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Il ponte sullo stretto minaccia i paesaggi agricoli etnoantropologici
 Villa Pugliatti è una villa patrizia ottocentesca con annessi circa 3 ettari di agrumeto e giardino storico: un raro esempio del paesaggio agricolo costiero della Messina sopravvissuto al boom edilizio. L’insieme della villa, delle coltivazioni e dei resti del sistema, costituisce un unicum etno-antropologico, con testimonianze agricole e strutture storiche. Il terreno conserva i resti di norie, saie e catusi : infrastrutture di origine araba che dimostrano l’uso sofisticato dell’acqua nell’agricoltura siciliana preindustriale. Questi canali e queste vasche ricordano modelli applicati in agrumeti costieri sin da tempi medievali e sono di interesse culturale per l’ingegnosa progettualità e la sostenibilità con cui permettevano l’impiego d’acqua. Le coltivazioni di limoni, aranci amari e altri agrumi hanno sempre costituito nei secoli un elemento identitario del paesaggio marino siciliano. Gli agrumeti storici sono patrimonio materiale ed immateriale caratterizzanti l’identità paesaggistica siciliana, evocati da poeti e considerati simboli sensoriali dell’isola Intera. Dal romanzo Wilhelm Meister’s Apprenticeship (1796), Goethe affida a Mignon un verso indimenticabile: “Conosci la terra dei limoni in fiore, dove le arance d’oro splendono tra le foglie scure; dal cielo azzurro spira un mite vento, quieto sta il mirto e l’alloro è eccelso…” Giardini di agrumi si estendevano in pianura costiera vicino ai centri urbani — lo si vede ancora oggi, nonostante il processo di urbanizzazione, nella Conca d’Oro di Palermo, e analogamente intorno alla costa messinese. Nella zona sud della città le coltivazioni di agrumi erano particolarmente presenti. Basti pensare che in questa zona della città nasceva un’importantissima industria di trasformazione agrumaria e estrazioni essenze: fondata da William Sanderson nel 1817 l’industria fu molto attiva sino agli anni ’70 esportando prodotti di eccellenza anche a livello internazionale.   All’interno del complesso di villa Pugliatti sorge anche una chiesetta del XVI secolo dedicata a San Francesco. Non lontano dalla Villa affiora anche un sito archeologico romano-bizantino noto come “Villa Melania”.  Nel settembre 2024 la Regione Siciliana ha riconosciuto il fondo agricolo come bene di interesse storico, artistico e antropologico (ai sensi del Codice dei Beni Culturali e delle leggi regionali). Nonostante il riconoscimento del valore storico e culturale di Villa Pugliatti, tuttavia, il Comune di Messina ha scelto di opporsi al vincolo, ricorrendo al TAR e chiedendo l’intervento del Presidente della Regione per annullare la tutela poiché il vincolo risulterebbe in contrasto con i progetti di interesse pubblico. La ragione di tale opposizione risiede nella volontà di realizzare una piattaforma logistica collegata all’approdo di Tremestieri e rientrante nelle opere compensative del ponte. Il paesaggio agricolo tradizionale e in particolare gli agrumeti costieri si integrano naturalmente con terrazzamenti, muretti, uliveti, carrubi. L’importanza del paesaggio agricolo è cruciale su più livelli — ambientale, culturale, economico e sociale. Si tratta non solo di uno spazio produttivo, ma anche di un patrimonio vivo che racconta la storia e la vocazione di un territorio. Nel 2018 Italia Nostra – Messina ha organizzato una serie di iniziative che riguardavano i paesaggi agricoli ed in particolare i Paesaggi terrazzati con una documentazione fotografica che riguardava particolarmente la zona sud della città ed è diventata una mostra oggi permanente presso il Forte San Jachiddu. I paesaggi agricoli sono infatti importanti anche per quanto riguarda il vissuto e la memoria culturale poiché tramandano storie, saperi e tradizioni locali. Contribuiscono anche a migliorare la tenuta del territorio controllando l’idrogeologia e coadiuvano l’adattamento ai cambiamenti climatici. Il motto di quel progetto era “Choosing the future” ed è ancora non solo valido ma estremamente evocativo. Bisogna tutelare le risorse rimaste per costruire un futuro sostenibile. Preservare il paesaggio agricolo è importante, dunque, per molteplici ragioni che coinvolgono la natura, la cultura, l’economia e la società.  si tratta uno spazio vivo, modellato nei secoli da pratiche agricole, relazioni umane ed equilibri ecologici conservati nel tempo. Lasciare che un agrumeto storico scompaia è come cancellare la parte più profonda delle nostre radici. Custodirlo, invece, significa salvarguardare un pezzo vivo del nostro paesaggio, del nostro divenire in funzione delle future generazioni.     Redazione Sicilia
Creare un Parco Nazionale dello Stretto di Messina
Si è tenuta ieri presso Casa Cariddi a Capo Peloro l’Assemblea della Rete di comunità di patrimonio del Territorio dello (per lo) stretto sostenibile. Il luogo in sé è già significativo perché nasce come presidio No Ponte. La rete si occupa di patrimonio e non può prescindere dall’affrontare la lotta contro il ponte perché il ponte non è sostenibile. Il Ponte diviene l’emblema di una narrazione coloniale poiché viene presentato come un’opera epocale, destinata a “modernizzare” e “collegare” il Sud al resto d’Italia e all’Europa. Secondo questa retorica il territorio considerato “arretrato” viene “salvato” o “integrato” grazie all’intervento di una forza esterna – in questo caso lo Stato centrale. Il Ponte è un Feticcio mediatico, una vetrina politica e un interesse economico scollegato dalle persone che dovrebbero beneficiarne. La Rete Sostenibile delle comunità di patrimonio del Territorio dello stretto è fatta proprio dalle stesse persone che vengono escluse da queste scelte e si presenta come un’alternativa a questa logica top-down: con la varietà delle realtà che vi appartengono ci mostra un sud perfettamente in grado di autodeterminarsi. Si discute così di “vertenza Sicilia-Calabria” che è la rivendicazione condivisa di un altro modello di sviluppo, contro le politiche estrattive e colonizzatrici del centro e si figura come una lotta collettiva per i diritti e le risorse del territorio. Si discute la possibilità di creare un Parco Nazionale dello Stretto che significherebbe riconoscere e proteggere uno dei territori più straordinari d’Italia, tra Sicilia e Calabria, dove si incontrano: ecosistemi terrestri e marini unici, paesaggi culturali millenari, corridori migratori per uccelli, biodiversità marina straordinaria (correnti, fondali, cetacei, coralli) che garantirebbe nuovi posti di lavoro secondo un modello turistico sostenibile. Si discute anche della candidatura del territorio dello stretto come Patrimonio Unesco: “Lo Stretto non è un corridoio da attraversare, ma un ecosistema da rispettare ed un paesaggio culturale avendo ispirato miti greci e letteratura. Può diventare Patrimonio dell’Umanità, perché è già patrimonio delle nostre comunità, della nostra memoria, delle nostre specie viventi.” Si è parlato poi dell’esperienza di due delle comunità di patrimonio che si sono costituite a Messina durante questo processo. La prima è la Comunità di Patrimonio “Paesaggio oltre Forte” che nasce nell’ambito di un progetto di Italia Nostra, Faro Minore, e si colloca al Forte San Jachiddu coinvolgendo anche altre realtà oltre ad Italia Nostra come l’Associazione Parco Ecologico San Jachiddu, Legambiente Messina, Il cantiere dell’Incanto, Lunaria e la Libreria Colapesce. Questa comunità nasce “per guardare lo Stretto non da lontano, come da un ponte sospeso, ma da dentro: dal margine, dal sentiero, dalla costa, dalla comunità. È uno sguardo laterale e profondo, che ricuce ciò che l’ingegneria vuole spezzare: il rapporto tra chi abita e ciò che è abitato” La seconda è la Comunità di Patrimonio “Al di qua del faro” che parla di un luogo liminare, marginale e al tempo stesso centrale nella memoria collettiva e nella geografia emotiva dello Stretto. Se ci aggiungiamo il tema della comunità che riscopre gli approdi storici, allora ci troviamo di fronte a una pratica di riappropriazione del territorio e della storia, capace di contrastare le retoriche dominanti della disconnessione, del ponte e della verticalità del potere. Ci si sposta poi a raccontare l’esperienza delle realtà attive in zona Sud: territorio che sta già per subire gli effetti delle presunte compensazioni del ponte come l’esproprio di Villa Pugliatti e l’agrumeto storico di tre ettari che la circonda. Si racconta l’esperienza del Comitato ex Sanderson che nasce per riattivare la memoria e lo spazio dell’ex stabilimento Sanderson di Messina – un luogo carico di storia sociale, economica e culturale, oggi in stato di abbandono. Altra esperienza ormai storica è quella di Corti di sera che fa rivivere ogni anno il bellissimo Borgo di Itala con un festival di cortometraggi a cui dall’anno scorso si è aggiunta anche l’esperienza di Accussì, Festival per gli occhi, che si tiene nella piazza san Nicola di Giampilieri. Una rete di comunità permeabile che si confronta e continuerà a dialogare per annodare tutti i nodi e rafforzare la maglia tessendo con cura una realtà che non solo resiste ma crea, non solo si oppone ma propone, non fa muro ma apre varchi.     Redazione Sicilia
Contro la città cantiere e il mito delle grandi opere
𝑼𝒏𝒂 𝒄𝒉𝒊𝒂𝒎𝒂𝒕𝒂 𝒅𝒂𝒍𝒍𝒐 𝑺𝒕𝒓𝒆𝒕𝒕𝒐 𝒂 𝒊𝒏𝒕𝒓𝒆𝒄𝒄𝒊𝒂𝒓𝒆 𝒗𝒐𝒄𝒊, 𝒓𝒆𝒔𝒊𝒔𝒕𝒆𝒏𝒛𝒆 𝒆 𝒊𝒎𝒎𝒂𝒈𝒊𝒏𝒂𝒓𝒊 Ci sono progetti che non si misurano solo in chilometri di cemento, in tonnellate d’acciaio e in cavilli ingegneristici. Progetti che dall’alto piombano sulla vita delle persone imponendo devastazione, macerie e profitto per pochi. Il Ponte sullo Stretto è l’emblema di una visione del mondo secondo cui tutto è merce di scambio da cui trarre profitto – il paesaggio, l’aria, la terra e la stessa vita umana. L’ingranaggio di un sistema che accentra le decisioni imponendo cantieri infiniti, aree militarizzate e zone interdette che divorano il futuro. Una eterna incompiuta che vorrebbero imporci come destino. C’è però un’altra storia che possiamo scrivere insieme. Quella di chi si libera dal mito di un progresso onnivoro e illimitato, spacciato come cura. La storia di chi abita e conosce questo Stretto non come uno spazio da colonizzare, ma come un territorio attraversato da bisogni a cui dare risposta. Come non pensare al gravissimo dissesto idrogeologico, al collasso della sanità pubblica, ad un sistema di trasporti datato e fatiscente? I territori non sono pagine bianche su cui imprimere decisioni dall’alto. Sono spazi vissuti, intrecci di relazioni, memorie, possibilità. Per questo chiamiamo singoli, collettivi, associazioni, realtà organizzate e movimenti, dallo Stretto e oltre, a unirsi in una due giorni di confronto, intreccio di voci e resistenze. Un momento per dare corpo, gambe e cuore a immaginari diversi, per costruire spazi di discussione aperti, per radicare le nostre lotte in visioni collettive. Questa iniziativa si inserisce in un percorso di lotta e confronto che ha già preso forma nell’iniziativa “LA CITTÀ CANTIERE”, organizzata a marzo dello scorso anno al Forte San Jachiddu. In quella occasione abbiamo riflettuto insieme sulla devastazione che si profila all’orizzonte e sulle forme di lotta necessarie a contrastarla. Oggi, con questa nuova chiamata, vogliamo rafforzare quel cammino, consolidare le connessioni già avviate e aprire nuovi spazi di confronto e azione condivisa. Sappiamo che il Ponte sullo Stretto non è un caso isolato, ma parte di un modello che si ripete ovunque: dalla TAV in Val di Susa, passando per le devastazioni ambientali in nome della transizione energetica, fino alle speculazioni legate alle grandi infrastrutture inutili e dannose. Questo progetto è figlio di una governance che impone decisioni dall’alto, sottrae voce alle comunità e trasforma i territori in merce. Per questo, pensiamo sia fondamentale ritrovarci e intrecciare esperienze. Vogliamo fermarci, guardarci negli occhi e chiederci: come smontare l’idea di sviluppo che ci viene imposta? Come opporci alla città cantiere che si profila all’orizzonte? Come tessere insieme un’alternativa che non sia solo difesa, ma possibilità di futuro? 𝐓𝐀𝐕𝐎𝐋𝐈 𝐓𝐄𝐌𝐀𝐓𝐈𝐂𝐈: 𝐓𝐞𝐫𝐫𝐢𝐭𝐨𝐫𝐢 𝐞 𝐥𝐨𝐠𝐢𝐜𝐚 𝐞𝐬𝐭𝐫𝐚𝐭𝐭𝐢𝐯𝐚 – contro il mito delle Grandi Opere immaginare altri modi di vivere i territori O𝐥𝐭𝐫𝐞 𝐢𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐠𝐫𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐢𝐦𝐩𝐨𝐬𝐭𝐨 – Resistere alla devastazione, riappropriarsi delle scelte, reinventare economie di misura 𝐋𝐚 𝐜𝐢𝐭𝐭𝐚’ 𝐜𝐚𝐧𝐭𝐢𝐞𝐫𝐞 – Militarizzazione, espropri, speculazione: come organizzarci per contrastare l’assedio? 𝐏𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐢 𝐫𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐧𝐳𝐚 – Esperienze di lotta, conflitti territoriali, intrecci di voci e percorsi condivisi difronte alla criminalizzazione dei movimenti Non solo per fermare il Ponte, ma per costruire insieme ciò che verrà. (Evento organizzato da Assemblea No Ponte, uno spazio di incontro tra singoli, collettivi e associazioni che da febbraio 2025 si riunisce in maniera orizzontale per confrontarsi e coordinarsi su analisi e prospettive della lotta per preservare lo Stretto) Al  link qui sotto è possibile aderire e prenotare pernottamento e pasti della due giorni che si terrà al forte S. Jachiddu il 17 e 18 maggio 2025. Per il pernottamento siamo in contatto con una serie di b&b sparsi per la città (prezzo tra le 20 e le 25 euro a notte). Per i pasti ci auto-organizzeremo direttamente al forte, prevedendo un menù semplice e con opzione veg. https://cryptpad.fr/form/   Redazione Sicilia