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Scintille intorno a Taiwan, la NATO schiera le sue navi e alza la tensione
Qualche giorno fa abbiamo riportato di come la strategia per la sicurezza nazionale del Pentagono abbia spostato il suo focus dal ‘resto del mondo’ al ‘cortile di casa’ latinoamericano. Ma i punti di tensione nell’Indo-Pacifico rimangono, e lo dimostra l’ennesimo braccio di ferro avvenuto con la Cina intorno a Taiwan. […] L'articolo Scintille intorno a Taiwan, la NATO schiera le sue navi e alza la tensione su Contropiano.
L’impatto delle spese militari su occupazione e produttività del lavoro
Stando all’ultima rilevazione ISTAT, la produzione industriale italiana nel gennaio 2025 continua a ridursi. A fronte, infatti, di un miglioramento mensile del 3,2%, il dato tendenziale rimane negativo, con un calo dello 0,6% rispetto all’anno precedente. I settori più colpiti solo quelli del lusso, della produzione di automobili e del […] L'articolo L’impatto delle spese militari su occupazione e produttività del lavoro su Contropiano.
Il carattere strategico degli investimenti militari per superare la crisi sistemica
Il Piano “Readiness 2030” dell’UE prevede un impegno complessivo di circa 800 miliardi di Euro, con la spesa UE-27 salita a 348,5 miliardi nel 2024 (1,9% del PIL, +24% rispetto al 2023) e un obiettivo NATO del 5% al 2035, pari a 781,7 miliardi aggiuntivi per l’UE. Di questi 800 miliardi di Euro, 650 miliardi sarebbero richiesti dai bilanci nazionali dei singoli Stati Membri (ipotizzandoli esenti dalle regole fiscali europee) mentre 150 miliardi di Euro da ReArm Europe sarebbero raccolti sui mercati dei capitali, sostenuti dal bilancio dell’UE, stimolando l’aumento dei contributi della Banca Europea degli Investimenti (BEI): Forum di Cernobbio: 51^ edizione | The European House – Ambrosetti Il documento strategico sull’industria di armi presentato al Forum di Cernobbio merita di essere letto, studiato e diffuso, il ricorso al Riarmo e alla Guerra è stato studiato a tavolino e da tempo proposto come soluzione della crisi sistemica. Sono cambiati gli scenari di guerra, acquistano sempre maggiore rilevanza le tecnologie digitali, i satelliti e i droni e per giustificare colossali investimenti pubblici e privati si denuncia l’estrema pericolosità degli attacchi cyber in UE, cresciuti di numero e sempre meno prevedibili per il supporto accordato dalla Intelligenza artificiale. Un monito verso l’Italia lanciato dagli imprenditori che ricordano la esigua spesa nazionale per combattere gli attacchi informatici costruendo dei sistemi difensivi avanzati e altamente tecnologici. Sempre nel rapporto si scrive che l’Italia rimane ultima tra i principali Paesi europei per spesa in difesa cyber in rapporto al PIL……e cresce l’esigenza di sviluppare capacità autonome di difesa a livello UE. L’obiettivo è ambizioso, acquisire tecnologie di ultima generazione per garantire alla UE l’autonomia strategica con incremento delle spese in D&S di circa 800 miliardi di euro per raggiungere in un decennio la spesa militare pari al 5 per cento del PIL a cui aggiungere ulteriori capitoli di spesa dipendenti da altri Ministeri ma pur sempre riconducibili al comparto bellico. La UE punta quindi sull’industria della D&S la cui crescita in termini di fatturato, utili, azioni in borsa e anche occupazione è considerata la più elevata performance nell’economia capitalistica. I dati indicati nel documento strategico sono eloquenti ipotizzando la crescita nel fatturato e nell’occupazione (rispettivamente +7,4% e +7,2% medio annuo nel quinquennio 2019-2023) quanto nelle esportazioni e negli investimenti in Ricerca &Sviluppo (cresciuti entrambi di oltre il 9% nel quinquennio 2019-2023).Con una presenza consolidata di grandi gruppi della D&S nei principali Paesi europei (in primis, Francia, Italia, Germania e Regno Unito), il fatturato dell’industria europea della D&S è cresciuto in media del 7,4% annuo nel quinquennio 2019-2023 rispetto al +5% del PIL UE-27. Anche l’occupazione della filiera europea della D&S è cresciuta a un tasso medio annuo del 7,2% nello stesso periodo rispetto al +0,7% dell’occupazione a livello complessivo UE. Sono soprattutto le speculazioni borsistiche, le quotazioni in borsa dei titoli azionari legate alle imprese produttrici di armi a rappresentare una fetta rilevante degli affari in corso, al contempo Ricerca e Sviluppo sono indirizzati ai settori giudicati dirimenti per il futuro dell’industria bellica europea, in linea con le indicazioni del grande progetto di Riarmo europeo ossia i sistemi (elettronici e non ) di difesa aerea e antimissile, i droni e gli anti droni, la IA, il settore cyber e la guerra elettronica oltre a sistemi di artiglieria, munizioni. I limiti dell’Italia sono legati al basso numero di brevetti depositati e agli investimenti stanziati, le criticità evidenziate suggeriscono repentini cambi di rotta destinando risorse economiche in alcuni campi che poi sono quelli dove maggiore è la presenza delle multinazionali. Grande è il peso della propaganda, la industria delle armi leggere pesa come la industria del turismo ma nell’immaginario collettivo si pensa a un apporto decisamente maggiore, gli analisti (legati alle grandi aziende del settore) calcolano un aumento esponenziale della produzione, degli occupati e degli utili per le aziende produttrici di armi e connesse alla Ricerca e Sviluppo di nuove tecnologie, prendiamo allora per buoni i dati presentati: “La filiera italiana della Difesa e Sicurezza genera ogni anno un giro d’affari totale superiore a 60 miliardi di Euro e presenta un moltiplicatore economico pari a 2,72, il che significa che per ogni Euro di fatturato diretto si attivano ulteriori 1,72 Euro nell’economia nazionale“. L’aumento degli investimenti pubblici è di vitale importanza, pensano che attestando la spesa militare al 5% del PIL si possa triplicare il fatturato dell’industria nazionale della D&S ad oltre 70 miliardi di Euro all’anno 2035 non prima di avere ripensato anche la struttura organizzativa e gestionale dell’intero settore, dall’apparato burocratico per il procurement militare fino a un rapporto di collaborazione e sinergico tra le imprese del settore. E se un settore viene giudicato strategico  e questo settore produce armi e sistemi di distruzione di massa viene da pensare che le guerre saranno sempre più presenti e da giustificare nel contesto sociale con una devastante presenza della cultura militarista per prepararci alla ineluttabilità del conflitto armato come unica soluzione alle controversie internazionali. Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
In Parlamento non passano le mozioni contro riarmo e spese militari
I risultati del voto sulle mozioni contro il riarmo e le spese militari hanno confermato due cose: la prima è che il governo, nonostante gli schiamazzi di Salvini, non intende deviare dalla strada del riarmo; la seconda è che Renzi e Calenda stanno sulle scatole a tutti. Infatti le mozioni […] L'articolo In Parlamento non passano le mozioni contro riarmo e spese militari su Contropiano.
Militarizzazione e spesa pubblica: partiti gli investimenti per il riarmo europeo e italiano
CI SI INDEBITA PER IL RIARMO QUANDO MANCANO I SOLDI PER LE SCUOLE E LA SANITÀ O PER LA MANUTENZIONE DEI TERRITORI Si vanno, giorno dopo giorno, delineando gli scenari dei prossimi bilanci nazionali con un forte impulso alla spesa militare. Ad esempio, l’Italia potrà ricorrere a 14,9 miliardi del fondo Safe (Security Action for Europe)  che ammonta complessivamente a 150 miliardi per progetti dei paesi UE legati alla difesa. https://www.eunews.it/2025/09/09/safe-per-litalia-in-arrivo-prestiti-da-149-miliardi-di-euro-per-rilanciare-la-difesa/ Ad oggi non tutti i Paesi europei si sono avvalsi della possibilità di attingere da questi fondi che poi sono prestiti destinati al riarmo, fondi che dovranno essere spesi nei prossimi 5 anni e restituiti entro 45. Sono 19 i Paesi dell’Unione Europea che hanno deciso di accedere ai prestiti europei per il riarmo e in questi giorni è stata resa la ripartizione dei fondi dalla apposita Commissione (la foto con cui abbiamo aperto l’articolo). I prestiti serviranno anche per investimenti tecnologici in ambito militare, per la produzione di missili e sistemi di arma, per droni e anti drone, non esiste settore escluso nell’ottica di ampliare la produzione nazionale, per acquisire le competenze tecnologiche indispensabili a dare vita a un articolato e sinergico sistema a livello comunitario. Nasce in sintesi una sorta di grande sistema militare europeo adibito all’innovazione tecnologica e alla produzione di armi tecnologicamente avanzato. E questo piano di riarmo è frutto delle decisioni assunte dal vecchio continente. Inizialmente dovevano finanziare progetti comuni in funzione della guerra in Ucraina per poi acquisire caratteristiche diverse che vanno nella direzione auspicata dai grandi interessi economici che ruotano attorno al settore militare. È innegabile che l’Unione Europea voglia fare un salto di qualità e nonostante le iniziali perplessità anche il Governo Italiano ha deciso di accedere ai prestiti per acquistare 24 Eurofighter e 5 batterie Samp-t, il sistema missilistico sviluppato dal consorzio italo-francese Eurosam. La scelta di  applicare il prossimo anno la “clausola di salvaguardia” che scorpora dai vincoli di bilancio le spese per la difesa è data per scontata già nel 2026. Il nostro Paese andrà a spendere in tre anni 40 miliardi in sistemi d’arma, ma le cifre sono in costante crescita e supereranno presto gli ambiziosi obiettivi di marca militarista già noti. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
La spesa militare è il vero crimine
“Mantenere operativa la squadra antincendio tutto l’anno è assurdo e uno spreco”. Suárez-Quiñones, assessore all’Ambiente, alla Casa e alla Pianificazione territoriale di Castiglia e León.  https://www.eldiario.es/castilla-y-leon/politica/administracion-peores-incendios-castilla-leon-quinones-nuevo-centro-polemica_1_12529427.html>  I cittadini degli Stati membri della NATO devono “accettare di fare sacrifici”, come tagli alle pensioni, alla sanità e ai sistemi di sicurezza, per aumentare la spesa per la difesa… Dichiarazioni di M. Rutte, Segretario Generale della NATO, il 12.12.2024. <https://es.euronews.com/video/2024/12/12/rutte-pide-a-los-ciudadanos-europeos-sacrificios-para-aumentar-el-gasto-en-defensa> Pedro Sánchez annuncia un aumento straordinario di 10,471 miliardi di euro nella spesa militare per quest’anno. Rispetteremo gli impegni con l’UE “senza toccare un centesimo della spesa sociale” 26.03.2025 https://www.elsaltodiario.com/gasto-militar/pedro-sanchez-anuncia-un-aumento-del-gasto-defensa-10000-millones-euros> I terribili incendi delle ultime settimane, nel mezzo di una lunga ondata di caldo, ci portano a chiederci ancora una volta cosa dobbiamo davvero difendere, cosa ci dà sicurezza. In altri articoli abbiamo insistito sul fatto che sono i servizi pubblici, la previdenza sociale, l’istruzione pubblica, la sanità, il sistema pensionistico pubblico, le case di riposo, la casa, gli asili nido e molto altro ancora a darci davvero sicurezza. A questo lungo elenco vanno aggiunti i vigili del fuoco e i pochi servizi di protezione civile e, nel caso degli incendi, i vigili del fuoco forestali, veri difensori del territorio, della diversità biologica, dei beni, delle colture e della popolazione stessa dei Comuni. Come in altri servizi pubblici, constatiamo minacce comuni quali la precarietà lavorativa, la riduzione del personale, i posti vacanti, gli obblighi legali non rispettati, la privatizzazione del servizio, il subappalto o la riduzione diretta del budget, che comportano un servizio scadente, l’insicurezza e il mancato rispetto delle norme di prevenzione e protezione. Spesso si aggiunge l’incompetenza dei responsabili, scelti più per criteri politici che per qualificazione e reale volontà di servizio.  Il cambiamento climatico è ormai una certezza e, secondo gli esperti, sta accelerando più rapidamente di quanto inizialmente previsto. Tutto indica che gli episodi di temperature estreme, piogge torrenziali, grandinate, venti da uragano o enormi nevicate saranno sempre più frequenti, per cui, per non ipotecare ulteriormente il futuro dell’umanità, è urgente affrontare definitivamente la decarbonizzazione e le emissioni nell’atmosfera che accelerano il cambiamento climatico. Negare il cambiamento climatico è criminale perché impedisce di affrontare in modo efficace le minacce alla vita. Lo abbiamo visto nella tempesta che ha devastato alcune zone di Valencia dopo che il governo regionale ha soppresso l’Unità di Emergenza Valenciana. In tutte le cosiddette catastrofi “naturali” degli ultimi tempi in Spagna ci sono tre questioni fondamentali da criticare: la mancanza di risorse, la mancanza di previsione e la mancanza di budget per la prevenzione e la ricostruzione. È qui che il confronto con i mezzi investiti nella spesa militare è più stridente. Si sostiene che sia uno spreco mantenere vigili del fuoco forestali, attrezzature e macchinari pesanti adeguati in inverno, ma quasi nessuno vede come uno spreco criminale avere 120.000 militari inattivi in inverno e in estate, in primavera e in autunno, “nel caso in cui” il nemico ci invada, creati per continuare ad alimentare il militarismo e le sue dinamiche di dominio e saccheggio. Lo stesso vale per l’equipaggiamento. Per ogni eventualità, carissimi carri armati, veicoli di ogni tipo, aerei e navi si trovano nei loro hangar militari o, peggio ancora, in esercitazione, inquinando il pianeta e cercando nemici in tutto il mondo. Mentre il fuoco continuava a bruciare ettari di terreno, i Comuni attendevano idrovolanti o attrezzature che dovevano arrivare da migliaia di chilometri di distanza perché non era prioritario disporre di maggiori risorse nel caso in cui ci fosse più di un grande incendio. È necessario ascoltare le lamentele dei residenti non solo per quanto riguarda la grave mancanza di risorse, ma anche per quanto riguarda la sicurezza del territorio, dei loro beni e delle loro vite. Obbligare gli abitanti a evacuare i paesi senza ulteriori indugi può essere necessario in alcuni casi, ma non deve essere la prima né l’unica opzione. Le amministrazioni devono prendere sul serio la necessità di dotare ogni Comune, ogni regione dei materiali necessari per affrontare il fuoco, in questo caso, nella fase iniziale, quando è più facile spegnerlo, sfruttando la motivazione e la conoscenza del territorio da parte della popolazione. Sarà necessario investire nella formazione di tecnici e specialisti e stabilire protocolli di coordinamento. Sarà necessario investire nella creazione di zone protette intorno ai centri abitati, ripiantare specie autoctone più resistenti al fuoco e cambiare il modello di approvvigionamento delle risorse dei boschi. È vero che tutto ciò richiede decisioni politiche e denaro. 17 miliardi sono l’1% del PIL, che basterebbe per molte politiche di prevenzione. Per “imposizione” del gangster dell’impero spenderemo il 5% del PIL[1] per preparare la guerra, fabbricando e acquistando armi americane di cui non abbiamo bisogno. È necessario mobilitarsi per fermare questa follia e investire in ciò che ci dà davvero sicurezza. Le guerre sono evitabili, prevedibili, prescindibili, sono un prodotto umano profondamente radicato nella cultura patriarcale militarista in cui viviamo. Le catastrofi sono inevitabili, possiamo solo prevenirne e mitigarne in parte alcune conseguenze. Sono ora il nostro vero nemico, non cerchiamo oltre. È fondamentale mettere in evidenza il costo opportunistico che comporta lo spreco militare. Ad esempio, con il costo di un caccia F35 si potrebbero acquistare 10 elicotteri antincendio. Possiamo fare l’equivalenza in scuole, ospedali, asili nido, alloggi popolari o finanziamenti alle università. Alimentare il militarismo ci porta alla distruzione reciproca assicurata come scenario finale. Superare il militarismo ci porterebbe a scongiurare la minaccia della distruzione e della guerra e a investire quelle enormi risorse per affrontare il cambiamento climatico, vera minaccia oggi per la vita. Ogni euro, ogni milione di euro investito in spese militari è un euro, un milione di euro che ci viene rubato, contro la vita. Smettiamo di investire nella preparazione della distruzione e della morte ciò di cui abbiamo bisogno per prenderci cura delle persone e del pianeta.  Nessun euro per il riarmo! Nessun voto per la guerra! Tutto il bilancio militare deve essere destinato alla difesa e alla sicurezza del territorio, delle persone e della biodiversità! Traduzione dallo spagnolo di Stella Maris Dante Revisione di Anna Polo [1] Visto che questo dato contraddice ciò che hanno riferito i mass media italiani, secondo cui la Spagna è stato l’unico Paese a rifiutare l’ultimatum di Donald Trump riguardo alle spese militari, abbiamo chiesto chiarimenti. L’autore, Alternativas Noviolentas, ci ha risposto così: Pedro Sanchez si vanta di rimanere al 2% del PIL, ma nel documento non compare alcuna eccezione e la realtà è che arriveremo al 5%. Se sommiamo la spesa militare nascosta, gli interessi sul debito militare e le voci extra-bilancio approvate quasi in ogni consiglio dei ministri, la spesa reale supera già il 4% del PIL.   Redacción España
Per gli USA, il Ponte sullo Stretto non può andare tra le spese per la difesa
Il governo Meloni, che più volte ha rivendicato una certa vicinanza a Trump, continua a subire il ‘fuoco amico’ dall’inquilino della Casa Bianca. In un’intervista rilasciata a Bloomberg, l’ambasciatore USA alla Nato, Matthew Whitaker, ha messo bene in chiaro che gli Stati Uniti non sono disposti ad accettare il Ponte […] L'articolo Per gli USA, il Ponte sullo Stretto non può andare tra le spese per la difesa su Contropiano.
Livelli record della spesa militare nei Paesi UE
 L’Agenzia europea per la difesa (EDA) ha da poco pubblicato il rapporto annuale relativo al biennio 2024-2025 concernente le spese per la difesa sostenute dai 27 Paesi membri della UE (in allegato). È bene sapere che abbiamo raggiunto la cifra record di 343 miliardi di euro per spese militari con un aumento, nel 2024, del 19 per cento rispetto all’anno precedente. Già oggi, con questo aumento abbiamo superato la soglia del 2% del PIL per spesa militare, sapendo che numerose altre voci e capitoli di spesa afferenti il settore della guerra sono a carico di altri Ministeri e non vengono annoverate nelle cifre ufficiali. Altra notizia rilevante è data dal fatto che una buona parte delle spese sostenute sono destinate a investimenti nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie oltre al tradizionale acquisto di nuovi sistemi di arma. Solo gli investimenti nella difesa superano il 30% della spesa totale, a fare la parte del leone l’ammodernamento tecnologico del settore militare, senza dimenticare che il capitolo di bilancio relativo alle infrastrutture civili viene in buona parte pensato in funzione del riarmo e di un ipotetico conflitto con la Russia. La spesa complessiva è destinata a crescere sempre più nei prossimi anni nell’ottica di costruire un modello nuovo di difesa europea all’interno della NATO e indipendentemente dalla stessa Alleanza Atlantica e prova ne sia una eloquente dichiarazione dei vertici della EDA che annuncia di volere raggiungere il 3,5% del PIL per spese militare come stabilito dalla NATO. Tradotto in euro, per raggiungere l’obiettivo perseguito dalla Alleanza Atlantica sarebbero necessari oltre 630 miliardi di euro all’anno https://eda.europa.eu/docs/default-source/brochures/2025-eda_defencedata_web.pdf EDA prevede per questo anno una spesa militare di circa 381 miliardi di euro ossia quasi 40 miliardi in più rispetto al 2024 con i cosiddetti investimenti nella difesa che passano da 106 a 130 miliardi di euro nel 2025 e la spesa per la ricerca e lo sviluppo (R&S) che dovrebbe superare i 17 miliardi rispetto ai 13 del 2024. I Paesi UE non sono tutti uguali anche davanti alle spese militari, quelli economicamente più forti hanno fortemente sviluppato gli investimenti in tecnologia e sviluppo, prime tra tutte le nazioni dell’Est oltre alla Germania che recentemente ha inaugurato una fabbrica di munizioni tra le più grandi al mondo capace tra meno di due anni di sfornare oltre 350 mila proiettili di artiglieria annui. Ma limitiamoci a menzionare direttamente le fonti ufficiali che parlano non solo dei risultati relativi all’anno 2024 ma anche delle previsioni per l’anno corrente, previsioni che a fine estate risultano ampiamente raggiunte: https://eda.europa.eu/news-and-events/news/2025/09/02/eu-defence-spending-hits-343-bln-in-2024-eda-data-shows Previsioni per il 2025: * Si prevede che la spesa per la difesa dell’UE raggiungerà i 381 miliardi di euro nel 2025 (rispetto ai 343 miliardi di euro del 2024) * La spesa del Blocco è prevista al 2,1% del PIL nel 2025, superando per la prima volta da quando sono iniziati i registri dell’EDA il precedente obiettivo del 2% della NATO. * Gli investimenti nella difesa dovrebbero raggiungere quasi 130 miliardi di euro nel 2025 (rispetto ai 106 miliardi di euro del 2024) * La spesa per ricerca e sviluppo (R&S) potrebbe aumentare fino a 17 miliardi di euro nel 2025 (rispetto ai 13 miliardi di euro del 2024)  Spesa europea per la difesa nel 2024 – Risultati principali: * Nel 2024, 25 Stati membri hanno aumentato la loro spesa per la difesa in termini reali, uno in più rispetto al 2023, mentre solo due paesi l’hanno leggermente ridotta. Sedici Stati membri hanno aumentato la loro spesa di oltre il 10%, rispetto agli undici del 2023.   * Nel 2024, la spesa totale per la difesa per personale militare attivo ha raggiunto la cifra record di 249.000 euro, in aumento rispetto ai 211.000 euro del 2023 e notevolmente superiore ai 138.000 euro spesi nel 2014.  * Nel 2024, 24 Stati membri hanno raggiunto il parametro di riferimento del 20% per gli investimenti nella difesa, rispetto ai 20 del 2023, una tendenza in accelerazione poiché i paesi destinano una quota sempre maggiore della loro spesa agli investimenti. * Gli acquisti di equipaggiamenti per la difesa sono aumentati del 39% dal 2023 a 88 miliardi di euro nel 2024, con una spesa prevista per il 2025 superiore ai 100 miliardi di euro. Si prevede che la tendenza al rialzo continuerà, poiché diversi Stati membri hanno annunciato ulteriori aumenti di bilancio e firmato importanti accordi di appalto nel 2024. * L’approvvigionamento di equipaggiamenti rappresenta oltre l’80% degli investimenti nella difesa. Mentre le esigenze a breve termine hanno spinto gli Stati membri a dare priorità alle soluzioni esistenti, gli investimenti in ricerca e sviluppo sono aumentati. * Un aumento significativo della spesa in ricerca e sviluppo è essenziale per sviluppare capacità di nuova generazione e ridurre la dipendenza dai mercati esteri. La cooperazione in ambito di difesa offre vantaggi quali economie di scala, costi inferiori, migliore interoperabilità e riduzione delle duplicazioni. * Nel 2024, la spesa per la ricerca e sviluppo nel settore della difesa è aumentata. L’aumento del 20% nel 2024 rappresenta una notevole accelerazione rispetto alla crescita del 6% registrata nel 2023. La spesa per la ricerca e sviluppo nel settore della difesa ha raggiunto i 13 miliardi di euro nel 2024. Alla luce di questi dati la UE è direttamente protagonista del grande Riarmo all’interno della NATO e indipendentemente dalla stessa, sta costruendo politiche di bilancio destinate a supportare ingenti investimenti in tecnologia e nello sviluppo di sistemi duali o specificamente militari, si tratta ora di capire dove prenderanno invece parte dei soldi mancanti, se i Bilanci nazionali saranno gestiti attraverso i tagli alla previdenza pubblica, al welfare e al sociale come sembra scontato che avvenga. Siamo certi che non si fermeranno alle attuali folli cifre del riarmo, gli incrementi cresceranno in maniera esponenziale anno dopo anno piegando interi settori dell’economia e della società alle logiche e agli interessi di guerra. Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Record di spese militari nella UE, Kallas inaugura “l’era della difesa europea”
L’Agenzia Europea per la Difesa (EDA) ha pubblicato il proprio rapporto annuale sui dati relativi alle spese militari dei 27 membri UE nel biennio 2024-2025. Lo scorso anno i paesi europei hanno raggiunto il record di ben 343 miliardi di euro collocati nella difesa, con un incremento di ben il […] L'articolo Record di spese militari nella UE, Kallas inaugura “l’era della difesa europea” su Contropiano.
Proposta documento per Collegi Docenti: “Noi siamo docenti pacefondai”
Il gruppo scuola dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ha messo a punto una documento da sottoscrivere da parte dei/delle docenti a inizio anno scolastico per assumere un preciso indirizzo didattico pacifista e, al tempo stesso, esprimere una dichiarazione d’intenti per rifiutare che i propri studenti e le proprie studentesse svolgano attività che prevedano la partecipazione diretta o indiretta di Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria, Polizia locale, Forze Armate Italiane e/o di altre nazioni. Si invitano i/le docenti a scaricare il PDF in fondo al testo, a sottoscriverlo in maniera collettiva e inviarlo al nostro indirizzo osservatorionomili@gmail.com. Istruzione, formazione, inclusione, autonomia, crescita personale e soprattutto far sì che ragazze e ragazzi possano presentarsi al mondo adulto come cittadine e cittadini: questi sono i compiti fondamentali della scuola italiana. In tutti gli ordini e gradi di scuola noi docenti, al di là della specifica disciplina insegnata, dobbiamo contribuire al raggiungimento di questi obiettivi. E dobbiamo farlo subito con consapevolezza, se vogliamo impedire che le tragedie del secolo scorso, il colonialismo, la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, il genocidio di gruppi di persone largamente riconducibili a categorie razziali, culturali, etniche e religiose, possano ripresentarsi oggi. Per questo vogliamo ricordare, in particolare, il “Mai più” risuonato nel Preambolo della Carta dell’UNESCO, che ha trovato fondamento nella Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio dell’ONU entrata in vigore nel 1951, il quale all’articolo II riporta: «Nella presente Convenzione, per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale: a) uccisione di membri del gruppo; b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo; e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro». A partire da queste evidenze giuridiche, come docenti, come educatori ed educatrici che vogliono costruire un’umanità di pace, non possiamo non condannare i fantomatici progetti di fare di Gaza la riviera balneare del continente asiatico con la conseguente deportazione del popolo palestinese altrove. Non possiamo non condannare quello che per la Corte Penale Internazionale e per accreditate ONG, tra cui Amnesty International, viene rubricato come genocidio nei confronti di tutta la popolazione palestinese, affamata e privata di ospedali, cure mediche essenziali, scuole e università. Non possiamo non guardare con preoccupazione alla folle corsa al riarmo, che punta all’investimento del 5% del PIL nazionale in spese legate alla difesa e alla sicurezza, mentre le nostre scuole avrebbero bisogno di interventi strutturali per rendere più decoroso il nostro lavoro e più sicura la permanenza degli studenti e delle studentesse nelle aule. Il rischio che si intravede è che, oggi come un secolo fa, la mediocre normalità diventi abulia morale anche nell’ambito dell’educazione, giacché è proprio nell’abulia dei molti che trova spazio l’affaccendarsi violento e spregiudicato di pochi avidi di potere, mentre la consapevole scelta partigiana di pace viene messa costantemente sotto scacco. Come docenti, come educatrici ed educatori, noi ci opponiamo a questa deriva con questo documento che sottoscriviamo. Lavoriamo per costruire convivenze pacifiche, abilità nella cooperazione, pace come modello di vita autentica, fatta di responsabilità condivise. Insegniamo che ogni persona ha diritto a vivere con dignità, a immaginare un futuro migliore, a coltivare sogni e quindi non accettiamo che questi valori vengano calpestati. Esistono alternative alla violenza: gli strumenti del diritto internazionale, le vie diplomatiche, le forme di pressione nonviolenta, come il disinvestimento o il boicottaggio, e di questo vogliamo farci portavoce con il nostro lavoro. Noi siamo lavoratori e lavoratrici per la diffusione della cultura, della libertà, della dignità umana, della ricerca della giustizia. Noi siamo docenti pacefondai.   Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università