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L’Arabia Saudita si mette al riparo dell’ombrello atomico del Pakistan
La notizia è passata quasi inosservata, ma ha una enorme rilevanza per sia il futuro dei rapporti di forza in Medio Oriente, sia nelle relazioni all’interno del mondo arabo-islamico. Il 17 settembre il principe saudita Mohammad bin Salman e il primo ministro pakistano Shehbaz Sharif hanno firmato a Riad un […] L'articolo L’Arabia Saudita si mette al riparo dell’ombrello atomico del Pakistan su Contropiano.
Israele come Sparta? La delirante visione di Netanyahu
L’ammissione di Netanyahu, secondo cui Israele sta affrontando un crescente isolamento sulla scena mondiale e dovrà diventare una “super-Sparta”, si presta a molte considerazioni. “Israele è in una sorta di isolamento” – ha riconosciuto Netanyahu – “Avremo sempre più bisogno di adattarci a un’economia con caratteristiche autarchiche“, ha continuato, definendo […] L'articolo Israele come Sparta? La delirante visione di Netanyahu su Contropiano.
Cosa sta costruendo Israele nel sito nucleare di Dimona? È ora di un’indagine internazionale
L’Associated Press (AP), agenzia di stampa con sede a New York, ha diffuso nuove immagini satellitari del sito nucleare israeliano di Dimona, nel deserto del Negev. Attraverso di esse è facile vedere la costruzione di nuove strutture che portano con sé nuovi interrogativi intorno a quello che dovrebbe essere il […] L'articolo Cosa sta costruendo Israele nel sito nucleare di Dimona? È ora di un’indagine internazionale su Contropiano.
Venezia 2025. “A house of dynamite”: il rischio di una guerra atomica è reale
In conferenza stampa a Venezia Kathryn Bigelow, una delle registe più impegnate sul piano dell’antimilitarismo, ha detto: “Oggi nove Paesi sulla terra hanno il nucleare e la capacità di annientare il mondo. La situazione è instabile, e abbiamo costruito un armamentario che potrebbe distruggere tutto. E’ un miracolo che non sia già successo. Credo che sia importante avviare una riflessione, ora che stiamo vivendo in una casa di dinamite”. Il suo film “A House of  Dynamite”, in concorso a Venezia per il Leone d’oro, racconta la possibilità di un attacco nucleare di provenienza non identificata e il modo in cui questo potrebbe essere contrastato, ovvero la probabile impasse  suicidaria del caos. Ad esempio, se puta caso si trovasse di fronte a un missile non rivendicato, partito erroneamente, cosa farebbe il governo americano? La Bigelow mette credibilmente in evidenza le relative incertezze e interrogativi, le incomprensioni, l’impossibilità di decidere, la probabilità che quell’arsenale di sicurezze e di controllo che l’uomo crede di aver costruito non esista. Il film narra di un centro di sorveglianza statunitense che un giorno intercetta un lancio ostile, la cui provenienza è sconosciuta e inizia una corsa contro il tempo per neutralizzarlo. Vengono coinvolti lo Studio Ovale, il Presidente, il Segretario della Difesa, il personale strategico e militare, la sala stampa. Si fanno proposte al buio per sventare un attacco atomico, a riprova che l’era delle armi nucleari non solo non è finita, ma la loro gestione è complessa al punto da incentivare una guerra. La storia si compone di tre parti, che da tre diversi punti di vista rimettono in scena la stessa problematica,  riuscendo a creare la tensione dell’incomprensione, dell’incertezza e dell’assurdo. Viene in mente la possibilità di una guerra atomica per errore, di una guerra scatenata dall’intelligenza artificiale, di un mondo che si auto-annienta per l’incapacità umana di pensare e agire. Una sorta di follia che, purtroppo, suona come un pericolo vero. A House of Dynamite Un film di Kathryn Bigelow con Rebecca Ferguson, Anthony Ramos, Idris Elba, Willa Fitzgerald, Renée Elise Goldsberry. Genere: Drammatico. Durata: 112 minuti. Produzione: USA 2025. Bruna Alasia
Se vuoi la pace, pedala
QUALCHE GIORNO FA UN PICCOLO GRUPPO DI PERSONE SI È DATO APPUNTAMENTO A SCAMPIA, PERIFERIA NORD DI NAPOLI, ALLE ORE 11:02 (SÌ, 02) DI UNA MATTINA IMPORTANTE, ACCANTO A UN ALBERO PARTICOLARE DI UN GIARDINO SPECIALE… ECCO, QUANDO SENTIAMO IL BISOGNO DI UNA NUOVA CULTURA POLITICA, DOVE L’IDEA DI CAMBIAMENTO IN PROFONDITÀ È ANNODATA CON LA VITA DI OGNI GIORNO DELLE PERSONE COMUNI, CON L’IDEA DI CURA E CON LA CAPACITÀ DI DISERTARE IN MOLTI MODI DIVERSI LA GUERRA, DOVREMMO LEGGERE CON ATTENZIONE QUESTO ARTICOLO DI MARTINA PIGNATARO DEL GRIDAS Sulle magliette preparate per il “Kaki Bike Tour” di quest’anno, ho amato subito questa frase-slogan: “Se vuoi la pace… pedala!” così come adoro i “Paciclisti”, nati in seno all’associazione Nagasaki-Brescia Kaki Tree for Europe che da alcuni anni, a cavallo degli anniversari dei bombardamenti atomici su Hiroshima (6 agosto 1945) e Nagasaki (9 agosto 1945) in sella alle biciclette organizzano un tour di Pace, che tocca luoghi in cui crescono o cresceranno dei Kaki Tree. Seguo e amo questa rete, che si arricchisce sempre di più di nuove realtà e di maggiore “conoscenza” reciproca tra queste realtà, da quando anche a Scampia, periferia nord di Napoli, è approdata una piantina di Kaki Tree, il 2 ottobre 2022, Giornata Mondiale della nonviolenza e 153° Compleanno di Ghandi. I Kaki Tree sono piante di Kaki nate, grazie alle cure dell’associazione bresciana che si è presa il compito di diffonderle, da semi di una pianta di Kaki che è sopravvissuta alla bomba atomica sganciata dagli statunitensi sulla città di Nagasaki, tre giorni dopo aver raso al suolo, allo stesso modo, la città di Hiroshima, per “porre fine” alla seconda guerra mondiale. Il Giappone si “arrese” e ripudiò la guerra e le armi atomiche, altre nazioni, invece, continuano a “sbandierarne” il possesso come “deterrente” alla guerra, o agli attacchi altrui. Guerra che altro non è se non la “legge del più forte”: vince (se di “vittoria” si può parlare) non chi ha più ragione, ma chi ha armi più sofisticate, maggior consenso (più o meno meritato e/o pilotato), più “voce” data alle proprie “ragioni” (giuste o sbagliate che siano). Il Kaki che è sopravvissuto alla devastazione atomica a Nagasaki, al pari di un Gingko Biloba sopravvissuto alla devastazione di Hiroshima, simboli di altre piante che al pari sono ancora “in vita”, ci testimoniano la resistenza alla violenza, la possibilità di rinascita dopo la più violenta atrocità, la possibilità che ciò avvenga grazie alla cura. Cura di botanici che si sono dedicati a queste piante, come Masayuki Ebinuma per il Kaki di Nagasaki, cura di persone che si adoperano affinché i semi raggiungano l’Italia, affinché, accudite, germoglino, diano nuove piante da affidare con cura, alle cure di altre persone che se ne prendano cura affinché crescano e ramifichino diramando messaggi di pace nel tempo e nello spazio, curando a loro volta anche gli animi di chi se ne prende cura. Volutamente ho ripetuto più volte la parola “cura”. A Scampia sappiamo bene quanto sia importante prendersi cura dei luoghi e di chi li abita, per contrastare la violenza e l’incuria di una periferia colpevolmente, da decenni, abbandonata a sé stessa da chi doveva amministrarne la sorte. Persone, che non sono i “numeri” a più zeri dei vari censimenti periodici che contrastano costantemente tra loro a seconda di chi li fa e di cosa e dove “contano”, persone che per noi “contano”, nel senso che “valgono”, tutte allo stesso modo, con pari dignità e pari diritto a una vita dignitosa su questa terra che ci accoglie tutti, ma di cui dobbiamo anche a nostra volta prenderci cura. Il Kaki Tree che arrivò a Scampia, grazie a una scuola che ne “scovò” il progetto, per il tramite di Aldo che ne lesse in un trafiletto sul bimestrale nonviolento “QUALEVITA”, dopo varie vicissitudini burocratiche, dopo la pandemia che ha tenute segregate scuole e relazioni con il territorio, decidemmo di collocarlo al “Giardino dei cinque continenti e della nonviolenza”, un giardino, ora rigoglioso, che sorge in un’area che era una sorta di discarica: uno scavo errato per un ennesimo palazzone, irrealizzabile, poi abbandonato e riempito alla meno peggio con materiali di risulta, al pari dell’adiacente campo sportivo. Stadio che dopo un decennio è stato dedicato ad Antonio Landieri, vittima innocente di camorra, dopo una lunga trafila e un logorante lavoro di “cura della memoria” e della corretta narrazione di un territorio vittima, prima di tutto, degli stereotipi, cui si sono aggregate nel tempo più realtà a far da scudo e abbraccio caloroso alla famiglia Landieri, parte attiva della nostra rete dal basso. Stadio trasformato e reso utilizzabile grazie alle cure dell’ARCI Scampia, una delle colonne portanti della storia di Scampia e della nostra bella rete di Pace. Il giardino, realizzato in un’area di circa 4000 metri quadrati bonificata a mano nel tempo, in autogestione con un lavoro di sinergia tra associazioni, cittadini attivi e scuole del territorio, coinvolte, seppur con alti e bassi, in ogni fascia di età, dagli istituti comprensivi agli istituti superiori, sorge comunque in un’area pubblica, volutamente non recintata e accessibile a chi voglia godere dei frutti del lavoro fatto o, magari, dare una mano innaffiando o accudendo in autonomia qualche pianta più sensibile o estirpando la Cuscuta, parassita vegetale che periodicamente riappare, o raccogliendo rifiuti puntualmente lasciati nelle aiuole, sebbene dopo lunga trafila siamo riusciti ad ottenere dei cestini, malandati, ma “utilizzabili” per chi impara a prendersi cura degli spazi comuni. “Frutti” l’ho usato in senso metaforico, ma talvolta assaggiamo anche qualche frutto dalle piante che ce li restituiscono, con qualche remora poiché le “aiuole” sorgono su rifiuti interrati, sono state create a zappate, inserendo piante a picconate e innaffiate con il sudore di molte fronti, fino a quando il Comune ci concesse l’allaccio idrico (non senza aver dovuto scomodare il “nostro” San Ghetto Martire!), ma anche dopo dato che l’area è vasta e le piante messe a dimora negli anni (quasi un decennio!) sono parecchie. Frutti (reali e metaforici) li sta dando quest’anno, per nostra grande gioia, anche il “nostro” Kaki Tree. È posizionato accuratamente nell’aiuola Asia di questo luogo emblematico caratterizzato da sei aiuole dedicate ciascuna a un continente e, la sesta, al Mediterraneo con l’auspicio che torni ad essere “culla di civiltà” anziché il cimitero di migranti degli ultimi tempi. Aiuole in cui sono accuratamente piantate essenze del rispettivo continente e dedicate a persone, testimoni di nonviolenza, che ci accompagnano in un cammino collettivo, condividendone insegnamenti e messaggi, continuando a far camminare sulle nostre gambe chi non è più tra noi, ma anche testimoni viventi di quella che abbiamo preso a chiamare Comunità Pangea, dal progetto iniziale incentrato su quell’area e che poi, anch’esso, si è diramato e ramificato, che chiamammo “Pangea” dal continente primordiale da cui tutti veniamo e cui ancora ci sentiamo di appartenere. Pangea, tradotto in napoletano in “Simm’ tutt’uno” (siamo un tutt’uno), che è anche un verso della canzone “Salvammo ‘o munno” di Enzo Avitabile, autore dell’area nord di Napoli, anche lui “devoto” di San Ghetto Martire. Il “Giardino dei cinque continenti e della nonviolenza” è corredato anche da bellissime installazioni artistiche posizionate nelle aiuole e legate ai rispettivi continenti e alle relative favole, su cui hanno modo di lavorare i più piccoli, tramandandole anche a noi adulti, realizzate nel tempo dal “Gruppo Zoone” del Centro Diurno di Riabilitazione “Gatta Blu”, negli incroci tra i viali vi sono poi due installazioni a piramide realizzate più recentemente dal gruppo di artisti “Volart”. Un approccio alla salute mentale anche qui di Cura, non a caso il “Gatta Blu” è autore di una bellissima mappa relazionale di Scampia che mostra il quartiere dal punto di vista delle relazioni e delle connessioni legate alle sensazioni e alle sensibilità di chi ha collaborato a crearla. Un approccio, quello della “cura”, che richiede più impegno, più consapevolezza, più partecipazione collettiva rispetto al semplice “medicare” le ferite, vale per le ferite di guerra come per quelle dell’anima. Il centro “GattaBlu”, una risorsa per il nostro quartiere, è a rischio smantellamento, è attiva una petizione di chi, indignato da questa scelta, non ci sta e non vuole restare in silenzio a guardare. Anche i Paciclisti del “Kaki Bike Tour”, quando approdarono al giardino per il tour del 2023, presero parte, con convinzione, alla mobilitazione #GiùlemanidalGattaBlu perché piantare un Kaki Tree, lo dicevo all’inizio, è entrare in una rete, bellissima, fatta di persone e realtà impegnate nel quotidiano a costruire la pace, dal basso, anche con fatica e sudore, come una pedalata che giova a tutti, anche a chi è sul bordo e assiste al passaggio di una decina di bici colorate, gioiose, determinate e viene “investito” da una folata di Pace. Nell’agosto del 2023 abbiamo “seguito” i Paciclisti, ne raccontavo in un articolo l’anno successivo, perché le relazioni instaurate sono andate oltre, sicché qui riporto la “tappa successiva”. Quest’anno sono “subentrata” a Aldo come “referente” della rete Pangea di Scampia per la rete del Kaki Tree Project, una rete di Pace che seguo con piacere, perché è una folata di bellezza in un mondo in guerra, una chat tra le realtà che hanno o avranno un Kaki Tree in “affido” di cui prendersi cura e che si confrontano e scambiano notizie sul “proprio” percorso e esperienze di costruzione della pace, idee e pratiche condivise che possono ispirare altri, che possono essere segnalati a realtà affini o vicine per allargare la rete e, perché no, se si è in zona, partecipare e conoscere dal vivo persone attive sullo stesso cammino. Forse anche per onorare questo mio nuovo “incarico”, dato che il tour dei Paciclisti era troppo “lontano” dalla mia portata, quest’anno ho dato appuntamento a Scampia, accanto al Kaki Tree, alle 11:02 del 9 agosto, ora in cui, 80 anni fa, fu sganciata la seconda bomba atomica della storia. Non sapevo chi fosse a Scampia il 9 agosto 2025, io stessa ci sono approdata apposta per questo appuntamento con mia figlia cresciuta nel/col giardino. Aldo era già sul posto di buon ora, seguito da Anna, Lino e RosaMaria, Guido “Paciclista nostrano” ci ha raggiunti in bicicletta da Materdei, il “Commendatore” Carlo, sempre attivo e presente e Andrea del blog “Dimmi di Scampia” con me e Alessandra hanno formato un allegro gruppetto accanto al Kaki. Abbiamo condiviso qualche “anello” che a qualcuno mancava di come quella pianta importante e speciale sia arrivata in quel luogo di Scampia, abbiamo mostrato e “seguito idealmente” il tour di quest’anno dei Paciclisti e innaffiato il Kaki Tree, sincerandoci che non ci fossero lumache e ammirando la crescita dei suoi primi frutti. Quest’anno il Kaki Bike Tour prevedeva tappe “da Verona a Albagnano (VB) per fiumi e laghi di Pace”, affidando anche all’acqua, oltre che alle persone incontrate lungo la pedalata, messaggi costruttivi di pace. Il 9 agosto era anche la giornata di mobilitazione mondiale per la Palestina, abbiamo declinato sul posto anche questa ulteriore voce che chiede urgentemente di fermare il genocidio in atto. La rete Pangea sostiene da sempre la resistenza nonviolenta palestinese, quella di cui non si parla mai. La nostra piccola aiuola “striscia di Gaza”, davanti al mural dedicato a “Handala Felice” è pronta per accogliere e “salvare” qualcosa della cultura e della biodiversità vegetale che pure si stanno perdendo inesorabilmente. Una ripercussione sulla nostra Pangea di ogni guerra: oltre allo strazio per le vite umane perdute e per le storie “personali” distrutte, vanno in rovina patrimoni ambientali, artistici, culturali e tutto un ecosistema che ha impiegato anni a “costruirsi”, un equilibrio naturale devastato. È un altro aspetto, devastante, di ogni guerra. Un motivo in più per evitare la guerra, sempre e comunque, costruendo la pace, con impegno, dal basso. Anche, sicuramente, a pedalate: andare in bici è un mezzo ecosostenibile, non inquinante, non necessita di “carburante” (e quante guerre si fanno e si sono fatte per l’accaparramento di fonti energetiche che iniziano a scarseggiare!) e in più consente di godere meglio del paesaggio, delle relazioni, di incontrare persone lungo il percorso e ammirare l’ambiente che si attraversa, che sia urbanizzato o meno. Una prospettiva e un approccio differenti che, cambiando punto di vista, ci mostrano un altro aspetto della nostra Pangea e delle relazioni umane. A Scampia, dopo decenni di attesa, è in costruzione “finalmente” la fantomatica pista ciclabile. Speriamo di vedere sempre più bici in città più Felici, a riappropriarsi di spazi e delle proprie vite, speriamo che le auto imparino a rispettare i ciclisti, perché non basta un cordolo di cemento intermittente a creare una città a misura di ciclisti. Tra i testimoni di nonviolenza “napoletani” del nostro giardino c’è Marco Mascagna, un pediatra ambientalista che si è molto battuto per il verde pubblico in una città, già trent’anni fa, affogata dal cemento e dagli spazi contesi dalle auto. Accanto a lui abbiamo da poco “aggiunto” un omaggio a Pio Russo Krauss, nostro compagno di viaggio e presidente dell’associazione “Marco Mascagna”, che ha proseguito e prosegue il cammino dell’amico Marco. Marco andava in bici, morì investito da un’auto. Lo “ricordo” perché mio padre, Felice Pignataro, dedicò “a Marco” l’ultimo vagone del “treno dei guai” del mural anti-G7 realizzato nel luglio 1994 per il controvertice che si tenne a Napoli. I murales realizzati per quel fermento di proposte concrete che fu il controvertice dei piccoli della terra, ‘e pappeci, erano 7, come i 7 “chiavici”. Uno, quello al Parco Verde di Caivano, “L’albero delle scelte”, lo riproposi quando si sono accesi i riflettori mediatici e la propaganda dei politici di turno su Caivano e Francesco Foletti, presidente del Kaki Tree Project mi chiese un contatto “dal basso” con il Parco Verde di Caivano intuendo che ci fosse un’altra realtà, viva e fertile, da mettere in rete. Quando i tempi sono stati maturi, anche lì, fuori dai riflettori mediatici, nell’ottobre 2024 è stato piantato un Kaki Tree. Quest’anno, il 25 Aprile, con mia figlia, in rappresentanza della rete di Scampia, siamo state a Cassino (FR) agli Horti di Porta Paldi, dove l’associazione Eqo accudisce un Kaki Tree e cura lo spazio circostante ridandogli vitalità e dignità e restituendolo alla collettività. C’erano Francesco Foletti e un gruppo di ortolani della Masseria “Antonio Esposito Ferraioli” di Afragola (NA) che ha piantato un Kaki Tree il 2 ottobre del 2023. Ne ho raccontato nella precedente “tappa” del Kaki Bike Tour. Il giorno successivo, sabato 26 aprile, per l’appuntamento mensile di cura collettiva del “Giardino dei cinque continenti e della nonviolenza” (ultimo sabato del mese) ci ha raggiunti Francesco, con gli ortolani e il dirigente scolastico del rione Salicelle di Afragola e gli amici del Parco Verde di Caivano perché ne abbiamo approfittato per fare un incontro e scambiarci opinioni e idee su come proseguire il “percorso” e la rete del Kaki Tree Project. Ma Francesco era venuto soprattutto a donarci tre piante “speciali” perché, conoscendoci e frequentandoci nel tempo, ha scelto il giardino e la rete Pangea per affidarci tre piante ancestrali di Malus provenienti dal Kirghizistan che “esistevano da prima della Pangea e andavano collocate proprio in quel giardino”. Le ha dedicate a Aldo Bifulco e a Mirella La Magna e una terza a papa Francesco che è morto mentre ci preparavamo per la piantumazione. Anche quella giornata la abbinammo alla Palestina, raccogliendo 100 euro per la campagna 100x100Gaza, tutt’ora attiva a sostegno concreto della popolazione civile di Gaza. Anche di queste piante, sabato 9 agosto, abbiamo raccontato la storia, come “ramificazione inaspettata” di quella pianta di Kaki Tree che coccoliamo nel giardino condiviso di Scampia. Tra auto date alle fiamme, panchine che si sgretolano, sporcizia e incuria di chi abbandona lembi di città, noi rispondiamo, da sempre e con costanza, piantando e accudendo bellezza, che sia contagiosa e si dirami facendosi spazio dalla nostra periferia in collegamento con le altre periferie della città e del mondo. La violenza chiama violenza e non si può aspettare che vinca il più forte, annientando l’altro, né scegliere arbitrariamente chi “deve” vincere un conflitto concorrendo ad armarlo fino all’inverosimile. In ogni conflitto c’è la terza via: fermare i massacri e lavorare per la pace. Ci vuole molta “pacienza” a coltivare la pace, come ci insegna l’Associazione “Claudio Miccoli”, altra bella e colorita realtà della rete Pangea ispirata a Claudio, altro “napoletano” testimone di nonviolenza, ucciso a sprangate da un gruppo di fascisti nel 1978 perché “voleva solo parlare”, capire le loro ragioni, i motivi della loro aggressione. La pace si costruisce con pacienza, termine napoletano, ma anche siciliano, ma che per noi è sintesi di “Pace” e “nonviolenza”, ma è altresì l’attesa, la pazienza nell’ascoltare le ragioni altrui per trovare insieme una soluzione nonviolenta per risolvere i conflitti, qualunque essi siano, avendo la volontà, effettiva, di evitare la guerra che no, non è “inevitabile”. Parlare, anche con i fascisti, direi soprattutto con loro, perché non siamo noi a alzare muri o spranghe, né c’è il rischio di contaminarsi, mentre la bellezza, quella sì, è contagiosa e fa vivere tutti meglio. Io, nonviolenta in un paese che vive in un contesto di “pace” (almeno entro i “confini”), ammiro oltremisura chi persevera nella resistenza nonviolenta in Palestina, come altrove, chi diserta la guerra, chi si oppone a leggi o ordini ingiusti, chi prova a salvare semi vegetali o fa giocare e studiare i bambini (per quanto possibile) o prosegue nelle attività che altrove sono “normali” come giocare a calcio, fare teatro, andare sullo skateboard, informare. Non cito cose “a caso”, ma sono anni che al cineforum gratuito promosso dal GRIDAS proiettiamo film sulla Palestina, su esperienze di resistenza nonviolenta in Palestina, il più recente, mentre a Scampia si preparava la tappa napoletana del Mediterraneo Antirazzista Napoli, è il film, del 2019, “FOOTBALLIZZATION” di Francesco Agostini e Francesco Furiassi in visione gratuita sulla piattaforma indipendente OpenDDB che distribuisce film autoprodotti. Recentemente tra le vittime del genocidio in atto in Palestina, che non sono solo numeri, è stato ucciso un calciatore palestinese, “il Pelè palestinese”. La UEFA ha espresso “cordoglio” per la sua morte e un collega egiziano ha chiesto a gran voce di “specificare” le circostanze: chi abbia ucciso, come e perché Suleiman al-Obeid. Mentre scrivevo queste riflessioni, sono stati uccisi, di proposito, sei giornalisti palestinesi che si aggiungono alla lunga lista di giornalisti uccisi, di proposito, tacciati di essere “terroristi” e così infamati, calando un velo di ambiguità sulla loro morte per chi ha sempre meno modo di approfondire, mentre si spengono le voci che ci raccontano la verità dei fatti. Ridiamo dignità alle persone, alle vittime di genocidio, ricomponiamo la corretta narrazione dei fatti, dei misfatti e dei luoghi. Collaboriamo tutti per costruire un mondo di pace. Facciamo memoria della devastazione delle guerre di ottant’anni fa come di quelle in corso, affinché davvero si scelga, tutti, la via della costruzione della pace, una via sicuramente più impegnativa, che richiede cura e il sudore di molte fronti, ma che sicuramente farà vivere meglio e più a lungo tutte le creature che abitano la nostra Pangea. -------------------------------------------------------------------------------- Per approfondire: Qui l’articolo precedente sui Paciclisti: > Una rete di pedalate di pace Qui il sito del Kaki Tree Project: > Front Page Qui il video di Enzo Di Falco della piantumazione dei tre Malus a Scampia: Qui tutti i materiali condivisi del “Progetto Pangea – Scampia”. Qui la petizione per salvare le opere e la storia del CDR Gatta Blu di Scampia. Qui la mappa relazionale “MappaBlu”. Qui il film “Footballization” in visione gratuita: > Footballization Qui la campagna di sostegno 100x100Gaza. Qui i murales anti-G7 del luglio 1994 a Napoli. Qui il blog “Dimmi di Scampia”. -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Se vuoi la pace, pedala proviene da Comune-info.
Denuncia sulla presenza di armi nucleari: una brutta pagina per la magistratura requirente e giudicante
E così il dr. Paolo Emilio De Simone ha posto fine a una bella storia di attivismo pacifista e anti militarista (fatta di riunioni, incontri, dibattiti in scuole e in varie realtà territoriali) e a una brutta storia giudiziaria. La bella storia è nata con la pubblicazione del libro  Parere giuridico sulla presenza delle armi nucleari in Italia e poi, a livello giudiziario, è proseguita col deposito della denuncia alla Procura di Roma quasi due anni or sono, il 2 ottobre 2023. La realtà è semplice: le armi nucleari ci sono (a Ghedi e ad Aviano); la loro presenza è illegale; questo è un reato. Il reato si consuma con l’importazione e poi è permanente con la detenzione. Sembrerebbe quella che giornalisticamente si chiama “una causa vinta”: ci sono le fonti sicure, le prove, la documentazione. Così non è. L’11 ottobre 2023 una PM, la dottoressa Gianfederica Dito, chiede l’archiviazione del procedimento. Sì, avete letto bene, nove giorni dopo il deposito. La PM ha letto la denuncia? Probabilmente sì. Ha letto anche gli allegati? Sicuramente no vista la loro enorme mole. Perché la richiesta di archiviazione? Queste le parole della PM “Le scelte assunte nella gestione del delicato fenomeno sono connotate da profili di natura prettamente politica che sfuggono in quanto tali ed in assenza di condotte di evidente rilievo penale alle valutazioni in sede giurisdizionale “. In soldoni: il problema è politico e la magistratura non ha potere di intervento. Eppure l’articolo 101 della Costituzione dice che i giudici sono soggetti solo alla legge e nel nostro caso le leggi sono tante e chiare: la legge 185/90, il Trattato di Parigi del 1947, il Trattato di non proliferazione del 1975, per fermarci a quelle fondamentali. Oltre al danno la beffa: nessuno avverte i 22 denuncianti della richiesta di archiviazione perché possano far valere le loro ragioni avanti al giudice (GIP). Non ci siamo dimenticati di chiedere in denuncia di essere avvertiti; il segretario della PM non si è dimenticato di avvertirci. No, non è stato un errore, la PM non ci ha ritenuti “persone offese” ma, bontà sua, al più “persone danneggiate” che stanno un gradino più su dei semplici “denuncianti” ma ugualmente non hanno diritto all’avviso. Una persona normale fa fatica a capire la differenza tra le tre figure ma anche i giuristi tanto è vero che il più recente orientamento internazionale tende a unificare le varie figure nell’unica di “vittima del reato”. Senza alcun contraddittorio quindi il GIP Paolo Scotto di Luzio ravvisava come “pienamente condivisibile” la richiesta di archiviazione e il 29 aprile 2024 archiviava. Scoperta l’archiviazione grazie a uno dei periodici controlli di cancelleria, rimaneva un solo strumento: il reclamo; e lo presentiamo con una dotta dissertazione del nostro difensore sulla fondatezza della denuncia e sul diritto alla notifica dell’avviso. Niente da fare: il giudice del reclamo respinge. Curiosa la motivazione: “poiché l’interesse protetto dalle norme è l’incolumità pubblica e l’ordine pubblico la persona offesa non può che essere in via principale…….. lo Stato”! Bel conflitto di interessi visto che lo Stato è quello che noi riteniamo responsabile del reato nella persona dei vari governanti succedutisi nel tempo. Non solo, ma afferma il giudice che sulla presenza delle armi può esserci al più un “mero sospetto” con ciò rivelando di non aver letto le molteplici fonti citate in denuncia. Infine torna l’aspetto decisivo: “le scelte sono connotate da profili di natura prettamente politica”. Eravamo consapevoli di non denunciare un furto di galline; eravamo consapevoli delle implicazioni politiche della denuncia ma ritenevamo, e riteniamo, che la magistratura possa, anzi debba, giudicare anche le scelte politiche quando, come nel nostro caso, siano di rilievo penale. Il problema è noto come sindacabilità/giustiziabilità dell’atto politico. L’orientamento più recente della Corte di Cassazione a Sezioni unite (sentenza n. 15601/23) è esplicito “il giudice è garante della legalità e quindi non arretra laddove gli spazi della discrezionalità politica siano circoscritti da vincoli posti da norme”. In soldoni: il diritto deve prevalere sulla politica. Nel nostro caso tre magistrati sono arretrati (per usare il termine della Cassazione) così come altri magistrati, sempre della Procura di Roma, stanno arretrando trattenendo senza decisione alcuna da oltre un anno e mezzo la denuncia per la fornitura di armi ad Israele e quindi per la complicità del Governo italiano nel genocidio in corso. Non devono esistere temi tabù. Il giudice farebbe politica (accusa periodica rivolta ai magistrati da questo governo) se non esistessero leggi da fare rispettare. Ma se le leggi ci sono, esse devono trovare applicazione. E’ stato scritto (Cassazione, Sezioni unite, n. 18829/2019) “per ravvisare il carattere politico di un atto occorre che sia impossibile individuare un parametro giuridico, sia norme di legge che principi dell’ordinamento, sulla base del quale svolgere il sindacato giurisdizionale. Quando il legislatore predetermina canoni di legalità ad essi la politica deve attenersi in ossequio ai principi fondamentali dello Stato di diritto”. Infatti, in tema di migranti, è stato scritto che le difficoltà nella gestione dei flussi migratori non possono giustificare il ricorso a pratiche che sarebbero incompatibili con gli obblighi derivanti da convenzioni. Sui migranti la magistratura ha avuto il coraggio di andare allo scontro col Governo, non così su temi di carattere politico più vasto come la presenza del nucleare sul nostro territorio e il concorso in un genocidio. Per il concorso nel genocidio stiamo per denunciare il governo alla Corte penale internazionale, vista l’inerzia della magistratura italiana. Per la presenza di armi nucleari stiamo per presentare due denunce, una a Pordenone e una a Brescia, rispettivamente per Aviano e per Ghedi. Noi non arretriamo, anzi rilanciamo. Cerchiamo un giudice che non arretri. Venegono Superiore, 20 agosto 2025 Avv. Ugo Giannangeli (attivista Abbasso la Guerra OdV) Dott. Elio Pagani (Presidente Abbasso la Guerra OdV) Abbasso la Guerra
80 anni da Hiroshima e Nagasaki: chiediamo verità, giustizia, denuclearizzazione, pace
Ogni anno, il 6 e il 9 agosto, l’umanità si confronta con un ricordo duro. Hiroshima e Nagasaki non sono solo due città giapponesi: sono simboli globali degli orrori della guerra, della distruzione causata dall’uso delle armi nucleari e della costante minaccia che ancora oggi rappresentano. Chiudiamo gli occhi e contiamo fino a cinque. Questo è il tempo impiegato per la perdita di oltre 140.000 vite in quella mattina di agosto del 1945. Ricordiamo le bugie raccontate per giustificare lo sterminio di massa. Apriamo gli occhi e vediamo che la stessa propaganda continua. Più di 15.000 testate nucleari rimangono attive oggi, di cui 1.800 in costante stato di allerta. L’enorme investimento finanziario nelle armi nucleari – oltre 100 miliardi di dollari all’anno – rivela priorità che sacrificano vite umane sull’altare della potenza militare. I governi, sostenuti da interessi industriali e geopolitici, mantengono la paura e il terrore come mezzi di controllo, sempre con l’obiettivo di perpetuare l’energia nucleare. Allo stesso tempo, la tecnologia nucleare continua a minacciare sia la pace che l’ambiente. Da Chernobyl a Fukushima, le conseguenze sono durature e globali: la radioattività fuoriesce, contamina e distrugge. Le promesse di “usi pacifici” dell’energia nucleare si rivelano fragili di fronte alla realtà delle perdite, dell’inquinamento e del rischio di proliferazione. Ma c’è speranza e azione. Il Trattato di proibizione delle armi nucleari ( TPAN ) , adottato nel 2017, è una pietra miliare per il diritto internazionale umanitario e per la coscienza umana collettiva. Non è solo un atto giuridico: è una dichiarazione che l’umanità può e deve rifiutare la distruzione di massa come mezzo di coercizione. Ma il disarmo nucleare non basta. La protezione dei civili, il bando della violenza indiscriminata e la responsabilità per i crimini di guerra devono essere principi non negoziabili, che si tratti di Hiroshima, Gaza o qualsiasi altro angolo del pianeta. Non possiamo onorare la memoria delle vittime delle armi nucleari rimanendo in silenzio di fronte ai crimini commessi oggi con le armi convenzionali. Dalle ceneri di Hiroshima alle fiamme di Gaza, il dolore è comune. Il dolore è universale. L’ingiustizia, innegabile. Una madre che ha seppellito suo figlio in Giappone nel 1945 prova lo stesso dolore di una madre in Palestina nel 2025. Oggi, nell’80° anniversario degli attacchi nucleari, non ci alziamo solo per ricordare. Ci alziamo per chiedere. Per chiedere verità, giustizia, denuclearizzazione, pace. Questo giorno non appartiene al passato. Appartiene al presente e plasma il futuro. Non chiudiamo gli occhi. Apriamoli. E agiamo. In Grecia, già 93 comuni, dal più piccolo (comune di Gavdos) al più grande (comune di Atene), oltre al KEDE (Associazione dei Comuni greci) , sostengono la campagna #savethecity , adottando la risoluzione ICAN e invitando il governo greco a firmare e ratificare il Trattato di proibizione delle armi nucleari. La campagna ha già raccolto il sostegno di oltre 1.000 comuni e 12 capitali che non hanno ancora aderito al Trattato. Diciamo NO alle armi nucleari, diciamo SÌ alla Pace e alla Nonviolenza.   Il testo è firmato dalle organizzazioni internazionali “Mondo senza guerra e violenza” (ONG con status consultivo dell’ECOSOC delle Nazioni Unite), “Medici internazionali per la prevenzione della guerra nucleare” (IPPNW – Premio Nobel per la pace 1985) e “Amici della natura”. Tutte e tre sono partner e rappresentanti in Grecia della “Campagna internazionale per l’abolizione delle armi nucleari” (ICAN – Premio Nobel per la pace 2017).   Mondo Senza Guerre e Senza Violenza
Dall’Artico all’ombrello nucleare: il protagonismo di Berlino nella ‘difesa’ europea
Non può che suscitare cattivi presagi l’attivismo della Germania in ambito militare. Berlino, da una parte usando i margini di bilancio dati da un’architettura europea sbilanciatissima, dall’altra muovendosi velocemente sul piano degli accordi militari e diplomatici, si sta ponendo come perno dellla futura difesa europea, rimodellata sulle esigenze della proiezione […] L'articolo Dall’Artico all’ombrello nucleare: il protagonismo di Berlino nella ‘difesa’ europea su Contropiano.
Il Comune di Atene chiede la messa al bando delle armi nucleari
Con decisione unanime del Consiglio Comunale n. 354 dell’11 giugno 2025, il Comune di Atene è diventato l’89° comune in Grecia e la 12° capitale a livello mondiale ad adottare la risoluzione della International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN – Premio Nobel per la Pace 2017) e di “Mondo Senza Guerre e Senza Violenza” (“Κόσμου Χωρίς Πολέμους και Βία”), esprimendo il proprio sostegno al Trattato delle Nazioni Unite di Proibizione delle Armi Nucleari e invitando il Governo greco a ratificarlo e firmarlo. È il risultato della campagna #salvalacittà (#σώσετηνπόλη) di Mondo Senza Guerre e Senza Violenza Grecia, che promuove questa risoluzione. Dal 2022 ad oggi, altri 88 comuni in tutta la Grecia, dal più piccolo (Gavdos) a Salonicco, Heraklion (Creta), Larissa, e la stessa KEDE – Unione Centrale dei Comuni Greci (decisione del Consiglio Direttivo 96/2022), hanno espresso la loro preoccupazione per l’aumento della retorica minacciosa sull’uso delle armi nucleari e hanno adottato questa risoluzione, invitando il Governo greco a fare l’ovvio, come abbiamo già fatto, come Stato, per altre armi di distruzione di massa. Più di 90 paesi sono già diventati membri a pieno titolo del TPAN (Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari), mentre nell’UE Austria, Irlanda e Malta lo hanno ratificato. Le armi nucleari sono armi di distruzione di massa e non armi di deterrenza. Come dimostrato da ampie ricerche scientifiche, anche un loro uso limitato al minimo causerebbe enormi perdite umane e danni incalcolabili all’ambiente. Anche la loro sola esistenza crea gravi problemi sanitari, ambientali ed economici, poiché centinaia di miliardi di dollari vengono spesi ogni anno per il loro mantenimento e la loro modernizzazione da parte dei 9 stati che le possiedono: USA, Russia, Francia, Regno Unito, Cina, Corea del Nord, India, Pakistan e Israele. Quest’anno, 80 anni dopo il primo test di un’arma nucleare e il suo abominevole duplice utilizzo su Hiroshima e Nagasaki, l’umanità ha più che mai bisogno di passi concreti per eliminare le armi nucleari e la minaccia che esse rappresentano. Invitiamo anche gli altri Comuni del Paese a seguire l’esempio degli 89 Comuni greci e delle centinaia di altri in tutto il mondo, e ad adottare la risoluzione della Campagna #salvalacittà. Nikos Stergiou Presidente, Mondo Senza Guerre e Senza Violenza, Grecia   La Risoluzione «Il Comune di Atene è seriamente preoccupato per la tragica minaccia che le armi nucleari rappresentano per le nostre società in tutto il mondo. Crediamo fermamente che i nostri cittadini abbiano il diritto di vivere in un mondo libero da questa minaccia. Qualsiasi uso di armi nucleari, intenzionale o meno, avrebbe conseguenze devastanti e a lungo termine per le persone e per l’ambiente. Per questo motivo, sosteniamo il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN – Treaty on the Prohibition of the Nuclear Weapons/TPNW) e invitiamo il nostro governo a ratificarlo, co-firmando come Comune l’appello dell’ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons – www.icanw.org – Premio Nobel per la Pace 2017) e dell’organizzazione internazionale “Mondo Senza Guerre e Senza Violenza” (UN ECOSOC Consultative Status NGO & ICAN Partner)». Pressenza Athens
Promuovere la Pace e il Disarmo: Reiner Braun incontra Sua Santità Mirza Masroor Ahmad
> Reiner Braun, giornalista tedesco, storico, noto attivista per la pace ed ex > direttore esecutivo dell’International Peace Bureau (IPB), è stato > recentemente onorato di un’udienza privata con Sua Santità Hazrat Mirza > Masroor Ahmad (aba), quinto califfo della Comunità Musulmana Ahmadiyya Questo importante incontro ha avuto luogo presso il complesso Islamabad di Tilford, nel Regno Unito, dove i due leader hanno intrapreso un dialogo significativo sullo stato della pace nel mondo odierno, sempre più instabile. Durante la discussione, Braun e Sua Santità hanno scambiato opinioni su diverse questioni globali incombenti, tra cui: . L’urgente necessità di pace e diplomazia in risposta alle crescenti tensioni internazionali . La missione dell’IPB di eliminare le armi nucleari e porre fine alla guerra come strumento politico . L’importanza della giustizia, della leadership etica e dell’altruismo come valori fondamentali per una società globale pacifica. Il signor Braun ha anche effettuato una visita guidata del complesso di Islamabad. Ha visitato la moschea principale, gli studi della MTA International e vari dipartimenti amministrativi. La visita gli ha permesso di comprendere più a fondo i valori, le iniziative e il lavoro organizzativo della Comunità musulmana Ahmadiyya, nota in tutto il mondo per i suoi sforzi nel promuovere la pace attraverso il dialogo interreligioso e il servizio umanitario. L’IPB considera questo incontro un potente esempio dell’importanza della collaborazione tra movimenti per la pace laici e religiosi. Evidenzia il potenziale dei valori condivisi per contribuire a un mondo più giusto e armonioso. Se volete saperne di più sull’incontro, guardate il video qui sotto (in inglese).   Traduzione dall’inglese di Stella Maris Dante. Revisione di Filomena Santoro. Pressenza Athens