Tag - genocidio a Gaza

Dottori palestinesi sotto attacco
Con una compagna dei Sanitari per Gaza commentiamo il documentario "Dottori sotto attacco", commissionato dalla BBC ma mai proiettato nel Regno Unito e mai distribuito nei circuiti cinematografici italiani. Il documentario ricostruisce il genocidio del sistema sanitario palestinese, portato avanti da Israele a partire dal 7 ottobre, che ha reso ospedali, ambulanze, medici e infermieri veri e propri obiettivi di guerra: ad oggi, si calcolano 1840 sanitari uccisi e sino a 400 fatti prigionieri. Dal documentario, che raccoglie testimonianze sia dalla striscia di Gaza che da Israele, emerge anche il trattamento particolarmente violento, con abusi di ogni genere, riservato sistematicamente al personale sanitario in regime di detenzione, secondo un preciso disegno israeliano, coerente con il piano di genocidio. 
Gaza: il genocidio continua
In un breve audio da Gaza, Sami ci racconta di come, nella striscia, il genocidio non si sia mai interrotto: i bombardamenti proseguono ovunque e, solo oggi, hanno provocato almeno 65 morti, 25 dei quali bambini, per lo più uccisi nel sonno, mentre dormivano nelle tende.
27/10 - 4/11: End Complicity Week
Una settimana di mobilitazione contro la complicità nel genocidio della popolazione palestinese. Verso il 4 novembre, per rimarcare nella giornata delle forze armate che il genocidio prosegue e la ricerca pubblica sta morendo. Per capire come funziona la complicità strutturale di istituzioni, aziende, università e centri di ricerca nella macchina del genocidio. Per condividere le pratiche di boicottaggio, azioni legali e mozioni che servono a interrompere la complicità. Per convergere in una lotta comune contro il genocidio, la repressione, l'economia di guerra, il definanziamento della ricerca e la precarietà. Per continuare l mobilitazioni al grido di BLOCCHIAMO TUTTO, perché il genocidio non è finito e l'industria della guerra continua a fare affari a discapito di welfare, servizi sanitari, scuola e istruzione, ricerca. Ne parliamo con una ricercatrice della rete Ricerca e Università per la Palestina. Il programma completo delle iniziative, tutte on-line, insieme ai link per partecipare, è consultabile qui.
Giustizia per Hind Rajab
Wissam Hamada, madre di Hind Rajab, ha annunciato il ricorso alla giustizia internazionale contro i 24 soldati e ufficiali israeliani responsabili,  il 29 gennaio 2024, dell’assassinio della sua bambina di sei anni, dei sei parenti che erano in macchina con lei e dei due soccorritori che hanno cercato di salvarla. “Vogliamo giustizia. La nostra battaglia deve servire d’esempio alle vittime dei crimini finora impuniti. I criminali israeliani devono sapere che non sono al di sopra di ogni giudizio; deve cadere il velo di impunità che finora ha coperto il genocidio a Gaza”.   ANBAMED
Global Sumud Flotilla squarda il velo sul genocidio (1/2: Integrale Flottilla)
In studio, con Meri, dopo il nuovo assalto illegale, in acque internazionali, alle 9 imbarcazioni della seconda ondata della Freedom Flottilla Coalition e mentre si susseguono le mobilitazioni dell' "equipaggio di terra", riflettiamo a tutto campo sull'esperienza della Global Sumud Flottilla, sulla risonanza mediatica che ha suscitato, tanto in Italia quanto in Palestina, e sul fatto che ha finalmente squarciato il velo sul genocidio a Gaza, sollevando ampie e partecipatissime mobilitazioni dal basso. Parliamo poi dall'atteggiamento del governo italiano in questo frangente e del fatto che, proprio in questi giorni, Meloni, Crosetto e Tajani e sono stati denunciati alla Corte Penale Internazionale per complicità nel genocidio. Nel frattempo, ancora oggi, continuano i bombardamenti su Gaza, dove le condizioni della popolazione, in particolare dei bambini, stanno sempre più peggiorando. Segue una corrispondenza dalla piazza del Colosseo, chiamata per questa sera,  da dove sentiamo un altro compagno che ha partecipato alla Sumud Flottilla, che ci parla del momento dell'arrivo al porto di Ashdod e della successiva detenzione nelle carceri israeliane.
A Gaza ogni parto è un atto di resistenza
Gaza continua a sanguinare. Ogni giorno nuovi bombardamenti, nuove macerie, nuove vite spezzate. Ma ciò che segna in modo devastante e irreversibile questo dramma è il volto femminile del genocidio in corso. Le statistiche, pur nella loro crudezza, ci parlano chiaro: secondo i dati delle Nazioni Unite, oltre il 70% delle vittime civili sono donne e bambini. Le maggiori vittime sono le donne, madri, giovani ragazze che custodiscono il mistero della vita. Donne che mettono al mondo i figli, che donano luce all’esistenza e che oggi vengono colpite con ferocia inaudita. Non è solo una guerra di distruzione materiale, ma un attacco al cuore stesso della generatività. Uccidere una donna significa recidere un albero di vita, significa cancellare la possibilità di un futuro. Le madri di Gaza vengono ferite due volte: nel corpo, perché i bombardamenti non risparmiano nessuno, e nell’anima, perché assistono impotenti alla morte dei figli. Una ginecologa palestinese, in una testimonianza raccolta da Medici Senza Frontiere, ha raccontato: “Ogni parto qui è un atto di resistenza. Ogni madre che sopravvive e stringe il suo bambino tra le macerie è un miracolo che sfida la morte”. Il genocidio assume così una dimensione specificamente femminile: cancellare le donne equivale a impedire che la vita continui, che la comunità possa rigenerarsi, che la speranza possa ancora respirare. È come colpire le radici stesse dell’umanità. Amnesty International ha denunciato che “gli attacchi indiscriminati hanno devastato il sistema sanitario, privando le donne di cure fondamentali durante la gravidanza e il parto”. La tragedia del dolore innocente si consuma ogni giorno tra le macerie di Gaza. Le donne raccolgono i corpi dei figli, lavano il sangue dalle strade, cercano di dare un po’ di pane e acqua ai più piccoli, mentre la comunità internazionale resta paralizzata. Eppure queste donne non sono soltanto vittime: sono testimoni di resistenza, custodi della memoria, custodi di una speranza che nessuna bomba può spegnere del tutto. Una giovane di Rafah ha detto ad alcuni osservatori dell’ONU: “Ci vogliono cancellare come madri, ma noi continueremo a mettere al mondo la vita, anche dentro le rovine”. Gaza è genocidio al femminile perché la logica della guerra non tollera la generatività, non accetta la forza mite di chi dona la vita. Nel volto delle madri palestinesi, sporco di polvere e rigato dalle lacrime, leggiamo una verità che ci riguarda tutti: non c’è pace senza giustizia, non c’è futuro senza dignità, non c’è vita senza il rispetto del grembo che genera. Occorre ascoltare queste donne, dar loro voce, proteggerle con la forza del diritto internazionale e con la coscienza civile del mondo intero. Perché se lasciamo che la maternità venga annientata sotto le bombe, tradiremo noi stessi, la nostra umanità e la nostra capacità di futuro. Gaza è genocidio al femminile. E da questa verità dobbiamo partire, con la forza della denuncia e con la radicalità della pace, per costruire un mondo diverso, un mondo dove la vita sia sacra e inviolabile. Donna nelle relazioni per una società impostata sul portato della pace e della giustizia sociale per i più fragili dell’umanità. La finalizzazione delle differenze per impostare e connettere legami di amore e pace tra le implicite e esplicite diversità del genere umano. Per ogni essere umano vivere significa costruire, instaurare ponti di relazioni, all’interno dei quali ciascuno si riconosce come essere sessuato in rapporto con altri di sesso simile e diverso. Riflettere intorno a questo tema significa impegnarsi rispetto all’incontro, alla comunicazione con l’altra e l’altro: “Solo e sola non esisto. Ho bisogno del mio tu”. Questo riflette l’alto portato dell’ideale di pace in ogni longitudine e latitudine del nostro martoriato pianeta e della nostra comune umanità sul baratro della crisi dell’annientamento. La relazione, l’incontro, la comunicazione rivelano identità, similitudini, affinità ma anche differenze. “Io sono, tu esisti”: pari e diversi, ma l’identità può omogeneizzare ed omologare e appianare le diversità e la differenza può mutarsi in estraneità, ostilità, competitività ed esclusione. Occorre diventare “noi”, come comunità e pluralità che abbracciano posizioni diverse ed anche conflittuali. Intendendo il conflitto come dinamica pedagogica di condivisione d’amore e non come risoluzione armata che porta sempre a ulteriore violenza. Gaza ad esempio è un genocidio al femminile perché le vittime principali sono le donne che generano e mettono alla luce la vita e l’esistenza degli esseri umani. L’Agape biblico, l’amore fraterno e di genere insegna a finalizzare le differenze per impedire loro di diventare possesso, prevaricazione, sfruttamento, dipendenza, violenza, guerra. L’amore è la base dell’ideale sommo della pace e della giustizia sociale anche per un riscatto dei più fragili di Madre Terra. L’amore insegna ad essere propositivi: “Io accolgo la tua differenza e tu la mia, per amore”, lasciandoci penetrare da questa reciprocità, vivendola come il dono in cui ognuno accoglie l’altro lasciandolo diverso. “Amo ciò che è in te e resta altro da me” (Luce Irigaray) “Crescere, perciò vivere di relazioni, significa aprirsi ad un rapporto positivo con la propria realtà fatta di progetti e desideri che passano attraverso un corpo e si esprimono in un sesso, per riuscire ad amare tutto questo anche negli altri” sostiene Jacobelli. Ogni atteggiamento che ignori le soggettività, mortifichi le dignità e codifichi un non ascolto, abbozzi spietatamente una negazione e disconferma dell’altro, calpesta sempre il contributo che ognuno ha, uomo e donna, da offrire al mondo, alla vita, alla verità ed impoverisca l’intera umanità. Emerge una forte coscienza della diversità, della differenza come valore: il riferimento esplicito è al genio femminile. Una specificità femminile che non contrasta in nessun modo con l’affermazione delle pari dignità nei rapporti di genere. La stessa evoluzione del femminismo colloca la ricerca della parità in un’ottica di tutela e di salvaguardia e non distruzione della diversità. La presenza femminile dentro la società potrebbe maggiormente modificare le logiche che regolano la politica ed il lavoro, oltre che la cultura economicistica e utilitaristica corrente. La sensibilità femminile può aiutare a percepire in particolare valori come la dimensione umana della vita, la disponibilità e solidarietà verso gli altri, la cura ed il farsi carico dei più deboli. Ne consegue la necessità della formazione ed educazione alla diversità, per riconciliare le donne e gli uomini con la propria identità. Dal femminismo elitario si è passati alla coscienza più allargata e inquietante, dalla inquieta trasgressione ed autonomia alla scomoda ricerca/proposta di integrazione della donna in un tessuto di solidarietà più ampio, di più vasto respiro, anche se spesso conflittuale. Da questi presupposti scaturisce la richiesta di impegno concreto nelle istituzioni, il desiderio di introdurre nel macro-sociale le esperienze vissute dalla donna per secoli nel corso della “storia” (con la s minuscola) nel microsociale, l’esigenza del confronto di genere, uomo/donna sul terreno del quotidiano. Il nucleo centrale dell’argomentazione è la ricerca di nuova solidarietà, di partecipazione delle donne alla costruzione della storia e di produzione di cultura e di legami di pace oltre che di amore in senso spirituale e psichico e fisico. Nell’attualità così inquieta e difficile e complessa il contributo femminile appare una ricchezza forse decisiva per ricostruire un tessuto sociale smagliato, una società da ritessere nelle sue trame di reciprocità, di dialogo, di solidarietà, di pace e di giustizia sociale. Sitografia e bibliografia per approfondire: Canale https://www.facebook.com/laura.tussi Canale https://www.youtube.com/@LauraTussi Canale https://www.instagram.com/cracolicifabrizio/ Canale https://www.tiktok.com/login?redirect_url=https%3A%2F%2Fwww.tiktok.com%2F%40fabrizio.cracolici%3F_t%3D&lang=en&enter_method=mandatory Canale https://%40laura@sociale.network/about Canale Spotify “Poche note possono bastare”. Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, I Partigiani della pace, EMI Editrice Missionaria Italiana. Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, Resistenza e Nonviolenza creativa, Mimesis Edizioni. Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, Memoria e futuro, Mimesis Edizioni. Laura Tussi
Palestina: verso la manifestazione nazionale del 4 ottobre
Con un compagno dell'UDAP parliamo del percorso di avvicinamento alla manifestazione nazionale del 4 ottobre, soffermandoci in particolare sull'assemblea che si è tenuta domenica 14 settembre, a Roma, al Nuovo Cinema L'Aquila. L'assemblea è stata particolarmente partecipata ed ha coinvolto realtà cittadine, territoriali e nazionali che hanno trovato un punto di convergenza su una piattaforma comune, nell'auspicio che il 4 ottobre rappresenti il punto di inizio per la ripresa di una stagione politica. Affrontiamo poi la situazione a Gaza e in Cisgiordania, e gli ultimi aggiornamenti sul processo ad Anan, Ali e Mansour, le cui ultime due udienze, originariamente previste per il 19 e 26 settembre, saranno rinviate a causa del trasferimento del giudice a latere. L'udienza fissata per il 19 settembre si terrà esclusivamente ai fini del rinvio. Concludiamo parlando del documentario "Colpevoli di Palestina". Il docuentario sarà messo a disposizine di tutte le realtà interessate a organizzare proiezioni scrivendo a info@freeanan.it
Show Israel the Red Card
Martedì 14 Ottobre, ore 17:30, a Udine, in piazza della Repubblica, saremo in corteo per dire NO alla presenza della nazionale di uno stato che sta commettendo un genocidio. Quel genocidio perpetrato ai danni del popolo palestinese da quasi due anni; una normalizzazione che Israele cerca di portare avanti grazie alla complicità dell'Occidente anche attraverso lo sport. 23 mesi di violenza che, nel solo ambito sportivo, hanno portato alla distruzione della quasi totalità delle strutture e infrastrutture sportive palestinesi; ridotto gli stadi a centri di detenzione e campi per sfollati; spezzato la vita di oltre 400 calciatori e costretto la Federazione Calcistica Palestinese (PFA) a sospendere a tempo indeterminato tutte le attività. Per noi lo sport - e il calcio in particolare - rappresentano uno spazio virtuale e fisico di incontro e diffusione di valori che sono inconciliabili con la violenza, l'apartheid e l’occupazione. Lo stesso non può dirsi per la nazionale di calcio israeliana che viola gli statuti FIFA e che vede i giocatori-soldato inneggiare alla distruzione totale di Gaza e dedicare i propri successi, come hanno fatto a giugno 2025 dopo la partita contro l’Estonia, all’esercito che sta commettendo un genocidio. Per questo non possiamo permettere che attraverso una partita di calcio si normalizzi l'inferno che si sta vivendo in Palestina. Non saremo mai complici di questa vergogna! Boicottiamo la partita Italia vs Israele valida per le qualificazioni ai Mondiali del 2026. Ci vediamo il 14 ottobre in corteo. Per tutti i gruppi solidali che vogliono aderire https://forms.gle/wjgNd6CySKFpL9tLA Ne parliamo con un compagno del Comitato per la Palestina - Udine
Gennaro Giudetti, l’inferno di Gaza dall’interno delle sue fiamme
È tornato a casa dall’inferno di Gaza, Gennaro Giudetti. Casa è Taranto, che è un altro inferno, ma senza fiamme. Solo fumi, rossastri e cancerogeni. E i bambini muoiono come a Gaza, ma in modo ‘diverso’. Nel suo ultimo libro, ‘Con loro, come loro – storie di donne e bambini in fuga’, Gennaro li accosta – bambini di Gaza e quelli di Taranto – descrivendo le similitudini di un destino infame. Probabilmente da quei bambini che andavano a trovarlo negli uffici ‘teoricamente’ al sicuro, sotto l’egida delle Nazioni unite, non potrà tornarci per un po’, di tempo, perché è stato considerato ‘soggetto sgradito’ a Israele. “Sapremo con più precisione la decisione definitiva tra una decina di giorni”, ci confida. Intanto – appena il tempo di abbracciare i suoi genitori – ed è già in partenza: ha la smania addosso di descrivere ciò che nessuno di noi può neanche immaginare della carneficina a cui un governo genocida ha condannato un intero popolo. “Devo raccontare… devo raccontare che quei bambini ora sono i nostri bambini. In che stato di trance può essere un padre o una madre che mette sul cofano di un’auto delle Nazioni unite il corpo del proprio figlio con la testa staccata dal collo, perché sia condotto… ‘al sicuro’?” Abbiamo intervistato Gennaro Giudetti per saperne di più, sperando che sempre meno gente continui a guardarsi l’ombelico: Mimmo Laghezza
INGV. Mobilitazione dal basso per la Palestina
Con un ricercatore dell'INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia), commentiamo la lettera aperta inviata da una buona parte del personale dell'Istituto al Presidente, al Consiglio di amministrazione e al Consiglio Scientifico dell’Ente, al fine di chiedere la condanna delle ripetute violazioni del diritto umanitario da parte di Israele, la sospensione degli accordi unilaterali di ricerca Italia-Israele e la predisposizione di forme di collaborazione scientifica con il mondo accademico palestinese. Particolarmente rilevante è anche la richiesta di istituire un comitato etnico, destinato a monitorale e a vigilare su accordi, progetti e collaborazioni nell'ottica del rispetto dei principi etici. La lettera non ha raccolto risposte ufficiali da parte dell'INGV. Nel corso della corrispondenza emerge anche la possibilità di sostenere la creazione di corridoi umanitari per favorire, anche attraverso l'erogazione di borse di studio, l'arrivo di studenti palestinesi in Italia e in altri paesi europei, mediante un coordinamento tra Università e Istituti di ricerca. Di seguito, il testo integrale della lettera: "Oggetto: richiesta urgente di presa di posizione e azione contro le atrocità del governo israeliano nei confronti della popolazione palestinese a Gaza e in Cisgiordania. Nella Striscia di Gaza si sta consumando una gravissima catastrofe umanitaria, segnata da documentate violazioni dei diritti umani, dagli attacchi contro la popolazione civile e da una crisi alimentare di proporzioni drammatiche. Le Nazioni Unite hanno condannato queste violazioni attraverso risoluzioni che chiedono il rispetto del diritto internazionale, la protezione dei civili e la fine delle ostilità. La comunità internazionale sollecita un cessate il fuoco immediato, il ripristino degli aiuti umanitari e una soluzione politica duratura basata sul rispetto dei diritti e della sovranità territoriale dei popoli coinvolti. La storia, soprattutto quella degli ultimi due secoli, ci racconta che i conflitti non finiscono perché si piangono i morti o si prova una silente compassione. Le guerre finiscono perché si prende posizione, perché la comunità internazionale impone la pace agli stati che violano il Diritto internazionale umanitario e la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. E lo fa usando gli strumenti della pace, sospendendo, tra gli altri, gli accordi che prevedono o supportano lo sviluppo e il commercio di armi e tecnologia militare. Convinti che l'INGV, Ente Pubblico di Ricerca, abbia una responsabilità nella costruzione di una società civile democratica che rispetti i diritti umani, il principio di autodeterminazione dei popoli e la tutela delle vite umane, il personale INGV firmatario del presente documento, chiede al Presidente, al Consiglio di Amministrazione e al Consiglio Scientifico di impegnarsi fattivamente e in tutte le sedi a portare avanti le seguenti azioni, in funzione del rispetto dell’art.11 della Costituzione Italiana e in ottemperanza alle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e dell’Assemblea Generale dell’ONU: - Condannare le ripetute, gravissime e documentate violazioni compiute dallo Stato di Israele nella sua politica di aggressione e occupazione nella Striscia di Gaza, tra cui: utilizzo della fame come tattica di guerra, distruzione del sistema scolastico e accademico, bombardamento delle strutture di assistenza sanitaria, frequente uccisione di giornalisti e operatori umanitari, interruzione unilaterale della tregua faticosamente raggiunta a marzo, deportazione della popolazione in una escalation di pulizia etnica dei territori palestinesi; - Aderire formalmente alle risoluzioni ONU che chiedono la sospensione immediata del conflitto, il rilascio degli ostaggi, la protezione dei civili, l’accesso umanitario garantito, il rispetto del diritto internazionale, il sostegno ad UNRWA (United Nations Relief and Works Agency for Palestine refugees in the near east) e le prospettive di pace concrete e durature; - Recepire, in particolare, la risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite del settembre 2024 e le proposte della Società Italiana di Diritto Internazionale e Diritto dell’Unione Europea (SIDI, 07/06/2025), sospendendo accordi di cooperazione o collaborazione, anche informali, con istituzioni, enti e aziende che contribuiscono anche indirettamente al perpetrarsi delle gravissimeviolazioni del diritto internazionale e al mantenimento dell’occupazione illegale del territoriopalestinese; - Sospendere gli accordi bilaterali in corso ed evitare rinnovi e nuove stipule fino a quando il governo israeliano non manifesterà esplicitamente l’intenzione di rispettare i diritti fondamentali del popolo palestinese, il diritto internazionale e le risoluzioni delle Nazioni Unite; - Non aderire al bando 2025 del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) per la raccolta di progetti di ricerca congiunti Italia-Israele, come già dichiarato dalle Università di Pisa e Palermo, dai Dipartimenti di Fisica dell’Università la Sapienza di Roma e dell’Università di Roma Tor Vergata, come richiesto dalla comunità studentesca e dal personale docente, di ricerca, tecnologico e tecnico-amministrativo di altre Università (Bologna, Calabria, Firenze, Padova, Sapienza) e da 1350 membri della comunità accademica e personale universitario in una lettera aperta inviata al MAECI e alla CRUI il 25 aprile 2025; - Sostenere iniziative e collaborazioni con il mondo accademico e della ricerca israeliani che chiedono la fine della guerra a Gaza denunciando i crimini di guerra contro l’umanità commessi dal proprio governo; - Predisporre collaborazioni con studenti/esse, gruppi di ricerca e corpo docente palestinesi, cosi come programmi di mobilità per studio, ricerca e percorsi di specializzazione; - Introdurre ed implementare all’interno dell’INGV, anche nel “Codice Etico e Codice di Comportamento”, i principi e le pratiche dell’ethical procurement e della due diligence, al fine di tutelare l'Ente da rapporti di complicità e connivenza con realtà coinvolte in aggressioni e conflitti bellici condannati dalle Nazioni Unite; - Costituire un Comitato che si occupi di monitorare e vigilare su accordi, progetti e collaborazioni affinché i principi etici indicati nel punto precedente siano rispettati. Il censimento di accordi e contratti in essere consentirà la sospensione, immediata e cautelativa, in attesa della necessaria ricognizione documentale che attesti non ci sia alcun coinvolgimento in attività contrarie al diritto internazionale. Le azioni sopra elencate rappresentano un percorso indispensabile per garantire che l'INGV operi in piena coerenza con i valori costituzionali e le risoluzioni internazionali. Chiediamo al Presidente, al Consiglio di Amministrazione e al Consiglio Scientifico di prendere una posizione inequivocabile e di tradurre queste richieste in un piano d'azione immediato. Riteniamo che l'inerzia non sia un'opzione per un Ente che si riconosce nei principi della pace e della giustizia. In attesa di un riscontro, confermiamo la nostra piena disponibilità a collaborare per la loro attuazione."