I sudari, le pensionate e i digiuni: mille iniziative a fianco di Gaza
di Francesca Fornario
Il Fatto Quotidiano, 28 giugno 2025
Dice che tanto non cambia niente. Se manifesti, se metti la bandiera alla
finestra, se posti i video dei civili uccisi in fila per il pane. Ma il modo più
sicuro per non cambiare niente è: non cambiare niente. Vivere come se niente
fosse. Tanti sentono di dover fare qualcosa. E la fanno. Come Otto e Elise
Hampel: operaio lui, sarta lei, marito e moglie nella Germania del 1940.
Qualcosa andava fatta per fermare Hitler. Presero a scrivere centinaia di
cartoline ogni notte e le disseminavano in giro per Berlino. Ogni giorno la
Gestapo passava a rimuoverle e loro a rimetterle. Quelli della polizia nazista
pensavano di avere a che fare con un partito clandestino. Invece erano solo loro
due.
Ogni giorno nel mondo si attivano milioni di persone comuni. Ci sono le
iniziative organizzate - qui i sudari per Gaza, le manifestazioni, la campagna
Stop Rearm - e c'è Giuliano Logos, che si pianta davanti al Quirinale a leggere
uno dopo l'altro i nomi dei morti ammazzati a Gaza e va avanti per 24 ore. I
portuali e i lavoratori della logistica che bloccano la partenza dei carichi di
armi per Israele: a Livorno, a La Spezia a Montichiari, a Pisa. Le pensionate di
Levanto, che quando hanno saputo che ai bambini feriti a Gaza e curati a Firenze
mancava il mare li hanno invitati in vacanza. Alla stazione c'erano tutti, il
sindaco, la bandiera palestinese sul pennone, i pasticceri, il pizzaiolo, gli
abitanti in coda al negozio di giocattoli. C'è il sit in degli operatori
dell'informazione per Gaza, collettivo di oltre 200 giornalisti che in piazza
San Giovanni ha letto i nomi degli altrettanti colleghi uccisi a Gaza, più che
nelle due guerre mondiali insieme e i cittadini che si segnano a turno per
sorreggere la bandiera palestinese davanti a Montecitorio. A Venezia a turno si
digiuna, un giorno a testa. Una protesta silenziosa che si è allargata. Ci si
segna via email, digiunoperlapacevenezia@gmail.com e ogni giorno il sito Anbamed
pubblica l'elenco. Oggi, tra gli altri, Felicia Arrigoni, cassiera. Alla cassa,
mentre digiuna e batte il prezzo delle merendine e del salame, indosserà una
spilla: "Oggi digiuno per i bambini di Gaza". Ci sono gli scaffali della Coop
senza i prodotti israeliani e con la Gaza Cola, le farmacie comunali di Sesto
Fiorentino senza più farmaci israeliani: iniziative frutto della campagna Bds,
che punta a ridurre le entrate fiscali con le quali Israele finanzia la pulizia
etnica. Chi aderisce scarica le app come NoThanks! e Boycat e scannerizza il
codice a barre dei prodotti. Gli iscritti Anpi, sezione Trullo, borgata romana
mangiata dalla periferia, il giovedì non usano il bancomat perché pure le banche
investono in armi. Marcella Brancaforte, insegnante, ogni sera da un anno,
Internet permettendo, si collega con Halazzan Selmi, giornalista a Gaza. Lui
racconta, lei disegna. Ne è nato un libro a sei mani con Raffaele Oriani, il
giornalista che ha lasciato Repubblica per il modo in cui il giornale
minimizzava il genocidio. Gli artisti palermitani che sabato 6 venderanno le
loro opere e Colapesce e Di Martino andranno a cantare. I gruppi di preghiera
nelle parrocchie e lo psichiatra che fa sedute gratuite di terapia di gruppo per
affrontare il trauma di chi si mobilita diffondendo i video da Gaza. La Gestapo
ci mise due armi a trovare Otto e Elise. Lui dichiarò che era felice di aver
protestato contro il Terzo Reich. Vennero ghigliottinati, l'operaio e la sarta,
come i Re di Francia. Non avevano cambiato niente? Il mondo si cambia una
persona alla volta. Lo scrittore egiziano ElAkkad, quando hanno cominciato a
piovere le bombe su Gaza, ha scritto un tweet: "Un giorno tutti diranno di
essere sempre stati contro". Quel giorno alcuni lo saranno stati davvero, ai
figli diranno di aver fatto quello che potevano. Questo cambia.