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Parlamentari turchi da Ocalan, ma si gioca sporco sul processo di pace
Il 24 novembre si è verificato il tanto atteso viaggio in delegazione di alcuni parlamentari turchi ad Imrali, per incontrare Abdullah Ocalan in merito al processo di pace in corso fra stato turco e PKK, così come stabilito dalla commissione parlamentare “per la riconciliazione nazionale, la fratellanza e la democrazia”. […] L'articolo Parlamentari turchi da Ocalan, ma si gioca sporco sul processo di pace su Contropiano.
Elezioni in Iraq, il sistema si stabilizza
Sono stati resi noti i risultati delle elezioni politiche svoltesi in Iraq l’11 novembre, le seste da dopo la caduta del regime baathista per mano dell’imperialismo statunitense che, si ricorda, da allora, mantiene una significativa militare presenza nel paese. Rispetto al contesto e alle occasioni precedenti, gli elementi di tensione […] L'articolo Elezioni in Iraq, il sistema si stabilizza su Contropiano.
Definitiva la sentenza CEDU: per Demirtas è la volta buona per la scarcerazione?
La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo (CEDU) ha respinto l’ultimo ricorso presentato dal Ministero della Giustizia turco contro la sentenza di scarcerazione per Demirtas e, di riflesso, per tutti i condannati nell’ambito del cosiddetto “processo Kobane”. Ora la sentenza è definitiva e, dal punto di vista della legalità formale […] L'articolo Definitiva la sentenza CEDU: per Demirtas è la volta buona per la scarcerazione? su Contropiano.
“Terre promesse, terre rubate. Popoli senza pace”: arriva il XVII Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli
Due settimane di cinema, incontri e riflessioni sugli scenari internazionali. Dalla Peace School Mario Paciolla alle giornate dedicate a saharawi, curdi e palestinesi, fino all’anteprima nazionale del film “Sniper Alley – To My Brother” per non dimenticare i conflitti balcanici. Terre che erano promesse e oggi sono rubate. Terre che portano con sé la memoria di popoli che vedono negata la loro identità, eppure resistono per mostrare che il futuro del pianeta è di chi saprà resistere all’annientamento e accettare l’altro, pur difendendo la propria memoria. È intorno a questa idea che prende forma il XVII Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, in programma dall’11 al 21 novembre 2025, con una serata conclusiva speciale il 29 novembre a Piazza Forcella dedicata all’anteprima nazionale del film “Sniper Alley – To My Brother”, coprodotto dal Festival e firmato da Cristiana Lucia Grilli e Francesco Toscani, con cui saranno celebrati i 20 anni dell’Associazione Cinema e Diritti. Il tema scelto per l’edizione 2025, “Terre promesse, terre rubate. Popoli senza pace”, attraversa le grandi contraddizioni del presente e mette a confronto le storie di tre popoli perseguitati (saharawi, curdi e palestinesi) che “resistono ai loro oppressori e dimostrano di saper vivere in promiscuità e in condizioni anche estreme”. «I racconti dei popoli senza pace – spiega Maurizio Del Bufalo, coordinatore del Festival – illustrano la condizione dell’umanità di domani, in cui la condivisione degli spazi e delle risorse fondamentali, ovvero la convivenza pacifica tra i popoli, sarà sempre più urgente. La loro capacità di adattamento è la risorsa più preziosa con cui si preparano a un futuro in cui i nuovi equilibri sociopolitici metteranno alla prova tutto il genere umano. Per questo, la Peace School Mario Paciolla, anteprima della XVII edizione del nostro Festival, è un esempio concreto di come si possa educare alla pace i nostri giovani, formandoli all’ascolto di queste nuove esperienze e alla collaborazione tra le comunità del mondo, al rispetto dei diritti universali, preparandosi a un lavoro altamente professionale e orientandoli verso i centri di formazione più qualificati». Come ogni anno, il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli, organizzato dall’Associazione Cinema e Diritti, propone una serie di eventi internazionali, dibattiti e anteprime che affiancano il concorso cinematografico. Partner primario, insieme alla Regione Campania e al Comune di Napoli è, da tre anni, l’Università L’Orientale di Napoli, antico e prestigioso ateneo di fama internazionale. Dal 11 al 21 novembre, lo Spazio Comunale Piazza Forcella, il Palazzo Corigliano sede dell’Università L’Orientale e il Cinema Vittoria accoglieranno testimoni, studiosi, giornalisti, attivisti e studenti in un percorso che attraversa i racconti del Cinema dei Diritti Umani e i luoghi simbolo dei conflitti contemporanei. Da diciassette anni il Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli è un punto di riferimento per il cinema civile e per la promozione dei diritti umani nel Mezzogiorno. Promosso dall’Associazione Cinema e Diritti, con il contributo di Regione Campania, Film Commission Regione Campania, Comune di Napoli, Università L’Orientale, e il patrocinio della Confederazione Elvetica e dell’Ambasciata di Svizzera in Italia, il Festival aderisce alla Human Rights Film Network patrocinata da Amnesty International ed è sostenuto da Banca Etica, Un Ponte Per, FICC e Assopace Palestina. «Napoli è una città di frontiera – conclude Del Bufalo – e noi l’abbiamo eletta, sin dal 2005, Capitale dei Diritti Umani per la sua vocazione di città di mare e di scambi. Qui si incontrano popoli, lingue e storie che il nostro cinema riesce a descrivere bene. In un tempo in cui la guerra sembra essere la via d’uscita obbligata di ogni controversia, noi ribadiamo il valore della nostra Costituzione e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, indicando la strada della Pace, dei Diritti e dell’Eguaglianza. Perché il nostro Cinema è da sempre la voce dei popoli oppressi in cerca di liberazione, popoli a cui offriamo la nostra solidarietà e di cui ammiriamo la tenace resistenza». Il programma completo Martedì 11 novembre è prevista la serata di apertura.  La cerimonia di apertura, in programma alle 18.00 nell’Aula delle Mura Greche di palazzo Corigliano, una delle sedi dell’Università L’Orientale, sarà dedicata al bilancio della Peace School Mario Paciolla, progetto formativo nato in seno al Festival e realizzato in collaborazione con numerose organizzazioni che si occupano di formare i futuri operatori di Pace. La prima edizione della Peace School, tenuta tra l’8 e l’11 ottobre scorsi a Napoli, ha coinvolto decine di giovani universitari in un percorso multidisciplinare sui temi della cooperazione, del disarmo e dei diritti umani. A seguire, la proiezione del trailer di animazione che introduce l’edizione del Festival di quest’anno e la presentazione ufficiale del programma 2025, con la partecipazione di rappresentanti istituzionali, delle associazioni promotrici e dei corsisti della Peace School. Ospite d’onore Ivan Grozny Compasso, reporter e documentarista che ha seguito diversi conflitti in varie regioni del mondo e componente della Global Sumud Flotilla che ha sfidato pochi mesi fa il blocco navale israeliano che circonda Gaza. Ivan è anche componente della Giuria Esperti del XVII Festival. Alle 20.30 cominceranno, nella stessa sala, le prime proiezioni del concorso cinematografico che si ripeteranno qui per tutte le sere del Festival, fino al 20 novembre.  Mercoledì 12 novembre alle 19.00, presso Palazzo Corigliano (Università L’Orientale), continueranno le proiezioni del concorso cinematografico. Giovedì 13 novembre è la giornata del Premio per la Pace. Alle 19.00, a Palazzo Corigliano, la serata sarà dedicata all’Assegnazione del Premio per la Pace, conferito dall’Ambasciata della Svizzera in Italia, che, per l’occasione, sarà rappresentata da una delegazione guidata dalla Vice Ambasciatrice Anna Russo Mattei. L’evento, oltre ad essere un’occasione per consolidare l’amicizia del Festival con uno dei Paesi simbolicamente più vicini ai diritti umani, offrirà anche un momento di riflessione sul ruolo della diplomazia culturale e del cinema nella difesa dei diritti umani. Venerdì 14 novembre sarà dedicato al Premio Human Rights Youth. La mattina (ore 9.30–12.30, Piazza Forcella) sarà dedicata alla proiezione dei film che concorrono all’assegnazione del Premio Human Rights Youth, che valorizza i lavori audiovisivi prodotti da studenti e giovani registi italiani e stranieri. La platea sarà composta da numerosi studenti napoletani provenienti da istituti superiori cittadini e da organizzazioni specializzate nell’accoglienza. Il premio rappresenta da anni uno spazio aperto alle esigenze delle scuole, delle associazioni di accoglienza di ragazzi stranieri e delle università del territorio e incoraggia le nuove generazioni a utilizzare il linguaggio del cinema come strumento di educazione civile. Alle 19.00, presso Palazzo Corigliano (Università L’Orientale), continueranno le proiezioni del concorso cinematografico. Sabato 15 novembre è la giornata “Cinema e Memoria”. Dalle 19.00 alle 23.00, le proiezioni del concorso a Palazzo Corigliano offriranno una panoramica sulle lotte per la giustizia ambientale e sociale: film provenienti da Asia, America Latina e Medio Oriente metteranno a confronto esperienze di resilienza e comunità in ricostruzione. Gli studenti tirocinanti de L’Orientale introdurranno i lavori, in dialogo con i registi presenti o collegati da remoto.  Lunedì 17 novembre è la Giornata dedicata al popolo saharawi. Alle 10.00, al Cinema Vittoria sito nel quartiere Arenella, si terrà l’incontro “Un popolo in esilio”, con Fatima Mahfud, rappresentante del Fronte Polisario in Italia, Mohammed Dihani, ex prigioniero politico, il fotografo Patrizio Esposito e il regista Mario Fusco Martone. Sarà proiettato il film Una storia Saharawi di Mario Martone, girato nel 1996 nei campi profughi del Tindouf. Nel pomeriggio (ore 18.00, Piazza Forcella), l’incontro “Saharawi, vedere l’occupazione” proporrà un confronto sulla situazione del Sahara Occidentale, ancora sotto controllo coloniale marocchino, con interventi di artisti e attivisti impegnati nei territori occupati.  Martedì 18 novembre è la prima delle due giornate dedicate al popolo curdo. La mattina (ore 10.00, Cinema Vittoria) è previsto il panel “Il popolo delle montagne”, con il regista Veysi Altay, l’attivista Alfonso Di Vito e il ricercatore Alessandro Tinti. Proiezione de “La memoria di Sur” di Azad Altay (TUR, 2025, 36 minuti). Alle 18.00, a Piazza Forcella, l’incontro “Il genocidio curdo” ripercorrerà gli esiti del processo aperto dal Tribunale Permanente dei Popoli che ha riconosciuto il genocidio culturale e politico subito dal popolo curdo. A guidare la serata, Gianni Tognoni, Segretario generale del Tribunale Permanente, accompagnato da Alfio Nicotra e Angelica Romano di Un Ponte Per, la giornalista Emanuela Irace e Yilmaz Orkan, coordinatore del Kurdistan National Congress in Italia. Proiezione di “La memoria di Sur” di Azad Altay (TUR, 2025, 36 min). Mercoledì 19 novembre si bissa con la seconda giornata dedicata al popolo curdo. Alle 10.00–12.30, a Palazzo Mediterraneo (sede de L’Orientale), la tavola rotonda “Oltre il conflitto: le sfide della pace curda” approfondirà, coordinata dalla prof.ssa Lea Nocera, il tema dell’autogoverno democratico nel Rojava e delle esperienze di confederalismo comunitario. Partecipano Gianni Tognoni, Ylmaz Orkan, Alfio Nicotra, il ricercatore Alessandro Tinti e Veysi Altay. Proiezione de “La memoria di Sur” di Azad Altay (TUR, 2025, 36 min). Nel pomeriggio, alle 18.00, “Rojava, il Confederalismo Democratico è qui”, incontro a Piazza Forcella. Sarà proiettato “Naharina – Resistenza comunitaria nel Kurdistan siriano” di F.D. Tona (51 minuti), seguito da un confronto con Zilan Diyar, attivista femminile curda, Tiziano Saccucci dell’Ufficio UIKI di Roma, Alessandro Tinti e Yilmaz Orkan sulla realtà curda del Rojava, dove il Confederalismo Democratico è orami una realtà. Giovedì 20 novembre è dedicato alla questione palestinese. L’appuntamento delle 18.00 a Piazza Forcella vedrà la partecipazione di Luisa Morgantini, Francesca Albanese (Relatrice ONU per i diritti umani nei Territori Palestinesi, in collegamento), Luigi de Magistris (già Sindaco di Napoli) e Luigi Daniele, giurista dell’(Università del Molise). L’incontro, dal titolo “La crisi dell’ordine mondiale e il futuro della Palestina”, offrirà una riflessione ampia sul nuovo assetto geopolitico del Medio Oriente e sulle conseguenze umanitarie delle guerre a Gaza e in Cisgiordania. Il monologo di Nino Racco, cantastorie calabrese, “Una Storia palestinese” chiuderà la serata proponendo una storia di amicizia israelo-palestinese tra due giovani. Venerdì 21 novembre c’è l’evento conclusivo. Alle 18.00, nello Spazio Comunale Piazza Forcella, si terrà la cerimonia di chiusura con la presentazione delle giurie, la proiezione dei trailer dei film vincitori e le interviste ai registi premiati. Seguirà la consegna dei riconoscimenti e delle menzioni speciali. La serata si concluderà alle 20.30 con il concerto “…nostro mare è il mondo intero” di Alessio Lega, cantautore che unisce poesia e impegno civile, accompagnato da Federico Marchi al basso e alle percussioni. Sabato 29 novembre serata speciale di chiusura. A Piazza Forcella, dalle 18.00 alle 21.00, sarà presentato in anteprima nazionale “Sniper Alley – To My Brother”, coprodotto dal Festival in occasione dei vent’anni dell’Associazione Cinema e Diritti. Il film, diretto da Cristiana Lucia Grilli e Francesco Toscani, racconta la storia di un ragazzo sopravvissuto al massacro dei bambini di Sarajevo e oggi fondatore di un museo della memoria. Interverranno gli autori, il protagonista e il fotografo Mario Boccia, che documentò la guerra nei Balcani. In apertura, una performance musicale di Max Fuschetto, autore della colonna sonora. Il concorso cinematografico Sono 38 i film in competizione, scelti tra oltre 320 candidature provenienti da più di 50 Paesi. Le proiezioni si terranno dall’11 al 20 novembre, ogni sera dalle 19.00 alle 23.00, presso la Sala delle Mura Greche dell’Università L’Orientale – Palazzo Corigliano, e saranno introdotte dagli studenti tirocinanti del corso di Mediazione Linguistica e Culturale. Le sezioni del concorso: * Human Rights Doc – lungometraggi documentari dedicati a diritti, migrazioni e conflitti; * Human Rights Short – cortometraggi che raccontano la resistenza civile nel mondo; * Human Rights Youth – opere di giovani autori e scuole; * Premio per la Pace dell’Ambasciata Svizzera in Italia; * Premio Mario Paciolla per la Pace, istituito in memoria del cooperante napoletano, assegnato all’opera che meglio rappresenta i valori della solidarietà internazionale. Calendario delle proiezioni Tutte le proiezioni si terranno a Palazzo Corigliano, sede dell’Università Orientale. 11 Novembre – ore 20:30 CARPENTER di Xelîl Sehragerd – Iran, 13’ REFUGIUM di Valerio Vittorio Garaffa – Italia, 20’ EKSI BIR di Ömer Ferhat Özmen – Turchia, 15’ 12 Novembre – ore 19:00 CODE RED di Minoo Taheri, Majid Azizi – Iran, 5’ MARTYRION, STORIA DI ISABELLE di Luca Ciriello, Teresa Antignani – Italia, Malta, 20’ HOME GAME di Lidija Zelovic – Olanda, 98’ 14 Novembre – ore 19:00 THE UNSEEN di Milou Rientjes, Niek Pennings – Olanda, 74’ HATCH di Alireza Kazemipour, Panta Mosleh – Canada, 10’ GAZA: A STOLEN CHILDHOOD di Moamen Ghonem – Qatar, 50’ 15 Novembre – ore 19:00 LOST SONGS OF SUNDARI di Sudarshan Sarjerao Sawant – India, 9’ MARIEM di Javier Corcuera – Spagna, 16’ FAREWELL PARIS di Mohammad Ebrahim Shahbazi – Iran, 19’ YALLA PARKOUR di Areeb Zuaiter – Palestina, Qatar, Arabia Saudita, Svezia, 89’ 17 Novembre – ore 19:00 ADAS FALASTEEN di Hamdi Khalil Elhusseini, Samar Taher Lulu – Palestina, 8’ ’48 | RESISTING THE BIG SETTLEMENT di 218 Film Team – Grecia, 77’ BEYOND THE SKIN di Alessandra Usai – Italia, 52’  18 Novembre – ore 19:00 TRACE OF EARTH di Gülben Eşberk, Mert Eşberk – Turchia, 15’ CHOICE di Marko Crnogorski – Macedonia, 17’ THE ANGEL OF BUENOS AIRES di Enrico Blatti – Italia, 100’ 19 Novembre – ore 19:00 NO WAY OUT di Shekh AL Mamun – Corea del Sud, 62’ SHOT THE VOICE OF FREEDOM di Zainab Entezar – Afghanistan, 70’ 20 Novembre – ore 19:00 WITH GRACE di Dina Mwende, Julia Dahr – Kenya, Norvegia, 30’ ELEA – LA RINASCITA di Luigi Marmo – Italia, 19’ THE FIRST FILM di Piyush Thakur – India, 20’ MY SEXTORTION DIARY di Patricia Franquesa – Spagna, 64’ Redazione Napoli
XVII Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli: Terre promesse, Terre rubate, Popoli senza Pace
MARTEDÌ 11 NOVEMBRE INIZIA IL XVII FESTIVAL – CURDI, SAHARAWI E PALESTINESI, POPOLI PERSEGUITATI, CI INDICANO LA STRADA DELLA PACE. Vent’anni dopo Quest’anno compie 20 anni l’idea che ponemmo alla base del nostro Festival, ma nonostante gli sconvolgimenti a cui abbiamo assistito in tutto questo tempo, la nostra filosofia esistenziale non cambia ed è riconducibile ad una breve affermazione: guardando agli ultimi della terra, impareremo a riconoscere gli errori di cui è capace l’umanità e a sopravvivere ad essi. Proveremo a dirlo con altre parole. La speranza che le future generazioni potranno vivere in un mondo pacificato non è un’utopia, ma qualcosa che la realtà già ci mostra e che ci ostiniamo a non vedere. Per questo è necessario trovare spazi e tempi in cui si possa riflettere, insieme, sul mondo che ci circonda e sugli orizzonti verso cui procediamo e, se possibile, correggere la rotta finché si è in tempo. Questa, in sintesi, è la “missione” del nostro Festival: offrire strumenti di conoscenza, dialogo e cambiamento per apprendere a convivere pacificamente, salvare il pianeta e adottare le regole di uno sviluppo che sia umano e non solo economico e produttivo. “Terre promesse, Terre rubate, Popoli senza Pace” La XVII edizione del Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli cade nell’anno 2025, caratterizzato da guerre e massacri programmati da molto tempo e dalla crisi profonda del Diritto Internazionale, del Multilateralismo, del sogno di Pace universale e dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, che fu costituita nel 1948 per dire basta all’orrore della guerra, alle armi nucleari, agli stermini di massa e ai genocidi. Come si può constatare, nel breve volgere di 3 anni è stata quasi cancellata la lezione del Novecento e del Secondo Conflitto Mondiale, facendo rivivere nuovi nazionalismi, suprematismi, colonialismi e “soluzioni definitive” che dovrebbero assicurare il trionfo di alcuni governi (armati) a spese di altri popoli meno attrezzati militarmente e politicamente. Tutto questo è avvenuto apparentemente in un baleno, ma a guardar bene ogni mossa è stata programmata con dovizia di particolari e lungimiranza da chi non ha mai smesso di fare la guerra per assicurarsi il potere globale. Riproporre a distanza di 80 anni un progetto egemonico può sembrare assurdo, ma non per questo meno foriero di pericoli imminenti e futuri. La comunità mondiale è ancora scossa dal rilancio del progetto di Grande America (Make American Great Again), stavolta a spese delle economie europee e cinese, per far fronte allo sfondamento senza precedenti del debito pubblico del gigante americano e alla crisi del dollaro, a cui tutto il mondo ha sempre guardato come ad una nuova base aurea. Per sostenere questa idea, gli USA minacciano di intervenire militarmente in alcuni degli scenari più critici del pianeta, immaginando persino un controllo interstellare, realizzato con migliaia di satelliti che ronzano attorno alla terra come stelle di un firmamento privato, ma tutti questi roboanti annunci hanno qualcosa di paradossale e sembrano sancire, implacabilmente, la fine del ruolo guida dell’Occidente capitalista. A tali strategie, ispirate dal collasso di un modello di sviluppo ormai non più sostenibile, si accompagnano dolorosi colpi di coda, come il genocidio degli israeliani nei confronti del popolo palestinese, eternamente accusato di terrorismo, i rigurgiti nazionalisti dei russi in Ucraina, sapientemente stimolati dalle manovre Nato, e i paradossi di violenza istituzionale, dall’Argentina all’Iran, dall’Afghanistan alla Turchia, dall’Africa centrale alla subsahariana, dal Corno d’Africa al Congo e persino alcuni nella inerte Comunità Europea. Oltre 40 conflitti presenti in tutto il mondo sono il risultato di trenta anni di dominio incontrastato dell’economia liberista che oggi si ripiega su sé stessa. In questo scenario disegnato dalla crisi dell’Occidente, il nostro Festival prova a rallentare l’onda delle emozioni e a spostare l’attenzione verso il basso, ascoltando le voci dei popoli perseguitati, quelli a cui vengono negati e sottratti da decenni la terra, le risorse materiali, l’identità, la cultura e la memoria per dare spazio al nuovo colonialismo e al furto di materie prime, accampando motivazioni storiche, religiose, filosofiche che, ad essere sinceri, appaiono quantomeno miserabili. La nostra tesi è che la sofferenza di queste comunità, spesso costrette con la forza al nomadismo e alla diaspora, mostra quanta capacità di tolleranza e disponibilità alla pacifica convivenza ci sia in esse e che solo osservando il loro calvario si possa capire quanto assurde siano le strategie di espansione di cui sono vittime. Nel loro comportamento, nelle loro resistenze c’è già scritto il futuro del pianeta che non ha più le risorse naturali sufficienti alla sopravvivenza di tutto il genere umano e avrebbe bisogno di una filosofia di sviluppo meno consumistica e più aperta alla convivenza di culture diverse, per evitare il ripetersi di queste aggressioni. Per questo abbiamo scelto di guardare alla storia passata e recente di tre popoli, i curdi, i saharawi e i palestinesi,  per ritrovare le ragioni che potrebbero frenare gli spiriti irrazionali del capitalismo e del colonialismo, dell’espansionismo imperialista e della guerra continua, per indicare una strada di crescita più adatta ai tempi che viviamo e che dovrebbero auspicabilmente preparare una Pace durevole. Un Festival di speranza in un anno di guerra Cercheremo quindi, nelle giornate del XVII Festival, di segnalare esperienze in grado di dare risposte credibili ai bisogni del pianeta e dell’ambiente e al fabbisogno di cooperazione tra i popoli che potrebbe sostituirsi alla corsa cieca alla competizione, dettata dai principi più aggressivi del mercato e del monetarismo. È ormai chiaro a tutti, come evidenziato nelle precedenti edizioni del nostro Festival, che non sarà facile riformare l’Organizzazione delle Nazioni Unite, sabotata da molti decenni dalla politica di globalizzazione degli Stati Uniti e dall’espansione della Nato, politica perseguita anche dopo che l’imperialismo russo aveva ceduto le armi e si era reso disponibile, per manifesta inferiorità, a fermare la corsa nucleare agli armamenti. E per questo sosteniamo convinti il disegno di Costituzione della Terra, promosso dal giurista italiano Luigi Ferrajoli, che postula la Pace, ipotizzando le garanzie che la Dichiarazione Universale del 1948 non ha saputo assicurare. Siamo consci che il processo di revisione dell’ordine mondiale sarà lungo perché contrastato dalle strategie dei blocchi di potere che usano armi poderose per far valere le loro ragioni. Una nuova guerra fredda è in corso e la nascita dei BRICS, l’organizzazione dei Paesi non Usa-centrici, offre spazi alternativi all’emergere di Paesi come Cina e Russia ed anche India e Brasile. Il nuovo equilibrio mondiale è in corso di definizione, ma nessuno può sapere quanto tempo e sangue serviranno per affermarlo. I curdi e la proposta di disarmo di Abdullah Ocalan Nel frattempo, abbiamo deciso di narrare, col nostro Cinema e i nostri eventi internazionali, quali strade impervie hanno scelto i curdi che, vivendo da sempre in diaspora, stanno sperimentando il Confederalismo democratico nel Rojava, nel nord della Siria, dove hanno mostrato di saper resistere da soli all’avanzata dell’integralismo islamico, salvando, con le armi in pugno, anche l’Europa da un imminente conflitto. E proprio ad Abdullah Ocalan, indiscusso leader curdo, recluso da 26 anni nella prigione turca dell’isola di Imre, abbiamo voluto dedicare il Festival di quest’anno, perché la sua dichiarazione di disarmo e scioglimento del PKK, il Partito dei Lavoratori Curdi, apre le porte ad una nuova era che potrebbe segnare la fine di una catena di violenze, persecuzioni e guerre nel vicino Oriente e avviare un delicato dialogo col mondo arabo, che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale non è mai stato tentato. E questo potrebbe essere il preludio a un nuovo periodo di pace. Partiremo dunque dall’esame dell’appello lanciato da Ocalan il 25 febbraio 2025 per cercare nel senso delle sue parole di pace la via d’uscita di molti conflitti che hanno insanguinato l’ultimo secolo. E lo faremo discutendone con gli studenti delle scuole medie superiori di Napoli, gli universitari de L’Orientale, i loro docenti e tutti coloro che in questi ultimi mesi sono scesi in piazza per rifiutare la guerra e difendere le conquiste del Diritto internazionale davanti agli orrori compiuti dal governo israeliano, fiancheggiato dalla Casa Bianca, e alla strage voluta dai gruppi filoislamici di Hamas. La proposta di Ocalan fa riferimento a un modello sociopolitico innovativo, il Confederalismo Democratico, che, consapevole dei limiti storici del socialismo, risponde alle più moderne sfide poste dal capitalismo occidentale, approda ai principi democratici europei: un approccio concretamente realizzato nel nord della Siria, in quella regione del Kurdistan che conosciamo con il nome di Rojava. E di questa rivoluzione silenziosa il nostro cinema darà alcuni esempi nelle giornate del 18 e 19 novembre. Nell’indicare la strada del domani, quindi, Ocalan offre a tutta la regione orientale una mediazione tra l’estremismo radicale arabo e il sionismo dilagante, proponendo innanzitutto il disarmo e poi rilanciando il modello democratico e partecipativo e l’organizzazione dal basso delle piccole comunità che le politiche europee hanno sempre sostenuto e mai realizzato. La fermezza del popolo del deserto, i saharawi Non poteva mancare, nella nostra analisi, l’esame del caso saharawi, un popolo che da decenni lotta contro il furto della propria terra e del proprio mare a opera del governo marocchino. Un popolo diviso, anche fisicamente, dal muro più lungo del mondo dopo la Muraglia cinese e da un campo minato che conta milioni di ordigni disseminati sotto la sabbia del Sahara. Anche per i saharawi, il popolo del Sahara occidentale, la filosofia di pace è il motore primo della richiesta del riconoscimento della loro terra e delle loro tradizioni. Un modo diverso di affrontare l’apartheid imposto e sostenuto da Paesi come la Spagna e il Marocco, ha fatto sì che anche le loro carceri e i loro sistemi istituzionali fossero orientati a un’umanità diversa da quella dei loro invasori. Ben lo sanno tutti i comitati italiani di sostegno che sono fioriti nelle nostre regioni e offrono periodicamente ospitalità ai bambini saharawi, agli studenti e alle famiglie. La loro sopravvivenza è segnata profondamente dalla civiltà e dalla cultura di popolo antico che ha resistito alle invasioni coloniali dell’Ottocento e Novecento senza farsi sconvolgere, che ha tentato la scelta della resistenza pacifica e ha saputo maturare una saggezza che merita il nostro rispetto e il riconoscimento di un’identità forte e maestra che attende giustizia dagli altri popoli della terra e dall’Onu, che annuncia da decenni un referendum di autodeterminazione che non arriverà mai. Palestina libera! Infine come dimenticare i palestinesi, lo scippo della loro terra, la Nakba, l’apartheid imposto dall’occupazione israeliana dal 1967, l’Intifada degli anni 80 e del Duemila, il genocidio di questi ultimi anni che ha trucidato quasi centomila persone in 24 mesi, lasciandole insepolte sotto le macerie di Gaza, umiliando vivi e morti con sadiche procedure diffuse mediaticamente, uccidendo migliaia di civili indifesi, bombardando ospedali, schernendo e torturando i prigionieri politici, occultando i cadaveri per impedire il riconoscimento delle crudeltà loro inferte e, ultima beffa, l’aggressione sistematica ai contadini della Cisgiordania. A loro va il riconoscimento di essere le vittime più recenti di nazionalismi resuscitati dalla follia suprematista e l’ammirazione per avere resistito a mani nude nell’affermare che quella “terra promessa” pretesa dagli israeliani è soltanto una terra rubata che non fu mai negata a nessuno, ma andava condivisa e non doveva essere espropriata in nome di un dio pagano che avrebbe chiesto centinaia di migliaia di sacrifici umani. Anche per i palestinesi vale quello che è stato detto per i curdi e i saharawi: la loro strenua resistenza ci indica che nessun popolo lascerà seppellire la propria cultura, la memoria della propria civiltà, ma resisterà a oltranza all’invasione, al massacro e alle deportazioni, persino al genocidio che è in corso mentre scriviamo. Epilogo A nostro avviso, è tempo di riconoscere in queste resistenze umane il seme del domani, il valore immortale della dignità espressa dai più deboli in decenni di lotte, per affermare davanti alla Storia la solidarietà e il diritto alla vita negato da chi impone il proprio potere con arroganza e forza. È questa la strada tracciata dal nome della XVII edizione “Terre promesse, terre rubate, Popoli senza Pace”, perché l’impegno di creare una nuova Cultura di Pace passa da qui, ovvero dal riconoscimento a tutti i costi dei Diritti dell’altro, amico o nemico che sia. P.S. Cogliamo l’occasione per dire grazie ad alcune persone che ci hanno aiutato nella preparazione delle giornate di eventi internazionali di questo XVII Festival che si profila più complesso delle precedenti edizioni. Grazie pertanto a Patrizio Esposito, fotografo e intellettuale napoletano, a Mario Martone jr, filmaker da sempre vicino alle lotte dei saharawi, ad Alfio Nicotra, già copresidente della ong Un Ponte per, a Gianni Tognoni, storico segretario del Tribunale Permanente dei Popoli e a Ylmaz Orkan, dirigente dell’Ufficio Informazioni del Kurdistan in Italia per averci aiutato pazientemente a costruire percorsi di memoria e di elaborazione politica a conforto della nostra tesi. E grazie all’instancabile relatrice speciale delle Nazioni Unite per la Palestina e i territori occupati Francesca Albanese, che non ci lesina mai un consiglio e un suggerimento cinematografico, nonostante le terribili tensioni a cui è sottoposta dall’attacco di smisurata violenza, di cui è obiettivo da anni, ad opera del movimento sionista internazionale e del governo degli Stati Uniti. Il XVII Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli comincerà l’11 novembre e si concluderà il 21 dello stesso mese e avrà come sedi principali lo Spazio Comunale Piazza Forcella in via della Vicaria Vecchia, 23, Napoli e l’Aula delle Mura Greche di palazzo Corigliano, sede dell’Università L’Orientale, in piazza San Domenico Maggiore, Napoli. Il programma della manifestazione sarà disponibile, a partire dal 5 novembre 2025, sul sito ufficiale della manifestazione www.cinenapolidiritti.it e sulle pagine social dello stesso Festival. Tutti gli eventi del Festival sono a ingresso libero e gratuito.   Redazione Napoli
Il PKK annuncia il ritiro definitivo delle proprie forze dalla Turchia
Il PKK ha compiuto un altro passo unilaterale, conseguente alla chiamata al disarmo effettuata da Ocalan e la successiva risoluzione di scioglimento del proprio congresso: dopo la cerimonia simbolica di distruzione delle armi dello scorso luglio1, il 26 ottobre le Forze di Difesa del Popolo (HPG) e l’Unità delle Donne […] L'articolo Il PKK annuncia il ritiro definitivo delle proprie forze dalla Turchia su Contropiano.
Bistrattato dagli “alleati”, Al-Golani va in Russia
L’amministrazione centrale siriana di Hayat Tahrir al-Sham (HTS) continua a ricevere schiaffi in faccia da quelli che ha eletto come propri alleati. Israele non solo continua a negare qualsiasi genere di accordo, nonostante la politica totalmente accomodante da parte di Damasco, ma non ha nemmeno arrestato i propri raid nel […] L'articolo Bistrattato dagli “alleati”, Al-Golani va in Russia su Contropiano.
ALEPPO: GLI JIHADISTI (ORA AL POTERE A DAMASCO) ASSEDIANO I QUARTIERI A MAGGIORANZA CURDA DI SHAYKH MAQSOOD E ASHRAFIYE
Calma tesa nel nord della Siria stamattina, martedì 7 ottobre, dopo una serata di scontri tra forze governative – gli ex jihadisti ora riciclatisi al potere a Damasco assieme ad Al Jolani – e forze militari rivoluzionarie (in particolare YPG) che fanno riferimento al confederalismo democratico, curdo ma non solo, ad Aleppo. Gli scontri armati hanno causato un numero ancora non precisato di vittime e feriti. Nel mirino i quartieri di Shaykh Maqsood e Ashrafiye, a forte maggioranza curda, dopo vivono secondo i dettami del confederalismo democratico circa 500mila persone, di fatto in stato di assedio permanente. Dopo 2 giorni di chiusura da parte dei governativi dei due quartieri, ieri sera migliaia di persone sono scese in strada per manifestare, represse da lacrimogeni e spari. Le truppe già jihadiste e ora cosiddette “governative” hanno provato ad assaltare con i blindati i quartieri, respinti però dalle forze democratiche curdosiriane Ora ad Aleppo regna però una calma tesa, con un dispiegamento significativo di milizie jihadiste, che hanno chiuso le principali vie d’accesso alle aree curde. Scontri armati e colpi d’artiglieria incrociati pure a est di Aleppo, a Deir Hafer, mentre l’inviato speciale Usa, Thomas Barrack, e il comandante Centcom, l’ammiraglio Brad Cooper, hanno incontrato il comandante Fds, Mazlum Abdi, per fare ripartire il processo dell’accordo di integrazione siglato a marzo tra le autorità del Rojava e quelle, traballanti, al potere a Damasco, dove oggi – a sorpresa – gli stessi Usa hanno messo attorno a un tavolo lo stesso Abdi e Al Jolani, ora “presidente Sharaa”. RIPRODUZIONE RISERVATA L’aggiornamento su Radio Onda d’Urto con Tiziano Saccucci, Uiki Onlus.  Ascolta o scarica L’Amministrazione Autonoma Democratica della Siria Settentrionale e Orientale (Rojava) ha intanto rilasciato una dichiarazione scritta in merito agli attacchi sferrati dalle forze affiliate al Governo provvisorio siriano nei quartieri di Sheikh Maqsood e Ashrafiyah ad Aleppo. L’Amministrazione ha descritto gli assalti come “una continuazione delle politiche di oppressione e tirannia. In qualità di Amministrazione Autonoma Democratica della Siria Settentrionale e Orientale, condanniamo gli attacchi sferrati da gruppi affiliati al Governo Provvisorio Siriano contro i quartieri di Sheikh Maqsoud e Ashrafiyeh. Questi attacchi costituiscono una palese violazione dei diritti della popolazione di Afrin, che è stata costretta ad abbandonare le proprie case e ora è soggetta a una severa repressione da parte dei gruppi sotto il controllo del Governo Provvisorio”. La dichiarazione aggiungeva: “Gli attacchi a Sheikh Maqsoud e Ashrafiyeh sono la continuazione delle azioni razziste e delle politiche divisive perseguite dal governo provvisorio. È chiaro che non hanno imparato nulla da ciò che è accaduto lungo la regione costiera o a Sweida. Le stesse forze e la stessa mentalità stanno trascinando la Siria verso una catastrofe e una rovina irreversibili. Chiediamo quindi a tutti i siriani amanti della libertà e patriottici di essere solidali con la nostra gente nei quartieri di Sheikh Maqsoud e Ashrafiyeh. Esortiamo inoltre le forze democratiche siriane, le organizzazioni internazionali e la comunità internazionale a porre fine alle politiche perseguite dal governo provvisorio siriano. Ciò che sta accadendo oggi conferma che non vi è alcun serio sforzo per trovare una soluzione globale alle questioni nazionali irrisolte, ed è chiaro che alcune parti continuano a fare affidamento sul linguaggio delle armi e del conflitto interno invece che sul dialogo costruttivo e sugli sforzi congiunti per costruire una Siria democratica e pluralistica per tutti”. La dichiarazione continua: “Come Amministrazione Autonoma Democratica, condanniamo fermamente questi attacchi e riteniamo gli aggressori responsabili dei disastri umanitari e politici che ne derivano. Chiediamo al popolo della Siria settentrionale e orientale di prendere una posizione nazionale e morale, di stare al fianco dei nostri fratelli e sorelle di Sheikh Maqsoud e Ashrafiyeh e di sostenere la loro legittima resistenza contro questi attacchi”. L’Amministrazione Autonoma ha invitato “i popoli della Siria, in tutte le loro componenti, a opporsi a chiunque cerchi di seminare discordia tra i popoli del Paese e a garantire che le tragedie del passato non si ripetano mai più. L’unica via per porre fine alla crisi siriana è la pace e una soluzione democratica. Prendere di mira i civili e le zone sicure non porterà altro che ulteriore distruzione”.
Demirtas “vede” la scarcerazione ma il fronte siriano si inasprisce
Secondo varie fonti turche1 2, Selahattin Demirtaş, dirigente apicale della sinistra filocurda, ex candidato alla Presidenza della Repubblica, incarcerato dal 2016 e condannato a 42 anni di carcere, potrebbe essere rilasciato a partire dall’8 ottobre. A quella data, infatti, scade il termine per lo stato turco di presentare ricorso contro […] L'articolo Demirtas “vede” la scarcerazione ma il fronte siriano si inasprisce su Contropiano.
BASTIONI DI ORIONE 25/09/2025 – ECUADOR IN PIAZZA CONTRO NOBOA E IL TRUMPISMO IN SALSA LATINA; SUDOVEST ASIATICO IN SUBBUGLIO, RIPERCUSSIONI DELLE GUERRE SIONISTE; CINA DOPO SHANGAI COOPERATION ORGANIZATION E XI ALL’ONU CON LA CASACCA AMBIENTALISTA
Abbiamo sentito Eduardo Meneses, dopo i primi giorni di paro nacional in Ecuador che ci ha indicato priorità, lotte, situazioni diverse nel paese in lotta contro le ricette neoliberiste di Daniel Noboa e prima che gli scontri producessero i primi morti; il popolo è sceso in piazza nella Cuenca per i diritti dei contadini, ma […]