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Ucciso da un colono israeliano uno degli attivisti di “No Other Land”
Dopo essere stato trasportato d’urgenza in ospedale per ferite da arma da fuoco, è morto Awdah Hathaleen, famoso attivista e giornalista palestinese presente anche nel documentario premio Oscar “No Other Land”. L’assassino è un colono israeliano, anche lui famoso, ma per essere un esempio di cosa significa il sionismo in Cisgiordania. […] L'articolo Ucciso da un colono israeliano uno degli attivisti di “No Other Land” su Contropiano.
Roma, Piazzale del Verano, 16 luglio: proiezione del film “No Other Land” al San Lorenzo Festival
In data mercoledì 16 luglio alle ore 21, nei pressi del Piazzale del Verano, in occasione del San Lorenzo Festival che si sta svolgendo questi giorni a Roma, Luisa Morgantini, Anna Foglietta, Igor Camilli e il presidente della comunità Palestinese di Roma e del Lazio Yousef Salman, presenteranno insieme il docufilm premio Oscar “ No Other Land ”, diretto da Basel Adra, Yuval Abraham, Rachel Szor, Hamdan Ballal. Ingresso gratuito, apertura del festival a partire dalle ore 18.    
Donne resistenti. La prima stella della sera, rassegna teatrale di Atir-Teatro ringhiera
È stata una bellissima serata quella trascorsa il 5 luglio al festival organizzato da Atir-Teatro ringhiera nel cortile della Chiesa di Santa Maria alla Fonte nel Parco Chiesa Rossa di Milano. In programma c’era la lettura di alcun brani tratti dal libro di Benedetta Tobagi La Resistenza delle donne, pubblicato da Einaudi nel 2022. La lettura è stata preceduta dall’intervento di tre donne appartenenti al gruppo informale di Milano “Silenzio per la pace” che dal marzo 2023 (poco dopo l’inizio della guerra fra Russia e Ucraina) si raduna ogni giovedì pomeriggio in via Mercanti, in pieno centro, a manifestare col silenzio il proprio desiderio di pace. Poi, fra parole a volte drammatiche a volte divertenti, alternando racconti di cronaca (Benedetta Tobagi) e testimonianze dirette delle ”resistenti” interpretate da Arianna Scommegna, quasi sempre nelle varie inflessioni dei dialetti piemontesi, si è svolta la preannunciata performance. La particolarità della Resistenza delle donne, ci spiega Benedetta Tobagi, è data dalla completa volontarietà della loro decisione: non vi si sentirono costrette per sfuggire all’arruolamento nell’esercito dei repubblichini di Salò o in quello nazista, ma lo fecero per scelta personale, a volte considerandola addirittura liberatoria per sganciarsi dalle costrizioni, dai lacci dei rigidi, soffocanti legami familiari. Questa scelta è andata perciò a far parte del lungo percorso sulla strada dell’emancipazione femminile, con i suoi progressi e i suoi arretramenti. Dopo questa commovente e appassionata lettura-interpretazione, era prevista la proiezione di No Other Land, l’ormai famoso documentario girato in uno dei villaggi del complesso di Masafer Yatta, nei Territori palestinesi occupati da Israele. Prima della proiezione erano previste due “cartoline” come le hanno chiamate le esponenti di Atir, ovvero brevi presentazioni del film elaborate da una scrittrice italo-palestinese, Sarah Mustafa, e da me, Susanna Sinigaglia, in rappresentanza della rete Maiindifferenti – Voci ebraiche per la pace. L’incontro era condotto da Pilar Perez, un’attrice di Atir, che ci ha rivolto alcune domande in relazione al nostro ruolo e al nostro sentire nei confronti degli eventi a Gaza e in West Bank, e in relazione al film. A me in particolare Pilar ha chiesto: ma dov’è andata a finire l’etica del governo israeliano? Questa domanda mi ha lasciato alquanto perplessa, dato che da tempo se ne sono perse le tracce… Così le ho risposto citando la nascita della nostra rete proprio per reazione a questa lunga mancanza, col primo appello pubblicato nel febbraio 2024 sulla base di un interrogativo intorno alla ricorrenza della Giornata della memoria: “A che cosa serve oggi la memoria della Shoà se non aiuta a fermare la produzione di morte in Palestina e, anzi, serve da alibi per giustificare le politiche del governo israeliano?” Pilar in seguito mi ha anche chiesto quali siano i nostri rapporti con i gruppi della resistenza israeliana e con la Comunità ebraica in Italia, quali le nostre iniziative. Ho citato in particolare l’ultima – all’Anteo –, insieme a L3a – Laboratorio ebraico antirazzista, con la proiezione di No Other Land preceduta da un incontro con varie figure del mondo ebraico e palestinese in Italia, alle quali abbiamo chiesto un commento su 5 brevi clip che mostrano alcuni momenti/passaggi significativi del film: 1. il calore umano degli abitanti del villaggio; 2. la violenza delle distruzioni operate dall’esercito e dai coloni israeliani; 3. l’impazienza dell’israeliano (il regista e interprete Yuval Abraham), frutto tipico dell’attuale civiltà occidentale, e la perseveranza del palestinese (il regista e interprete Basel Adra), abituato a resistere fin da bambino e ad allungare lo sguardo dal contingente a un futuro possibile. Per ulteriori informazioni sulle nostre iniziative, rimandiamo i lettori al sito www.maiindifferenti.it e alla pagina Facebook. A Sarah, Pilar ha domandato quale futuro sarà possibile per i bambini palestinesi che sopravvivranno. E Sarah ha semplicemente risposto proponendo al pubblico un paragone fra i traumi provati dai nostri piccoli, per i quali ci rivolgiamo allo psicologo, e quelli inimmaginabili subiti dai bambini palestinesi. Naturalmente la domanda è rimasta senza risposta. Sarah ha poi espresso la propria angoscia, guardando il film, nel vedere quanta violenza venga dispiegata contro il suo popolo ma anche l’apprezzamento per il coraggio dimostrato dagli abitanti del villaggio, per la loro resistenza. Inoltre ritiene che sia un documentario importante perché mostra al mondo che cosa succedesse in Palestina molto prima del fatidico 7 ottobre 2023. Quando, per esempio nel 2009, Tony Blair – come inviato speciale del Quartetto per il Medio Oriente formato da Onu, Stati Uniti, Unione Europea e Russia – in soli sette minuti di passeggiata nel villaggio, con giornalisti e televisioni internazionali al seguito, aveva ottenuto ciò che la resistenza non violenta dei palestinesi tentava da anni: bloccare la demolizione della scuola che purtroppo, come vedremo, avverrà invece nel corso delle riprese del film. Questo episodio è significativo di quanto l’assenza dell’Europa e di testimoni occidentali potenti lasci mano libera al governo israeliano… D’altra parte secondo Sarah, il docufilm lascia anche aperto uno spiraglio alla speranza di dialogo, che però ritiene possa avvenire solo ad alcune condizioni: il riconoscimento del dolore dell’altro, la fine dell’occupazione affinché il dialogo possa svolgersi alla pari, la garanzia dei diritti umani fondamentali come quello alla vita, all’istruzione, all’acqua; e ponendo un argine ben solido ai vari estremismi. Dopo i nostri interventi, abbiamo lasciato il pubblico alla proiezione del film mentre Sarah, io e le nostre ospiti abbiamo concluso l’incontro davanti a un panino, una birra e ancora tante considerazioni sugli eventi che agitano il nostro presente.   La Bottega del Barbieri
Camminare sulla via della pace per la Palestina
Un evento di pace, fratellanza e impegno civile ha preso vita, grazie all’iniziativa promossa dal gruppo scout AGESCI Roma 62 e dal Presidio Libera “Roberto Antiochia”, con il patrocinio del Municipio II di Roma Capitale. Ad animare l’iniziativa, 27 giovani scout cattolici provenienti dalla Cisgiordania – in particolare dalla parrocchia di Zababdeh, a nord di Jenin – ospiti per dieci giorni della parrocchia di Sant’Ippolito Martire. Un’esperienza di pellegrinaggio condiviso, di viaggio fisico e spirituale, che ha visto ragazze e ragazzi tra i 19 e i 30 anni farsi ambasciatori di una Palestina che chiede pace, giustizia e il riconoscimento della propria dignità oltre le ferite della guerra. Durante l’incontro del 12 giugno si sono alternati momenti di riflessione e testimonianza, aperti a tutta la cittadinanza, e arricchiti dalla partecipazione delle associazioni locali. Adelaide Parmisano, in rappresentanza di Libera, che ha ospitato l’evento nella sua sede in via Stamira, ha sottolineato il legame profondo tra la lotta alle mafie e l’impegno per i diritti umani e la pace. L’amministrazione del Municipio II, da sempre vicina alla comunità palestinese di Roma, ha esposto la bandiera palestinese e consegnato un simbolico pegno di amicizia alla delegazione. I giovani scout palestinesi, attivi in numerose iniziative, hanno portato una narrazione diversa del proprio popolo, aprendo uno spiraglio su una Palestina fatta di cultura, di gioventù viva, di diritti e doveri, di speranza. Il filo conduttore dell’iniziativa è stato “costruire ponti in nome della pace e della fratellanza”, tema che ha guidato tutto il cammino iniziato il 3 giugno con la proiezione del film No Other Land, e che culminerà il 15 giugno con una grande festa comunitaria. Un cammino che si nutre giorno dopo giorno di relazioni, ascolto, dialogo tra due comunità, due popoli, due realtà che insieme possono sognare un presente e un futuro diversi. “Insieme” non è solo una parola, è un’azione concreta. Significa camminare fianco a fianco, riconoscere l’altro, condividere storie e speranze. Perché costruire la pace è un atto quotidiano, fatto di gesti semplici ma potenti. “Costruire la pace è” – come ricorda uno degli organizzatori – “avere cura di un pezzettino di mondo, insieme ad altri, tessendo relazioni generative ed autentiche”. Ed è proprio questo che hanno fatto, insieme, i protagonisti di questa settimana straordinaria. Francesca De Vito Redazione Roma
“No Other Land”, proiezione e dibattito a Milano
Giovedì 12 giugno 2025 alle 20,30 Negozio Civico Chiamamilano – via Laghetto, 2 Milano Evento organizzato da Chiama Milano e Note Positive, associazione del Movimento Umanista Nel film, giovani palestinesi e israeliani documentano la violenza dei coloni in Cisgiordania attraverso una serie di filmati, mostrando la forza della solidarietà in un contesto di violenza e ingiustizia. Ingresso gratuito su prenotazione al link  https://no-other-land.eventbrite.com   Redazione Milano
La mostra di disegni HeART of Gaza arriva all’Ex Colonia Elioterapica di Germignaga
Prosegue sulle sponde del Lago Maggiore il viaggio delle opere dei piccoli artisti di Gaza. Domenica 1 e lunedì 2 giugno 2025 l’Ex Colonia Elioterapica di Germignaga (Va) ospiterà “HeART of Gaza”, la toccante mostra itinerante che attraverso l’arte dei bambini di Gaza dà voce a una storia di resilienza, speranza e denuncia. Grazie alla collaborazione tra il Comune di Germignaga, il Comitato Varesino per la Palestina e il Tavolo per la Pace dell’Alto Verbano, a Germignaga sarà esposta una selezione di 40 disegni di bambini e ragazzi dai 3 ai 17 anni realizzati nella “Tenda degli Artisti” allestita da Mohammed Timraz a Deir al-Balah, nel cuore della Striscia di Gaza.  I disegni raccontano con forza, purezza e creatività le difficoltà e i sogni di un’infanzia rubata. “HeART of Gaza” restituisce le emozioni profonde di questi giovani artisti: i sogni spezzati, le paure, i traumi, ma anche il desiderio di un futuro migliore. Da oltre 19 mesi vivono sotto bombardamenti continui, hanno perso la casa, gli affetti, la possibilità di andare a scuola. Alcuni, purtroppo, non ci sono più. Tutti condividono la perdita dei diritti fondamentali: istruzione, sicurezza sanitaria e alimentare, protezione. “Quanto sta accadendo a Gaza – dichiara Marco Fazio, Sindaco di Germignaga – non può lasciarci indifferenti e per questo riteniamo come amministrazione doveroso promuovere spazi e momenti di riflessione. La mostra “HeArt of Gaza”, la proiezione di “No Other Land” e le testimonianze previste in programma vanno in questa direzione: sensibilizzare la popolazione e spingere, auspicabilmente anche con un impegno da parte delle nostre istituzioni, affinché siano ripristinate il prima possibile condizioni di rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale. La giustizia, giustamente pretesa da Israele, non può confondersi con la vendetta e l’attacco indiscriminato contro la popolazione civile”. Dall’inizio di questo ultimo assedio, Gaza ha subito una devastazione senza precedenti. Un recente report a cura dell’OCHA (Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari) riporta che i morti accertati a Gaza dal 8 ottobre 2023 al 14 maggio 2025 sono quasi 53.000. Oltre il 30% sono bambini. I feriti accertati sono oltre 119.000. In questo drammatico contesto è nato “HeART of Gaza” che non è solo una mostra, ma un grido silenzioso che chiede di essere ascoltato. Un invito a guardare il mondo con gli occhi di chi, nonostante il genocidio in corso, non ha smesso di sorridere e sognare. Tutto ha avuto inizio da una connessione umana straordinaria: uno scambio di messaggi su WhatsApp tra Féile Butler in Irlanda e Mohammed Timraz a Deir Al Balah, nel cuore di Gaza. Da questa amicizia è germogliato un progetto artistico che utilizza il linguaggio universale dell’arte. Un progetto che oggi si è trasformato in un movimento globale, capace di portare all’attenzione del mondo la realtà quotidiana dei più vulnerabili, i bambini intrappolati in una crisi senza fine. Oltre a promuovere “HeART of Gaza”, Mohammed Timraz continua a sostenere la sua comunità con distribuzioni di viveri, acqua potabile, medicinali e tende per le famiglie sfollate. La sua “Tenda degli Artisti” è uno spazio di libertà, dove i bambini possono disegnare, raccontarsi ed esprimere la propria forza interiore. È in questo luogo che sono nati i disegni esposti nella mostra, testimonianze commoventi di una quotidianità segnata da traumi, speranze e resistenza. La mostra aprirà i battenti domenica 1° giugno alle ore 14.00. Alle 15.30 è previsto un laboratorio artistico per bambini curato da “L’Albero d’oro”, gratuito come tutta l’iniziativa, durante la quale saranno raccolte donazioni a favore del progetto di Mohammed Timraz “We are not alone”. Con Mohammed Timraz e Thaier  Abuoun, giornalista, verrà tentato un collegamento video domenica 1° giugno alle 18.00, durante la presentazione della mostra alla quale interverranno la curatrice Michela Focchi e il sindaco di Germignaga, Marco Fazio, con Filippo Bianchetti del Comitato Varesino per la Palestina e Khader Tamimi, Presidente della Comunità Palestinese di Lombardia. La mostra sarà anticipata, venerdì 30 maggio alle 20.30, dalla proiezione, con ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili, del film documentario “No Other Land” presso il Cinema Teatro Italia di Germignaga. Premiata con l’Oscar 2025, la pellicola è stata realizzata da un collettivo israelo-palestinese e racconta, attraverso le riprese effettuate tra il 2019 e il 2023, la resistenza di Basel Adra e di altri attivisti palestinesi contro la demolizione del loro villaggio natale, Masafer Yatta, in Cisgiordania. Di questa area, presa di mira dall’esercito israeliano per la costruzione di un poligono militare e tuttora oggetto di gravi attacchi, demolizioni e restrizioni imposte dalla presenza militare e dai coloni armati, parlerà Michela Mazzucchi, laureata in Scienze Internazionali, che ha vissuto i luoghi raccontati da “No Other Land” e ha partecipato a diverse missioni in Libano di Operazione Colomba, associazione che promuove alternative nonviolente allo strumento militare per intervenire nei conflitti internazionali, inter-statali ed intra-statali. Programma: Venerdì 30 maggio 2025, Cinema Teatro Italia di Germignaga Ore 20:30 – Anteprima della mostra “HeART of Gaza” e proiezione del documentario “No Other Land”. Introduzione al film a cura di Michela Mazzucchi, volontaria di Operazione Colomba. Ingresso gratuito Domenica 1 giugno – Ex Colonia Elioterapica di Germignaga Ore 15:30 – Laboratorio artistico per bambini, a cura de “L’Albero d’Oro” di Antonella Petese Seguirà una merenda per tutti i partecipanti. Gradita prenotazione: contattare Sara al 340 3927923 Ore 18:00 – Evento di presentazione * Saluti Istituzionali * Khader Tamimi, Presidente della Comunità Palestinese di Lombardia * Filippo Bianchetti, Comitato Varesino per la Palestina * Michela Focchi, Curatrice della mostra Sarà effettuato un tentativo di collegamento video con Gaza con: * Mohammed Timraz, artista e ideatore della mostra “HeART of Gaza” * Thaier Abuoun, giornalista Lunedì 2 giugno – Ex Colonia Elioterapica di Germignaga Ore 10:00 – 19:00 Apertura mostra al pubblico Per informazioni heartofgaza.varese@gmail.com Tavolo per la Pace dell’Alto Verbano
No other land, dialoghi possibili. Incontro a Milano
L’incontro del 9 maggio all’Anteo – Palazzo del Cinema in una sala Excelsior strapiena e super attenta, organizzato da Maiindifferenti – Voci ebraiche per a pace e LƏa – Laboratorio ebraico antirazzista ha attirato un pubblico che dall’anno scorso partecipa sempre più numeroso alle iniziative delle due reti. Nel caso specifico si volevano comprovare le possibilità di dialogo fra ebrei italiani e palestinesi che vivono in Italia, a partire dalla visione di alcune clip del film No Other Land, vincitore dell’Oscar 2024 come miglior documentario. Organizzatori e ospiti dell’incontro Dopo la presentazione delle due reti da parte di Jardena Tedeschi per Maiindifferenti (d’ora in poi, Maii) e Giulia Frova per LƏa, e una breve introduzione di Eva Schwarzwald sempre di Maii, l’incontro è entrato nel vivo con l’arrivo sul palco come moderatore di Matteo Pucciarelli di LƏa, giornalista romano, e di Davide Lerner, anche lui giornalista e autore del libro Il sentiero dei dieci. Una storia tra Israele e Gaza. I Territori (West Bank), occupati da Israele, dopo gli Accordi di Oslo Davide ha illustrato l’assetto della West Bank (conosciuta anche come Cisgiordania) deciso dalle due parti. Suddivisi in tre zone – A, B, C – la prima (il 18%) era governata dall’Autorità nazionale palestinese, l’Anp; la seconda era amministrata dall’Anp, ma con l’apparato di sicurezza e il controllo del territorio in mano a Israele; la terza era completamente sotto il dominio del governo israeliano e del suo esercito[1]. Il villaggio di At-tuwani al centro della vicenda narrata nel film (terminato appena prima del 7 ottobre) si trova in zona C nella località di Masafer Yatta nei pressi di Hebron, in arabo Al-Khalil. A tutti gli interlocutori è stato chiesto un commento su alcune clip del film. Il primo gruppo e le prime clip: il calore umano degli abitanti Sul palco vicino a Davide Lerner e Matteo Pucciarelli vengono invitati Noga Kadman – cittadina israeliana che vive a Milano da qualche anno – editor e ricercatrice nel campo dei diritti umani e del conflitto israelo-palestinese; Ali Rashid, esponente politico di spicco, già primo segretario dell’Ambasciata palestinese in Italia e deputato per Rifondazione comunista; Alrabi Najati dei Sanitari per Gaza, responsabile dell’Unità operativa di Urologia dell’Istituto clinico Sant’Anna di Brescia. Le clip prescelte sono in tutto cinque e ad Ali, Alrabi e Noga è stata proposta quella che documenta l’accoglienza ricevuta dal regista israeliano Yuval Abraham al suo arrivo ad At-tuwani, villaggio natale del regista palestinese Basel Adra, e quella sulla vita in una grotta della zona di una famiglia cui l’esercito ha distrutto la casa. Sia nel primo caso che nel secondo, emerge il calore umano degli abitanti che accolgono da un lato Yuval a braccia aperte, dall’altro mostrano un amore incrollabile fra familiari e in particolare da parte della mamma verso la sua bellissima bambina. I commenti Noga e il lavaggio del cervello E’ piuttosto impressionante; narra di come durante il suo primo incontro con alcuni palestinesi, vedendo un padre abbracciare il figlio abbia pensato “to’, anche loro amano i loro figli”. Questo episodio è emblematico del lavaggio del cervello a cui è sottoposta la popolazione ebraica in Israele. Ali, la resistenza palestinese e l’avvicinamento all’altro Afferma che la popolazione palestinese non si farà mai sottrarre la propria terra, la sua resistenza è indomita. Ha ricordato che è indispensabile avvicinarsi, andare verso l’altro seguendo l’esempio di Yuval, evitando di cadere nella trappola del nazionalismo. Alrabi e lo spiraglio di speranza Ha espresso la sua emozione nel vedere ebrei che comprendono le condizioni in cui versano i palestinesi. A Gaza e in Cisgiordania si sentono abbandonati, tutte le leggi del diritto internazionale sono state annullate. Nel 1993 con gli Accordi di Oslo era nata una grande speranza, poi sepolta nel 2000 dalla “passeggiata” di Sharon sulla Spianata delle moschee. Il film però apre uno spiraglio, lascia intravedere il desiderio di comprendersi e vivere insieme. Il secondo gruppo: clip sulla distruzione del sistema idrico e l’abbattimento della scuola elementare Del secondo gruppo fanno parte Sarah Mustafa, scrittrice, figlia di padre palestinese e madre italiana, nata a Milano ma poi vissuta in un campo profughi palestinese per dieci anni; Stefano Levi Della Torre di Maii, noto saggista e pittore; Widad Tamimi, intervenuta online, figlia di Khader, anche lei scrittrice, attiva nel programma Restoring Family Link della Croce Rossa slovena. Le due clip proiettate in questo caso riguardano la questione dell’acqua e l’istruzione. Nella prima clip vediamo i soldati, arrivati nel villaggio con betoniera al seguito, dare ordine all’operaio che la guida di gettare una colata di cemento sopra al pozzo e ad altri operai di forare i tubi del sistema idrico. Nella seconda clip invece, vediamo sempre i soldati arrivare alla scuola elementare del villaggio, ordinarne l’evacuazione e farla distruggere da un bulldozer. I commenti Sarah: il trauma e l’umanità violata La scrittrice sottolinea come le scene che abbiamo visto nei villaggi e città palestinesi siano la quotidianità, caratterizzata dalla violenza dei soldati e dei coloni col consenso di uno Stato che l’alimenta e incoraggia. Quale sarà il trauma di bambini buttati fuori dalla scuola che loro stessi hanno contribuito a costruire e che viene distrutta davanti ai loro occhi? Riportando un’osservazione di Stefano Levi della Torre, Sarah evidenzia che da tali scene emerge la volontà d’Israele d’impedire ai palestinesi l’accesso a beni essenziali come l’acqua e l’istruzione, in modo da convalidare la narrazione secondo cui sono un popolo ignorante e incapace di provvedere a se stesso. È in questi contesti che s’invoca l’umanità, si grida un dolore che è uguale al tuo se solo lo potessi vedere. Widad: come uscirà lo Stato d’Israele da questo bagno di sangue? Intervenuta da Lubiana dove vive, ha innanzitutto sollecitato la diaspora palestinese ed ebraica a dare contributi significativi per trovare sbocchi a una situazione che sta raggiungendo conseguenze estreme. Vedendo il soldato distruggere i tubi del sistema idrico con l’acqua che così si disperde su un terreno arido, non pensa solo ai palestinesi che assistono a questa scena straziante, ma anche al soldato: come potrà sopportare le conseguenze della sua azione? È la domanda che ci siamo posti in molti all’inizio del massacro a Gaza, e che ancora c’interroga. Stefano e i brutti ricordi Risuonano nel suo essere di ebreo di fronte alla scuola distrutta e alla privazione dell’acqua: il ricordo degli ebrei italiani scacciati dalle scuole nel ’38 e gli stenti della popolazione ebraica nei lager. Tali immagini forti che suscitano condanna e ripudio lo inducono ad affiancare ad apartheid il termine di “pulizia etnica” nei Territori e “sostituzione etnica” a Gaza. Ultimo gruppo e ultima clip: l’impazienza e la perseveranza Infine nell’ultima clip mostrata al terzo gruppo, con Khader Tamimi e Gad Lerner, si vedono i due registi in auto che parlano fra loro. Yuval lamenta, deluso, che l’ultimo pezzo da lui postato online abbia avuto poche visualizzazioni. Basel lo rimprovera per la sua impazienza, gli fa notare che l’occupazione dura da tanti anni e non può pretendere di vedere chissà quale cambiamento in dieci giorni. La scena vuole evidenziare la maggiore maturità di un giovane abituato a lottare fin da piccolo, e a perseverare, di fronte a un altro giovane dalla mentalità occidentale che vive secondo i tempi rapidi della cultura digitale, con tutta la superficialità che ne consegue. I commenti Khader e l’uso delle parole Il suo intervento denuncia un altro lato della nostra mentalità occidentale, la pretesa di scegliere anche per altri con quali parole ci si debba esprimere di fronte a questioni controverse. Nel caso specifico: massacro, strage, pulizia etnica o l’impronunciabile “g-cidio? Nello stesso tempo, ha lasciato intravedere quale confusione esista ancora intorno a definizioni quali “ebrei”, “sionisti”, “israeliani”… Gad parla di “utopia” Spera che i perdenti di oggi siano i costruttori del futuro per le popolazioni di Israele/Palestina, senza altro Paese dove vivere. La chiave è indossare i panni dell’altro, superare il timore di essere accusati di tradimento se si parla con “il nemico”, che nemico non è se ci si può parlare. E infine due outsider, Daria Bignardi e Gabriele Nissim di Gariwo Daria, appena rientrata dai Territori, ha raccontato episodi di brutalità e l’incontro con Suad Amiry, scrittrice, architetta, intellettuale palestinese che ha perso qualsiasi speranza e fiducia in un Occidente rivelatosi cieco e sordo davanti alla tragedia di Gaza. Gabriele Nissim ha elogiato l’incontro invitando Maii e LƏa a organizzare un’altra iniziativa all’aperto, nel Giardino dei Giusti al Montestella di Milano nei prossimi mesi. [1] Si sarebbe dovuto superare questo assetto nel giro di cinque anni e invece è rimasto tale e quale con una sottrazione crescente di territorio da parte dei coloni israeliani. Il verbo inoltre è al passato perché ormai la differenza fra le tre zone, nell’ultimo anno, è stata quasi completamente cancellata con Jenin e Tulkharem sotto assedio, Nablus, Betlemme e altre città vittime di continue incursioni dell’esercito israeliano, soprattutto nei loro campi profughi. Redazione Milano