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#boycottisrael Nuovi missili israeliani al #Marocco: business is business La popolazione protesta contro la guerra a #Gaza, ma Rabat acquista nuovi missili da Tel Aviv di Antonio Mazzeo Mentre in Marocco si moltiplicano le manifestazioni popolari contro il genocidio del popolo palestinese a Gaza, si consolida la partnership tra le forze armate di Rabat e le industrie belliche israeliane. https://antoniomazzeoblog.blogspot.com/2025/11/nuovi-missili-israeliani-al-marocco.html
Bastioni di Orione a Belem, in Africa Occidentale e nel Saharawi
Questa settimana ci siamo dedicati dapprima alle proteste degli abitanti dell’Africa occidentale esasperati dalla perpetuazione di regimi autoritari, rintuzzate da un potere ancora postcoloniale che fa da perno al residuo controllo francese sui paesi della Françafrique, scatenate dalla rielezione truffaldina di dinosauri ultranovantenni in Africa occidentale, ponendole a confronto insieme a Roberto Valussi con la contrapposizione della unione dei paesi del Sahel, anch’essi messi in crisi dall’avanzata del jihadismo. Ci siamo poi spostati di poco verso nord, raggiungendo il Maghreb, in particolare la situazione nella regione dei Saharawi, da più di mezzo secolo alle prese di un’altra forma di colonialismo: la monarchia assoluta marocchina si è sostituita ai francesi, permettendo ancora lo sfruttamento dei fosfati e della pesca nel territorio del Sahara occidentale, dopo aver colonizzato la regione da cui ha cacciato il popolo saharawi. Ora all’Onu si è consumato un nuovo passaggio verso l’annessione marocchina della zona al confine mauritano, ne abbiamo parlato con il nostro consueto interlocutore in materia, Karim Metref. Abbiamo infine iniziato a occuparci della Cop30 in corso a Belem con Alfredo Somoza, che ha tracciato con chiarezza le modalità, gli intenti e i parziali risultati di una conferenza delel parti svolta per una volta su un campo che avrebbe dovuto essere sensibile alle istanze della difesa dell’ambiente e che la diplomazia internazionale costringe a barcamenarsi cercando di conseguire il risultato condiviso richiesto; parallelamente si è quindi svolto un Controvertice e le popolazioni native si sono prese il palcoscenico a più riprese. Elezioni africane, presidenti dinosauri e retaggio della Françafrique Partendo dalle elezioni in Costa d’Avorio che hanno riconfermato il modello autocratico del terzo mandato con l’elezione di Ouattara, legato mani e piedi agli interessi economici e strategici di una Francia in ritirata dallo scenario saheliano, proviamo con Roberto Valussi che scrive per la rivista Nigrizia a decrittare il risultato dei queste elezioni allargando lo sguardo ad altre aree del continente africano. La serie di colpi di stato che ha cambiato gli equilibri in Mali, Burkina Faso e Niger e la creazione dell’ Alleanza del Sahel (AES) ha spostato il baricentro degli interessi francesi verso la Costa D’Avorio che si consolida come pivot del residuo sistema di potere della Francia in Africa, pur aprendosi anche ad altri interlocutori come gli Stati Uniti e la Cina. Ouattara dopo aver impedito ai potenziali contendenti, Thiam e Gbabo, di presentarsi alle elezioni con artifici legali poco attendibili, ha vinto nonostante le proteste contro il suo ennesimo mandato sulla falsariga di un altro dinosauro africano, Paul Biya, che in Camerun alla tenera età di 92 anni continua a governare dal 1982 . Si definiscono in questa fase di mutamenti e fratture sociali tre modelli, quello dei colpi di stato militari che con tutti i loro limiti, interpretano il sentimento antifrancese che alberga nella maggioranza demografica dei giovani insofferenti, la continuità delle finte democrazie autocratiche che con la repressione e i brogli danno continuità ad un sistema di potere in agonia e la soluzione elettorale alla senegalese forse non esportabile per le caratteristiche proprie della storia senegalese che incanala il dissenso e la protesta verso un progetto di cambiamento. L’Onu ha scippato l’indipendenza saharawi Dopo anni di stallo alle Nazioni Unite, la Risoluzione 2797 del Consiglio di Sicurezza ha ridisegnato il panorama della questione del Sahara Occidentale. Adottata il 31 ottobre senza veto, segna un importante cambiamento strategico: il piano di autonomia marocchino è diventato la base del processo ONU, il Consiglio di sicurezza ha chiaramente sancito l’iniziativa marocchina dell’autonomia come base esclusiva per i negoziati per l’arrivo di una soluzione definitiva al conflitto regionale che ha afflitto la regione per mezzo secolo . Per l’Algeria, la battuta d’arresto diplomatica è tanto più grave in quanto questa risoluzione è stata adottata mentre il paese era già membro del Consiglio di Sicurezza. Per il Marocco, la sfida è cambiata: non si tratta più di convincere gli altri della credibilità del suo piano, ma di dettagliarlo e attuarlo . Il termine “referendum” non compare più nella nuova risoluzione. l mandato della MINURSO, la missione ONU sul campo, sarà rivisto alla luce dei progressi politici, ponendo così fine al ciclo di proroghe tecniche automatiche. Le Nazioni Unite continuano a menzionare il principio di autodeterminazione, ma non lo collegano più a un referendum . l Polisario ha reagito timidamente alla risoluzione, semplicemente prendendo nota di alcuni elementi del testo, che costituiscono una deviazione molto pericolosa e senza precedenti dalla base su cui il Consiglio di Sicurezza affronta la questione “come questione di decolonizzazione”. Tuttavia, quattro giorni prima dell’adozione della risoluzione, il Polisario aveva “categoricamente respinto qualsiasi iniziativa come la bozza di risoluzione promossa dagli Stati Uniti “mirava a imporre il piano di autonomia marocchino o a limitare il diritto inalienabile del popolo saharawi di decidere liberamente il proprio futuro”. La soluzione proposta dall’ONU sulla spinta degli Stati Uniti e la Francia elimina qualsisiai riferimento all’autodeterminazione del popolo saharawi prospettando un’autonomia sotto il controllo del Marocco. Di questo e della denuncia dell’accordo franco algerino del 1968 ,passata all’Assemblea nazionale su proposta dei lepenisti parliamo con Karim Metref  giornalista algerino Cop30. Mitigare il clima, almeno nel suo cambiamento In un mondo sempre più attraversato da conflitti, dove le nazioni sono sempre più  bellicose, sembra reggere a parole l’impegno di ciascuno sulle grandi linee della tutela dell’ambiente. Anche perché dietro al carrozzone mediatico si nascondono anche molte occasioni di business (riconversione, sostenibilità…). Nel commento di Alfredo Somoza si riscontrano note di parziale ottimismo per l’impostazione della Cop30 e per i primi risultati che Lula può dichiarare conseguiti come i 5 miliardi versati per la creazione di un fondo mondiale per la tutela delle foreste tropicali e dunque Alfredo, che ha partecipato ad alcune edizioni precedenti, ritiene si possa considerare non fallimentare questa edizione improntata al pragmatismo fin dal discorso inaugurale del presidente brasiliano, per quanto sia possibile in simili consessi istituzionali che devono regolare con il bilancino diplomatico i rapporti e le risoluzioni finali, sempre sottoposte a veti contrapposti delle molteplici lobbies presenti, pronte a mettere in stallo obiettivi e finanziamenti – in particolare per il superamento del fossile e l’abbattimento del CO2.  Infatti il fulcro di questa edizione, a dieci anni dalle promesse disattese della Cop20 parigina, della conferenza climatica è il capitolo dell’istituzione di uno stanziamento di 1300 miliardi per l’incremento dei flussi finanziari verso i paesi vulnerabili (metà della spesa bellica annuale) per mettere sotto controllo gli aspetti più drammatici del cambiamento climatico. Un terreno che vede la Cina protagonista – non presente con i vertici politici ma con i tecnici – è quello inerente all’aspetto tecnologico che prevederebbe secondo precedenti accordi internazionali la neutralità climatica per il 2050, mentre Pechino ci può arrivare già nel 2047; mentre invece l’India non ha né capacità tecnologica, né l’intenzione di rispettare i termini, spostando il traguardo al 2070.  L’Unfcc che organizza l’evento ha fatto uscire proprio in questi giorni il rapporto sull’impatto economico e climatico della climatizzazione domestica  Intanto si è svolto parallelamente il “Controvertice” Cúpula dos Povos, che ha dato luogo nell’assemblea conclusiva al Movimento delle Comunità Colpite dalle Dighe, dalla Crisi Climatica e dai Sistemi Energetici, polemico con un vertice ufficiale contaminato dalla presenza di molte imprese responsabili di crimini ambientali e persino emissari di crimini petroliferi. Molti nativi sono giunti da ogni paese amazzonico e non solo per rivendicare i diritti delle popolazioni indigene, che peraltro si trovano a casa loro e un migliaio sono anche accreditate all’ingresso, nonostante la Conferenza delle Parti sia riservata dall’Onu a discussioni di carattere tecnico (i leader politici partecipano al vertice preliminare che dovrebbe demarcare i limiti entro i quali negoziare gli accordi finali) ed è il momento in cui gli stati devono essere inchiodati alle loro responsabilità. E stanno facendo sentire la voce e il fiato di chi vive più vicino alla Natura. --------------------------------------------------------------------------------
« Se sembri povero, la polizia ti umilia » : in Marocco, la GenZ contro il muro delle disuguaglianze e della corruzione
Sullo schermo dei telefoni, messaggi e voti si susseguono: «Quando preferisci manifestare questa settimana?», chiede un utente al resto della comunità Discord. Nelle chat room online, altri e altre immaginano come migliorare il sistema scolastico marocchino. Naji, Beda e Lina hanno tra i 22 e i 25 anni, vivono a Rabat, Oujda o Meknès, in Marocco, e si sono incontrat3 online attorno a una stessa parola d’ordine: dimissioni per il primo ministro marocchino Aziz Akhannouch. A partire dal 27 settembre 2025, il Marocco è teatro di grandi manifestazioni. Dietro la loro organizzazione non ci sono né partiti, né sindacati, né personaggi famosi: solo giovani riuniti su un server Discord. Il movimento ha preso il nome di “GenZ212”, dalla generazione Z, nata all’inizio degli anni 2000, e dal prefisso telefonico del Marocco. Il movimento chiede risorse per il sistema educativo, quello sanitario e la fine della corruzione nel Paese. Più di 200.000 giovani marocchin3 si stanno organizzando autonomamente, accomunati dall’età e della convinzione che il futuro non può più aspettare. SERVIZI PUBBLICI, NON STADI «A Rabat hanno costruito uno stadio di hockey da 250 milioni di dirham [23 milioni di euro]. Nel frattempo, le nostre facoltà non hanno risorse e alcune persone vivono ancora in tenda dopo il terremoto di Al Haouz di due anni fa», denuncia Beda, studentessa ventiduenne della facoltà di farmacia. Il movimento GenZ212 si batte in particolare contro l’organizzazione dei Mondiali di calcio previsti in Marocco nel 2030, per i quali vengono investiti miliardi a scapito dei servizi pubblici. Venerdì 10 ottobre, re Mohammed VI ha tenuto un discorso davanti al Parlamento marocchino. Il sovrano ha chiesto specialmente al governo di dare priorità alla creazione di posti di lavoro e al miglioramento dei servizi pubblici nell’ambito dell’istruzione e della sanità. Tuttavia, ha evitato accuratamente di menzionare il movimento dei e delle giovani. Dopo questo discorso, il collettivo GenZ212 ha lanciato una nuova chiamata a mobilitarsi «contro il governo e tutte le persone corrotte che ostacolano la realizzazione delle aspirazioni del popolo marocchino». Per Naji, il discorso del re ha avuto l’effetto di una doccia fredda. Lo studente ventiquattrenne, al settimo anno di medicina, si aspettava «almeno un riconoscimento del movimento e della necessità di aprire il dialogo. Il discorso è vuoto e rafforza la legittimità del governo», è la sua analisi. > Lo studente di medicina ha tutti i motivi per volere che le cose cambino nel > suo Paese. «Quando sono di turno di notte in ospedale, non è raro che alle 3 del mattino finiscano le garze o i guanti sterili», sospira. A causa della mancanza di risorse dell’ospedale pubblico, vede pazienti trasferiti da una città all’altra per una semplice TAC. È stata proprio la morte, nel mese di agosto, nell’ospedale pubblico di Agadir, di otto donne venute lì per partorire con taglio cesareo, a scatenare il movimento sociale. «RISVEGLIARE LA COSCIENZA POLITICA DI UNA GENERAZIONE» Sin dall’inizio della mobilitazione GenZ212, Naji trascorre le notti su Discord e le giornate in strada, quando può. Vede nel movimento «un’opportunità per risvegliare la coscienza politica della nostra generazione, quella che i nostri genitori non hanno avuto». A casa sua, la politica non è mai stata un tabù. I suoi genitori sono persino iscritti al partito socialista marocchino. Il giovane è già attivo in un’associazione per la difesa dei diritti delle donne e si considera «di estrema sinistra». Ma sa di rappresentare una minoranza nel Paese. La maggior parte dei suoi compagni e delle sue compagne non è politicizzata. «Né di destra, né di sinistra» è infatti uno degli slogan principali del movimento GenZ212, che vuole prendere le distanze dai partiti nei quali i giovani e le giovani non hanno fiducia. Riunite dietro la rivendicazione di un miglioramento dei servizi pubblici, persone giovani di diverse tendenze politiche si confrontano nella mobilitazione: monarchiche, apolitiche, umaniste o persino islamiste di estrema destra. TRE PERSONE MORTE, 400 FERITE «Mio padre e mio fratello hanno sempre parlato molto di politica, ma era una cosa da maschi», ci dice. «Ma quando vedi un’auto della polizia investire un ragazzo della nostra età, non puoi fare a meno di scendere in strada», aggiunge. La giovane è cresciuta a Oujda, nel Marocco orientale. Nella notte del 1° ottobre, uno studente di 19 anni è stato investito da un furgone della polizia durante gli scontri tra forze dell’ordine e manifestanti. Dall’inizio delle manifestazioni in totale tre persone sono morte e 400 sono rimaste ferite. «Avevo già partecipato a boicottaggi all’università, ma mai a manifestazioni», continua Beda. Dall’inizio del movimento GenZ212, ha preso coscienza del sistema di repressione poliziesca in atto nel Paese. > «Stavamo semplicemente camminando per strada con amici e amiche e uno di noi è > stato arrestato senza motivo, per poi essere rilasciato la mattina dopo», > racconta. «Gli arresti avvengono spesso anche in base all’aspetto fisico. Chi sembra povero, viene insultato e umiliato», dice Lina, ragazza marocchina di 24 anni. «Ma se sembri una persona ricca e la polizia può trarne vantaggio, non esita a farlo, usando il proprio potere», precisa Naji, a cui è già stato chiesto di pagare per ottenere dei lasciapassare ospedalieri. Una cultura anche detta delle «mazzette», simbolo di un sistema in cui tutto si paga, che i giovani e le giovani marocchine condannano. UNA GIOVENTÙ LUCIDA «Qui la polizia è corrotta, così come lo è il sistema giudiziario, la libertà di espressione viene calpestata… la lista è lunga», elenca Lina. E denuncia il controllo oppressivo dello Stato, che arriva fino alle aule scolastiche. La giovane scende in piazza da sempre. Ricorda le sue prime mobilitazioni sulle spalle del padre quando, nelle manifestazioni del febbraio 2011, si chiedevano riforme politiche nel regno. Sulla scia delle primavere arabe, queste mobilitazioni avevano portato a una riforma della costituzione marocchina, riducendo alcuni poteri politici e religiosi del re e rafforzando quelli del primo ministro. > Oggi, «le disuguaglianze in Marocco sono più marcate che nei paesi > occidentali, la classe media è molto più povera della borghesia», osserva la > giovane marocchina. «È importante battersi per i diritti di chi non ne ha». Lina, che ha studiato in un’università privata e non ha mai vissuto in condizioni precarie, manifesta per gli altri e le altre. Per la sua famiglia allargata, ad esempio, che non ha avuto le stesse opportunità dei genitori. Proprio come Naji, neanche lei crede che le richieste del collettivo GenZ212 saranno ascoltate dai leader marocchini. Ma a distanza due settimane, hanno potuto osservare che la loro mobilitazione è già il trampolino di lancio per la politicizzazione di molte persone giovani nel Paese. «Si vedono già i cambiamenti, siamo passati da un forum disorganizzato a server locali e chat room tematiche», spiega Naji. «Forse non avremo un primo ministro nato nel 2002 che ci comprenda, ma sono felice di vedere la nostra generazione così unita», aggiunge Beda. L’articolo originale è stato pubblicato in francese su Basta!, traduzione di Benedetta Rossi per Dinamopress. Clicca qui per la versione originale. Immagine di copertina di Mounir Neddi su Wikimedia Commons SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo « Se sembri povero, la polizia ti umilia » : in Marocco, la GenZ contro il muro delle disuguaglianze e della corruzione proviene da DINAMOpress.
Marocco. Generazione Z 212 e le proteste giovanili: dalle reti digitali alle strade
Nell’autunno del 2025, il Marocco ha assistito a un vasto movimento di protesta guidato dai giovani, che ha riportato al centro del dibattito nazionale questioni fondamentali come la giustizia sociale, i diritti basilari e la legittimità politica. Il movimento – conosciuto come Generazione Z 212, in riferimento al prefisso telefonico […] L'articolo Marocco. Generazione Z 212 e le proteste giovanili: dalle reti digitali alle strade su Contropiano.
Harraga- proteste e repressione in Marocco@1
Dal 27 settembre in poi, in Marocco migliaia di persone sono scese nelle piazze di tante città, da nord a sud, in proteste autorganizzate online in modo anonimo e orizzontale dall giovanissimi della GenZ. In risposta a queste mobilitazioni sempre più allargate e determinate a rovesciare i rapporti di potere, lo stato ha risposto con […]
Harraga- proteste e repressione in Marocco@0
Dal 27 settembre in poi, in Marocco migliaia di persone sono scese nelle piazze di tante città, da nord a sud, in proteste autorganizzate online in modo anonimo e orizzontale dall giovanissimi della GenZ. In risposta a queste mobilitazioni sempre più allargate e determinate a rovesciare i rapporti di potere, lo stato ha risposto con […]
BASTIONI DI ORIONE 02/10/2025 – MENTRE SEGUIAMO LE LOTTE ANTISIONISTE IN DIFESA DEI GAZAWI ANCHE IN MEXICO, DIAMO SPAZIO ALLE LOTTE DELLA GENERAZIONE Z IN MADAGASCAR E MAROCCO E ANALIZZIAMO L’USO DEI “WAR BOND” PER FINANZIARE IL GENOCIDIO
La puntata è stata dedicata doverosamente alle dirette delle manifestazioni a sostegno della Global Sudum Flottilla, inserendo alcuni interventi coerenti con la policy della trasmissione e così abbiamo dato spazio ai cortei e concerti solidali che si sono tenuti in Mexico con Francesco, un redattore di Radio Blackout da qualche mese inserito nella realtà messicana […]
Giorni di protesta in Marocco
Dal 25 settembre sono in corso una serie di mobilitazioni nelle città più grandi del Marocco, da Tangeri fino ad Agadir. I temi alla base del malcontento popolare sono diversi: l’assenza di servizi pubblici adeguati nel settore della salute e dell’educazione, l’isolamento delle aree interne (anche esse con comunità più piccole in protesta), la mancanza […]