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Riesplode la Siria, Al-Golani alle corde
“Abbiamo deciso che le fazioni locali e gli sceicchi saggi si assumeranno la responsabilità del mantenimento della sicurezza a Sweida. Avevamo due opzioni: una guerra aperta con l’entità israeliana a spese del nostro popolo druso, della sua sicurezza e della stabilità della Siria e dell’intera regione, oppure dare agli anziani […] L'articolo Riesplode la Siria, Al-Golani alle corde su Contropiano.
Il PKK brucia le armi e attua il suo disarmo: e ora?
Le fiamme che hanno avvolto i mitra ieri mattina nella valle montuosa di Jasana, nel nord dell’Iraq, hanno illuminato non solo una cerimonia simbolica, ma un momento decisivo per un intero popolo. Davanti agli occhi di funzionari turchi, iracheni e curdi, trenta combattenti del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) […] L'articolo Il PKK brucia le armi e attua il suo disarmo: e ora? su Contropiano.
Pkk abbandona le armi, le reazioni politiche in Turchia
Ieri a Sulaymaniyah abbiamo assistito alla deposizione delle armi da parte delle e dei militanti del Pkk a Sulaymaniyah, cerimonia simbolica della terza fase del processo di disarmo e smantellamento in corso, iniziato nell'ottobre 2024, ribadito nel febbraio 2025 da un messaggio di Ocalan da carcere di Imrali dove è rinchiuso da 26 anni e poi ancora dal video-messaggio dalla stessa prigione dove abbiamo potuto dopo decenni rivedere Apo. Murat Cynar, giornalista riassume le tappe e poi dà un quadro delle reazioni politiche in Turchia. Dopo la corrispondenza riceviamo la notizia che Erdoğan ha riconosciuto i crimini contro l'umanità commessi dallo Stato turco contro il popolo curdo:   * Il massacro e la tortura dei curdi nella prigione di Diyarbakır.  * L'incendio di villaggi.  * Gli omicidi perpetrati con il "Taurus Bianco".  * Le sparizioni forzate.  * Il divieto imposto alle persone di parlare curdo con i propri familiari.
La svolta storica di Ocalan
Ocalan chiama all’integrazione della lotta curda nella politica turca Il 9 luglio è stata rilasciata una dichiarazione video1 definita storica da parte del leader curdo Abdullah Öcalan, che, esprimendosi in lingua turca, ribadisce ed approfondisce l’invito allo scioglimento del PKK da lui formulato a febbraio. Sostanzialmente, Apo invita ad implementare […] L'articolo La svolta storica di Ocalan su Contropiano.
Ocalan: “Il movimento di liberazione curdo non si faccia usare da Israele”
Riportiamo un articolo della testata Middle East Eye, che sostiene di aver intercettato alcuni documenti relativi alle comunicazioni fra Ocalan e gli esponenti del Partito della sinistra turca incaricato di mediare nell’ambito del processo di pace fra stato turco e PKK. Il Middle East Eye è tradizionalmente vicino alla linea […] L'articolo Ocalan: “Il movimento di liberazione curdo non si faccia usare da Israele” su Contropiano.
Scioglimento del PKK e confederalismo democratico: considerazioni sul processo di pace in Turchia
La chiamata al disarmo del 27 febbraio da parte del leader Öcalan ha avviato un cambiamento epocale, rispetto al quale si aprono molte incognite. La strada della pace è senza dubbio una strada nuova, e un certo scetticismo rispetto all’atteggiamento della Turchia rimane tuttavia legittimo e doveroso, visto anche che Bahçeli, leader del Mhp, il partito nazionalista di estrema destra turco, attraverso le sue dichiarazioni ha continuato sì a chiedere lo scioglimento del PKK, ma senza promettere cambiamenti nella costituzione per il riconoscimento del popolo, della cultura e della lingua curda. Le stesse dichiarazioni di Erdogan rispetto all’apertura sono molto più caute di quelle di Bahçeli: non a caso è proprio quest’ultimo a essersi esposto, e non il capo dello Stato. In ogni caso, come abbiamo visto e sentito all’inizio di questa settimana, a seguito del dodicesimo congresso, il PKK ha dichiarato la cessazione della lotta armata e il suo scioglimento. Di certo non ci si può aspettare che la lotta del popolo curdo finisca qui, ma proseguirà con altri mezzi se lo stato turco si impegnerà attraverso passi altrettanto significativi. > Al di là di quanto i media occidentali vogliano far passare, la questione non > si svolge seguendo una logica binaria, in cui da un momento all’altro finisce > tutto e il diritto di un popolo di difendersi viene cancellato. Tale diritto è > –  e rimane – inviolabile e in grado di travalicare qualunque gerarchia. E questo implica quantomeno un fermo no all’approccio securitario portato avanti dal governo turco, ma riforme e inclusione del PKK dissolto nel processo di pace e nella vita politica in Turchia, nonché il rilascio di prigionieri politici e un cambio di paradigma riguardo al coinvolgimento turco in Siria. C’è bisogno di cambiamenti approvati dal parlamento che vadano oltre le vuote dichiarazioni di apertura attualmente sul piatto rilasciate dal governo turco, nonché del riconoscimento del popolo curdo e dei suoi diritti, anche culturali. In tal senso, l’arresto e l’incarcerazione del sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu e la sistematica sospensione delle amministrazioni locali del partito filo-curdo Dem nei territori nel sud est della Turchia non sono certo un buon viatico per il governo. Istanbul, Gezi Park dall’alto, foto di Benedetta Rossi, dicembre 2024 Non lo sono dal punto di vista del consenso interno, dal momento che il Paese è attraversato da movimenti di piazza brutalmente repressi ormai da mesi, né per le prospettive di mantenimento delle promesse nei confronti della comunità curda. Ma Erdogan ha bisogno di un largo consenso per poter cambiare la costituzione ed essere rieletto per un quarto mandato nel 2028, obiettivo questo pressoché irraggiungibile senza il sostegno di elettori ed elettrici curde. > Riuscirà il governo a comporre le opposizioni interne, a fronte dei passi > epocali compiuti dal PKK? Non c’è un impegno altrettanto incisivo da parte > della Turchia, al momento. La diffidenza è molta, e questo è in parte naturale, ma non si possono porre le basi per il dialogo su una pace duratura senza che ci sia uno sforzo equo da entrambe le parti. Anche a livello sociale, nessuna delle due parti gode di ottima fiducia e su questo aspetto sarà fondamentale operare. Non c’è democrazia senza trasparenza e senza il sostegno del popolo. In tal senso, il rilascio di Abdullah Öcalan sembra ancora una richiesta lontana dall’essere accolta, ma a questo punto sarebbe opportuno quantomeno un drastico cambiamento delle sue condizioni di isolamento carcerario, e del resto è impossibile immaginare un avanzamento dei negoziati senza che a guidarlo sia proprio Öcalan. Continuare a tenerlo in isolamento e in uno stato di prostrazione politica e personale perpetuerebbe uno squilibrio di potere inaccettabile, che non gioverebbe certo alla costruzione di un futuro di pace. Accogliere questa richiesta sarebbe un segno tangibile dell’impegno di Erdogan. > Questo potrebbe forse tradursi in una maggiore fiducia da parte delle curde e > dei curdi e del partito Dem nei confronti dell’Akp e della maggioranza di > governo, ma avrebbe forse un costo in termini di voti da parte degli elettori > duri e puri del partito di Erdogan. Sul piano internazionale, inoltre, ci sono moltissimi elementi da tenere ancora ben presenti: il cambiamento di governo negli Usa e l’incertezza tanto a Washington quanto in Medio Oriente. Ma la domanda che occorre porsi è questa: nel PKK c’erano combattenti curdə, turchə, irachenə, iranianə, sirianə, solo per citarne alcunə. Cosa accadrà a queste persone? Come potremo garantire che i loro diritti vengano rispettati? Sia come sia, l’Occidente ha tutto da guadagnare e imparare, da questo processo di pace. Guadagnare in termini di potenziale stabilizzazione del Medio Oriente, qualora i negoziati andassero a buon fine, imparare perché, attraverso una maggiore integrazione dei principi del confederalismo democratico a livello istituzionale, si potrebbero realmente cogliere i presupposti per far germogliare e prosperare  un nuovo approccio alle istituzioni e soprattutto alla messa in discussione del concetto stesso di Stato-nazione, per guardare piuttosto a una più che auspicabile unione di popoli, con ripercussioni concrete sul modo in cui concepiamo le politiche migratorie e i conflitti. Altrettanto potremmo imparare in merito all’integrazione e al ruolo fondamentale, sociale e istituzionale, delle donne, nel momento in cui i principi del confederalismo democratico venissero sdoganati  nel dibattito pubblico e istituzionale. Wishful thinking? Per ora osserviamo e ascoltiamo con occhi e orecchie ben aperte. Immagine di copertina di Kurdishstruggle su Wikimedia Commons SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress abbiamo attivato una nuova raccolta fondi diretta. Vi chiediamo di donare tramite paypal direttamente sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Scioglimento del PKK e confederalismo democratico: considerazioni sul processo di pace in Turchia proviene da DINAMOpress.