Agenti infiltrati: Potere al Popolo e organizzazioni giovanili rispondono agli attacchiCinque agenti sotto copertura hanno preso parte alla vita politica di collettivi
universitari e movimenti legati a Potere al Popolo. Tra assemblee, presìdi ed
elezioni, il racconto di chi ha scoperto di essere stato spiato per mesi: la
testimonianza del portavoce del partito e degli attivisti di tre città — Roma,
Napoli e Bologna — che oggi hanno manifestato sotto i rettorati delle proprie
università.
Sono passate più di quattro settimane da quando Fanpage.it, con un’inchiesta
firmata da Antonio Musella, ha rivelato la presenza di un agente della Polizia
di Stato infiltrato nelle attività di Potere al Popolo a Napoli. A
quell’inchiesta ne è seguita un’altra, ancora più dettagliata, che ha confermato
un’operazione estesa, articolata e coordinata dalla Direzione centrale della
Polizia di prevenzione, l’antiterrorismo, che ha coinvolto almeno cinque agenti
sotto copertura, attivi tra ottobre 2024 e maggio 2025 in diverse città: Napoli,
Roma, Bologna, Milano.
Nonostante la gravità della vicenda, si sta infatti parlando di infiltrazioni
all’interno di un partito politico legalmente costituito, presente alle
elezioni, e di movimenti studenteschi come Cambiare Rotta e CAU, il governo
continua a non rispondere e a non fornire nessun chiarimento alle tre
interrogazioni parlamentari presentate da Alleanza Verdi-Sinistra, Movimento 5
Stelle e Partito Democratico. Dal Ministero arriva solamente una vaga
disponibilità a “riferire in Aula”, annunciata dal Ministro Piantedosi, tuttavia
rimasta finora lettera morta.
Nel frattempo, Il Fatto Quotidiano ha raccontato le frizioni interne al
Viminale: la gestione della comunicazione da parte della Polizia di Stato, che
inizialmente, con “fonti qualificate”, ha smentito qualsiasi coinvolgimento, ha
generato “irritazione” tra i vertici ministeriali, ma anche su questo il
Ministero ha cercato di chiudere ogni spiraglio, diffondendo una nota ufficiale
in cui nega che vi siano mai state tensioni.
Lo scorso venerdì, in una conferenza stampa al Senato, il portavoce di Potere al
Popolo Giuliano Granato, assieme ad attivisti di CAU e Cambiare Rotta, ha
parlato di allarme democratico, e con lui anche Don Mattia Ferrari di
Mediterranea e il giornalista Ciro Pellegrino, coinvolti nel caso Paragon
contemporaneo all’infiltrazione in Potere al Popolo, hanno chiesto che il
governo riferisca sull’accaduto.
Il portavoce di Potere al Popolo Giuliano Granato durante la conferenza stampa
in Senato
Secondo Giuliano Granato, l’argomentazione secondo cui l’infiltrazione sarebbe
stata diretta esclusivamente verso i movimenti giovanili e solo incidentalmente
verso Potere al Popolo non regge alla prova dei fatti: «L’infiltrazione è
avvenuta ai danni di Potere al Popolo, e il fatto che un partito politico venga
infiltrato da agenti dell’antiterrorismo è gravissimo; tanto più che
inizialmente le stesse “fonti qualificate” avevano detto che non c’era alcuna
autorizzazione della magistratura, né si trattava di agenti sotto copertura:
avevano parlato addirittura di un singolo agente che si era avvicinato al
partito per simpatia politica o perché si era innamorato di una militante».
Granato sottolinea la gravità del fatto che un partito politico venga infiltrato
da agenti dell’antiterrorismo e ricorda che, inizialmente, le stesse fonti di
polizia avevano smentito tutto, negando il coinvolgimento della magistratura e
parlando di un singolo agente mosso da motivazioni personali. Ora, invece, si
scopre che gli agenti erano cinque, formati insieme, operativi nelle stesse
realtà nello stesso periodo. All’ipotesi che si tratti di una coincidenza
risponde: «Ci vogliano far credere che si sono tutti innamorati
contemporaneamente di militanti di Potere al Popolo…».
La questione va a toccare anche i diritti e le libertà degli studenti. Per
questo motivo, Cambiare Rotta e CAU, insieme al partito, hanno promosso presidi
in dodici università italiane, chiedendo alle istituzioni accademiche di
prendere posizione contro le infiltrazioni.
Le attiviste del CAU, in presidio sotto il rettorato della Federico II di
Napoli, spiegano come l’azione repressiva abbia colpito il cuore stesso della
vita universitaria: gli agenti infiltrati erano presenti nelle sedi accademiche,
frequentavano regolarmente assemblee e attività, interferendo di fatto con
l’autonomia del corpo studentesco: «Questa operazione, oltre a colpire Potere al
Popolo, è stata un’azione vile di controllo anche sugli organi e sulle cariche
elettive delle università. Per dieci mesi — dice Irene, attivista del CAU
Napoli — sono stati spiati collettivi che esprimono rappresentanti nei
dipartimenti e che avevano, in alcuni casi, senatori accademici: figure che non
solo sono riconosciute dallo statuto universitario, ma vengono persino
retribuite dagli atenei. È proprio per questo – proseguono – che l’università,
intesa come istituzione, dovrebbe sentirsi direttamente colpita».
Le nuove disposizioni previste dal Decreto Sicurezza, sottolineano, potrebbero
inoltre obbligare gli atenei a fornire informazioni sugli studenti ritenuti
“pericolosi” per la sicurezza nazionale, minacciando così la libertà di
organizzazione politica anche all’interno degli spazi universitari: «Se
l’università vuole davvero continuare a essere un avamposto democratico —
affermano — ha il dovere di esporsi».
A Bologna gli attivisti di Cambiare Rotta, come in altre città d’Italia, hanno
organizzato un presidio sotto il Rettorato dell’università, a cui hanno
partecipato moltissime organizzazioni studentesche e sindacali: «Di fronte a
questo attacco repressivo — dice Leili Hizam, membro del Consiglio degli
Studenti — abbiamo risposto lanciando questi presidi davanti ai rettorati,
innanzitutto chiedendo delucidazioni e risposte alla Ministra dell’Università e
della Ricerca Bernini e a tutto il Governo Meloni. Vogliamo sapere chi è stato
il mandante di quest’operazione e a questo proposito lanceremo una petizione da
portare poi al ministero.
Oggi anche a Bologna abbiamo chiesto che i nostri rettori si esprimessero in
solidarietà ai propri studenti che sono stati colpiti da questo attacco
repressivo messo in campo dal governo. I rettori delle università si sono
dimostrati disponibili e hanno detto che ci riceveranno.»
Emiliano Palpacelli