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La spesa militare è il vero crimine
“Mantenere operativa la squadra antincendio tutto l’anno è assurdo e uno spreco”. Suárez-Quiñones, assessore all’Ambiente, alla Casa e alla Pianificazione territoriale di Castiglia e León.  https://www.eldiario.es/castilla-y-leon/politica/administracion-peores-incendios-castilla-leon-quinones-nuevo-centro-polemica_1_12529427.html>  I cittadini degli Stati membri della NATO devono “accettare di fare sacrifici”, come tagli alle pensioni, alla sanità e ai sistemi di sicurezza, per aumentare la spesa per la difesa… Dichiarazioni di M. Rutte, Segretario Generale della NATO, il 12.12.2024. <https://es.euronews.com/video/2024/12/12/rutte-pide-a-los-ciudadanos-europeos-sacrificios-para-aumentar-el-gasto-en-defensa> Pedro Sánchez annuncia un aumento straordinario di 10,471 miliardi di euro nella spesa militare per quest’anno. Rispetteremo gli impegni con l’UE “senza toccare un centesimo della spesa sociale” 26.03.2025 https://www.elsaltodiario.com/gasto-militar/pedro-sanchez-anuncia-un-aumento-del-gasto-defensa-10000-millones-euros> I terribili incendi delle ultime settimane, nel mezzo di una lunga ondata di caldo, ci portano a chiederci ancora una volta cosa dobbiamo davvero difendere, cosa ci dà sicurezza. In altri articoli abbiamo insistito sul fatto che sono i servizi pubblici, la previdenza sociale, l’istruzione pubblica, la sanità, il sistema pensionistico pubblico, le case di riposo, la casa, gli asili nido e molto altro ancora a darci davvero sicurezza. A questo lungo elenco vanno aggiunti i vigili del fuoco e i pochi servizi di protezione civile e, nel caso degli incendi, i vigili del fuoco forestali, veri difensori del territorio, della diversità biologica, dei beni, delle colture e della popolazione stessa dei Comuni. Come in altri servizi pubblici, constatiamo minacce comuni quali la precarietà lavorativa, la riduzione del personale, i posti vacanti, gli obblighi legali non rispettati, la privatizzazione del servizio, il subappalto o la riduzione diretta del budget, che comportano un servizio scadente, l’insicurezza e il mancato rispetto delle norme di prevenzione e protezione. Spesso si aggiunge l’incompetenza dei responsabili, scelti più per criteri politici che per qualificazione e reale volontà di servizio.  Il cambiamento climatico è ormai una certezza e, secondo gli esperti, sta accelerando più rapidamente di quanto inizialmente previsto. Tutto indica che gli episodi di temperature estreme, piogge torrenziali, grandinate, venti da uragano o enormi nevicate saranno sempre più frequenti, per cui, per non ipotecare ulteriormente il futuro dell’umanità, è urgente affrontare definitivamente la decarbonizzazione e le emissioni nell’atmosfera che accelerano il cambiamento climatico. Negare il cambiamento climatico è criminale perché impedisce di affrontare in modo efficace le minacce alla vita. Lo abbiamo visto nella tempesta che ha devastato alcune zone di Valencia dopo che il governo regionale ha soppresso l’Unità di Emergenza Valenciana. In tutte le cosiddette catastrofi “naturali” degli ultimi tempi in Spagna ci sono tre questioni fondamentali da criticare: la mancanza di risorse, la mancanza di previsione e la mancanza di budget per la prevenzione e la ricostruzione. È qui che il confronto con i mezzi investiti nella spesa militare è più stridente. Si sostiene che sia uno spreco mantenere vigili del fuoco forestali, attrezzature e macchinari pesanti adeguati in inverno, ma quasi nessuno vede come uno spreco criminale avere 120.000 militari inattivi in inverno e in estate, in primavera e in autunno, “nel caso in cui” il nemico ci invada, creati per continuare ad alimentare il militarismo e le sue dinamiche di dominio e saccheggio. Lo stesso vale per l’equipaggiamento. Per ogni eventualità, carissimi carri armati, veicoli di ogni tipo, aerei e navi si trovano nei loro hangar militari o, peggio ancora, in esercitazione, inquinando il pianeta e cercando nemici in tutto il mondo. Mentre il fuoco continuava a bruciare ettari di terreno, i Comuni attendevano idrovolanti o attrezzature che dovevano arrivare da migliaia di chilometri di distanza perché non era prioritario disporre di maggiori risorse nel caso in cui ci fosse più di un grande incendio. È necessario ascoltare le lamentele dei residenti non solo per quanto riguarda la grave mancanza di risorse, ma anche per quanto riguarda la sicurezza del territorio, dei loro beni e delle loro vite. Obbligare gli abitanti a evacuare i paesi senza ulteriori indugi può essere necessario in alcuni casi, ma non deve essere la prima né l’unica opzione. Le amministrazioni devono prendere sul serio la necessità di dotare ogni Comune, ogni regione dei materiali necessari per affrontare il fuoco, in questo caso, nella fase iniziale, quando è più facile spegnerlo, sfruttando la motivazione e la conoscenza del territorio da parte della popolazione. Sarà necessario investire nella formazione di tecnici e specialisti e stabilire protocolli di coordinamento. Sarà necessario investire nella creazione di zone protette intorno ai centri abitati, ripiantare specie autoctone più resistenti al fuoco e cambiare il modello di approvvigionamento delle risorse dei boschi. È vero che tutto ciò richiede decisioni politiche e denaro. 17 miliardi sono l’1% del PIL, che basterebbe per molte politiche di prevenzione. Per “imposizione” del gangster dell’impero spenderemo il 5% del PIL[1] per preparare la guerra, fabbricando e acquistando armi americane di cui non abbiamo bisogno. È necessario mobilitarsi per fermare questa follia e investire in ciò che ci dà davvero sicurezza. Le guerre sono evitabili, prevedibili, prescindibili, sono un prodotto umano profondamente radicato nella cultura patriarcale militarista in cui viviamo. Le catastrofi sono inevitabili, possiamo solo prevenirne e mitigarne in parte alcune conseguenze. Sono ora il nostro vero nemico, non cerchiamo oltre. È fondamentale mettere in evidenza il costo opportunistico che comporta lo spreco militare. Ad esempio, con il costo di un caccia F35 si potrebbero acquistare 10 elicotteri antincendio. Possiamo fare l’equivalenza in scuole, ospedali, asili nido, alloggi popolari o finanziamenti alle università. Alimentare il militarismo ci porta alla distruzione reciproca assicurata come scenario finale. Superare il militarismo ci porterebbe a scongiurare la minaccia della distruzione e della guerra e a investire quelle enormi risorse per affrontare il cambiamento climatico, vera minaccia oggi per la vita. Ogni euro, ogni milione di euro investito in spese militari è un euro, un milione di euro che ci viene rubato, contro la vita. Smettiamo di investire nella preparazione della distruzione e della morte ciò di cui abbiamo bisogno per prenderci cura delle persone e del pianeta.  Nessun euro per il riarmo! Nessun voto per la guerra! Tutto il bilancio militare deve essere destinato alla difesa e alla sicurezza del territorio, delle persone e della biodiversità! Traduzione dallo spagnolo di Stella Maris Dante Revisione di Anna Polo [1] Visto che questo dato contraddice ciò che hanno riferito i mass media italiani, secondo cui la Spagna è stato l’unico Paese a rifiutare l’ultimatum di Donald Trump riguardo alle spese militari, abbiamo chiesto chiarimenti. L’autore, Alternativas Noviolentas, ci ha risposto così: Pedro Sanchez si vanta di rimanere al 2% del PIL, ma nel documento non compare alcuna eccezione e la realtà è che arriveremo al 5%. Se sommiamo la spesa militare nascosta, gli interessi sul debito militare e le voci extra-bilancio approvate quasi in ogni consiglio dei ministri, la spesa reale supera già il 4% del PIL.   Redacción España
Spagna in fiamme: quale narrazione?
La Spagna è in ginocchio per gli incendi. Il fuoco dilaga in vari punti del paese, da nord a sud, colpendo soprattutto la Galizia e la zona di León. Mentre scrivo, sono già stati bruciati oltre 340.000 ettari, una superficie superiore a quella della Valle d’Aosta. Migliaia di persone sono state evacuate e diverse hanno perso la vita: un panorama che ha spinto il governo a dichiarare lo stato di pre-emergenza e le autorità a chiedere sostegno materiale all’Europa. In questo quadro, le destre sbandierano una retorica giustizialista basata sulla caccia al piromane, e sull’indurimento di pene contro un presunto “terrorismo del fuoco”. Tuttavia, un’analisi più approfondita punta il dito verso ben altri fattori. IL FENOMENO A cosa ci riferiamo quando parliamo di “incendi”? Qui è necessario fare una precisazione, distinguendo tra “incendi” in senso generale e GIF: Grandi Incendi Forestiali. Un GIF è un incendio la cui estensione supera i 500 ettari forestali. Si tratta di una frazione estremamente ridotta del totale degli incendi, ma responsabile di quasi la metà (40%) della superficie bruciata ogni anno. Sorprendentemente, il numero totale di incendi è in diminuzione, mentre i GIF sono in aumento: quest’anno già c’è ne sono stati 31, mentre l’anno scorso solo 16. Per questo, più che l’innesco in sé, il problema risiede in ciò che rende l’incendio incontrollabile, con una propagazione rapida, che permette in poco tempo di devastare grandi estensioni di terra. IL CAMBIAMENTO CLIMATICO La radice del problema va cercata nel cambiamento climatico. L’aumento delle temperature rende la vegetazione più secca e infiammabile, mentre le ondate di calore prolungate e le siccità riducono ulteriormente l’umidità del suolo. I venti caldi e l’instabilità atmosferica contribuiscono poi a propagare i fronti di fuoco a velocità inaudita, dando luogo a roghi intensissimi, imprevedibili e praticamente impossibili da fermare. Il caso spagnolo del 2025 mostra bene questo meccanismo. La primavera è stata insolitamente piovosa, con precipitazioni abbondanti che hanno favorito una crescita sorprendente della vegetazione. Ma a partire da luglio e soprattutto nelle prime due settimane di agosto è arrivata un’ondata di calore storica. La vegetazione, rigogliosa pochi mesi prima, si è trasformata in combustibile secco pronto a bruciare al minimo innesco. SPOPOLAMENTO RURALE Un altro fattore strutturale che contribuisce alla diffusione dei GIF è lo spopolamento delle aree rurali. Fino a pochi decenni fa, le campagne spagnole erano percorse da pratiche quotidiane che garantivano una gestione diffusa del territorio: il pascolo riduceva la biomassa secca, mentre la raccolta della legna e la piccola agricoltura mantenevano puliti i margini dei boschi. Con la scomparsa progressiva di queste attività –legato a un modello economico che sposta popolazione e risorse verso le grandi città– i territori rurali sono divenuti più vulnerabili. Senza la presenza costante delle comunità locali, le foreste accumulano materia vegetale che, nelle estati torride, diventa carburante per incendi devastanti. Il fenomeno è particolarmente evidente nelle province interne della Castiglia e León, tra le più colpite dal fuoco, dove il calo demografico e la mancanza di investimenti pubblici si è tradotto in uno stato d’abbandono che ha trasformato il paesaggio in una polveriera naturale. LE PESSIME CONDIZIONI LAVORATIVE DEI POMPIERI Infine, non si possono trascurare le condizioni in cui operano i pompieri forestali. Molti lavorano con contratti stagionali e salari bassi e senza continuità formativa. In diverse comunità autonome la gestione del personale è affidata a decine di aziende subappaltatrici, con turni che arrivano a oltre venti ore consecutive e bonus di rischio ridicoli, appena due euro l’ora. La precarietà non riguarda solo il salario, ma l’intero sistema: mancano piani di formazione, equipaggiamenti adeguati e stabilità contrattuale. La conseguenza è che ogni estate, al momento di affrontare gli incendi più devastanti, ci si trova con squadre composte in parte da lavoratori senza esperienza, sottopagati e spinti all’estremo. Si tratta dunque di un modello fragile che affida la sicurezza pubblica a logiche di appalto al ribasso. QUALI NARRAZIONI? La crisi che sta colpendo la Spagna è di proporzioni inedite e segnerà con buona probabilità il dibattito pubblico dei prossimi mesi. Le immagini dei fronti di fuoco, delle evacuazioni di massa e delle comunità devastate hanno imposto il tema degli incendi come questione nazionale. Le destre non hanno esitato a intervenire con una retorica giustizialista che insiste ossessivamente sulla figura del piromane. Questa prospettiva, in un contesto mediatico di polarizzazione, si traduce in discorsi di odio, spesso supportati da notizie false. La figura del “terrorista del fuoco” funziona da capro espiatorio utile a un’agenda politica che nulla ha a che vedere con la protezione del territorio e delle comunità colpite. Certo, i roghi dolosi esistono, e nessuno lo nega. Ma il modo in cui vengono agitati nello spazio mediatico serve a distorcere la narrazione in modo opportunista: parlare solo di piromani significa occultare le cause strutturali del problema, sfuggendo al princincipio di realtà per cui l’emergenza climatica richiede fondi, gestione comunitaria del territorio e investimenti pubblici. Immagine di copertina di Oscar Sánchez, da Pexels.com SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Spagna in fiamme: quale narrazione? proviene da DINAMOpress.
Nel deserto di cenere del Vesuvio non siamo soli
Nel deserto di cenere non siamo soli. L’emergenza di fuoco ha portato forze umane e mezzi da tutta l’Italia, ma è una fragile consolazione. Il conforto di non essere soli non basta. La politica dell’emergenza non risolve l’eterno problema della prevenzione. Mille incendi in Campania sono divampati questa estate, ma quello del Vesuvio ha distrutto 700 ettari di parco nazionale, che doveva essere protetto. Dopo l’assemblea cittadina di Boscoreale, a Terzigno ieri, 11 agosto, un presidio di cittadini ha manifestato la propria rabbia civile contro l’emergenza, prevedibile, che si trasforma in occasione di lucro e speculazione, perché i controlli si allentano e nessuno si assume la responsabilità politica e istituzionale di quanto accaduto. Grazie ai dati messi a disposizione dal dipartimento per la protezione civile possiamo osservare che in Italia, dal maggio 2012 al marzo 2023, lo stato di emergenza è stato dichiarato in totale 169 volte, in gran parte eventi idrici o meteorologici estremi (135) causati dai cambiamenti climatici di natura antropica. L’emergenza costa dieci volte di più della prevenzione, e la contabilità in emergenza non è sottoposta a vincoli severi e rigorosi. Proprio per questi motivi fa gola a molti tra mafie e corruzione. Le procure di Nola e di Torre Annunziata attendono i rilievi dei carabinieri forestali per comprendere se l’incendio abbia natura dolosa. Al presidio di ieri non si avevano dubbi: troppi interessi in gioco, criminalità diffusa ad ogni livello, dinamica dell’incendio particolarissima, perché sarebbe partito da tre focolai innescati contemporaneamente. Per farvi capire la dimensione del fenomeno malavitoso: non c’è solo la camorra, c’è anche gentaglia che entra indisturbata nel parco nazionale a rubare gli alberi! Un sistema marcio denunciato da alcuni cittadini presenti al presidio. La situazione criminale è fuori controllo: dal Vesuvio non esce il magma, ma i rivoli e i torrenti del magna-magna scorrono copiosi da decenni, e ci costano decine e decine di milioni di euro rubati dalle tasche dei contribuenti. Non voglio fare retorica, ma non si deve nemmeno avere paura di parlare e di denunciare il degrado e i crimini. A Pompei una fabbrica posta sotto sequestro pochi giorni fa “ha preso fuoco” bruciando in un fumo denso e nero forse rifiuti pericolosi. Parliamo della stessa area vesuviana che circonda il Parco Nazionale con 13 Comuni, tra cui Terzigno, dove anni fa è stata autorizzata una discarica all’interno del parco! Il presidio di ieri ha ottenuto udienza da parte del Sindaco Ranieri di Terzigno, che ha promesso un tavolo di confronto con i cittadini “ad emergenza conclusa”. Ma quando finirà l’emergenza? Oppure quando scoppierà la prossima emergenza foriera di appalti per gli amici? Forse l’emergenza è diventata normale amministrazione? “Non arrendersi, studiare, fare rete, resistere e rompere i coglioni”, come diceva Goffredo Fofi. Questa è la nostra sfida nonviolenta. Aiutateci, se potete. Ricordo un’azione di Ultima generazione a cui ho partecipato: c’era anche una signora di 80 anni con l’ossigeno che prese il megafono per farsi sentire. Non aggiungo altro. A parte una considerazione che viene da diversi studi riportati da Noam Chomsky: il 70% della popolazione non ha alcun peso nelle decisioni politiche. Sarebbe ora di ribaltare il tavolo. Noi pretendiamo un monitoraggio e un controllo popolare, non esistono deleghe in bianco, sarebbe ora di partecipare e decidere insieme, senza nascondersi nel riflusso. Foto di Lucio Maniscalco Rayman
Esplosioni nella periferia di una città che soffoca di caldo e petrolio
Sulle esplosione alla pompa di benzina a Roma Est di venerdì 3 luglio si è scritto molto. Per fortuna hanno preso parola in modo chiaro e netto anche comitati, gruppi e collettivi che operano in un territorio con un tessuto sociale e culturale tra i più attivi della capitale. Il collettivo di Casale Garibaldi, poche ore dopo l’esplosione, scriveva: «Nei mesi scorsi con il comitato “Albero magico” insieme ai comitati genitori delle scuole, dei residenti e le realtà di zona, abbiamo sollevato pubblicamente la questione della pericolosità della presenza di una azienda di smaltimento metalli e di una pompa di benzina/GPL accanto a una scuola dell’infanzia e primaria. Se fosse successo un mese fa, in piena attività scolastica, poteva essere una strage, così come è una fortuna che il circolo sportivo con il suo centro estivo e la piscina “villa De Sanctis” fossero ancora chiuse al momento dell’esplosione». di Milos Skakal Una delle lamiere della pompa GPL, volata via a decine di metri dalla zona dell’esplosione Il collettivo di Borgata Gordiani invece scriveva: «Al caldo asfissiante si aggiungono il fuoco, il fumo e le esplosioni. È lo scenario apocalittico generato dall’incidente alla pompa GPL di via dei Gordiani di questa mattina, che segue di pochi giorni l’esplosione di un bus ATAC su via Prenestina. Non è compito nostro ricercare le responsabilità sui singoli casi, ma abbiamo sempre più chiara una cosa: viviamo in un quadrante insicuro. E non per la microcriminalità e lo spaccio, che sicuramente sono problemi che vanno affrontati (ma davvero, sul piano sociale e non solo con la polizia), ma per la loro conformazione. Densità abitativa altissima e tanti luoghi potenzialmente letali, come una pompa GPL a pochi metri da un centro estivo, dai palazzi e dai campi sportivi. Ricordate, poi, pochi anni fa gli incendi agli sfasci di via Palmiro Togliatti, che generarono giorni interi di nubi tossiche? O quello di pochi giorni fa a Centocelle, con l’obbligo per gli abitanti di tenere le finestre chiuse. Ecco. Non sono “casi isolati”, ma qualcosa di ciclico e strutturale. Chi vive nei quartieri popolari non è tutelato. Non lo siamo di fronte al cambiamento climatico, che soffoca le nostre vite e alimenta gli incendi, non lo siamo nella conformazione dei territori che diventano bombe a orologeria che ogni tanto, ma sempre più spesso, esplodono lanciando segnali e, soprattutto, causando feriti, case distrutte e paura, non lo siamo quando saliamo su mezzi pubblici antiquati, vecchi e insicuri». Da entrambi i post emergono le questioni chiave, cioè il carattere sistemico e strutturale del problema e le evidenti responsabilità, che rispetto alla strage mancata per un soffio verranno decretate dalla magistratura, ma rispetto all’abbandono delle periferie della metropoli risalgono a decine di anni fa e si sono accumulate colpevolmente giunta dopo giunta fino a quella attuale. Sulla base di queste consapevolezze, il Comitato Genitori della Scuola Simonetta Salacone ha convocato una assemblea per mercoledì 9 luglio, nel piazzale antistante la scuola di via Romolo Balzani. Nella convocazione scrivono che quanto accaduto è «la conseguenza diretta di una scelta precisa: quella di privilegiare la logica industriale a discapito del diritto alla salute e alla sicurezza, specialmente dei più piccoli. Non si tratta di un incidente, ma del risultato di decisioni che non hanno mai messo al primo posto il benessere delle persone e la qualità della vita del territorio. Di fronte alla scuola ferita, a un Quartiere duramente colpito, la nostra pazienza è finita. Come Comitato dei Genitori, non ci accontentiamo più di rassicurazioni. Pretendiamo un cambio di rotta immediato e garanzie reali, non più promesse: la messa in sicurezza e la bonifica della zona, lo spostamento definitivo delle attività industriali, il ripristino nel più breve tempo possibile della funzionalità della scuola». C’è un tema che è ulteriormente sotteso alle questioni che emergono dai post e che si discuteranno nella assemblea di mercoledì. L’esplosione è avvenuta durante due settimane di caldo insopportabile, in cui Roma si è trasformata in un forno permanente nel quale non si riusciva a trovare riparo, giorno e notte. L’emergenza climatica causata dai combustibili fossili e la pompa di benzina ovviamente hanno un nesso, perché viviamo in una società ancora oggi drogata di petrolio e suoi derivati, viviamo in città pensate per farci consumare petrolio, viviamo in una capitale a misura di auto e pensata esclusivamente per le auto. > La transizione ecologica, tuttavia, non sarà di certo avere colonnine per > ricaricare le auto elettriche anziché le pompe di benzina a Villa De Santis, > come qualche pensatore liberal ha detto in questi giorni. Trasformazione ecologica sarà stravolgere completamente l’idea di città che si è stratificata negli anni, per avere meno cemento, molte meno auto private, zero consumo di suolo, mezzi pubblici funzionanti e frequenti, piste ciclabili degne di questo nome, parchi tutelati e protetti in quanto rifugi climatici anziché asfaltati per costruire stadi e centri commerciali, come vuole fare la giunta Gualtieri a Pietralata. Siamo ben lontano da quel risultato. Da Centocelle oggi si raggiunge il centro con la metro C ogni 13-17 minuti quando ti va bene, le piste ciclabili sono ancora molto poche e strette come quella sulla Prenestina, i parchi pochissimi, nonostante sia tra i quadranti più densamente abitati. La condizione ecosistemica di Roma Est poi è analoga a quella di altre zone periferiche, colpite dagli “incendi stagionali” come in questi giorni Magliana. Come più volte abbiamo scritto, anche gli incendi sono il combinato composto di emergenza climatica e assenza di cura del territorio cittadino periferico da parte delle amministrazioni. Se non si mette radicalmente in discussione il paradigma secondo cui le città vengono anzitutto messe a valore – a vantaggio del capitale che investe – la rotta non cambierà e avremo zone periferiche abbandonate, con mezzi pubblici fatiscenti, cemento, sfasciacarrozze a fuoco ogni estate e auto che soffocano ogni arteria stradale. Nel frattempo giunte di ogni colore continueranno a bearsi per aver costruito stadi, centri commerciali e porti crocieristici, come quello che si vuole fare a Fiumicino, mentre il centro storico è consegnato nelle mani dell’imprenditoria turistica arraffona e di Airbnb. Per fortuna da assemblee come quelle di mercoledì si può ripartire, per denunciare queste politiche ecocide e per invertire la rotta, perché il famoso “diritto alla città” non sia un miraggio lontano ma possa essere un orizzonte, necessariamente di lotta e per tutt3. La foto di copertina è di Valentina Manco SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Esplosioni nella periferia di una città che soffoca di caldo e petrolio proviene da DINAMOpress.
L’esplosione a Roma Est, quadrante martoriato. Serve un piano che ridia dignità alla nostra città
Venerdi mattina ci siamo svegliati nel quadrante sud-est di Roma trovandoci davanti un gravissimo incidente. Il culmine di una serie di eventi delle ultime settimane in cui si sono succeduti a un ritmo sorprendente tantissimi incendi. Un’esplosione che ha coinvolto un distributore di GPL che ci ha lasciati senza fiato […] L'articolo L’esplosione a Roma Est, quadrante martoriato. Serve un piano che ridia dignità alla nostra città su Contropiano.
Solidarietà con la Palestina in Italia e incendi intorno a Gerusalemme
Un gruppo di intellettuali, giornalisti e professori universitari ha lanciato un appello sui social per un’azione collettiva di massa per il cessate il fuoco, da tenere online per tutto il giorno del 9 maggio 2025, dalle 00:00 alle 24:00. #ultimogiornodigaza #gazalastday è stata denominata l’azione di bombardamento del web con messaggi, foto, video, vignette, ecc… con l’hashtag in italiano e inglese. Per aderire e attivarti: clicca! Lo stesso giorno alle 17:30 si terrà a Milano il primo incontro tra intellettuali ebrei italiani e attivisti palestinesi residenti in Italia. “Dialoghi possibili” è il titolo dell’evento. clicca Incendi intorno a Gerusalemme Colossali incendi intorno a Gerusalemme hanno divorato migliaia di ettari e minacciato villaggi e insediamenti, che sono stati evacuati. Anche il villaggio dei nostri amici pacifisti di Neve Shalom- Wahat al-Salam (Oasi di pace) è stato evacuato. (Leggi: clicca) Per tre giorni, il fuoco si è sviluppato ed esteso senza che i vigili del fuoco e la protezione civile, malgrado l’impiego delle unità militari, potessero domarlo. Alte temperature e forti venti hanno reso impossibile il lavoro dei soccorsi. Il governo di Tel Aviv ha chiesto ai Paesi amici di fornire mezzi aerei per lo spegnimento. Sono arrivati soccorsi dalla Spagna, dall’Italia e dalla Francia. Dopo tre giorni terribili, il fuoco è stato domato e la popolazione ha potuto far ritorno alle proprie case, ma l’allerta rimane alta. Certa stampa italiana prezzolata ha dato visibilità esagerata a un comunicato falso trasmesso su un canale Telegram a nome di Hamas, che incita i palestinesi a “incendiare tutto”. Non c’è nessun comunicato ufficiale del movimento islamista palestinese che parla del tema. L’autorità nazionale palestinese ha messo a disposizione i suoi mezzi antincendio, ma la notizia non è stata riportata dalla medesima stampa propagandista, che beve tutti i veleni della hasbara israeliana.   ANBAMED
L’Europa è il continente con il riscaldamento più rapido sulla Terra
A livello globale, il 2024 è stato l’anno più caldo mai registrato, dopo il notevole calore del 2023. Gli ultimi 10 anni sono stati i più caldi mai registrati. Anche la temperatura media annua della superficie del mare sopra gli oceani non polari ha raggiunto un livello record. Le concentrazioni atmosferiche dei gas serra, anidride carbonica e metano hanno continuato ad aumentare. A partire dagli anni ’80, l’Europa si sta riscaldando a una velocità doppia rispetto alla media globale, diventando il continente con il riscaldamento più rapido sulla Terra. Le ondate di calore stanno diventando più frequenti e intense e l’Europa meridionale sta attraversando siccità diffuse. I ghiacciai in tutte le regioni europee continuano a sciogliersi. Sono stati osservati cambiamenti nel modello delle precipitazioni, incluso un aumento dell’intensità degli eventi più estremi. Ciò può portare a un aumento delle inondazioni e probabilmente ha contribuito ad alcuni degli eventi più catastrofici osservati nel 2024. É quanto riportato nel rapporto sullo stato del clima in Europa (ESOTC) del 2024, redatto dal Copernicus Climate Change Service (C3S) e dall’Organizzazione meteorologica mondiale (OMM). Per quanto riguarda il caldo e la siccità nell’Europa sudorientale, il rapporto evidenzia come, dopo una primavera più calda della media, si siano verificate sei ondate di calore durante l’estate 2024, tra cui l’ondata di calore più lunga e la seconda più grave mai registrata nella regione. La gravità e la classificazione delle ondate di calore derivano dall’anomalia termica, dalla durata e dall’area interessata. In base a ciò, l’ondata di calore più grave mai registrata per l’Europa sud-orientale si è verificata nel luglio 2007, quando un’ondata di calore di 10 giorni con un’anomalia termica media di 9,7 °C ha interessato il 72% della regione. Nel 2024, l’ondata di calore più grave è durata 13 giorni con un’anomalia di 9,2 °C, interessando il 55% della regione. Questa è stata una di una serie di ondate di calore durante l’estate e l’inizio dell’autunno, con due a giugno della durata di 5-6 giorni ciascuna e tre ad agosto della durata di 5-8 giorni ciascuna. Nei 97 giorni dal primo giugno al 5 settembre ci sono stati 43 giorni con ondate di calore. Ad agosto, ci sono stati solo tre giorni tra un’ondata di calore e l’altra. La temperatura massima è stata superiore alla media per tutti i giorni, tranne due, dell’estate. Nell’Europa sud-orientale, l’UTCI per l’estate nel suo complesso è stata di 3,3°C superiore alla media. Ci sono stati 66 giorni di almeno “forte stress da calore” (temperatura percepita di 32°C o superiore), il numero più alto mai registrato e ben al di sopra della media di 29 giorni. Al culmine dello stress da calore, il 13 agosto, il 99% della regione è stato colpito da almeno “forte stress da calore” e il 53% da almeno “fortissimo stress da calore” (temperatura percepita di 38°C o superiore). Anche sul fronte delle alluvioni il 2024 è stato particolarmente critico: nel 2024 si è verificata l’alluvione più diffusa dal 2013, con il 30% della rete fluviale europea che ha superato la soglia di alluvione “elevata” e il 12% quella di alluvione “grave”. A settembre, a causa della tempesta Boris, le portate hanno raggiunto almeno il doppio del massimo medio annuo lungo 8500 km di fiumi. Per fare un paragone, il Danubio è lungo circa 2850 km. A ottobre, una grave inondazione ha colpito Valencia, in Spagna. Sono stati battuti i record nazionali di precipitazioni totali in 1,6 e 12 ore, ma non quello delle 24 ore. Per quanto riguarda invece gli incendi boschivi, nel 2024 il rischio di incendi è rimasto nella media o leggermente al di sopra della media in Europa, con i valori più elevati osservati a settembre, a causa delle condizioni in Portogallo e in alcune parti della Spagna. A settembre, gli incendi in Portogallo hanno contribuito a bruciare in Europa circa 110.000 ettari (1.100 km2) in una sola settimana, circa un quarto della superficie totale annuale. Sebbene le emissioni dovute agli incendi in Europa siano rimaste al di sotto della media per gran parte dell’anno, a settembre sono aumentate significativamente a causa dei vasti incendi in Portogallo. Nel 2024 i ghiacciai di tutte le regioni europee hanno invece registrato una perdita netta di ghiaccio. I ghiacciai della Scandinavia e delle isole Svalbard hanno registrato i tassi di perdita di massa più elevati mai registrati e hanno registrato la più grande perdita annuale di massa glaciale di qualsiasi altra regione glaciale al mondo. In gran parte d’Europa si sono registrate meno giornate di neve rispetto alla media, fatta eccezione per l’Europa settentrionale durante l’inverno. “La mancanza di neve durante l’inverno e la primavera, si evidenzia nel rapporto, ha ripercussioni sulle condizioni più avanti nel corso dell’anno. Ad esempio, insieme alle ondate di calore e alle temperature superiori alla media, può contribuire a condizioni di siccità. Lo scioglimento delle nevi in primavera e in estate è un’importante fonte d’acqua per molti fiumi europei. Anomalie positive nel numero di giorni di neve possono essere vantaggiose per l’energia idroelettrica e l’umidità del suolo, ad esempio, ma un rapido scioglimento delle nevi dovuto all’aumento delle temperature può aumentare il rischio di inondazioni e valanghe”. E anche la temperatura media annua della superficie del mare per la regione europea nel 2024 è stata la più alta mai registrata, leggermente superiore al precedente record stabilito nel 2023. Il Mar Mediterraneo nel suo complesso ha registrato la temperatura superficiale del mare più alta in un anno, superando significativamente il precedente record stabilito nel 2023. Ad agosto, ha anche raggiunto la temperatura superficiale del mare più alta in un giorno, superando il precedente record stabilito nel luglio 2023. Le temperature superficiali del mare (SST) sono state superiori alla media in gran parte della regione, fatta eccezione per il Mare d’Islanda e il sud-ovest della Groenlandia. SST annuali record sono state osservate nell’Atlantico settentrionale centrale, nel Mediterraneo, nel Mare Nero, nel Mare di Norvegia e nel Mare di Barents. Qui per approfondire: https://climate.copernicus.eu/esotc/2024. Giovanni Caprio