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Abu Mazen non vada ad Atreju. Lettera aperta al Presidente Mahmoud Abbas
L’Italia ha legami storici con la Palestina e la sua giusta causa da molti anni, sebbene questi legami siano rimasti sostanzialmente stagnanti dall’era di Silvio Berlusconi. Non sono migliorati durante i governi di centro-sinistra, né durante il governo di destra guidato da Giorgia Meloni, di origini fasciste. L’Italia, più di […] L'articolo Abu Mazen non vada ad Atreju. Lettera aperta al Presidente Mahmoud Abbas su Contropiano.
Madagascar: la Generazione Z ha vinto, ma non è lei a riscrivere le regole
Abbiamo assistito di recente a una svolta storica in Madagascar, che ha visto protagonisti i giovani della Generazione Zeta. A distanza di poco tempo rimangono molti interrogativi e sfide. Tra il 25 settembre e il 14 ottobre scorsi, il Madagascar ha vissuto una svolta storica. La Generazione Z, nata e organizzata sui social network, è riuscita a far cadere il regime di Andry Rajoelina. Ora però i ragazzi della Gen Z tra i 15 e i 25 anni, arrabbiati, connessi e determinati, si trovano di fronte a un interrogativo cruciale: come evitare che il loro sogno di cambiamento venga neutralizzato? Il rischio principale per la Generazione Z malgascia è che il “momento rivoluzionario” venga normalizzato dentro logiche militari, clientelari e internazionali che non controlla, trasformando una vittoria di piazza in una riconfigurazione del vecchio sistema con volti nuovi. La specificità della Generazione Z malgascia è il suo nucleo motore: una galassia di gruppi urbani connessi che ha usato piattaforme cifrate per coordinare scioperi, sit-in, occupazioni, manifestazioni e presidi in spazi simbolici come la Place de la Démocratie, aggirando partiti e notabili. Questa “rivoluzione digitale” ha prodotto due effetti ambivalenti: ha mostrato che una generazione con poco da perdere può rovesciare rapidamente un presidente, ma ha anche aperto spazio a un arbitraggio di potere da parte dei militari, delle élite economiche e degli attori esterni che ora cercano di incanalare l’energia giovanile in una transizione controllata. Un governo senza consultazione La scelta del primo ministro e la formazione del nuovo governo sono avvenute senza il diretto coinvolgimento dei giovani protagonisti della rivolta. I 29 membri dell’esecutivo odierno includono qualche nuovo volto e alcuni esperti, ma l’insieme resta un sapiente dosaggio di vecchi politici, oppositori storici e persino rappresentanti del regime appena cacciato come Christine Razanamahasoa già presidente dell’Assemblea Nazionale ed ex ministro con Andry Rajoelina, che oggi nel nuovo governo ha ottenuto lo strategico Ministero degli Esteri. Sariaka Senecal, giovane attivista malgascia (poco più che ventenne) descrive così al settimanale francese Le Point il rapporto ambivalente con le nuove autorità: “E’ vero, siamo stati ricevuti dalla presidenza e al Ministero della Gioventù. Da questo punto di vista c’è stato ascolto. Ma sulle nomine politiche non siamo stati minimamente consultati. Dalla scelta del premier a quella dei ministri, non siamo mai stati coinvolti. Stiamo assistendo a una rifondazione di facciata. Non è prevista alcuna revisione costituzionale, nessuna riforma strutturale. Cambiano le facce, non le logiche. Ci ascoltano, fingono di prenderci sul serio. Ma hanno già i loro piani”. Dal movimento orizzontale alla struttura organizzata La difficoltà di questa “rivoluzione della Generazione Z” era prevedibile. Nata in modo spontaneo e orizzontale, la mobilitazione giovanile manca, come in altri contesti simili, di rappresentatività formale. Per acquisire maggior peso, il movimento starebbe valutando di modificare la pura orizzontalità e organizzarsi in una struttura più tradizionale, con portavoce, comitati e leader riconoscibili. La Generazione Z dispone oggi di reti e strumenti che le danno un’influenza senza precedenti, ma oscilla ancora tra la forma organizzata di un movimento e quella assembleare e fluida di un organo consultivo. L’obiettivo comunque resta invariato: influenzare le decisioni del potere. Per ora una delle sfide principali per il nuovo governo è mantenere il sostegno finanziario della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, da cui dipendono numerosi progetti in corso per migliorare l’accesso all’acqua e all’energia: solo il 36% della popolazione malgascia ha accesso all’elettricità, quando c’è. Un brief “Poverty and Equity” su Madagascar dell’ottobre 2025 stima che nel 2024 circa l’80% dei malgasci viva sotto la soglia internazionale di povertà di 2,15 dollari al giorno Intanto la Russia in queste settimane ha manifestato ufficialmente la volontà di rafforzare la cooperazione con il Madagascar in questa fase di transizione. Una mossa sostenuta dal nuovo Presidente dell’Assemblea Nazionale malgascia, Siteny Randrianasoloniaiko, noto per la sua vicinanza a Mosca. “I russi sono specialisti nella risoluzione di problemi urgenti. possono fornirci carburante. La scelta è nelle nostre mani se vogliamo davvero trovare soluzioni ai nostri problemi” ha dichiarato lunedì 24 novembre, durante la discussione sulla legge finanziaria per il 2026. Il giorno seguente ha convocato i fornitori della Jirama, la società pubblica di distribuzione di acqua ed elettricità sostenendo che il supporto tecnico russo sarebbe il benvenuto dato che nella capitale sono già ripresi i tagli di corrente. Non è la prima volta che Mosca prova a esercitare la sua influenza sul Madagascar. Nel 2018, pochi mesi prima delle presidenziali, un’indagine di BBC Africa Eye aveva rivelato come una squadra di consulenti politici russi (entrati nel Paese come “turisti” o “osservatori”) avesse offerto denaro e supporto tecnico ad almeno sei candidati. L’obiettivo era influenzare l’esito del voto sostenendo più candidati in parallelo. Da allora gli attori esterni non hanno smesso di cercare spazio a Antananarivo, tra contratti minerari e offerte di ‘cooperazione strategica’. Ma sette anni dopo, quel copione non funziona più: per i ragazzi della Generazione Z la vera battaglia comincia adesso.   Africa Rivista
Esplode la rabbia degli operai della ex Ilva
L’emergenza della ex Ilva a Genova e a Taranto è esplosa nella giornata di ieri con blocchi, cortei dentro le fabbriche, terminal aeroportuali fermi, migliaia di lavoratori in lotta. È stata questa la risposta diretta a un piano del Governo che non dà futuro, ferma gli impianti e accompagna l’azienda […] L'articolo Esplode la rabbia degli operai della ex Ilva su Contropiano.
Mps-Mediobanca il ruolo ambiguo del governo nel risiko bancario.
Nell’operazione MPS -Mediobanca cominciano ad emergere aspetti che rimandano ad accordi sottobanco fra soggetti come Caltagirone e Delfin di Del Vecchio ,mancate comunicazioni agli organi di controllo ,opacità nella vendita da parte del Ministero delle quote di MPS ,sospetto coinvolgimento in questa operazione di intermediari come banca Akros ,con evidenti conflitti d’interesse ,sostegno esplicito del governo per una operazione che ha come obiettivo la scalata alle Generali. Le mancate comunicazioni agli organi competenti di un controllo pregresso di più del 25% del pacchetto azionario di MPS hanno consentito a Caltagirone e Delfin di acquistare le quote di Mediobanca senza esborso di contanti con evidente vantaggio .Ma al di là degli aspetti tecnici il tema è il mutamento degli equilibri di potere all’interno del mondo finanziario dove accade che una banca con un capitale inferiore,già salvata dal fallimento dall’intervento statale possa acquisire il controllo del cosidetto salotto buono di Mediobanca al fine di controllare la cassaforte del risparmio italiano ,le Generali con l’intervento di due soggetti vicini al governo . Ne parliamo con Alessandro Volpi che scrive per Altraeconomia . > Il fantastico mondo delle banche italiane, tra scalate sospette e costante > ricerca di applausi
ITALIA: L’INFLAZIONE SI MANGIA LE PENSIONI, IL GOVERNO AUMENTA LE MINIME…DI 3.13 € AL MESE
I pensionati, in particolare quelli con la minima, dall’anno prossimo potranno permettersi ben…tre caffè in più al mese. È il risultato della perequazione all’inflazione fissata, dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, all’1,4% (3.13 euro in più al mese): l’assegno passa da 616 a 619 euro al mese. La misura è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 28 novembre 2025. Non va meglio per altri assegni: con 800 euro netti al mese arriveranno 9 euro in più, mentre con 1000 euro netti di pensione, 11 euro in più. Ai nostri microfoni il commento di Ezio Cigna, responsabile previdenza della Cgil nazionale. Ascolta o scarica
L’espulsione di Mohamed Shahin è una minaccia alla libertà di espressione
La vicenda dell’espulsione dell’imam torinese Mohamed Shahin merita di essere conosciuta nei dettagli e di una mobilitazione che ne pretenda l’immediata scarcerazione dal Cpr di Caltanissetta dove è stato spedito da Torino (con un accanimento vergognoso) e la sospensione dell’espulsione decretata unilateralmente dal Ministero degli Interni. Contro Mohamed Shahin era […] L'articolo L’espulsione di Mohamed Shahin è una minaccia alla libertà di espressione su Contropiano.
Bologna. L’annunciata trappola repressiva del governo non spessa la solidarietà con la Palestina
Ieri a Bologna siamo scesi in piazza come Potere al Popolo insieme a oltre 5 mila persone che hanno tenuto il punto delle mobilitazione che hanno coinvolto milioni di persone negli ultimi mesi: nessuna complicità con il terrorismo sionista, nessuna normalizzazione del genocidio. Le strade di Bologna erano piene di […] L'articolo Bologna. L’annunciata trappola repressiva del governo non spessa la solidarietà con la Palestina su Contropiano.
Verso lo sciopero generale del 28 novembre, martedi manifestazione sotto l’ABI
Verso lo sciopero generale del 28 novembre e la manifestazione nazionale del 29 novembre, l’Usb ha convocato un presidio per martedi 25 Novembre a Largo Argentina presso la sede dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana), per denunciare come in questi anni le banche abbiano guadagnato profitti stellari, mentre i salari di chi […] L'articolo Verso lo sciopero generale del 28 novembre, martedi manifestazione sotto l’ABI su Contropiano.
Manovra del governo e disastro Termoli: salta la gigafactory, affonda l’industria
La possibile rinuncia di ACC alla Gigafactory di Termoli arriva mentre il Governo Meloni presenta una manovra economica che non stanzia un euro per salvare l’industria, non interviene sul costo dell’energia, non pianifica la transizione e non impone alcuna condizionalità agli incentivi pubblici. Il risultato è davanti a tutti: un […] L'articolo Manovra del governo e disastro Termoli: salta la gigafactory, affonda l’industria su Contropiano.