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Honduras: Non si ferma il massacro dei contadini nel Bajo Aguán
Il Bajo Aguán continua a rappresentare un debito in sospeso per lo Stato honduregno. Omicidi di contadini, vessazioni, persecuzioni e stigmatizzazioni, sfollamenti forzati, criminalizzazione giudiziaria e impunità sono all’ordine del giorno per chi si organizza e lotta per l’accesso alla terra e la difesa dei territori e dei beni comuni. Il 26 luglio è stato assassinato da sconosciuti che si sono dati alla fuga il giovane Héctor Otoniel Hernández Castro, di 22 anni, membro dell’azienda agricola associativa ‘Gregorio Chávez’. Insieme a lui, mentre lavoravano nei campi, sono stati attaccati altri due giovani che fortunatamente sono rimasti illesi. Hernández Castro era il fratello di Wendy Hernández, socia della cooperativa agricola El Chile e vice coordinatrice della Piattaforma Agraria Regionale della Valle del Aguán. Nove giorni prima, il 17 luglio, mentre si recavano al lavoro, Ramón Rivas Baquedano e suo figlio Carlos Rivas Canales, rispettivamente membri delle aziende agricole associative ‘La Aurora’ e ‘Gregorio Chávez’, sono rimasti vittima di un agguato mortale. Entrambe le aziende fanno parte della Piattaforma Agraria. Ramón e Carlos erano parenti di Santos Hipólito Rivas e di suo figlio Javier Rivas, difensori della terra assassinati nel 2023 e il cui caso rimane impunito. Secondo la Piattaforma Agraria e l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani in Honduras (Ohchr), sono cinque i contadini assassinati nell’ultimo mese, dieci dall’inizio dell’anno e più di 200 da dopo il colpo di Stato civile-militare del 2009. Basta impunità! “Questi attacchi sono il risultato dell’impunità e della presenza incontrastata di gruppi criminali che perseguono l’accaparramento delle terre distribuite alle famiglie contadine con la riforma agraria”, denunciano con un comunicato la Piattaforma Agraria e il Coordinamento delle Organizzazioni Popolari del Bajo Aguán (Copa). Entrambe le organizzazioni attribuiscono la responsabilità degli attacchi criminali al gruppo “Los Cachos”¹, che negli ultimi mesi ha attaccato e messo in fuga decine di famiglie contadine appartenenti a varie cooperative agricole firmatarie di accordi con l’attuale governo². La Piattaforma Agraria e Copa avvertono che tale gruppo manterrebbe legami diretti con Corporación Dinant, azienda leader nella coltivazione e nella lavorazione dell’olio di palma, controllata dalla tristemente famosa famiglia Facussé. Oltre a esigere un’indagine approfondita, immediata e credibile sugli omicidi che hanno nuovamente gettato nel lutto la Valle del Aguán, le due organizzazioni chiedono che vengano intraprese azioni immediate per salvaguardare la vita di coloro che continuano a lottare per l’accesso alla terra e contro l’espansione delle monocolture agroindustriali e dell’estrazione mineraria. Giustizia per Juan Tre giorni prima del duplice omicidio, il Comitato municipale per la difesa dei beni comuni e pubblici di Tocoa aveva commemorato i dieci mesi dall’attacco mortale perpetrato contro il leader contadino Juan López. López lottava contro le politiche e i progetti estrattivisti, in particolare contro il mega progetto minerario che minaccia il parco nazionale Montaña de Botaderos “Carlos Escalera”. Le holding che gestiscono Inversiones Los Pinares (Gruppo EMCO/Inversiones Ecotek), titolare del progetto, sono controllate da Lenir Pérez Solís e Ana Facussé Madrid, figlia del defunto Miguel Facussé Barjum, ex presidente di Dinant. Attualmente, tre persone sono state arrestate con l’accusa di essere gli esecutori materiali dell’omicidio di López. Tuttavia, non si registrano progressi nell’individuazione e nella cattura dei mandanti. Rispettare l’accordo Oltre a condannare l’omicidio di Ramón e Carlos Rivas, l’Ohchr ha esortato lo Stato dell’Honduras a rispettare gli impegni derivanti dall’accordo firmato con le cooperative e le aziende agricole associative. “A più di tre anni dalla firma dell’accordo, la violenza continua a mietere vittime, a causa della mancanza di un approccio strutturale al conflitto”, ha avvertito l’Ohchr. In particolare, ha sottolineato “l’urgente necessità di istituire la Commissione per la verità del Bajo Aguán, al fine di garantire alle vittime il diritto alla verità, alla giustizia, al risarcimento e alle garanzie di non ripetizione”. Parallelamente, lo studio legale ‘Dignità’ e il Movimento Ampio per la Dignità e la Giustizia (Madj) hanno condannato l’omicidio di Héctor Otoniel Hernández, che testimonia la violenza installata e sponsorizzata nella zona dell’Aguán dalle aziende agroindustriali, il narcotraffico e i latifondisti. “Sono già 20 i contadini appartenenti alla Piattaforma Agraria assassinati nel periodo dell’attuale governo e nulla si sta facendo per cambiare questa realtà”, hanno concluso. Note ¹ https://www.rel-uita.org/honduras/bajo-aguan-sin-paz/ ² Il 22 febbraio 2022, il governo di Xiomara Castro ha firmato accordi con organizzazioni, movimenti e associazioni contadine, con l’obiettivo di risolvere la questione agraria e portare la pace nella zona dell’Aguán. Tali accordi includono l’istituzione di una commissione tripartita (Commissione per la Verità) per indagare sulle violazioni dei diritti umani nella zona.   In spagnolo Rel UITA Giorgio Trucchi
Violenza di genere, un debito ancora da saldare
L’Honduras continua a essere uno dei paesi più violenti della regione, soprattutto nei confronti delle donne. È ciò che afferma il recente rapporto dell’Osservatorio sui diritti umani delle donne (Odhm, per la sua sigla in spagnolo) del Centro per i diritti delle donne (Cdm). Nel 2024, l’Osservatorio ha registrato 231 morti violente di donne, 156 delle quali sono femminicidi (67,5%). La maggior parte delle vittime (48%) erano donne adulte (di età compresa tra i 30 e i 59 anni) che lavoravano come domestiche. Il 26% erano giovani donne (di età compresa tra i 19 e i 29 anni) e il 13% erano minorenni, tra cui 5 bambine di età inferiore ai 9 anni. A questa violenza femminicida si aggiungono altri reati contro la vita delle donne, come i 158 casi di tentato omicidio e le 149 denunce di scomparsa. Parallelamente, il Ministero dell’Interno segnala 342 denunce di donne e ragazze scomparse, il 44,1% delle quali di età inferiore ai 18 anni. L’Osservatorio sulla parità di genere in America Latina e nei Caraibi, della Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi (Cepal) avverte che nel 2023 l’Honduras continuava a essere in cima alla lista dei paesi della regione con il più alto tasso di femminicidio pro capite. Secondo la prima indagine nazionale specializzata sulla violenza contro le donne e le ragazze di età pari o superiore a 15 anni, condotta alla fine del 2022 dall’Istituto nazionale di statistica (Ine), 24 donne honduregne su 100 hanno subito violenza sessuale. Nel 2024, il Pubblico ministero ha segnalato 3.350 casi di denuncia per violenza sessuale contro le donne, il 62% delle vittime sono minorenni, per lo più studentesse e lavoratrici domestiche. “Le donne in Honduras sono esposte a subire un continuum di violenze, ovvero, nel corso della loro vita subiscono molteplici forme di violenza in diversi ambiti sociali”, sottolinea il rapporto dell’Osservatorio del CDM. Nel 2025 la situazione non sembra migliorare. Sono già 127 le donne uccise in modo violento nel primo semestre. Fino al 30 aprile, il Sistema Nazionale di Emergenza (SNE-911) ha registrato 13.034 denunce di violenza domestica e 15.647 di maltrattamenti familiari. Un’impunità infinita Secondo l’Osservatorio sulla violenza dell’IUDPAS-UNAH, negli ultimi due decenni (2005-2024) sono stati registrati almeno 7.736 casi di morti violente di donne e femminicidi, con una media annuale di 387 vittime. Di tutti questi casi, 904 sono stati portati in tribunale e solo 197 (21,7%) hanno ottenuto una condanna. Nel 2024, lo SNE-911 ha segnalato 37.879 chiamate per violenza domestica contro le donne e 50.757 per maltrattamenti familiari. Di questo totale, solo 12.673 segnalazioni si sono convertite in denunce formali. Per quanto riguarda i vari tipi di violenza sessuale, nel 2024 sono stati presentati ai tribunali 854 casi, ovvero il 25,4% di quelli segnalati al Pubblico Ministero. Di questi, solo 298 hanno ottenuto una sentenza di condanna (35%). “La grave carenza di risposta nei casi di femminicidio, violenza domestica e violenza sessuale ha un impatto diretto sulla vita delle vittime, dei sopravvissuti e dei loro familiari”, avverte l’Odhm. “Oltre all’aggressione subita”, continua il rapporto, “le vittime devono continuare a lottare per ottenere giustizia, riparazione e garanzia dei propri diritti. In questo percorso, devono affrontare molteplici ostacoli e violenza istituzionale. La mancanza di struttura nei diversi organismi pubblici e l’assenza di un coordinamento integrale generano burocrazia nei processi, rivittimizzazione e danni all’ambiente individuale, familiare e comunitario”. Fonte: Rel UITA (spagnolo) Giorgio Trucchi
La fuga dei cerberi
 I cani da guardia dei potenti fuggono terrorizzati. È bastato che la Procura iniziasse gradualmente a far camminare la macchina della giustizia perché si sentissero privati delle abituali protezioni e sicurezze e si mettessero in fuga. Stiamo parlando di alcuni dei principali attori e continuatori del colpo di Stato civile-militare del 2009 in Honduras, che hanno approfittato delle cariche che ricoprivano in quegli anni per difendere e garantire gli interessi delle élite economiche nazionali, delle multinazionali che imperversano nel Paese, nonché i propri, a spese di una popolazione sempre più povera ed emarginata. Il generale in pensione Romeo Vásquez Velásquez, ex capo dello Stato Maggiore delle Forze Armate honduregne, ora camaleonte politico, è stato accusato, insieme ad altri due ex alti ufficiali militari, dell’omicidio di Isy Obed Murillo Mencías, il primo martire della resistenza contro il colpo di Stato. Sono anche accusati del reato di lesioni personali gravi nei confronti di Alex Roberto Zavala Licona. Secondo le indagini, le azioni dei militari “sono state brutalmente sproporzionate, in quanto hanno sparato indiscriminatamente con fucili di alta potenza e armi di grosso calibro contro cittadini che stavano esercitando il loro diritto a manifestare pacificamente”. “Queste azioni che hanno provocato morti e feriti gravi”, continua la Procura, “non sono stati atti isolati, ma crimini compiuti da elementi delle forze armate” su ordine diretto di Vásquez Velásquez, del direttore delle Operazioni Speciali e del suo vice. Per la Procura dei diritti umani, “la loro negligenza e inazione hanno costituito gravi violazioni dei diritti umani, lasciando i manifestanti alla mercé di una forza militare che ha agito con violenza disumana e sproporzionata”. Complottisti in fuga Prima incarcerato, poi sottoposto a misure alternative e infine con un nuovo mandato di arresto, il generale in pensione ha deciso di fuggire con destinazione sconosciuta, per apparire poche ore dopo in un video in cui inveiva contro il governo di Xiomara Castro, accusandolo di persecuzione politica. Un triste spettacolo in cui rivendica la legittimità del colpo di Stato in nome della difesa della democrazia contro l’espansione del comunismo in Honduras. Alcuni giorni dopo, un altro volto pubblico del golpe, l’ex presidente de facto Roberto Micheletti, ha dichiarato ai media nazionali che avrebbe abbandonato il Paese di fronte al possibile inizio di un’azione giudiziaria nei suoi confronti. “C’è un piano per presentare un’accusa contro di me e per umiliarmi come hanno fatto con Romeo Vásquez Velásquez. Non ho intenzione di dare loro questo piacere”, ha dichiarato. Ci sono anche ex funzionari del governo dell’ex presidente Juan Orlando Hernández, attualmente condannato negli Stati Uniti a 45 anni di carcere per reati di narcotraffico, che sono già fuggiti, come Ricardo Cardona e Ebal Díaz o come l’ex procuratore generale Óscar Fernando Chinchilla. Altri sono latitanti o già in carcere. C’è comunque ancora tanta strada da fare prima di potere dire che in Honduras la giustizia sta trionfando e il livello di impunità per i delitti commessi nei 12 anni post golpe è ancora molto, troppo, elevato. Nessuno dei mandanti del colpo di Stato, né dei principali beneficiari dei giganteschi atti di corruzione con i quali sono stati dati in concessione territori e beni comuni e sono state saccheggiate le casse dello Stato, è attualmente in carcere o sotto processo. La giustizia non è  persecuzione Tra il 2009 e il 2021, migliaia di honduregni sono stati perseguitati, repressi, imprigionati, assassinati e fatti sparire. Altri hanno dovuto andare in esilio e molti di loro non sono ancora riusciti a tornare. “Romeo Vásquez è un criminale. È in fuga a causa di un mandato di arresto per omicidio. La sua parola non ha valore. La giustizia deve agire ora e lui deve essere arrestato il prima possibile”, ha dichiarato l’attuale ministra della Difesa e candidata alla presidenza per il partito di governo Rixi Moncada. “La giustizia non è persecuzione politica. I maestri della persecuzione politica, Micheletti e Vásquez Velásquez, autori di violazioni della Costituzione e dei diritti umani (…) vogliono apparire come vittime, quando invece sono stati i carnefici”, ha detto il ministro degli Esteri Eduardo Enrique Reina. Fonte: Rel UITA (spagnolo) Giorgio Trucchi