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Il “Defence Summit” a Roma si blinda per paura delle proteste. Militari e manager pianificano il riarmo e l’economia di guerra
Il “Defence Summit” doveva svolgersi lo scorso 11 settembre a Roma, ma le proteste e gli annunci di una mobilitazione di massa antimilitarista avevano costretto gli organizzatori al rinvio . Ieri sono tornati alla carica blindandosi nella sede del Centro Alti Studi Difesa sul Lungotevere e hanno riunito i vertici […] L'articolo Il “Defence Summit” a Roma si blinda per paura delle proteste. Militari e manager pianificano il riarmo e l’economia di guerra su Contropiano.
Sciopero generale, Milano attraversata da un grande corteo
Si sapeva che i numeri non sarebbero stati quelli di fine settembre, e non sappiamo neppure quanta sia stata la percentuale di scioperanti, ma la manifestazione di Milano è venuta molto bene. Appuntamento alle nove e mezza, giornata serena, ma molto fredda. Come spesso avviene all’inizio si è in pochi e gli umori sono piuttosto bassi. Ma alla partenza il corteo è fitto e durante la prima parte del percorso si riempie, settemila? Ottomila? La componente studentesca è maggioritaria, ma ciò significa anche che la forza, il colore e l’energia sono tante. Parte dal centro e va verso la periferia; diversi i camion che mandano musica, da cui partono interventi forti e ascoltati. La causa palestinese si incrocia sempre meglio con una militarizzazione diffusa, una repressione che cresce, investimenti in spese militari da paura, tagli alla spesa sociale che producono rabbia ogni giorno di più, stipendi al palo. Vengono poi ricordate le parole di ministri sempre più impresentabili. “Governo Meloni, dimissioni” grida la piazza. Striscioni, bandiere, cartelli, la giornata si intiepidisce e si cammina si cammina. Si dovrebbe finire alla stazione ferroviaria di Lambrate, ma probabilmente la questura non è d’accordo, c’è pure un elicottero che vola tutto il tempo sulla testa dei manifestanti. Dall’alto hanno deciso che alla stazione non ci si avvicina e così cominciano dei muri di camionette e agenti antisommossa che deviano il corteo, una, due, tre volte. Il corteo è compatto, non si cercano tensioni, gli idranti sopra un enorme camion non devono essere attivati. E così il corteo va avanti, avanti. Alla fine si saranno fatti quasi dieci chilometri, si finisce alle due del pomeriggio, l’anfiteatro della Martesana accoglie coloro che hanno resistito fino alla fine. Viene anche composta una grande scritta “Free Marwan Barghouti” a ricordare che domani inizia una campagna internazionale per la liberazione del leader palestinese e per la libertà di tutti i prigionieri politici palestinesi. La pace è ancora molto lontana. Bisogna continuare. E domani altro corteo alle 14 da piazza 24 Maggio, ma stavolta si finisce in piazza Duomo. Foto di Andrea De Lotto e Fiorella Socci Andrea De Lotto
Sono gli interessi dell’industria militare a spingere la corsa al riarmo
Riceviamo e pubblichiamo da Gianni Alioti, attivista di ‘Weapon Watch’ ed uno dei maggiori esperti italiani di produzioni militari Nel 1988, il punto più alto raggiunto durante la Guerra Fredda, le spese militari nel mondo, a valori costanti, avevano raggiunto i 1.750 miliardi di dollari, nel 2024 le stesse hanno raggiunto ii massimo storico di 2.718 miliardi di dollari (+55% in termini reali).(Fonte SIPRI) L’andamento delle spese militari – a valori costanti- dal 1988 al 2024 dimostra quanto non sia vero che abbiamo goduto di un “dividendo della pace”. Ciò è vero solo nella prima metà degli anni ‘90 per effetto degli accordi di disarmo tra Urss e Usa e tra la Nato e il Patto di Varsavia, che sancirono la fine della ‘Guerra fredda’. Poi le spese militari hanno ripreso a crescere (specie dal 1999), con una flessione negli anni successivi alla crisi finanziaria del 2008-2009, per poi impennarsi negli ultimi dieci anni. Sul piano ReArm Europe, l’ingente trasferimento di risorse pubbliche verso le spese militari (+800 miliardi entro i prossimi quattro anni e l’obiettivo del 5% del Pil entro il 2035) e la preparazione alla guerra con la Russia, si innesta su un decennio (2014-2024) di crescita delle spese militari nei paesi Ue (+ 121%) e della voce armamenti (+325%)- dati depurati dall’inflazione – (Fonte Consiglio Europeo). L’ultimo rapporto della Agenzia europea della difesa ha confermato che l’anno scorso, le spese militari nei 27 paesi Ue hanno raggiunto 343 miliardi di euro e quest’anno raggiungeranno i 392 miliardi di euro (+11% in termini reali). E’ grave che il piano di riarmo europeo sia stato imposto dalla Comunità Europea senza un vero dibattito pubblico e una approvazione parlamentare, sia per le ragioni etiche e politiche che per le conseguenze sulla tenuta del welfare e sulle politiche di contrasto alla crisi climatica. Rispetto al coordinamento del piano ReArm Europe, ai fini di una difesa comune europea e del rafforzamento dell’industria europea della difesa, all’orizzonte di questa Ue non c’è in agenda alcun percorso per una difesa comune europea. Per la prima volta, invece, la Comunità Europea ha un commissario all’industria della difesa e dello spazio. Rispetto al passato, il budget europeo destinato a spese militari sarà tale da poter favorire politiche di coordinamento e integrazione dell’industria europea. Sono gli interessi dell’industria militare pertanto, a condurre le danze con la politica in Europa, a pieno servizio del complesso militare-industriale e finanziario. Ad esempio, la tedesca Rheinmetall è il più importante hub europeo sia per l’espansione a Est delle produzioni militari,compresa l’Ucraina, sia nel potenziamento del settore del munizionamento e dei veicoli corazzati a livello globale (a partire dalla joint venture con Leonardo). Nei fatti, le scelte strategiche di Rheinmetall confermano come, prescindendo dalla retorica sul recupero di autonomia dell’industria europea verso quella americana nel campo della difesa, non emerga in realtà una strategia coerente in ambito Ue. Un’industria militare europea in competizione con quella nord-americana non esiste, mentre c’è una compenetrazione e interdipendenza produttiva e tecnologica tra le due sponde dell’Atlantico. Insieme a un’integrazione dei mercati, con una presenza diretta reciproca delle aziende Usa nel mercato europeo e delle aziende europee nel mercato americano, è presente, soprattutto, una integrazione finanziaria. Gli azionisti che controllano le cinque maggiori aziende al mondo per fatturato militare sono anche i principali azionisti delle più importanti aziende europee: Airbus, BAE Systems, Rolls Royce, Leonardo, Hensoldt, Rheinmetall, JSC Ukrainian Defense Industry ecc. E’ questa la vera dinamica che ci spinge al riarmo ! Redazione Italia
Oltre 800 organizzazioni invitano gli europarlamentari a trasferire i fondi dalla guerra alla pace
Egregi/e componenti del Parlamento Europeo, la prossima settimana sarete chiamati a votare su una questione cruciale, il bilancio 2026 e altri voti e negoziati importanti sono in programma o già in corso, tra cui il prossimo bilancio a lungo termine dell’UE (QFP 2028-2034) e una serie di “pacchetti omnibus”, ovvero processi di deregolamentazione. Tutte queste proposte prevedono aumenti massicci della spesa militare e regali all’industria degli armamenti. Vi chiediamo con forza di opporvi a queste mosse pericolose e di reindirizzare le risorse verso politiche di pace autentiche. Siamo Stop ReArm Europe, una coalizione di oltre 800 organizzazioni e movimenti della società civile di tutta Europa, che rappresentano una varietà di settori e/o contesti politici e abbiamo qualcosa in comune. Vogliamo una sicurezza autentica, ovvero una sicurezza incentrata sui bisogni umani quali la sicurezza ambientale e climatica, la sicurezza alimentare ed economica, la sicurezza sociale e sanitaria, la sicurezza comunitaria e politica, per gli europei e per tutti i cittadini del mondo. Vogliamo una pace trasformazionale e giusta che includa le condizioni necessarie per il prosperare delle società, quali l’affrontare le cause profonde dei conflitti, il buon governo, la libertà e la promozione del potenziale creativo umano. In breve, una sicurezza comune sia per gli Stati che per i popoli. In qualità di attori della società civile, siamo più determinati che mai a fare tutto ciò che è in nostro potere per realizzare questo obiettivo, ma non possiamo farlo da soli. Abbiamo bisogno del vostro aiuto in qualità di decisori politici; abbiamo bisogno del vostro aiuto per fare dei valori universali dei diritti umani e del diritto internazionale i principi guida delle politiche dell’UE e per porre fine a decenni di pratiche basate su due pesi e due misure, che sono diventate così evidenti negli ultimi anni. La stessa storia dell’integrazione europea la rende particolarmente vulnerabile all’influenza indebita degli interessi delle imprese, come dimostrato da numerose relazioni e le politiche di riarmo non fanno eccezione a questa regola; anzi, è proprio il contrario. La discreta ma potente attività di lobbying dell’industria degli armamenti ha svolto un ruolo decisivo nell’adozione dei primi sussidi dell’UE dieci anni fa e da allora la sua influenza sulle politiche europee sia militari che civili ha continuato a crescere. I budget destinati alle attività di lobbying delle dieci maggiori aziende produttrici di armi sono aumentati del 40% tra il 2022 e il 2023. Solo nel 2025 (fino a ottobre), la Commissione ha incontrato 89 volte i lobbisti dell’industria degli armamenti per discutere di riarmo e geopolitica, e solo 15 volte i sindacati, le ONG o gli scienziati sugli stessi argomenti. Nel frattempo, i membri del Parlamento Europeo hanno incontrato la lobby delle armi 197 volte tra giugno 2024 e giugno 2025, rispetto alle 78 volte dei cinque anni precedenti. Di conseguenza, il cosiddetto piano di “prontezza alla difesa” per la presunta autonomia europea si riduce in ultima analisi a sovvenzionare grandi aziende militari, spesso internazionali, a incrementare la produzione e ad aumentare le vendite di armi, comprese le esportazioni al di fuori dell’Europa. Il pacchetto “difesa omnibus” segue la stessa logica, in quanto deregolamenta ulteriormente le norme sociali e ambientali, nonché gli standard etici e di esportazione di armi, distoglie risorse dai programmi civili come la politica di coesione e stravolge i principi della finanza sostenibile, il tutto nell’interesse del settore degli armamenti. Quando sarà abbastanza per l’industria degli armamenti? Oltre a indebitare l’Europa, e quindi i suoi cittadini, a vantaggio dell’industria degli armamenti e di un modello economico estrattivo e iniquo, i piani di riarmo sottraggono risorse finanziarie, umane e politiche alla sicurezza umana, dalla prevenzione e dalla risoluzione pacifica dei conflitti e dalle grandi sfide che l’umanità deve affrontare, dal cambiamento climatico alla perdita di biodiversità o alla crisi sanitaria, solo per citarne alcune. E la proposta per il prossimo quadro finanziario compie un ulteriore passo in questa direzione, poiché prevede un aumento di cinque volte del bilancio destinato direttamente alle politiche di difesa e spaziali, oltre a programmi civili ampiamente aperti all’industria degli armamenti. Con il bilancio complessivo dell’UE che rimane praticamente stabile, ciò comporta necessariamente una diversione delle risorse finanziarie precedentemente destinate alle politiche civili, anche se la profonda ristrutturazione del QFP (Quadro Finanziario Pluriennale) rende molto difficile identificare trasferimenti specifici. Nel complesso, il piano ReArm Europe del marzo 2025, insieme a tutte le politiche precedenti e successive ad esso correlate, è destinato al fallimento perché rafforzerà essenzialmente l’insicurezza europea e globale, alimenterà la corsa globale agli armamenti – che a sua volta alimenta i conflitti armati – ed esacerberà il cambiamento climatico e il danno ambientale, data l’impronta di carbonio e ambientale delle forze armate. È questo il futuro che voi e noi desideriamo per la prossima generazione? Noi no e siamo convinti che nemmeno voi lo desideriate. Vi esortiamo quindi a trasferire i fondi dalla guerra alla pace, al fine di creare le condizioni ambientali, economiche, sociali, politiche e diplomatiche per una pace positiva, la sicurezza umana e la sicurezza comune. Ci sono una serie di misure concrete e decisioni che potete adottare nelle prossime settimane e nei prossimi mesi per iniziare a preparare un futuro migliore. In particolare, vi esortiamo a: 1. Respingere il bilancio 2026 nella votazione plenaria della prossima settimana e chiedere: * di riavviare con urgenza i negoziati per ridurre i sussidi all’industria degli armamenti e aumentare gli stanziamenti destinati alla diplomazia e alla prevenzione e risoluzione pacifica dei conflitti * la fine di tutte le clausole di esenzione che impediscono il normale controllo parlamentare su tutti i programmi relativi al settore militare 1. Difendere le norme sociali e ambientali nonché gli standard etici, opponendosi alle diverse proposte dell’«omnibus per la difesa», in particolare: * impedire che il Fondo europeo per la difesa inizi a finanziare attività di sperimentazione al di fuori dell’Europa, poiché ciò consentirebbe di utilizzare il denaro dei contribuenti dell’UE per testare armi e tecnologie militari in qualsiasi zona di guerra, come Gaza e l’Ucraina; * opporsi entro il 29 novembre alla proposta di limitare la definizione di armi controverse alle armi proibite, fintantoché l’UE finanzia lo sviluppo di armi dirompenti; * respingere l’allentamento dei trasferimenti di armi all’interno dell’UE, che è in contraddizione con gli obblighi dei Paesi dell’UE ai sensi del diritto internazionale; * respingere l’estensione delle esenzioni e delle deroghe alle norme in materia di lavoro, sostanze chimiche, ambiente e altre norme a favore dell’industria degli armamenti; * respingere l’allentamento degli obblighi di rendicontazione dell’industria degli armamenti nell’ambito dei quadri esistenti in materia di responsabilità delle imprese e sostenibilità. 1. Respingere l’attuale proposta del prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP 2028-2034) per quanto riguarda i seguenti aspetti: * respingere il Fondo per la competitività che stanzia 130 miliardi di euro per le armi e lo spazio militarizzato * respingere la diversione di programmi civili, in particolare la ricerca civile come Horizon, nonché i programmi digitali, di mobilità, di coesione e altri, per scopi militari * riassegnare tali fondi al rafforzamento della diplomazia e degli aiuti esterni, con una chiara attenzione alla lotta contro il cambiamento climatico, la povertà e la disuguaglianza, nonché alla tutela dei diritti umani e dell’ambiente e un sostegno risoluto e coerente alla risoluzione pacifica dei conflitti con il coinvolgimento delle donne, dei giovani e delle comunità emarginate 1. Opporsi con forza alle attuali pressioni volte a limitare in modo significativo la capacità e la legittimità degli attori della società civile di controbilanciare l’influenza delle imprese a livello dell’UE; l’attuale equilibrio di potere è già fortemente sbilanciato a favore degli interessi delle imprese e un’ulteriore emarginazione delle voci della società civile rappresenta una minaccia diretta al dibattito democratico nell’interesse pubblico. Se desiderate interagire e discutere con noi delle questioni sollevate in questa lettera, vi preghiamo di contattarci all’indirizzo contact@stoprearm.org. Saremo lieti di organizzare incontri online in cui potrete scambiare con molti di noi le vostre opinioni, speranze e progetti per la pace. Vi ringraziamo per l’attenzione e restiamo in attesa di un vostro riscontro. A nome della campagna Stop ReArm Europe Il team di coordinamento di StopReArm Europe Scarica la lettera e gli indirizzi email dei parlamentari italiani     STOP ReArm Europe
“Stiamo correndo verso la guerra totale”
Stiamo correndo verso la guerra totale. Stamani ho sentito un’intervista di Pina Picerno, vice presidente del Parlamento europeo, che sosteneva la necessità di un riarmo dell’Ucraina sostanzialmente senza limiti perché solo sconfiggendo la Russia l’Europa potrebbe evitare un’invasione e difendere i suoi valori liberali e democratici. Per dirla meglio, noi […] L'articolo “Stiamo correndo verso la guerra totale” su Contropiano.
Rete Antimilitarista del Nord Italia: contro “la guerra, la militarizzazione e le politiche del governo Meloni”
I promotori della manifestazione che domani, sabato 15 novembre, dal centro di Cameri si muoverà fino allo stabilimento della Leonardo SpA propongono l’aggregazione e l’allenza tra i molteplici gruppi locali che in Italia settentrionale sono impegnati in attività di contrasto all’espansione dell’industria bellica. PER UNA RETE ANTIMILITARISTA DEL NORD ITALIA DA CAMERI, CONTRO LA GUERRA, LA MILITARIZZAZIONE E LE POLITICHE DEL GOVERNO MELONI L’Europa e l’Italia sono in piena fase di riarmo. Da ben prima del governo Meloni il Paese sta destinando risorse pubbliche senza precedenti alla produzione e all’acquisto di armi – dai nuovi F-35 allo stabilimento FACO di Cameri, cuore pulsante della fabbrica di guerra europea – mentre sanità, scuola, servizi sociali e transizione ecologica vengono smantellati. Il 15 novembre 2025, a Cameri, si partecipa ad una mobilitazione popolare che non si riduce a un singolo presidio. Facciamo anche qui un primo passo di una rete antimilitarista diffusa, che unisce collettivi, associazioni, comitati locali, sindacati di base, attivisti per la pace, per i diritti umani e per la giustizia climatica, con l’obiettivo di coordinarsi su scala regionale e nazionale. ● Opporsi al riarmo dell’Europa e del governo Meloni e alla militarizzazione dell’economia ● Bloccare l’aumento della spesa militare (da 30 a 100 miliardi entro il 2035) e restituire risorse a sanità, scuola, welfare e transizione ecologica ● Denunciare il ruolo di Leonardo S.p.A. e delle altre aziende belliche come attori di guerra protagonisti di violazioni dei diritti umani ● Promuovere la riconversione civile delle industrie oggi dedite alla produzione di armi ● Costruire un fronte comune tra Nord e Sud Italia, connesso alle lotte antimilitariste europee e internazionali La rete si fonda sui principi di * nonviolenza attiva * trasparenza * democrazia orizzontale * solidarietà internazionalista Attraverso assemblee locali, campagne informative, iniziative di disobbedienza civile nonviolenta e pressione sulle istituzioni, miriamo a rendere visibile e inarrestabile il rifiuto popolare alla guerra. Prime adesioni: Coordinamento Novara per la Palestina Comitato Vercelli per la Palestina Individualità lombarde e piemontesi No Army No Border / Il nero drappo VCO ADESIONI E CONTATTI : prochannel@protonmail.com Redazione Italia
Se la scuola non si arruola
di Valentina Pazé* La politica insiste nel preparare la guerra ma, per fortuna, l’attrazione per le armi appartiene più alla classe politica che ai cittadini. “La scuola non si arruola”, …
Francesca albanese a sostegno allo sciopero generale ed alla manifestazione nazionale di 28 e 29 novembre
L’Unione Sindacale di Base ringrazia Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i territori palestinesi occupati, per il video di sostegno allo sciopero generale e alla manifestazione nazionale a Roma previsti i prossimi 28 e 29 novembre. Saremo In piazza il 28 e 29 novembre insieme contro la finanziaria […] L'articolo Francesca albanese a sostegno allo sciopero generale ed alla manifestazione nazionale di 28 e 29 novembre su Contropiano.
Nella manovra più armi e meno risorse servizi e salari. Unica risposta lo sciopero generale
Martedi si sono tenute le audizioni delle Organizzazioni Sindacali presso le commissioni bilancio di Camera e Senato relativamente alla Legge di Bilancio. USB ha ribadito il proprio giudizio negativo sia sull’impianto complessivo che per quanto riguarda le misure previste, in particolare in tema di salari. La manovra del Governo Meloni […] L'articolo Nella manovra più armi e meno risorse servizi e salari. Unica risposta lo sciopero generale su Contropiano.
“Questo ponte non s’ha da fare”… ma il governo pensa a una scappatoia
La Corte dei Conti ha deciso infine di negare il visto di legittimità alla delibera del CIPESS dello scorso agosto, con la quale era stato approvato il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto di Messina. Un altro colpo alla storia travagliata di questa grande opera inutile, su cui però il […] L'articolo “Questo ponte non s’ha da fare”… ma il governo pensa a una scappatoia su Contropiano.