IL PENSIERO POLITICO DI MAO ZEDONG: A URBINO UN CONVEGNO INTERNAZIONALE DISCUTE LA SUA EREDITÀ NEL XXI SECOLO
Il 14 e 15 maggio si tiene all’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo un
convegno intitolato “Il pensiero politico di Mao Zedong e la sua eredità nel XXI
secolo”. L’iniziativa vede la partecipazione di studiose e studiosi da tutto il
mondo e si propone di rispondere, in particolare, a due domande principali: cosa
significa pensare e ripensare l’eredità di Mao, del suo pensiero e della sua
prassi politica nel XXI secolo? E quale eredità si può tentare di riconoscere
nel “ritorno” di Mao in Cina e nel mondo? Stefano Visentin, professore di Storia
del pensiero politico all’Università di Urbino Carlo Bo e tra gli organizzatori
del convegno, spiega ai nostri microfoni le ragioni e i contenuti
dell’iniziativa. Ascolta o scarica.
Il convegno potrà essere seguito online al link Zoom:
https://uniurb-it.zoom.us/j/83690841283
Di seguito il testo di presentazione e il programma dettagliato della
conferenza.
Il 18 novembre 1986 (pressappoco 40 anni fa) si teneva a Urbino un convegno
internazionale dal titolo “Mao Zedong. Dalla politica alla storia”, organizzato
da Enrica Colletti Pischel, Emilia Giancotti e Aldo Natoli. Si trattava di
un’iniziativa che intendeva, con le parole introduttive di Emilia Giancotti,
“richiamare alla memoria, ridare vita a un elemento fortemente inattuale”;
inattuale perché, sempre con le parole di Giancotti, “rispetto all’‘utopismo
maoista’ e al cambiamento che potrebbe ad esso ispirarsi il fenomeno di rigetto
è appariscente”. E, in conclusione di questa introduzione, Giancotti ricordava
la presenza, nell’Istituto di Filosofia, di una frase di Mao che, scritta su una
lavagna nel 1970, nel 1986 era ancora presente: “il popolo, e solo il popolo, è
la forza motrice della storia mondiale”.
Quell’inattualità, quel rigetto appariscente del pensiero di Mao sembra oggi
essere, almeno in parte, superato. Di Mao si è ricominciato a parlare, già negli
anni ‘90 con l’emergenza della cosiddetta Nuova sinistra cinese, e poi, in
maniera più ampia e rivolta a un pubblico non specialista, con l’ascesa al
potere di Xi Jinping, che è stato spesso paragonato a Mao dai mass media
occidentali e non solo. Ma l’effige e gli slogan di Mao sono apparsi anche
durante le proteste in Cina contro le politiche anti-covid, e nelle lotte
operaie contro l’ipersfruttamento delle grandi fabbriche transnazionali. Al di
fuori dalla Cina, anche se il pensiero maoista ha smesso da tempo di ispirare le
lotte contro il colonialismo e il neocolonialismo. Nondimeno, permangono nel
mondo dei focolai di resistenza alla governance neoliberale, soprattutto in
India, che si rifanno alle parole d’ordine del grande timoniere. E’ a partire da
questi riferimenti che nasce il convegno internazionale “Il pensiero politico di
Mao Zedong e la sua eredità nel 21mo secolo (Mao Zedong’s political thought and
his legacy in the 21st century)”, che vorrebbe riprendere il filo di quello del
1986, aggiornando l’analisi e però allo stesso tempo cercando di mantenere
l’ispirazione originaria, ovvero quella di riflettere sulla “persistenza di un
progetto, o speranza, di trasformazione”, che l’opera teorica e politica di Mao
e del maoismo, aldilà dei fallimenti, delle contraddizioni, dei vicoli ciechi,
ha sempre incarnato.
Che cosa significa allora pensare o ripensare l’eredità di Mao, del suo pensiero
e della sua prassi politica, all’altezza delle sfide poste da un 21mo secolo che
sta mostrando la faccia più caotica, più bellicosa, in una parola più
distruttiva del sistema capitalistico contemporaneo? Che eredità si può tentare
di riconoscere nelle diversissime modalità con le quali si manifesta il
“ritorno” (o se vogliamo: i “ritorni”) di Mao in Cina e fuori da essa? Se
certamente ci sono indizi da scoprire, documenti da studiare, discorsi da
leggere, ed eventi da comprendere, tuttavia l’eredità di Mao non può essere
tutta lì, non è già “pronta” e disponibile a essere colta integralmente da
questi indizi, documenti, discorsi, eventi: è necessario che alla fondamentale
ricerca storiografica, sociologica, filosofico-politica si aggiunga un tentativo
comune di cogliere gli aspetti non immediatamente visibili, le aperture a dei
futuri possibili, o perlomeno gli strumenti per rinnovare e approfondire la
critica di un presente che ci propone il ritorno della guerra, del razzismo, dei
fascismi. Se questo convegno riuscisse anche in piccola misura a cogliere,
nell’analisi approfondita e attenta del presente, delle tracce “di speranza, o
di trasformazione” del futuro, sarebbe davvero un grande risultato.
Il convegno prevede la presenza di studiosi e attivisti internazionali (Anthony
Saich, Michael Schoenhals, Ranabir Samaddar, Rebecca Karl, Pun Ngai e Qian Zhong
Kai) e di studiosi italiani, e si terrà a Urbino il 14 e il 15 maggio.