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Honduras: movimenti popolari respingono l’ingerenza statunitense nelle elezioni
Basta violazioni della sovranità nazionale! Ulteriori prove della frode Il 4 dicembre scorso organizzazioni indigene e contadine si sono mobilitate dai loro territori verso la capitale per denunciare e respingere l’ingerenza degli Stati Uniti nel processo elettorale appena svoltosi in Honduras, mettendo in guardia dal ritorno al potere di settori politici ed economici violenti e criminali. “Il processo elettorale nel nostro Paese dimostra la reale capacità degli Stati Uniti di influenzare la nostra fragile democrazia (…) Che la propaganda del presidente Trump abbia favorito il Partito nazionale, nonostante i suoi comprovati legami con il narcotraffico, è stato un atto palesemente d’ingerenza e violatorio della libera volontà dei popoli”, si legge nel comunicato delle organizzazioni che si sono radunate davanti al centro operativo del Consiglio nazionale elettorale (Cne). Seminare paura Pochi giorni prima del voto, il presidente statunitense ha rotto il silenzio elettorale con un messaggio pubblicato sul suo account Truth Social, in cui annunciava il suo sostegno incondizionato al candidato del Partito nazionale, Nasry Asfura, definendo “quasi comunista” e “poco affidabile” il candidato del Partito liberale, Salvador Nasralla, e “comunista” e “ammiratrice di Fidel Castro” la sua avversaria del partito di governo Libertà e Rifondazione (Libre), Rixi Moncada. Poco dopo, il presidente argentino di estrema destra Javier Milei si è unito all’appello di Trump. Il giorno seguente, lo stesso Trump ha gettato benzina sul fuoco annunciando che avrebbe graziato l’ex presidente honduregno Juan Orlando Hernández, condannato a 45 anni di carcere per reati legati al traffico di droga. In caso di sconfitta di Asfura, gli Stati Uniti non avrebbero più investito nel Paese, tanto meno – ha scritto – se avesse vinto Moncada. Il giorno dopo le elezioni, il leader statunitense ha pubblicato nuovamente minacce contro coloro che starebbero organizzando una frode per impedire la vittoria del candidato nazionalista. Mai, nella storia elettorale dell’Honduras, si era vista un’ingerenza straniera così grossolana e sfacciata come quella attuale, con il silenzio complice delle missioni di osservazione internazionale. Con l’88% dei voti trasmessi, Asfura è in testa alle elezioni presidenziali honduregne, con un margine di 20 mila voti su Nasralla. “Non ci piegheranno” Mentre i candidati del bipartitismo e della destra tradizionale si scambiano accuse e si proclamano vincitori, Rixi Moncada e Libre denunciano brogli attraverso la manipolazione del sistema di trasmissione dei risultati preliminari (Trep), l’ingerenza straniera e l’alterazione dei verbali. “La manovra è grossolana: un intervento straniero sfacciato, minaccioso, ingiusto e infame per distorcere la volontà popolare e frenare Rixi”, attacca dal suo account X  l’ex presidente Manuel Zelaya. “Signor Donald Trump, lei non ci intimidisce, abbiamo resistito a colpi di Stato, frodi monumentali, omicidi politici e persecuzioni. Se siamo sopravvissuti alla narcodittatura, crede che un suo tweet ci piegherà?”, ha aggiunto. Per l’analista politico Óscar Chacón, intervistato dal Diario Uchile, l’atteggiamento del presidente statunitense rivela una forte contraddizione. “C’è tutta una narrativa che cerca di creare l’immagine di (Nicolás) Maduro come un capo di Stato a capo di un’organizzazione narcoterroristica, senza che fino ad oggi siano state presentate prove convincenti al riguardo. Allo stesso tempo, negli Stati Uniti viene liberata una persona su cui esiste una quantità monumentale di prove che dimostrano che ha introdotto enormi quantità di cocaina negli Stati Uniti”. Venti di frode Le organizzazioni indigene e contadine hanno puntato il dito contro “l’ipocrita lotta internazionale contro il narcotraffico” e hanno denunciato la “liberazione del narco-dittatore Juan Orlando Hernández” che, insieme al suo partito, “ha trasformato l’Honduras in uno Stato narco, strumentalizzando le istituzioni per affari criminali e la proliferazione di gravi violazioni dei diritti umani”. Il comunicato del movimento popolare honduregno indica anche i due partiti tradizionali che si contendono il potere come “responsabili storici della povertà e dell’ingiustizia che affliggono l’Honduras”. In questo senso, hanno chiesto il rispetto della volontà sovrana del popolo honduregno, la garanzia di uno scrutinio rigoroso e l’attribuzione delle responsabilità alla consigliera del Cne, Cossette López, e a tutte le persone responsabili delle cospirazioni contro il processo elettorale. Nelle settimane precedenti alle elezioni, il consigliere del Cne, Marlon Ochoa, aveva denunciato l’esistenza di un piano orchestrato dall’opposizione per destabilizzare il processo elettorale. Diverse registrazioni audio coinvolgevano López, il capogruppo del Partito nazionale, Tomás Zambrano, e un membro delle Forze armate. Ieri (4/12), lo stesso Ochoa ha tenuto una conferenza stampa per denunciare quello che considera un colpo di Stato elettorale (qui il comunicato ufficiale). Su 15.297 verbali trasmessi, 13.246 (86,6%) presentano errori e incongruenze tra la registrazione biometrica e il contenuto del verbale trasmesso tramite il Trep. La differenza ammonta a oltre 982 mila voti. Inoltre, Ochoa ha spiegato che è stato rilevato che il Trep non leggeva né interpretava correttamente i numeri dei voti scritti a mano nei verbali e che trasferiva i voti da un candidato all’altro o da un partito all’altro. Ha anche denunciato che 16.615 verbali sono stati trattenuti all’interno del sistema per 40 ore, la pagina di divulgazione dei risultati è rimasta inattiva per diverse ore e ha subito continue interruzioni. “Una matematica fatta su misura per il bipartitismo con il sostegno pubblico di Washington”, ha affermato il consigliere. Per Ochoa si tratterebbe di una “operazione coordinata tra forze interne alla leadership del bipartitismo e un’ingerenza straniera alleata, che sta imponendo una decisione elettorale che spetta solo al popolo sovrano”. Appello all’unità Le organizzazioni sociali si sono mobilitate verso l’ambasciata degli Stati Uniti a Tegucigalpa, dove hanno lanciato un appello alle organizzazioni contadine, operaie, indigene, femministe e ambientaliste del Paese affinché consolidino la più ampia unità popolare, “per costruire un programma di lotta e difendere l’autodeterminazione dei nostri popoli e territori”. “Si tratta di una flagrante violazione della sovranità nazionale e di un tentativo di plasmare la percezione pubblica e la stabilità sociale in un momento critico per l’Honduras. È inaccettabile che i messaggi di altri Stati vengano utilizzati per esercitare pressioni, influenzare o condizionare l’esito politico dell’Honduras”, ha avvertito Wendy Cruz della Vía Campesina Honduras. “Denunciamo una frode e una manipolazione mediatica che si sta preparando da giorni da parte dei gruppi di potere nazionali e degli Stati Uniti, che stanno giocando un ruolo determinante nelle elezioni”, ha detto Bertha Zúniga, coordinatrice del Copinh. “Non possiamo rimanere in silenzio”, ha continuato, “invitiamo tutte le persone consapevoli a unirsi a questa protesta, perché stanno tornando al potere le strutture criminali che stanno dietro a questi candidati. Dobbiamo alzare la voce!”.   Fonte: LINyM (spagnolo) Giorgio Trucchi
Movimenti popolari respingono l’ingerenza statunitense nelle elezioni
Il 4 dicembre scorso, organizzazioni indigene e contadine si sono mobilitate dai loro territori verso la capitale per denunciare e respingere l’ingerenza degli Stati Uniti nel processo elettorale appena svoltosi in Honduras, mettendo in guardia dal ritorno al potere di settori politici ed economici violenti e criminali. “Il processo elettorale nel nostro Paese dimostra la reale capacità degli Stati Uniti di influenzare la nostra fragile democrazia (…) Che la propaganda del presidente Trump abbia favorito il Partito nazionale, nonostante i suoi comprovati legami con il narcotraffico, è stato un atto palesemente d’ingerenza e violatorio della libera volontà dei popoli”, si legge nel comunicato delle organizzazioni che si sono radunate davanti al centro operativo del Consiglio nazionale elettorale (Cne). Seminare paura Pochi giorni prima del voto, il presidente statunitense ha rotto il silenzio elettorale con un messaggio pubblicato sul suo account Truth Social, in cui annunciava il suo sostegno incondizionato al candidato del Partito nazionale, Nasry Asfura, definendo “quasi comunista” e “poco affidabile” il candidato del Partito liberale, Salvador Nasralla, e “comunista” e “ammiratrice di Fidel Castro” la sua avversaria del partito di governo Libertà e Rifondazione (Libre), Rixi Moncada. Poco dopo, il presidente argentino di estrema destra Javier Milei si è unito all’appello di Trump. Il giorno seguente, lo stesso Trump ha gettato benzina sul fuoco annunciando che avrebbe graziato l’ex presidente honduregno Juan Orlando Hernández, condannato a 45 anni di carcere per reati legati al traffico di droga. In caso di sconfitta di Asfura, gli Stati Uniti non avrebbero più investito nel Paese, tanto meno – ha scritto – se avesse vinto Moncada. Il giorno dopo le elezioni, il leader statunitense ha pubblicato nuovamente minacce contro coloro che starebbero organizzando una frode per impedire la vittoria del candidato nazionalista. Mai, nella storia elettorale dell’Honduras, si era vista un’ingerenza straniera così grossolana e sfacciata come quella attuale, con il silenzio complice delle missioni di osservazione internazionale. Con l’88% dei voti trasmessi, Asfura è in testa alle elezioni presidenziali honduregne, con un margine di 20 mila voti su Nasralla. “Non ci piegheranno” Mentre i candidati del bipartitismo e della destra tradizionale si scambiano accuse e si proclamano vincitori, Rixi Moncada e Libre denunciano brogli attraverso la manipolazione del sistema di trasmissione dei risultati preliminari (Trep), l’ingerenza straniera e l’alterazione dei verbali. “La manovra è grossolana: un intervento straniero sfacciato, minaccioso, ingiusto e infame per distorcere la volontà popolare e frenare Rixi”, attacca dal suo account X  l’ex presidente Manuel Zelaya. “Signor Donald Trump, lei non ci intimidisce, abbiamo resistito a colpi di Stato, frodi monumentali, omicidi politici e persecuzioni. Se siamo sopravvissuti alla narcodittatura, crede che un suo tweet ci piegherà?”, ha aggiunto. Per l’analista politico Óscar Chacón, intervistato dal Diario Uchile, l’atteggiamento del presidente statunitense rivela una forte contraddizione. “C’è tutta una narrativa che cerca di creare l’immagine di (Nicolás) Maduro come un capo di Stato a capo di un’organizzazione narcoterroristica, senza che fino ad oggi siano state presentate prove convincenti al riguardo. Allo stesso tempo, negli Stati Uniti viene liberata una persona su cui esiste una quantità monumentale di prove che dimostrano che ha introdotto enormi quantità di cocaina negli Stati Uniti”. Venti di frode Le organizzazioni indigene e contadine hanno puntato il dito contro “l’ipocrita lotta internazionale contro il narcotraffico” e hanno denunciato la “liberazione del narco-dittatore Juan Orlando Hernández” che, insieme al suo partito, “ha trasformato l’Honduras in uno Stato narco, strumentalizzando le istituzioni per affari criminali e la proliferazione di gravi violazioni dei diritti umani”. Il comunicato del movimento popolare honduregno indica anche i due partiti tradizionali che si contendono il potere come “responsabili storici della povertà e dell’ingiustizia che affliggono l’Honduras”. In questo senso, hanno chiesto il rispetto della volontà sovrana del popolo honduregno, la garanzia di uno scrutinio rigoroso e l’attribuzione delle responsabilità alla consigliera del Cne, Cossette López, e a tutte le persone responsabili delle cospirazioni contro il processo elettorale.   Nelle settimane precedenti alle elezioni, il consigliere del Cne, Marlon Ochoa, aveva denunciato l’esistenza di un piano orchestrato dall’opposizione per destabilizzare il processo elettorale. Diverse registrazioni audio coinvolgevano López, il capogruppo del Partito nazionale, Tomás Zambrano, e un membro delle Forze armate. Ieri (4/12), lo stesso Ochoa ha tenuto una conferenza stampa per denunciare quello che considera un colpo di Stato elettorale (qui il comunicato ufficiale). Su 15.297 verbali trasmessi, 13.246 (86,6%) presentano errori e incongruenze tra la registrazione biometrica e il contenuto del verbale trasmesso tramite il Trep. La differenza ammonta a oltre 982 mila voti. Inoltre, Ochoa ha spiegato che è stato rilevato che il Trep non leggeva né interpretava correttamente i numeri dei voti scritti a mano nei verbali e che trasferiva i voti da un candidato all’altro o da un partito all’altro. Ha anche denunciato che 16.615 verbali sono stati trattenuti all’interno del sistema per 40 ore, la pagina di divulgazione dei risultati è rimasta inattiva per diverse ore e ha subito continue interruzioni. “Una matematica fatta su misura per il bipartitismo con il sostegno pubblico di Washington”, ha affermato il consigliere. Per Ochoa si tratterebbe di una “operazione coordinata tra forze interne alla leadership del bipartitismo e un’ingerenza straniera alleata, che sta imponendo una decisione elettorale che spetta solo al popolo sovrano”. Appello all’unità Le organizzazioni sociali si sono mobilitate verso l’ambasciata degli Stati Uniti a Tegucigalpa, dove hanno lanciato un appello alle organizzazioni contadine, operaie, indigene, femministe e ambientaliste del Paese affinché consolidino la più ampia unità popolare, “per costruire un programma di lotta e difendere l’autodeterminazione dei nostri popoli e territori”. “Si tratta di una flagrante violazione della sovranità nazionale e di un tentativo di plasmare la percezione pubblica e la stabilità sociale in un momento critico per l’Honduras. È inaccettabile che i messaggi di altri Stati vengano utilizzati per esercitare pressioni, influenzare o condizionare l’esito politico dell’Honduras”, ha avvertito Wendy Cruz della Vía Campesina Honduras. “Denunciamo una frode e una manipolazione mediatica che si sta preparando da giorni da parte dei gruppi di potere nazionali e degli Stati Uniti, che stanno giocando un ruolo determinante nelle elezioni”, ha detto Bertha Zúniga, coordinatrice del Copinh. “Non possiamo rimanere in silenzio”, ha continuato, “invitiamo tutte le persone consapevoli a unirsi a questa protesta, perché stanno tornando al potere le strutture criminali che stanno dietro a questi candidati. Dobbiamo alzare la voce!”. (foto Luis Méndez) Fonte: LINyM (spagnolo) Giorgio Trucchi
Honduras: testa a testa tra i candidati dell’oligarchia
Dopo una giornata trascorsa in modo del tutto pacifico, i primi risultati diffusi dall’organo elettorale (Cne) attraverso il sistema di trasmissione di risultati preliminari (Trep) hanno completamente stravolto il panorama, con un impatto devastante sulle aspettative di chi puntava sulla continuità del progetto di “rifondazione” del Paese, promosso dal partito Libertà e Rifondazione (Libre) e dalla sua candidata Rixi Moncada. Sebbene Libre abbia da tempo annunciato che avrebbe riconosciuto solamente il risultato dello scrutinio finale della totalità dei verbali elettorali – cosa riaffermata nella nottata di ieri dalla stessa Moncada – la distanza di oltre 20 punti dai due candidati del bipartitismo affossa qualsiasi speranza. La diffidenza verso il conteggio preliminare deriva da una serie di audio in cui membri del Partito Nazionale, tra cui una consigliera del Cne, discutevano su un piano per hackerare la trasmissione stessa dei dati, creando una narrativa per proiettare uno dei candidati della destra come sicuro vincitore. La manovra sarebbe servita a destabilizzare l’intero processo elettorale e obbligare a indire nuove elezioni. L’appuntamento elettorale in Honduras si risolve quindi con un testa a testa tra i candidati della destra tradizionale Nasry Asfura e Salvador Nasralla, che incarnano il progetto neoliberista estrattivista e che rappresentano gli interessi dell’oligarchia nazionale, del capitale multinazionali e, ovviamente, degli Stati Uniti. Anche a livello di Parlamento, le proiezioni danno un emiciclo a netto appannaggio del bipartitismo, con Libre che si dovrebbe accontentare di una trentina di deputati su un totale di 128. Il margine risicato con una differenza inaspettata a favore di Asfura di soli 500 voti, l’enorme divario tra la candidata di Libre e i suoi avversari e la caduta del sistema di conteggio per quasi una giornata, gettano ulteriori ombre sull’intero processo. Mentre Asfura e Nasralla si scambiano reciproche accuse e garantiscono, in base alle copie dei verbali in possesso dei loro partiti, di essere i vincitori, la candidata di Libre mostra pubblicamente il conteggio di un paio di migliaia di seggi in cui non si sarebbero usate le misure di sicurezza biometriche. “Nella maggior parte di questi seggi vincono i due partiti d’opposizione, i risultati sono gonfiati ed appaiono nel conteggio del Trep. Faremo ricorso nelle apposite sedi. Come avevano detto stanno cercando di ingannarci, ma la nostra lotta non è finita e io non mi arrendo”, ha detto Moncada. Si prospetta un lungo ed estenuante tira e molla per decretare il vincitore di queste elezioni. Il Cne ha tempo fino al 30 dicembre per farlo. Uno dei simboli del disincanto di una popolazione che solo quattro anni fa aveva portato in trionfo Xiomara Castro, castigando il partito dell’ex presidente e reo per crimini legati al narcotraffico, Juan Orlando Hernández, è la bassa affluenza alle urne che sarebbe intorno al 50 per cento. Molto lontana da quel 69 per cento del 2021. Difficile azzardare un’analisi a caldo di una situazione in continua evoluzione. Proviamo comunque a introdurre una serie di elementi, tanto esogeni come endogeni. “Governo e partito sono stati assediati fin dall’inizio da una campagna mediatica massiccia e distruttiva, che ha inciso pesantemente sull’immaginario collettivo di una popolazione che voleva liberarsi da una narcodittatura e che aveva aspettative molto alte, ma anche su una nuova generazione di votanti che non ha o non vuole avere memoria storica”, spiega l’analista politica Reina Rivera. Un altro elemento è costituito dal sostegno sfacciatamente interventista del presidente Donald Trump ad Asfura, che ha avuto un forte impatto soprattutto sugli honduregni che vivono negli Stati Uniti, sulle famiglie che sopravvivono con i trasferimenti in dollari (remesas) o su chi crede innocentemente agli aiuti economici all’Honduras in caso di vittoria del candidato nazionalista. “È pericoloso che con un semplice messaggio sui social si possa stravolgere l’esito di un’elezione. Siamo di fronte a un riposizionamento strategico e militare degli Stati Uniti nella regione, una nuova avanzata globale, non solo contro il Venezuela, Colombia o Cuba, ma contro tutti quei governi che non seguono pedissequamente le direttive di Washington”, aggiunge l’avvocata e attivista dei diritti umani. Rivera analizza anche fenomeni interni a Libre e al governo che hanno contribuito all’esito negativo di queste elezioni. “Libre ha fatto molto in termini di politica sociale, ma ha sbagliato nella costruzione di una narrativa che non ha saputo includere anche quei settori popolari interessati a costruire criticamente insieme. Si è allontanato da un movimento sociale e popolare che ha contribuito alla sua nascita come soggetto politico, inglobando nel progetto governativo molte delle sue figure di maggior spicco e indebolendo così il tessuto sociale di sostegno”, spiega. L’analista politica sottolinea anche le difficoltà nel fare conoscere ciò che con successo si stava facendo, contrastando così la campagna mediatica denigratoria e di occultamento dei processi di trasformazione in atto. “Sono state fatte molte cose che hanno anche portato a una significativa riduzione della povertà, ma non si è quasi mai riusciti a rompere il muro di silenzio e il boicottaggio mediatico. Inoltre – continua – ci si è molto concentrati sull’area rurale, dove però l’investimento in politiche sociali non si trasforma automaticamente in voti, bensì si scontra con tradizioni politiche familiari e il controllo “caudillesco” del sindaco di turno. Rompere queste dinamiche non è facile”. Per Rivera, lo scenario dei prossimi anni si annuncia estremamente complicato. “Torna l’estrema destra e lo farà senza fare sconti a nessuno e con un forte sentimento di rivalsa. La svendita della sovranità, la distruzione dei territori, il saccheggio dei beni comuni, lo Stato di nuovo in balia delle banche e le forze repressive contro chi difende la terra. Faranno di tutto – continua – per affossare ciò che di buono è stato fatto in materia di giustizia sociale. Verranno tempi duri per i diritti delle donne, della comunità LGBTIQ, per le popolazioni indigene e nere, per le comunità contadine e la difesa della sovranità alimentare”. Di fronte a questo scenario, conclude Rivera, non è però il momento di abbassare le braccia, né di chinare la testa. “È il momento di tornare alle radici della resistenza, di pensare e sviluppare un progetto politico-sociale che torni ad unire la politica con la lotta sociale, con la dignità e il popolo. Nella sconfitta, per favore, non rinunciamo alla speranza e nemmeno alla memoria”. Fonte: Pagine Esteri Giorgio Trucchi
“LATINOAMERICA”: PRESIDENZIALI IN HONDURAS E I MONDIALI DI CALCIO 2026 IN MESSICO. LA PUNTATA DI LUNEDì 1 DICEMBRE 2025
LatinoAmerica è la trasmissione quindicinale di Radio Onda d’Urto: 30 minuti in volo libero e ribelle…tra il border di Tijuana e gli orizzonti sconfinati della Patagonia, dentro il ciclo della “Cassetta degli Attrezzi”. Appuntamento ogni due lunedì, alle ore 18.45, e in replica il giorno dopo, il martedì, alle ore 6.30. La puntata di lunedì 1 dicembre 2025, su Radio Onda d’Urto, ci porta in Messico e Honduras:. * Messico: si avvicinano i Mondiali di calcio 2026 – in coabitazione con Usa e Canada – e a Città del Messico alza i giri del motore la lotta popolare contro gentrificazione e sfruttamento delle (poche) risorse idriche da parte del “grande evento” targato Fifa – Trump e dei suoi sponsor, Coca Cola in testa.  Ne parliamo con Andrea Cegna, de “Il Finestrino” e nostro collaboratore; * Honduras: “pareggio tecnico” e risultati posticipati di un mese per le elezioni presidenziali del 30 novembre. Testa a testa – al 40% – tra i due candidati di destra, mentre la sinistra del governo uscente, quella di Libre, si ferma al 20%. Crolla pure l’affluenza, come ci racconta da Tegucigalpa il giornalista Giorgio Trucchi, corrispondente dell’agenzia di stampa centroamericana Rel – Uita e collaboratore di Pagine Esteri. Ascolta LatinoAmerica di lunedì 1 dicembre 2025. Ascolta o scarica Prossima puntata: lunedì 15 dicembre, ore 18.45.
HONDURAS: ALLE PRESIDENZIALI “PAREGGIO TECNICO” TRA I DUE CANDIDATI DI DESTRA. CORRISPONDENZA DA TEGUCIGALPA
Honduras: il Consiglio elettorale nazionale ha annunciato lo stop alla trasmissione preliminare dei risultati elettorali delle presidenziali del 30 novembre 2025, quando lo scrutinio era al 57% e mostrava un pareggio tecnico tra Nasry Asfura, del partito Nazionale ed esplicitamente sostenuto da Trump e Milei (39,91%) e Salvador Nasralla (39,89%), del partito Liberale. I due separati da soli 515 voti. Il Consiglio Elettorale Nazionale ha ora fino a 30 giorni di tempo per pubblicare un comunicato ufficiale con i risultati. Distante dai candidati dell’opposizione di destra, che siano Asfura o Nasralla, è Rixi Moncada (19,16%), candidata della sinistra di Libre, della presidente uscente Xiomara Castro. “Che vincano nazionalisti o liberali, si tratta comunque di un ritorno al passato per l’Honduras, quello fatto di estrattivismo e liberismo” spiega a Radio Onda d’Urto dalla capitale honduregna, Tegucigalpa, Giorgio Trucchi, giornalista italiano, storico corrispondente dell’agenzia di stampa sindacale centro-americana Rel-Uita e collaboratore di Pagine Esteri. Trucchi sottolinea anche il calo dell’affluenza: “parliamo di non più del 50% degli aventi diritto”, rispetto a circa il 69% del voto precedente, quello 2021. La corrispondenza su Radio Onda d’Urto dall’Honduras di Giorgio Trucchi, giornalista italiano a Tegucigalpa. Ascolta o scarica.
Elezioni in Honduras: cosa c’è in gioco
A meno di tre settimane dalle elezioni, due progetti dalle visioni diametralmente opposte si scontrano in Honduras: il primo ancorato a un passato recente che ha gettato milioni di honduregni nella miseria, messo in vendita il Paese e saccheggiato le casse pubbliche; l’altro che intende dare continuità alla trasformazione iniziata dal governo di Xiomara Castro e dal partito Libertà e rifondazione (Libre). Sono elezioni complicate, che si svolgono in un clima molto teso, dove è ancora vivo il ricordo del golpe civico-militare del 2009, così come quello degli anni di repressione, persecuzione, lawfare, incarcerazioni e omicidi che hanno caratterizzato i governi neoliberisti post colpo di Stato. Dopo la denuncia presentata da Marlon Ochoa, uno dei titolari del Consiglio Nazionale Elettorale (CNE), circa un piano orchestrato dall’opposizione per boicottare e destabilizzare il processo elettorale del 30 novembre, sul quale ancora indaga la Procura, lo stesso Ochoa ha messo in guardia da quanto potrebbe accadere con il Sistema di trasmissione dei risultati preliminari (Trep). Durante la simulazione realizzata nei giorni scorsi, delle 4.362 schede trasmesse, solo 1.556 sono giunte a destinazione, pari al 35,7%. Analogamente, dei 1.340 dispositivi biometrici utilizzati, solo 317 si sono connessi (23,7%). “La connettività satellitare è venuta meno e uno dei canali di trasmissione dei risultati dai seggi non funzionava. A 20 giorni dalle elezioni, non ci sono garanzie di trasparenza nel Trep. Questa è un’ulteriore prova dell’esistenza di una cospirazione contro lo svolgimento regolare delle elezioni, orchestrata dall’interno dello stesso organo elettorale”, ha detto Ochoa. Lo stesso giorno, migliaia di membri del Partito nazionale (Pnh) si sono mobilitati nella capitale chiedendo elezioni libere e trasparenti e accusando il partito al governo (Libre) e la sua candidata Rixi Moncada di futuri brogli. Per cercare di districarsi all’interno di una congiuntura complessa e polarizzata, abbiamo parlato con Luis Méndez, attivista sociale, poeta e regista honduregno. “Veniamo da elezioni, come quelle del 2013 e del 2017, in cui la destra di questo Paese, la stessa che nel 2009 organizzò un colpo di stato e si appropriò di istituzioni e strumenti politico-amministrativi, ha commesso brogli per rimanere al potere”, ricorda Méndez. Con la schiacciante vittoria di Xiomara Castro e del partito Libertà e rifondazione nel 2021, spiega l’analista, si è registrato un significativo passo in avanti nella gestione dell’amministrazione pubblica. Si è inoltre posto fine al tradizionale sistema bipartitico all’interno delle istituzioni. “La vittoria del partito Libre – prosegue – ha rappresentato uno shock per le élites economiche, politiche e religiose, ed è per questo che faranno di tutto per impedirgli di rimanere al governo”. “Ciò a cui stiamo assistendo” aggiunge Méndez, “è una brutale offensiva volta a delegittimare qualsiasi progresso compiuto in questi quattro anni. “Siamo di fronte alla vecchia politica tradizionale, alleata dell’ingerenza statunitense, delle grandi aziende e dei settori imprenditoriali legati al copione neoliberista, al progetto di espropriazione e smembramento del settore pubblico” Un lupo mimetizzato  Le elezioni honduregne sono anche condizionate da interessi strategici e geopolitici. Sia il movimento di resistenza che il partito Libre rappresentano un ostacolo a questi interessi. “Le posizioni assunte pubblicamente dal governo honduregno su questioni molto delicate per Washington, come la responsabilità di Israele nel genocidio del popolo palestinese o la denuncia di aggressioni, sanzioni ed embarghi contro Cuba, Nicaragua e Venezuela, hanno creato maggiori tensioni”, afferma l’attivista. Secondo Méndez, le elezioni honduregne non possono essere scisse dal contesto regionale, dove le difficili relazioni tra Stati Uniti, Colombia e Venezuela, unite alla massiccia presenza militare statunitense nei Caraibi, stanno esacerbando gli animi. “Un secondo periodo di Libre al governo rappresenta un’ulteriore battuta d’arresto per gli obiettivi geostrategici di dominio statunitense in America Latina. Lo vedremo in qualche modo riflesso nelle elezioni. Non dimentichiamo l’uso artificioso degli ‘osservatori elettorali’ in altre elezioni”. Campagna d’odio Un altro strumento utilizzato dall’opposizione è l’impiego di campagne di odio e fango lanciate attraverso i grandi gruppi multimediali, che in Honduras sono nella quasi totalità controllati dagli stessi che hanno avuto un ruolo decisivo nel colpo di stato contro l’ex presidente Manuel Zelaya. “Si sta cercando di costruire una narrazione per delegittimare sia l’operato del governo, sia quello del partito Libre, dicendo che sono uguali a chi li ha preceduti. Tuttavia, Xiomara Castro e chi l’ha accompagnata in questa esperienza non ha nulla a che fare con quella che è stata la narcodittatura e la struttura criminale che ha preso il controllo dell’Honduras per 12 anni”. Secondo l’analista, anche nascondere i risultati dell’amministrazione Castro e ignorare che la partecipazione dei cittadini che è tornata ad avere un significato all’interno della politica statale, fanno parte della stessa campagna di disinformazione. “Ci sono state contraddizioni, si sarebbero potuto fare molto di più e, soprattutto in termini di accesso e difesa di terra, territori, beni comuni, così come di risposta alle esigenze delle popolazioni indigene e contadine, il bilancio è insufficiente. Nonostante ciò – spiega Méndez – siamo ancora in una fase di transizione. Non possiamo dimenticare in che condizioni il governo ha ricevuto il Paese e le casse pubbliche, gli ostacoli che ha dovuto affrontare, né la struttura politica ed economica criminale che continua a detenere il potere. Una situazione drammatica che non può essere cambiata in soli quattro anni”. In chiusura, l’attivista sociale ha ricordato che in Honduras è in atto uno scontro tra due progetti: quello neoliberista, basato sull’espropriazione e la privatizzazione della cosa pubblica e quello della lotta emancipatoria del popolo e della difesa della cosa pubblica. “La destra, pur presentandosi come vittima, è quella che cerca di generare il caos e impedire lo svolgimento delle elezioni. Intende imporre nella coscienza collettiva una narrazione mediatica che vede Libre come colpevole. Tuttavia, ho fiducia che esistano le condizioni per proseguire con il progetto di cambiamento iniziato da Xiomara Castro”.   Giorgio Trucchi
Cospirazione e colpo di stato elettorale in Honduras?
A un mese dalle elezioni generali, in cui oltre 6,3 milioni di persone saranno chiamate alle urne per eleggere  presidente, deputati del Congresso e del Parlamento centroamericano, sindaci e  consiglieri comunali, la situazione elettorale in Honduras è sempre più tesa. Mercoledì scorso (29/10), il procuratore generale Johel Zelaya ha convocato una conferenza stampa in cui ha reso noto il contenuto di alcune registrazioni audio (QUI la trascrizione completa), consegnate  alcuni giorni prima da uno dei tre titolari del Consiglio nazionale elettorale (Cne), Marlon Ochoa, in carico al partito di governo Libertà e Rifondazione – Libre, in cui viene rivelato un presunto piano per boicottare e destabilizzare le elezioni del prossimo 30 novembre. Tale piano coinvolgerebbe il deputato Tomás Zambrano, capogruppo del Partito nazionale dell’Honduras, la consigliera del Cne, Cossette López Osorio, e un membro non identificato delle forze armate. Caos programmato La strategia prevede sia l’infiltrazione nella  logistica del trasporto di urne e schede votate, per ritardare e pilotare la comunicazione dei primissimi risultati, che la manipolazione della trasmissione elettronica dei risultati preliminari, generando così un clima di crescente sospetto, crisi e caos a livello nazionale e internazionale. Tensione e confusione che, in caso di vantaggio della candidata di Libre, Rixi Moncada, contribuirebbero a spalancare le porte a un mancato riconoscimento dei risultati finali. L’insieme delle azioni cospirative avrebbe come fattore scatenante l’induzione nell’opinione pubblica della percezione che il vincitore sia invece il candidato del Partito liberale, Salvador Nasralla, e che Libre stia tramando una frode per non cedere il potere. A rafforzare il piano destabilizzatore contribuirebbe poi la massiccia azione di divulgazione attraverso media, piattaforme e social controllati e finanziati dai principali gruppi economici legati all’opposizione politica, da sempre ostili al governo progressista di Castro e al partito sorto come braccio politico del movimento di resistenza contro il colpo di stato cívico-militare, che nel 2009 depose con la forza delle armi l’allora presidente Manuel Zelaya. L’infiltrazione dei gruppi di osservazione elettorale con militanti del Partito nazionale potenzierebbe ulteriormente la narrativa e la percezione nella popolazione e nella comunità internazionale della frode elettorale, dando il via alla mobilitazione delle basi nazionaliste che contribuirebbero ad aggravare il caos e l’instabilità. Il mancato riconoscimento del risultato elettorale a livello internazionale, in particolare da parte degli Stati Uniti, è infatti fondamentale affinché la strategia funzioni e siano indette nuove elezioni. Le solite manovre L’orchestrazione da Washington di strategie per impedire alle forze progressiste di arrivare al governo o di continuare a governare in Honduras non è certo una novità. Nel 2017, l’allora ambasciatrice statunitense avallò e benedisse i brogli che permisero un secondo mandato presidenziale a Juan Orlando Hernández, attualmente detenuto negli Stati Uniti per reati legati al narcotraffico. Qualcosa di molto simile accadde anche durante le elezioni del 2013 (primo mandato di Hernández, che aveva come principale avversario l’attuale presidente Castro) e il colpo di Stato del 2009. Nel 2017, le proteste furono represse con violenza, con un bilancio di oltre trenta persone uccise e centinaia di feriti. Molti cittadini dovettero abbandonare il Paese per sfuggire alla repressione e alla cattura. Particolarmente ironica è la situazione dell’istrionico conduttore di programmi sportivi Salvador Nasralla, che otto anni fa fu candidato presidenziale di un’alleanza guidata da Libre, nonché il primo a denunciare a livello nazionale e internazionale le innumerevoli irregolarità che lo privarono della vittoria. Ora sarà proprio lui a trarne il maggior vantaggio, alleandosi con chi gli impedì di essere presente e  accettando la benedizione di nazionalisti e trumpiani. Indagini a tappeto Nonostante le dichiarazioni di López e Zambrano, quest’ultimo sostenuto dai principali leader del Partito nazionale, che denunciano pesanti pressioni, la falsità delle registrazioni, per le quali sarebbe stata usata l’intelligenza artificiale, e i rischi che corre la democrazia, il procuratore Zelaya ne ha assicurato l’autenticità e ha confermato l’inizio delle indagini. “Daremo istruzioni affinché si inizi a indagare l’accaduto, si assicuri la protezione delle registrazioni e vengano citati i testimoni”. Zelaya ha ricordato che qualsiasi tentativo deliberato di manipolare i risultati elettorali costituisce un reato di tradimento della patria, che in Honduras è punibile con una pena detentiva da 15 a 20 anni e l’interdizione assoluta per un periodo doppio rispetto alla durata della pena. Da parte sua, la presidente Xiomara Castro, attraverso il suo account su X, ha condannato con assoluta fermezza “questa cospirazione criminale volta a provocare un colpo di Stato elettorale”. Ha poi dichiarato di aver chiesto alle forze armate di indagare sul coinvolgimento di militari nel tentativo di destabilizzazione, nonché al ministro degli Esteri di denunciare i fatti alla comunità internazionale. “Gli stessi gruppi che hanno violato la Costituzione nel 2009 e che hanno consumato le frodi elettorali del 2013 e del 2017, oggi tentano nuovamente di soppiantare la volontà del popolo, generare caos e sequestrare la sovranità popolare”, ha affermato Castro. “Difenderemo la democrazia e la volontà dei cittadini con tutta la forza della legge, garantendo elezioni libere e trasparenti, la pace sociale e il rispetto incondizionato dello Stato di diritto e dell’ordine costituzionale”, ha aggiunto. Anche la candidata presidenziale di Libre ha reagito agli ultimi eventi. “Alla luce delle registrazioni che rivelano l’operazione fraudolenta di una mafia elettorale all’interno del CNE, affermo con chiarezza: non esiste il crimine perfetto! La difesa delle elezioni e della democrazia assume oggi un carattere storico”. Moncada ha inoltre chiesto al procuratore generale di agire con tutta la forza della legge, e alla consigliera Cossette López di rimettere immediatamente il mandato. “Nessuno che partecipi a una cospirazione di tale portata ha la legittimità per ricoprire una carica come autorità elettorale”. Fonte: LINyM (spagnolo) Giorgio Trucchi
Honduras: Non si ferma il massacro dei contadini nel Bajo Aguán
Il Bajo Aguán continua a rappresentare un debito in sospeso per lo Stato honduregno. Omicidi di contadini, vessazioni, persecuzioni e stigmatizzazioni, sfollamenti forzati, criminalizzazione giudiziaria e impunità sono all’ordine del giorno per chi si organizza e lotta per l’accesso alla terra e la difesa dei territori e dei beni comuni. Il 26 luglio è stato assassinato da sconosciuti che si sono dati alla fuga il giovane Héctor Otoniel Hernández Castro, di 22 anni, membro dell’azienda agricola associativa ‘Gregorio Chávez’. Insieme a lui, mentre lavoravano nei campi, sono stati attaccati altri due giovani che fortunatamente sono rimasti illesi. Hernández Castro era il fratello di Wendy Hernández, socia della cooperativa agricola El Chile e vice coordinatrice della Piattaforma Agraria Regionale della Valle del Aguán. Nove giorni prima, il 17 luglio, mentre si recavano al lavoro, Ramón Rivas Baquedano e suo figlio Carlos Rivas Canales, rispettivamente membri delle aziende agricole associative ‘La Aurora’ e ‘Gregorio Chávez’, sono rimasti vittima di un agguato mortale. Entrambe le aziende fanno parte della Piattaforma Agraria. Ramón e Carlos erano parenti di Santos Hipólito Rivas e di suo figlio Javier Rivas, difensori della terra assassinati nel 2023 e il cui caso rimane impunito. Secondo la Piattaforma Agraria e l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani in Honduras (Ohchr), sono cinque i contadini assassinati nell’ultimo mese, dieci dall’inizio dell’anno e più di 200 da dopo il colpo di Stato civile-militare del 2009. Basta impunità! “Questi attacchi sono il risultato dell’impunità e della presenza incontrastata di gruppi criminali che perseguono l’accaparramento delle terre distribuite alle famiglie contadine con la riforma agraria”, denunciano con un comunicato la Piattaforma Agraria e il Coordinamento delle Organizzazioni Popolari del Bajo Aguán (Copa). Entrambe le organizzazioni attribuiscono la responsabilità degli attacchi criminali al gruppo “Los Cachos”¹, che negli ultimi mesi ha attaccato e messo in fuga decine di famiglie contadine appartenenti a varie cooperative agricole firmatarie di accordi con l’attuale governo². La Piattaforma Agraria e Copa avvertono che tale gruppo manterrebbe legami diretti con Corporación Dinant, azienda leader nella coltivazione e nella lavorazione dell’olio di palma, controllata dalla tristemente famosa famiglia Facussé. Oltre a esigere un’indagine approfondita, immediata e credibile sugli omicidi che hanno nuovamente gettato nel lutto la Valle del Aguán, le due organizzazioni chiedono che vengano intraprese azioni immediate per salvaguardare la vita di coloro che continuano a lottare per l’accesso alla terra e contro l’espansione delle monocolture agroindustriali e dell’estrazione mineraria. Giustizia per Juan Tre giorni prima del duplice omicidio, il Comitato municipale per la difesa dei beni comuni e pubblici di Tocoa aveva commemorato i dieci mesi dall’attacco mortale perpetrato contro il leader contadino Juan López. López lottava contro le politiche e i progetti estrattivisti, in particolare contro il mega progetto minerario che minaccia il parco nazionale Montaña de Botaderos “Carlos Escalera”. Le holding che gestiscono Inversiones Los Pinares (Gruppo EMCO/Inversiones Ecotek), titolare del progetto, sono controllate da Lenir Pérez Solís e Ana Facussé Madrid, figlia del defunto Miguel Facussé Barjum, ex presidente di Dinant. Attualmente, tre persone sono state arrestate con l’accusa di essere gli esecutori materiali dell’omicidio di López. Tuttavia, non si registrano progressi nell’individuazione e nella cattura dei mandanti. Rispettare l’accordo Oltre a condannare l’omicidio di Ramón e Carlos Rivas, l’Ohchr ha esortato lo Stato dell’Honduras a rispettare gli impegni derivanti dall’accordo firmato con le cooperative e le aziende agricole associative. “A più di tre anni dalla firma dell’accordo, la violenza continua a mietere vittime, a causa della mancanza di un approccio strutturale al conflitto”, ha avvertito l’Ohchr. In particolare, ha sottolineato “l’urgente necessità di istituire la Commissione per la verità del Bajo Aguán, al fine di garantire alle vittime il diritto alla verità, alla giustizia, al risarcimento e alle garanzie di non ripetizione”. Parallelamente, lo studio legale ‘Dignità’ e il Movimento Ampio per la Dignità e la Giustizia (Madj) hanno condannato l’omicidio di Héctor Otoniel Hernández, che testimonia la violenza installata e sponsorizzata nella zona dell’Aguán dalle aziende agroindustriali, il narcotraffico e i latifondisti. “Sono già 20 i contadini appartenenti alla Piattaforma Agraria assassinati nel periodo dell’attuale governo e nulla si sta facendo per cambiare questa realtà”, hanno concluso. Note ¹ https://www.rel-uita.org/honduras/bajo-aguan-sin-paz/ ² Il 22 febbraio 2022, il governo di Xiomara Castro ha firmato accordi con organizzazioni, movimenti e associazioni contadine, con l’obiettivo di risolvere la questione agraria e portare la pace nella zona dell’Aguán. Tali accordi includono l’istituzione di una commissione tripartita (Commissione per la Verità) per indagare sulle violazioni dei diritti umani nella zona.   In spagnolo Rel UITA Giorgio Trucchi
Violenza di genere, un debito ancora da saldare
L’Honduras continua a essere uno dei paesi più violenti della regione, soprattutto nei confronti delle donne. È ciò che afferma il recente rapporto dell’Osservatorio sui diritti umani delle donne (Odhm, per la sua sigla in spagnolo) del Centro per i diritti delle donne (Cdm). Nel 2024, l’Osservatorio ha registrato 231 morti violente di donne, 156 delle quali sono femminicidi (67,5%). La maggior parte delle vittime (48%) erano donne adulte (di età compresa tra i 30 e i 59 anni) che lavoravano come domestiche. Il 26% erano giovani donne (di età compresa tra i 19 e i 29 anni) e il 13% erano minorenni, tra cui 5 bambine di età inferiore ai 9 anni. A questa violenza femminicida si aggiungono altri reati contro la vita delle donne, come i 158 casi di tentato omicidio e le 149 denunce di scomparsa. Parallelamente, il Ministero dell’Interno segnala 342 denunce di donne e ragazze scomparse, il 44,1% delle quali di età inferiore ai 18 anni. L’Osservatorio sulla parità di genere in America Latina e nei Caraibi, della Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi (Cepal) avverte che nel 2023 l’Honduras continuava a essere in cima alla lista dei paesi della regione con il più alto tasso di femminicidio pro capite. Secondo la prima indagine nazionale specializzata sulla violenza contro le donne e le ragazze di età pari o superiore a 15 anni, condotta alla fine del 2022 dall’Istituto nazionale di statistica (Ine), 24 donne honduregne su 100 hanno subito violenza sessuale. Nel 2024, il Pubblico ministero ha segnalato 3.350 casi di denuncia per violenza sessuale contro le donne, il 62% delle vittime sono minorenni, per lo più studentesse e lavoratrici domestiche. “Le donne in Honduras sono esposte a subire un continuum di violenze, ovvero, nel corso della loro vita subiscono molteplici forme di violenza in diversi ambiti sociali”, sottolinea il rapporto dell’Osservatorio del CDM. Nel 2025 la situazione non sembra migliorare. Sono già 127 le donne uccise in modo violento nel primo semestre. Fino al 30 aprile, il Sistema Nazionale di Emergenza (SNE-911) ha registrato 13.034 denunce di violenza domestica e 15.647 di maltrattamenti familiari. Un’impunità infinita Secondo l’Osservatorio sulla violenza dell’IUDPAS-UNAH, negli ultimi due decenni (2005-2024) sono stati registrati almeno 7.736 casi di morti violente di donne e femminicidi, con una media annuale di 387 vittime. Di tutti questi casi, 904 sono stati portati in tribunale e solo 197 (21,7%) hanno ottenuto una condanna. Nel 2024, lo SNE-911 ha segnalato 37.879 chiamate per violenza domestica contro le donne e 50.757 per maltrattamenti familiari. Di questo totale, solo 12.673 segnalazioni si sono convertite in denunce formali. Per quanto riguarda i vari tipi di violenza sessuale, nel 2024 sono stati presentati ai tribunali 854 casi, ovvero il 25,4% di quelli segnalati al Pubblico Ministero. Di questi, solo 298 hanno ottenuto una sentenza di condanna (35%). “La grave carenza di risposta nei casi di femminicidio, violenza domestica e violenza sessuale ha un impatto diretto sulla vita delle vittime, dei sopravvissuti e dei loro familiari”, avverte l’Odhm. “Oltre all’aggressione subita”, continua il rapporto, “le vittime devono continuare a lottare per ottenere giustizia, riparazione e garanzia dei propri diritti. In questo percorso, devono affrontare molteplici ostacoli e violenza istituzionale. La mancanza di struttura nei diversi organismi pubblici e l’assenza di un coordinamento integrale generano burocrazia nei processi, rivittimizzazione e danni all’ambiente individuale, familiare e comunitario”. Fonte: Rel UITA (spagnolo) Giorgio Trucchi
Honduras: Un’altra volta alle urne?
Melissa Cardoza La democrazia honduregna così come è conosciuta ora si è riaperta in un periodo terribile, perché fu negli anni ’80 che le sparizioni forzate ebbero il loro momento di massimo splendore, e l’allora generale delle Forze Armate, l’indimenticabile Álvarez Martínez, e la sua comparsa istituzionale, era colui che portava, insieme a politici e […]