subito crisi produttiva, esplicitando le fortissime
interconnessioni esistenti tra queste due sfere dell’economia, milioni di
persone perdono la casa tra le due sponde dell’Atlantico e altrettante rimangono
disoccupate.
> Nasce e cresce una profonda paura nella classe media occidentale che intravede
> il suo declassamento, impoverimento e popolarizzazione, mentre inizia a covare
> uno sguardo rivolto verso il passato, uno sguardo reazionario per l’appunto,
> che vuole tornare ai “bei tempi che furono” contro le élite (neo)liberali
> colpevoli di aprire le frontiere e distruggere la famiglia tradizionale.
Arrivata in Europa la crisi finanziaria si trasforma in una crisi del debito
pubblico e dell’euro. Nell’ottobre 2009, il Primo Ministro greco Papandreu tiene
un discorso sulla reale situazione del debito greco, aprendo un nuovo capitolo
dell’integrazione europea, fatta di pacchetti di salvataggio, memorandum, piani
di austerità, innalzamento delle tasse per tutta la popolazione, taglio dei
fondi al sistema pensionistico, sanitario e scolastico, privatizzazione dei
sistemi di welfare, aumento della povertà relativa e assoluta.
Nel 2011, un secondo tonfo dei mercati e l’aumento dei prezzi di beni di consumo
primari, come il pane, apre la strada alle primavere arabe, sollevazioni contro
la disoccupazione, la corruzione e per la democrazia. Manifestazioni si
susseguono dalla Tunisia fino all’Iraq. Quelle speranze di rompere con governi
nazionali corrotti, di finirla con il dominio (post)coloniale, di trovare una
soluzione alla povertà diffusa sono soffocate nel sangue, nella guerra civile in
Siria, nell’intervento europeo in Libia, nella dittatura di Al-Sisi in Egitto,
nell’instabilità politica dello Yemen…
Le piazze tunisine ed egiziane riverberano fino all’altra sponda del
Mediterraneo, portando al 15M spagnolo, al movimento occupy statunitense e alle
piazze anti-austerity greche, arrivando fino alle rivolte di Gezi Park a
Istanbul nel 2013, repressa in maniera brutale.
Mentre nel mondo arabo le istanze di libertà vengono annientate dalla
repressione e dalla guerra civile, in Europa, la resistenza di piazza e una
soluzione progressista alla crisi viene umiliata quando il governo greco di
Syriza è costretto a firmare il terzo Memorandum of understading con le
istituzioni europee e il Fondo Monetario internazionale. Siamo nell’estate del
2015 e si segna un punto di non ritorno alla crisi dell’accumulazione
capitalista finanziaria.
> La strategia di uscita dalla crisi è nuove privatizzazioni delle
> infrastrutture, del welfare, dello spazio pubblico e dei beni comuni, attuate
> tramite piani statali di tagli e austerità che aprono alle nuove enclosure del
> sistema pubblico.
Ed è un punto di non ritorno anche per il progetto europeo. La trazione tedesca
che impone l’austerità come principio cardine della politica economica e
monetaria non trova legittimità diffusa né nelle società europee, ma nemmeno tra
le élite europee. L’anno seguente, nel giugno del 2016, si arriverà al voto
sulla Brexit che sancirà questa spaccatura. Eppure i conservatori europei in
questo periodo sono ancora convinti di poter torcere l’onda reazionaria a
proprio favore, non comprendendo come tra le pieghe dei loro fallimenti stia
nascendo l’alleanza tra partiti reazionari e gruppi di estrema destra xenofobi,
razzisti e autoritari.
Con la crisi del 2008/2011 il regime di accumulazione capitalista finanziario
vacilla e intravede i suoi limiti e si riorganizza. E mentre in Europa il tema è
imporre piani di austerità, ricetta già vista e interna al paradigma
neoliberale, negli Stati Uniti già si intravede la necessità della gestione
autoritaria della politica economica in supporto ai mercati finanziari e
all’industria, in opposizione al potere cinese uscito più che rafforzato dalla
crisi.
Zaira Biagini – Manifestazione IsraeleüberAlles a Berlino – settembre 2024
LA PRIMA SVOLTA AUTORITARIA NEL MONDO
Da Piazza Tahrir al 15M spagnolo, da Gezi Park fino alla firma del Memorandum
greco si chiude uno spazio di rivolta e di democrazia radicale, che per quanto
frammentato, differenziato e diviso tra spazi nazionali, aveva condiviso
immaginari e parole d’ordine. Ed è questo che segnerà la sconfitta dei progetti
socialisti come quelli di Sanders e Corbin, fino al nuovo progetto di
Costituzione in Cile e alle rivolte di Hong Kong per la democrazia. E da qui un
nuovo progetto di sinistra radicale dovrebbe ripartire costruendo alleanze
trasversali, un consenso popolare e un orizzonte oltre i propri confini
nazionali.
> La svolta autoritaria è già in corso nel mondo. Modi in India è in carica dal
> maggio 2014, la Turchia elegge Erdogan come Presidente nel 2014, dopo la sua
> lunga carriera di Primo Ministro dal 2003 e, sempre a inizio del 2014, Putin
> invade e annette la Crimea e di lì a breve si schiererà apertamente a fianco
> di Assad in Siria.
Questi tre leader in modo diverso hanno centralizzato il potere, riposto al
centro della vita politica l’identità nazionale e utilizzato la religione come
collante sociale, schiacciando le minoranze religiose, l’opposizione politica, e
le minoranze LGBTQIA+. La strategia di Trump nelle scuole e nelle università è
stata implementata da Erdogan già dieci anni fa con grande successo. Così come è
stato Putin a iniziare l’attacco diretto alla comunità LGBTQIA+ con la legge nel
2013contro la “propaganda gay”, che oggi vediamo prendere forma in tutto il
mondo. E Modi ha esplicitato il nuovo legame tra religione e Stato, utilizzando
gruppi fondamentalisti per fomentare veri e propri pogrom contro la minoranza
musulmana.
In Occidente questi sono gli anni della discussione sul populismo, i liberali
fanno confluire qualsiasi corrente antisistema da sinistra a destra in un grande
calderone (dai Cinque Stelle a Syriza, da Farage a Trump, ignorando la storia
del populismo in Argentina e ancor prima in Russia), sperando di poter
neutralizzare la torsione reazionaria e allo stesso tempo eliminare tutte le
opposizioni progressiste al progetto neoliberale.
È questo il momento, tra il 2014 e il 2015, che la guerra civile diventa la
prospettiva del mondo. Da un lato, l’annessione della Crimea è l’inizio della
guerra che la Russia porterà avanti nel 2022, la rivolta di piazza Maidan
scoperchia tutte le contraddizioni dello spazio ex-sovietico mai veramente
pacificato dopo la lunga crisi economica, la povertà e la corruzione che sono
seguite al processo di spossessamento degli stati del socialismo reale, oggi
divisi tra le mire geopolitiche europee, americane e russe.
Dall’altro lato, la guerra civile siriana, fa scoppiare tutti gli irrisolti
della società siriana, delle primavere arabe, e del rapporto tra Occidente e
paesi arabi post-coloniali, dopo trent’anni di politiche globali neoliberali
fallimentari. Daesh, gli attentati di Parigi, milioni di persone in fuga verso
l’Europa, la chiusura delle frontiere (se non per una breve apertura da parte
della Germania), gli accordi con la Turchia, le persone abbandonate sulla rotta
balcanica e sotto il mar Mediterraneo. È qui che un altro tassello del progetto
egemonico reazionario si costruisce: lo scontro di civiltà, l’attacco a tutte le
popolazioni migranti, l’odio razzista che si fa suprematismo bianco.
> Quando i governi composti da liberali e conservatori hanno votato politiche
> antimigrazione e le hanno giustificate con discorsi apertamente razzisti e
> xenofobi hanno aperto la strada alle forze reazionarie e sepolto ogni progetto
> (neo)liberale.
Di fronte questi avvenimenti complessi sono nate profonde fratture nel campo
della sinistra che si divide in fazioni separate e opposte tra loro, spesso
molto confuse, tra posizioni pro.Assad o contro Assad, pro-Putin o pro-Ucraina,
posizioni che dividono il mondo in due e che già fanno propria la logica binaria
della guerra.
È proprio contro questa prima ondata autoritaria, la delineazione a livello
globale del progetto egemonico reazionario, e in opposizione a un progetto
crudele come quello dello Stato islamico, che emerge un’ utopia concreta e una
visione di pace per il mondo: il confederalismo democratico curdo che lascia
intravedere la possibilità di immaginare comunità fondate sulla partecipazione
femminile, l’ecologia, l’autonomia democratica, la valorizzazione della
pluralità culturale e religiosa, contro ogni nazionalismo e fondamentalismo. È
ancora qui che dobbiamo guardare per costruire una resistenza al blocco storico
reazionario.
> Nel 2014, in Ungheria, Orban è già al suo terzo mandato ed è lui a definire
> ciò che sta accadendo: «il nuovo Stato che stiamo costruendo in Ungheria è uno
> stato illiberale, uno stato non–liberale», cioè uno Stato che «non rende
> questa ideologia l’elemento centrale dell’organizzazione statale».
È probabilmente una delle prime definizioni teoriche di ciò che sta avvenendo
nel mondo: il superamento della razionalità (neo)liberale nelle istituzioni,
nell’economia e nel sistema sociale. Ma è proprio contro la stabilizzazione del
progetto egemonico reazionario in Est Europa, e in particolare in Polonia con le
leggi antiaborto, che (ri)nasce l’altro grande movimento di opposizione al
blocco reazionario: il movimento femminista. Sarà, poi, l’esplosione in
Argentina e in tutta l’America latina a far irrompere sulla scena globale la
potenza transfemminista, che si impone come forza di resistenza al progetto
neoliberale in crisi e allo stesso tempo al progetto reazionario in ascesa.
Ed è così che si arriva nel 2016 alla prima campagna elettorale di Trump negli
Stati Uniti, alla sua prima presidenza, fatta di manipolazione
dell’informazione, fake news e teorie del complotto. Lo scontro tra poteri è al
massimo livello. L’elezione di Trump fa da volano all’elezione di Bolsonaro in
Brasile, che ben rappresenta l’alleanza con una strategia di accumulazione
capitalista narco-criminale, femminicida e gore difesa dai gruppi
paramilitari.
Sarà la pandemia di Covid-19 a fermare questa ascesa. Ma solo per poco.
Silvia Cleri – sciopero transfemminista Roma – 8 marzo 2025
NIENTE SARÀ PIÙ COME PRIMA
La pandemia di Covid-19 blocca il mondo. Soprattutto blocca le catene di
produzione e di circolazione delle merci del mondo. È l’inizio della fine della
globalizzazione. Proprio in questi mesi di diminuzione dei flussi, si comprende
la fragilità delle catene globali di produzione e di quanto sia facile
spezzarle. Probabilmente è qui che prende forma la politica dei dazi e “del
riportare a casa le industrie” che vediamo applicata in queste settimane.
Il lock down e l’isolamento, passato di fronte ai social network, aiutano la
diffusione dell’antivaccinismo, di posizioni antiscientifiche, di teorie del
complotto anti-ambientaliste, anti-trans, anti-migranti. Complotti e
cospirazioni diffuse via social sono la nuova arma ideologica del progetto
egemonico reazionario sul mondo. Mentre le grandi industrie dei farmaci fanno
enormi profitti senza alcuna trasparenza e senza alcun freno da parte dei
governi liberali e conservatori ancora (o di nuovo) al governo.
> Ma anche qui la critica alle grandi multinazionali di big pharma si ritorce su
> se stessa e nel senso comune diventa un complotto delle élite liberali che
> hanno costruito la pandemia a tavolino e non riesce a farsi movimento di
> opposizione. Il senso di ingiustizia lascia spazio alla paura, al rancore e
> all’individualismo.
Milioni di persone si ritrovano senza lavoro in poche settimane, chi continua a
lavorare lo fa anche pagando con la vita, la povertà dilaga. Le foto delle città
vuote mostrano il paradosso della vita urbana, della sua frenesia senza limiti e
di un mondo del lavoro senza alcun diritto. Mentre dentro le case aumenta a
dismisura la violenza domestica e il prezzo dell’isolamento e dell’impoverimento
le donne lo pagano doppio. Saranno le forze reazionarie a costruire una
strategia politica a questo senso di malessere sbocciato durante la pandemia.
I lockdown si allentano, poi ritornano, poi si allentano ancora, e alla fine
sembra tornare tutto alla normalità. Ma oggi sappiamo, che nulla è tornato come
prima. Non le nostre relazioni sociali, non le relazioni internazionali.
LA GUERRA IN UCRAINA E IL GENOCIDIO IN PALESTINA
L’esercito russo supera la frontiera con l’Ucraina il 22 febbraio del 2022. Ed è
qui che la guerra si fa prospettiva mondiale. Il progetto egemonico neoliberale
ha provato in tutti i modi a inquadrare questo conflitto tramite la lente della
democrazia contro l ‘autoritarismo, con scarsi risultati. C’è chi lo ha letto
come la Russia che si difende contro l’espansionismo statunitense, ma proviamo
qui a darne una nuova interpretazione, è l’avanzata del progetto egemonico
reazionario, in questo caso rappresentato dalla Russia di Putin, contro il
progetto egemonico neoliberale, rappresentato dai governi e delle istituzioni
dell’Unione Europea insieme al governo statunitense di Biden. Non è un caso che
il governo Trump voglia fare la pace con la Russia di Putin, senza troppe remore
a smembrare i territori ucraini, e dividerli in zone di influenza americane e
russe. Trovando un accordo tra le due sponde di uno stesso progetto egemonico
sul mondo.
La guerra in Ucraina è il secondo momento di rallentamento al commercio
internazionale con le sanzioni alla Russia e la guerra del gas. La
globalizzazione, intesa come l’interconnessione dei mercati, è sulla via del
tramonto. E con essa tutto un sistema di pensiero e di politiche globali.
> È la risposta di Israele al 7 ottobre a sancire la fine del diritto
> internazionale come sistema di norme condiviso dai paesi più forti del mondo.
> Il sistema delle Nazioni Unite e il diritto internazionale sono crollati pezzo
> dopo pezzo sotto le bombe sugli ospedali, nei camion di aiuti umanitari in
> fila di fronte a un valico chiuso, nella fine dell’acqua potabile in una
> striscia di terra assediata.
I bombardamenti sui civili inermi di Gaza giustificati con il diritto a
difendersi di Israele da parte dei governi liberali e conservatori hanno aperto
il campo alla saldatura del blocco reazionario, suggellata nella nuova elezione
di Trump.
Il progetto neoliberale, costruito sui programmi – che hanno indebitato il sud
del mondo – del Fondo monetario internazionale, l’Organizzazione internazionale
del commercio, il sistema Onu con le sue agenzie, gli accordi di libero scambio
regionali, il sistema dei diritti umani, delle Ong, delle carte dei diritti, del
sistema legale-razionale è finito, per quanto le sue istituzioni siano ancora in
essere e probabilmente lo saranno a lungo. Un nuovo ordine mondiale sta nascendo
e verrà sancito, prima di tutto, sulla vita e sulla morte di chi vive in
Palestina e in Ucraina, ma un nuovo regime di guerra già si impone su stati,
istituzioni e relazioni sociali.
> Saranno, poi, le grandi potenze reazionarie a combattere per l’egemonia sul
> mondo: la Cina, gli Stati Uniti, la Russia, l’India, insieme a potenze
> regionali come la Turchia, il Brasile, il Sudafrica – e forse altre ne
> emergeranno. E non lo faranno con trattative di pace.
La resistenza contro questo nuovo blocco reazionario deve quindi costruire una
nuova strategia adeguata a questo momento storico, cercando di superare lo
spaesamento in cui ci troviamo. Di fronte alla crudeltà, alla violenza e alla
vendetta di questo forze reazionarie abbiamo, però, già dei punti per tracciare
le nostre nuove coordinate: l’ostinata voglia di vivere del popolo palestinese,
il muoversi indisciplinato delle persone migranti, il progetto di pace e
convivenza del confederalismo democratico curdo e la potenza transfemminista.
Immagine di copertina di Paul Becker – rally anti Trump marzo 2025
SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS
Per sostenere Dinamopress abbiamo attivato una nuova raccolta fondi diretta. Vi
chiediamo di donare tramite paypal direttamente sul nostro conto bancario,
Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno
utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i
e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno
L'articolo Un nuovo blocco reazionario al governo del mondo proviene da
DINAMOpress.