Humanity 1 trattenuta a Ortona: l’ennesimo fermo contro il soccorso civile
Dopo lo sbarco di 85 persone, tra cui vari minori non accompagnati, avvenuto
lunedì 1° dicembre, la nave di soccorso Humanity 1, dell’organizzazione SOS
Humanity, è stata nuovamente trattenuta dalle autorità italiane. Il fermo
provvisorio è scattato martedì 2 dicembre 2025 nel porto abruzzese, con l’accusa
di non aver comunicato con il Centro di coordinamento libico, in base agli
obblighi imposti dalla legge Piantedosi.
L’ordine è stato firmato da Ministero dell’Interno, Guardia di Finanza e
Ministero dei Trasporti, e resterà in vigore finché la Prefettura non avrà
concluso l’indagine. Il fermo si basa sull’ipotesi di violazione della legge
Piantedosi per non aver contattato il centro di coordinamento libico. Ma SOS
Humanity respinge le accuse, spiegando che la mancata comunicazione è una scelta
legittima, coerente con il diritto internazionale e condivisa da tutte le
organizzazioni della Justice Fleet Alliance.
Approfondimenti/In mare
JUSTICE FLEET ALLIANCE: LE ONG DEL MEDITERRANEO INTERROMPONO I CONTATTI CON
TRIPOLI
«Non è solo moralmente giusto, ma anche giuridicamente necessario»
Giulia Stella Ingallina
17 Novembre 2025
«Questo fermo provvisorio è incompatibile con il diritto internazionale» afferma
Marie Michel, esperta politica di SOS Humanity. «La cosiddetta Guardia Costiera
libica è responsabile di gravi violazioni dei diritti umani. Rifiutarsi di
comunicare con attori coinvolti in questi crimini è l’unico modo per difendere
il diritto marittimo e i diritti umani». E aggiunge: «Mentre questi attori
continuano a essere sostenuti dall’Unione Europea, le navi che salvano vite
vengono bloccate. La capacità di soccorso diminuisce e le morti in mare
aumentano».
La Humanity 1 è solo l’ultima di una lunga serie di navi della flotta di
soccorso civile colpite da fermi amministrativi e procedure punitive. Un
provvedimento del tutto illegittimo, come del resto hanno ribadito più volte le
sentenze dei tribunali italiani ma che Piantedosi continua a non leggere, che
blocca ancora una volta una nave umanitaria (è il terzo fermo subito da Humanity
1), e che arriva al termine di una missione complessa, segnata da condizioni
meteo avverse, operazioni di salvataggio ravvicinate e un trasferimento
prolungato verso un porto assegnato a oltre 1.300 chilometri di distanza.
Ph: Sofia Bifulco – SOS Humanity
LA RICOSTRUZIONE DELLA MISSIONE E DEI SOCCORSI1
Il 19 novembre la nave Humanity lascia Siracusa e raggiunge l’area SAR.
Il 24 novembre il primo soccorso: 75 persone in pericolo. La segnalazione arriva
da Alarm Phone: una barca di legno sovraccarica e senza motore, nella zona SAR
tunisina.
Le condizioni sono critiche: disidratazione, ipotermia, maltempo e mare grosso.
Tutte le 75 persone vengono soccorse e, poche ore dopo, trasferite su una
motovedetta della Guardia Costiera italiana e condotte a Lampedusa, permettendo
alla Humanity 1 di rimettersi subito in navigazione verso nuove possibili
emergenze.
Il 24 novembre il secondo soccorso: 85 naufraghi in area SAR libica. A circa 100
km dalla costa libica, l’equipaggio individua una barca blu alla deriva, con tre
motori spenti e oltre 80 persone a bordo. Le comunicazioni con MRCC Roma, JRCC
Malta e il centro tedesco MRCC Bremen iniziano subito.
Tra le 09:14 e le 11:15, si alternano valutazioni, soccorsi con le RHIB,
distribuzione di giubbotti di salvataggio e mail ufficiali ai centri SAR.
Alle 10:49, tutti gli 85 naufraghi sono al sicuro a bordo della Humanity 1.
Alle 10:59, la nave comunica formalmente che non può coordinarsi con il MRCC
libico, né trasferire i sopravvissuti in Libia, poiché non costituisce un porto
sicuro, come stabilito dal diritto internazionale e ribadito dal Tribunale di
Catanzaro.
Il 1° dicembre l’arrivo a Ortona: dopo quasi una settimana in mare,
attraversando il Golfo di Taranto per evitare il maltempo, le 85 persone
sfiancate dal viaggio vengono finalmente sbarcate nel porto di Ortona.
Ph: Marcel Beloqui Evardone – Alcuni scatti dall’operazione SAR di SOS Humanity
«Una traversata inutile e pericolosa».
Il maltempo e la distanza del porto assegnato hanno determinato un lungo e
rischioso trasferimento che ha aggravato le condizioni fisiche e psicologiche
delle persone soccorse.
«Questa lunga traversata è stata inutile e pericolosa per la salute fisica e
mentale delle persone che abbiamo avuto a bordo» ha denunciato Stefania,
responsabile della protezione sanitaria. «Abbiamo registrato casi di scabbia,
infezioni respiratorie, febbre alta, dolori muscolari, malattie parassitarie.
Alcune persone erano sotto antibiotici. Molti ci hanno raccontato torture subite
in Libia».
SOS Humanity aveva chiesto più volte l’assegnazione di un porto vicino, ma MRCC
Roma ha respinto ogni richiesta. «Il diritto internazionale prescrive lo sbarco
senza indugio» ha ricordato Sofia Bifulco, coordinatrice della comunicazione.
«Davanti a noi c’erano porti raggiungibili in poche ore. Invece sono state
esposte persone vulnerabili a quasi una settimana di transito inutile».
1. Leggi la ricostruzione completa di Sos Humanity ↩︎