Le crepe nella falsa democraziaLO SGOMBERO DEL LEONCAVALLO È L’ENNESIMO SEGNALE DI UNA DEMOCRAZIA IN RAPIDA
CADUTA VERSO L’AUTORITARISMO. APRIAMO CREPE E SCENDIAMO IN PIAZZA
Milano, 2 settembre: assemblea verso il corteo nazionale del 6 settembre. Foto
Leoncavallo
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Pratiche di resistenza, analisi controcorrente, cultura alternativa,
ricostruzione del legame sociale, solidarietà dal basso, autogestione. I centri
sociali, nell’eterogeneità e dinamicità delle loro storie, veicolano conflitto,
dissenso, libertà di pensiero.
Nell’antagonismo delle proposte politiche e nell’eterodossia delle espressioni
musicali e artistiche, praticano forme di mutualismo e solidarietà sociale. La
loro esistenza, al netto di qualsivoglia idealizzazione – come in tutte le
esperienze non mancano contraddizioni, rigidità, ombre -, rappresenta un
elemento di vitalità della democrazia. E questo, a prescindere dal fatto che si
condividano o meno approcci e azioni (e, sia chiaro, non è una presa di
distanza).
La democrazia è pluralismo e conflitto, anche quando questo urta e inquieta.
Aggiungo: i centri sociali si muovono nel segno della Costituzione. Costruiscono
partecipazione effettiva; concretizzano il principio di solidarietà, che sia con
gli sportelli (per i migranti, per il diritto alla casa), che sia con la
costruzione di spazi di aggregazione sociale; esercitano diritti costituzionali
come la libertà di manifestazione del pensiero e il diritto di riunione. Del
resto, si può annotare, è la Costituzione stessa che “disturba”, è della
Costituzione stessa che ci si vuol disfare: è una Costituzione antagonista al
neoliberismo autoritario e alle brame belliche.
Per inciso, questo rende evidente l’errore del ragionamento “dopo il
Leoncavallo, almeno sgomberate Casa Pound”: l’esperienza di Casa Pound è in
radicale antitesi alla Costituzione, costituisce una riorganizzazione del
partito fascista, vietata dalla Costituzione. Casa Pound va sgomberata in nome
dell’antifascismo e dei valori ad esso sottesi, che la Costituzione (tutta)
sancisce. Non sono situazioni equiparabili.
Veniamo alla questione dell’illegalità. Alcuni centri sociali sono occupati:
vivono attraverso l’occupazione di un immobile. Due annotazioni. Primo: in una
democrazia, vi deve essere «tolleranza del dissenso sino all’estremo limite
possibile» (Passerin d’Entrèves); una democrazia non si regge sul comando e
sull’obbedienza, sul principio di autorità, ma sulla partecipazione effettiva e
sul dissenso. I centri sociali stimolano, interrogano, evidenziano le ambiguità
della democrazia. La democrazia si spegne anche nell’apatia, nell’indifferenza,
nella passività, nell’omologazione. Una democrazia, certo. Invero, lo sgombero
del Leoncavallo è l’ennesimo segnale (in perfetta coerenza con la legge n. 80
del 2025, la legge sulla sicurezza) di una democrazia in rapida caduta verso
l’autoritarismo: per il mutamento, di diritto e di fatto, delle sue forme
istituzionali (premierato, sistemi elettorali escludenti, sottomissione della
magistratura all’esecutivo), delle sue precondizioni (la garanzia, su base
universale, dei diritti sociali e il perseguimento dell’uguaglianza
sostanziale), della sua essenza (il riconoscimento del conflitto nella pace,
sostituito dalla normalizzazione della guerra e dalla costruzione del nemico).
Secondo: esistono altre vie rispetto allo sgombero – e nel caso del Leoncavallo
erano in corso trattative con il Comune -, quali comodati, intese e forme
giuridiche nuove come il bene comune (in tal senso, è la recente esperienza
torinese del centro sociale Askatasuna); ricordando che la proprietà, per la
nostra Costituzione, non è più un diritto “sacro e inviolabile” ma può essere
limitata «allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla
accessibile a tutti» (articolo 42).
Ancora. Lo sgombero restituisce la scelta per una sicurezza urbana unicamente
concepita come ordine pubblico, in luogo della sicurezza sociale e dei diritti.
È la sicurezza a uso e consumo di un modello di città, la città consumista di
Pasolini, la città capitalista, la global city, la smart city; è la città dalla
quale estrarre valore di scambio (Milano ne è esempio paradigmatico con la sua
ossessiva gentrificazione); è la città che occulta ed espelle le diseguaglianze
con il daspo urbano; è la città vuota di relazioni dell’individualismo
neoliberista. I centri sociali esprimono invece il senso di una città che
affronta le sue contraddizioni, che si pone come luogo di vita, una vita
dignitosa.
Lo sgombero del Leoncavallo è un altro passo nella chiusura degli spazi
politici, nella costruzione di una falsa democrazia, forma piatta e levigata
dietro la quale occultare diseguaglianze e reprimere divergenze. Apriamo crepe e
scendiamo in piazza.
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Pubblicato sul manifesto del 6 settembre 2025
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