Questa rapina è chiamata libertà
HA GUIDATO GALILEO NEL DIFENDERE L’IDEA CHE LA TERRA GIRA. È STATA LA PAROLA
D’ORDINE DELLA RIVOLUZIONE FRANCESE, DEI POPOLI CHE CERCAVANO DI LIBERARSI DA
SECOLI DI FEROCE COLONIALISMO E L’IDEALE DELLA LOTTA CONTRO FASCISMO E NAZISMO.
CHE TRISTEZZA OGGI VEDERE LA PAROLA LIBERTÀ USATA “COME BANDIERA DAI
PRIVILEGIATI PER GIUSTIFICARE IL DIRITTO DI OPPRIMERE – SCRIVE CARLO ROVELLI –
LIBERTÀ DI PORTARE ARMI, LIBERTÀ DI ARRICCHIRSI SULLE SPALLE DEGLI ALTRI.
LIBERTÀ DI FARE AFFARI CHE CREANO MISERIA O DEVASTANO IL PIANETA… QUANDO GLI
OPPRESSI PARLANO DI LIBERTÀ, IL MIO CUORE È CON LORO. QUANDO I RICCHI E I
POTENTI DEL MONDO PARLANO DI LIBERTÀ, HANNO TUTTO IL MIO DISPREZZO…”. ABBIAMO
BISOGNO DI RIAPRIRE IL CONCETTO DI LIBERTÀ
“Mondo”: acrilico e tempera su tela di Daniele Guadalupi
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Nel corso della mia vita, ho visto la parola “libertà” subire una spettacolare
traiettoria discendente. È passata da luminoso ideale universale, a ipocrita
copertura della difesa di privilegi.
“Libertà” è stata la parola d’ordine della Rivoluzione Francese per liberarsi
dal dominio dell’aristocrazia. Della Rivoluzione Americana per liberarsi dal
dominio della corona inglese. Delle comunità religiose che volevano liberarsi
dal potere corrotto delle gerarchie cattoliche. Delle polis greche che non
volevano cadere nelle mani dell’impero persiano. Dei popoli che cercavano di
liberarsi da secoli di feroce sfruttamento coloniale. È stata l’ideale della
lotta contro fascismo e nazismo che avevano scatenato un’immensa aggressività
distruttiva. Libertà è stata la parola magica che aleggiava sulla dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo, sulla dichiarazione d’indipendenza, sulla
Rivoluzione Russa e su quella Cinese. Era Galileo libero di difendere l’idea che
la Terra gira. Era libertà dai dogmi, era l’idea che il pensiero non debba
essere costretti in limiti. Gli esseri umani non debbano essere schiavi, non
debbano essere in catene.
Libertà è stata la parola d’ordine della mia generazione, che rifiutava
ipocrisie e imposizioni di un mondo dominato da minoranze, e voleva cercare la
sua strada. Da ragazzo, percepivo attorno a me un mondo pieno di regole che
volevano impormi modi di essere che mi sembravano ingiusti. Volevo essere
libero. Libero di seguire i miei sogni, libero di essere me stesso. Libero di
amare chi volevo e come volevo. Libero di viaggiare ovunque nel mondo. Libero
dai condizionamenti sociali. Dall’autoritarismo della mia scuola. Dai diktat
della mia famiglia. Libero di sognare. Libero di pensare con la mia testa.
Libero di sperimentare con i miei amici modi nuovi di vivere insieme e di
condividere il mondo. Era la più bella delle parole, libertà.
Che tristezza, mezzo secolo più tardi, vedere questa parola luminosa usata come
bandiera dai privilegiati per giustificare il diritto di opprimere. Libertà di
portare armi, libertà di arricchirsi sulle spalle degli altri. Libertà di fare
affari che creano miseria o devastano il pianeta. Libertà di tenersi i propri
soldi e non pagare le tasse. Libertà di dominare il mondo, iniziare guerre,
sentirsi padroni del mondo. Libertà di mettere basi militari ovunque nel mondo.
Oggi la parola “libertà” svolge una funziona perversa. Serve da giustificazione
ideologica per la rapacità: “noi siamo liberi, e quindi dobbiamo dominare quelli
che non sono liberi come noi”. A questo si è ridotta, oggi, la parola libertà.
Copertura ideologica per giustificare il predominio.
Dalla “Casa delle libertà” di Berlusconi in Italia, alla devozione religiosa
degli Stati Uniti per questa parola, “libertà” è usata come una clava contro
chiunque abbia a cuore il bene comune più dell’arbitrio dei singoli. Siano
questi, stati, individui, multinazionali, o classi sociali. Gli Stati Uniti
pretendono di essere liberi e quindi non dover sottostare al giudizio delle
corti internazionali o alle raccomandazioni dell’Assemblea di tutti gli Stati
del mondo. Le multinazionali prendono di essere libere da regole e limiti che la
politica vorrebbe imporre per il bene di tutti. I super ricchi pretendono di
essere liberi da tasse sulle loro fantasmagoriche ricchezze. Le classi abbienti
pretendono di essere libere dalla tassazione progressiva o dalle tasse sul
patrimonio che qualche decennio fa ridistribuivano il reddito. I paesi della
Nato pretendono di essere liberi di bombardare la Serbia, devastare la Libia,
invadere l’Iraq, invadere l’Afghanistan, usando come scusa che quei paesi “non
sono liberi”.
E in cosa si riduce la libertà dei paesi che si considerano liberi? La “libertà
di stampa” significa che i grandi gruppi di potere controllano le catene
televisive, i grandi giornali, i social online, manipolano facilmente masse di
lettori sostenengono narrazioni che giustificano le scelte di dei poteri. La
libertà di votare si riduce al fatto che siccome le elezioni non si vincono se
non con ingenti quantità di denaro, il potere è nelle mani di pochi super
ricchi, o delle grandi corporazioni che dispongono di queste somme. La libertà
di votare e la libertà di stampa, che nell’Ottocento hanno rappresentato un
potente strumento di liberazione dall’oppressione dei regimi antichi, oggi si
sono ridotte a strumenti di manipolazione.
La libertà di parola nei paesi occidentali, come ha chiarito Herbert Marcuse
sessant’anni fa, è diventata una strategia del potere: per depotenziare la
critica, è più efficace lasciare parlare tutti, in una vasta cacofonia, e
imporre punti di vista avendo in mano le narrazioni dei media e dei social,
piuttosto che reprimere le voci del dissenso. Un magazine clandestino
ciclostilato nella Russia Sovietica aveva un potere dirompente: nessuno poteva
parlare e chi osava aveva una voce possente. Una rivista pacifista
nell’Occidente liberale non ha alcun peso: tutti possono parlare; il potere non
ha bisogno di opprimere voci dissenzienti, tanto ha il controllo delle
narrazioni che dominano. Quando oggi nelle democrazie liberali assistiamo a
grandi divergenze interne, come accade in questi ultimi anni, quello a cui
stiamo assistendo è in gran parte solo uno scontro di potere interno in una
plutocrazia poco compatta. Dietro a Johnson e Trump ci sono i potenti media di
destra, e ora i social nelle mani di colossali poteri finanziari.
L’ipocrita religione occidentale della libertà si giustifica con il ridicolo
l’argomento che “in Occidente su sta meglio, perché c’è la libertà”. Poche
affermazioni sono altrettanto ipocrite. In Occidente si sta meglio perché
l’Occidente è ricco; e l’Occidente è ricco perché ha raccolto l’eredità dello
strapotere dell’Europa coloniale ottocentesca sul mondo intero. Uno strapotere
che non è certo stata costruito sulla libertà. È stata costruito sulla
soppressione della libertà dei popoli colonizzati, sulla razzie delle loro
risorse, sulla riduzione in schiavitù di milioni di africani.
Questa rapina è chiamata libertà.
Ogni libertà è sempre libertà da qualcosa. Un prigioniero riacquista la libertà
uscendo dalla prigionia, uno schiavo dalla schiavitù, un popolo oppresso
liberandosi dai suoi oppressori, un giovane si libera dal peso di una famiglia
opprimente. Un intellettuale si libera da un’idea errata. Quando libertà
significa liberarsi da un’ingiustizia, da un’oppressione, da un dogma, dalla
fame, dall’ignoranza, dai vincoli che impediscono di essere se stessi, dalle
diseguaglianze, la libertà è il più bello degli ideali. Ma quando libertà
significa, come significa oggi, sentirsi liberi di ignorare il bene comune, i
bisogni degli altri, le sofferenze degli altri, sentirsi liberi di competere e
vincere calpestando gli altri, allora la libertà è la più sporca delle parole.
Oggi è a questo che serve la parola libertà: a ignorare il bene comune. Un
giorno in cui guidavo in una città dove la gente è poco ligia al codice della
strada, un’amica mi disse “ci sono persone che si sentono libere di passare
quando il semaforo è rosso; considerano il semaforo il loro nemico perché limita
la loro libertà. Che sceme, il semaforo è lì per aiutare tutti. È un amico, non
un nemico.” Questa è la libertà dell’Occidente. La libertà di inquinare ci sta
portando alla catastrofe ecologica. La libertà di armarsi alla catastrofe
nucleare. Il libero mercato ci ha già portato disuguaglianze economiche mai
viste nella storia. Le libertà politiche ci stanno portando al dominio mondiale
dei super ricchi interessati solo a competere fra loro per diventare ancora più
ricchi. La libertà di votare ci ha portato una classe politica che invece di
occuparsi del bene pubblico si occupa solo di come farsi rieleggere fra qualche
mese e non è capace di guardare al futuro lontano.
Per salvare il mondo dalle catastrofi che si avvicinano e da quelle presenti,
dal riscaldamento climatico, dalla guerra nucleare sempre più vicina, dalle
devastanti guerre in corso, dalla miseria in cui vive ancora gran parte
dell’umanità, dalle pandemie che certo troveranno presto, dall’oppressione in
cui sono ancora tanti popoli, l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è più libertà
per l’arroganza dei poteri che ci hanno portato a questo.
Abbiamo bisogno, al contrario, di riconoscere che il bene comune, il bene di
tutti noi, deve essere più importante dell’arroganza dei singoli. Abbiamo
bisogno di accordarci su regole condivise. Di lavorare insieme, non gli uni
contro gli altri. Quando gli oppressi parlano di libertà, il mio cuore è con
loro. Quando i ricchi e i potenti del mondo parlano di libertà, hanno tutto il
mio disprezzo.
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Carlo Rovelli, fisico, saggista e divulgatore scientifico è stato docente
universitario in Italia, Francia e Usa. Il suo ultimo libro, scritto con Giorgia
Marzano e Massimo Tirelli, è Il volo di Francesca (Feltrinelli).
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