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Quel consenso dato per scontato
-------------------------------------------------------------------------------- Roma, 22 novembre 2025. Foto di Patrizia Piras -------------------------------------------------------------------------------- La proposta di modifica dell’articolo 609-bis del codice penale in materia di violenza sessuale e di libera manifestazione del consenso, come noto, è stata approvata alla Camera e ora bloccata in Senato dalla Lega. Pur tenendo conto delle difficoltà che avrà l’applicazione della legge nell’azione processuale il suo valore simbolico resta innegabile. Dire infatti che senza il consenso della donna si è difronte a uno stupro significa mettere in discussione un pregiudizio di fondo della misoginia che abbiamo ereditato: quello che ha visto la donna come “la sessualità dell’uomo oggettivata”, “la sua colpa divenuta carne”. Solo rinunciando alle sue “intenzioni immorali verso di lui’, la donna può restituire l’uomo al suo “Io migliore”. Chi scrive questo è il giovane filosofo viennese Otto Weininger, morto suicida a ventitré anni, dopo aver pubblicato la sua tesi di laurea “Sesso e carattere” nel 1903. Ma attraverso di lui è tutta la cultura greco romana cristiana che parla, in quel fondamento sessista, razzista e classista, che ha visto la donna come la “maledizione” dell’uomo, la “tenebra materna” che lo vincola alle sue radici biologiche, pulsionali, al corpo e alle sue passioni più violente e degradanti. Pretendere che nella sessualità ci sia “il consenso libero e attuale” della donna vuol dire perciò intaccare alla radice l’idea che, detto volgarmente, nel caso di un’aggressione o di uno stupro, “è lei che se l’è cercata”, e che perciò “ha goduto”, lo ha desiderato. In altre parole: il consenso della donna donna è dato per scontato, perché la donna, nell’immaginario maschile trasmesso per generazioni dalla cultura dominante, è per sua “natura” essenzialmente “sessualità”. Il suo unico desiderio è il coito, essere posseduta. Della misoginia, tuttora presente nei rapporti personali, intimi, così come nelle istituzioni della vita pubblica, nelle leggi e nell’azione giudiziaria, gli esempi non mancano. Si può aggiungere che, in alcuni casi, come nel giovane filosofo viennese, gli uomini stessi ne sono vittime. -------------------------------------------------------------------------------- LEGGI ANCHE QUESTO ARTICOLO: > Ogni chiave agitata tra le mani è una promessa -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Quel consenso dato per scontato proviene da Comune-info.
Altro che vergine infantile e fragile
-------------------------------------------------------------------------------- unsplash.com -------------------------------------------------------------------------------- Teresa Forcades da molti anni apre crepe nella relazione tra libertà e fede. Monaca benedettina catalana, medico, teologa femminista, nel suo ultimo libro, Queer Mary (Castelvecchi), propone una lettura teologica e biblica di Maria di Nazareth che ribalta molti stereotipi secolari. Ragionando sul futuro dell’esperienza cristiana, invece di partire da Maria madre fedele e paziente rimette al centro il Magnificat, il cantico raccolto nel Vangelo di Luca con il quale la giovane donna palestinese ringrazia Dio perché si schiera con il popolo oppresso: “rovescia i potenti dai troni”, “esalta gli umili”, “lascia i ricchi a mani vuote”. La gioia del suo canto non è solo per sé, ma per tutto il popolo. Una voce potente: del resto, anche se la tradizione cattolica, fortemente intrisa ancora oggi di patriarcato, si è inventata e ha esaltato Maria donna silenziosa, spiega Forcades, se si prendono in considerazione il numero di parole pronunciate, solo Giovanni Battista e Zaccaria superano Maria, se si prendono in considerazioni le azioni compiute, è invece superata solo da Pietro. A Maria è successo quel che accade a molte donne: “le sue parole sono sottovalutate…”. C’è un altro momento molto significativo in cui Maria prende parola, quando insieme a Giuseppe ritrova il giovanissimo Gesù discutere al tempio. In pubblico sarebbe dovuto intervenire soltanto il padre, invece Maria agisce senza dipendere dall’uomo: “Giuseppe non è affatto annullato, ma è dislocato rispetto al posto di dominio”. In realtà tutto il messaggio cristiano, osserva la teologa femminista, è un invito a non considerare il maschile o il femminile più importante dell’altro. La monaca benedettina parla di “de-essenzializzare il binarismo sessuale”. In questo orizzonte, l’interazione tra lo Spirito Santo e Maria non è tra un principio maschile e un principio femminile, ma l’interazione di due libere volontà, quella di Dio e quella di Maria. Insomma, abbracciare il cristianesimo è vivere in pieno la nostra umanità e scoprire una chiamata alla queerness che non esclude mai nessuno. Altro che vergine infantile e fragile, come viene ancora oggi per lo più rappresentata Maria. Non solo: il concepimento senza peccato originale, secondo Forcades, dimostra che ogni persona può sempre vivere esperienze di riscatto e liberazione. Anche la “dichiarazione dell’Assunzione di Maria al cielo con corpo e anima equivale a dichiarare che il suo modo di vivere la sua identità personale sulla Terra era completamente libero”. Maria non ha avuto paura, ha vissuto un’apparente inaudita reciprocità con Dio, tanto da accoglierlo come padre ma anche come figlio, cioè come colui che riceve. “In questo senso, è appropriato affermare che l’esperienza cristiana del XXI secolo sarà mariana, o non sarà”. -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Altro che vergine infantile e fragile proviene da Comune-info.
De-occidentalizzare e de-patriarcalizzare la Chiesa
SECONDO LEONARDO BOFF, INSIEME ALLA POVERTÀ E ALLA QUESTIONE ECOLOGICA, SONO DUE LE PRINCIPALI SFIDE PER IL NUOVO PAPA: LA DE-OCCIDENTALIZZARE E LA DE-PATRIARCALIZZARE DELLA CHIESA. GLI ANNI VISSUTI CON I POVERI DEL PERÙ, DOVE CON GUSTAVO GUTIÉRREZ È NATA E SI È SVILUPPATA LA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE, POTREBBERO RIVELARSI DECISIVI Contadini del Perù, un paese dominato dall’estrattivismo. Foto di desinformemonos.org -------------------------------------------------------------------------------- Confesso che sono rimasto sorpreso dalla nomina del cardinale nordamericano-peruviano Prevost al supremo pontificato della Chiesa. Ciò per mia ignoranza. In seguito, quando mi sono informato meglio, guardando i video su Youtube e i suoi discorsi tra la gente, stando in mezzo a un’alluvione in una città peruviana e la sua particolare attenzione per la popolazione indigena (la maggioranza dei peruviani), ho capito che lui può davvero essere la garanzia di continuità con l’eredità di papa Francesco. Non avrà il suo carisma, ma sarà se stesso, più riservato e timido ma molto coerente con le sue posizioni sociali, comprese le critiche al presidente Trump e al suo vice. Non a caso papa Francesco lo ha chiamato dalla sua diocesi dei poveri in Perù e lo ha chiamato a ricoprire un ruolo importante nell’amministrazione del Vaticano. Leone XIV ha vissuto gran parte della sua vita fuori dagli Stati Uniti, per molti anni come missionario e poi come vescovo in Perù, dove certamente ha acquisito una vasta esperienza di un’altra cultura e della difficile situazione sociale povera della maggior parte della popolazione. Confessò esplicitamente di essersi identificato con quelle persone al punto di naturalizzarsi peruviano. Il suo primo discorso al pubblico è stato contro le mie aspettative iniziali. È stato un discorso pio e rivolto all’interno della Chiesa. Non è stata citata la parola “poveri”, tanto meno liberazione, minacce alla vita e il grido ecologico. Il tema forte è stato la pace, in particolare “disarmata e disarmante”, una critica delicata a quanto sta accadendo oggi in modo drammatico, come la guerra in Ucraina e il genocidio, a cielo aperto, di migliaia di bambini e civili innocenti nella Striscia di Gaza. È sembrato che gli atri temi non fossero nella coscienza del nuovo papa. Ma credo che torneranno presto anche quelli, perché tali tragedie erano così forti nei discorsi di papa Francesco, suo grande amico, che devono ancora risuonare nelle orecchie del nuovo papa. Papa Francesco, in quanto gesuita, aveva un raro senso della politica e dell’esercizio del potere, attraverso il famoso “discernimento dello spirito”, una categoria centrale della spiritualità di Sant’Ignazio. La mia supposizione è che egli ha visto nel cardinale Prevost un suo possibile successore. Non apparteneva alla vecchia e già decadente cristianità europea, proveniva dal Grande Sud, con un’esperienza pastorale e teologica maturata nella periferia della Chiesa, nel suo caso il Perù, dove con Gustavo Gutiérrez è nata e si è sviluppata la teologia della liberazione (leggi anche L’impronta indelebile di Gustavo Gutiérrez, icona della teologia della liberazione). Sicuramente, con il suo modo di fare gentile e la sua predisposizione all’ascolto e al dialogo, porterà avanti le sfide assunte e le innovazioni affrontate da papa Francesco, che non è il caso qui di elencarle. Ma, dal mio punto di vista, ci saranno altre sfide, mai prese sul serio dagli interventi dei papi precedenti: come de-occidentalizzare e de-patriarcalizzare la Chiesa cattolica di fronte alla nuova fase dell’umanità. Essa è caratterizzata dalla mondializzazione dell’umanità (non solo in senso economico, ora turbato da Trump) che, anzi, si sta realizzando a ritmi sempre più rapidi in termini politici, sociali, tecnologici, filosofici e spirituali. In questo processo accelerato, la Chiesa Cattolica nella sua istituzionalizzazione e nella forma come si è strutturata gerarchicamente, appare come una creazione dell’Occidente. Questo è innegabile. Dietro a tutto, c’è il diritto romano classico, il potere degli imperatori con i suoi simboli, riti e modalità di esercizio del potere accentrati in un’autorità massima, il papa, «con potestà ordinaria, massima, piena, immediata e universale» (canone 331), attributi che, in verità, spetterebbero solo a Dio. A ciò si aggiunge la sua infallibilità in materia di fede e morale. Non si potrebbe andare oltre. Papa Francesco si è consapevolmente allontanato da questo paradigma e ha iniziato a inaugurare un altro modello di Chiesa semplice e povera in uscita per il mondo. Questo non ha nulla a che vedere con il Gesù storico, povero, predicatore di un sogno assoluto, il Regno di Dio e critico severo di ogni potere. Ma è proprio quello che è successo: con l’erosione dell’Impero romano, i cristiani, diventati Chiesa con un alto senso morale, si sono fatti carico della riorganizzazione dell’Impero romano che ha attraversato secoli. Ma questa è una creazione della cultura occidentale. Il messaggio originario di Gesù, il suo Vangelo, non si esaurisce né si identifica con questo tipo di incarnazione, perché il messaggio di Gesù è quello di una totale apertura a Dio come Abba (Padre caro), di misericordia illimitata, di amore incondizionato persino per i nemici, di compassione per coloro che sono caduti lungo le strade della vita e di vita come servizio agli altri. L’attuale papa Leone XIV non sarà immune a questa sfida. Vogliamo vedere e sostenere il suo coraggio e la sua forza nell’affrontare i tradizionalisti e nel compiere passi in quella direzione. Una grande, immensa sfida per qualsiasi papa è relativizzare questo modo di organizzare il cristianesimo affinché possa acquisire nuovi volti nelle diverse culture umane. Papa Francesco ha compiuto grandi passi in questa direzione. L’attuale nuovo papa ha accennato a questo dialogo nel suo discorso inaugurale. Finché non ci muoveremo con fermezza verso questa de-occidentalizzazione, per molti paesi il cristianesimo sarà sempre una cosa dell’Occidente. È stato complice della colonizzazione dell’Africa, delle Americhe e dell’Asia e ancora oggi è visto così dalle intelligenze dei paesi che furono colonizzati. Un’altra sfida non meno importante è la de-patriarcalizzazione della Chiesa. Ne abbiamo già parlato sopra. Nella guida della Chiesa ci sono solo uomini, celibi e ordinati con il sacramento dell’Ordine (da sacerdote a papa). Il fattore patriarcale è visibile nella negazione alle donne del sacramento dell’Ordine. Loro costituiscono, di gran lunga, la maggioranza dei fedeli e sono le madri e le sorelle dell’altra metà, degli uomini della Chiesa e dell’umanità. Questa esclusione maschilista fa male al corpo ecclesiastico e mette in discussione l’universalità della Chiesa. Fintanto che non si apre alla possibilità per le donne, come è accaduto in quasi tutte le chiese, di accedere al sacerdozio, si dimostra il suo radicato patriarcato, segno di una cultura occidentale sempre più un accidente nella storia universale. Oltre a ciò, l’obbligo di mantenere il celibato (convertito in legge) rende ancora più radicale il carattere patriarcale, favorendo l’anti-femminismo che si nota in alcuni strati della gerarchia ecclesiastica. Poiché si tratta solo di una legge umana e storica e non divina, nulla impedisce che venga abolita e che venga consentito il celibato facoltativo. Queste e molte altre sfide dovranno essere affrontate dal nuovo papa, mentre nella coscienza dei fedeli cresce sempre più il senso evangelico della partecipazione (la sinodalità) e dell’uguaglianza in dignità e diritti di tutti gli esseri umani, uomini e donne. Perché dovrebbe essere diverso nella Chiesa cattolica? Queste riflessioni vogliono essere una sfida permanente da essere affrontata da chi è stato scelto per il servizio più alto per animare la fede e orientare i cammini della comunità cristiana, come la figura del papa. Verrà il tempo in cui la forza di questi cambiamenti diventerà così esigente che essi si realizzeranno. Allora sarà una nuova primavera della Chiesa, che diventerà tanto più universale quanto più si farà carico di questioni universali e offrirà il suo contributo per risposte umanizzanti. -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo De-occidentalizzare e de-patriarcalizzare la Chiesa proviene da Comune-info.