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CHIAPAS: SOLDATI ISRAELIANI NELLE SCUOLE ELEMENTARI PER PROPAGANDA SIONISTA. LA DENUNCIA DEI COLLETTIVI LOCALI
Militari israeliani fanno attività di volontariato nelle scuole elementari del Chiapas: è quanto emerge del reportage del giornalista Temoris Greco e che ha portato alla luce la presenza di veterani di guerra israeliani all’interno di alcune scuole elementari a San Cristóbal de las Casas. A segnalare l’accaduto è stato il Comité Acción Palestina Chiapas, attivo nella regione per sensibilizzare sulla situazione in Palestina e sul ruolo dello Stato israeliano nel genocidio a Gaza. Secondo la denuncia, i genitori di alcuni alunni hanno notato la presenza di adulti, stranieri, uscire dalle scuole indossando maglietti con simboli israeliani. Le verifiche successive hanno collegato queste persone all‘organizzazione Heroes for Life, e più esplicitamente in ebraico “Combattenti senza frontiere” un’associazione israeliana che invia ex militari in missioni di volontariato all’estero subito dopo il servizio militare obbligatorio, con il fine dichiarato di “dare un’altra immagine al mondo delle IDF”. La mobilitazione del Comitato Acción Palestina Chiapas, insieme all’intervento del sindacato dei maestri (CNTE), ha portato alla sospensione del progetto nella zona. Ma il caso apre uno squarcio su un fenomeno più ampio: l’uso di missioni pseudo-umanitarie da parte di stati coinvolti in gravi violazioni dei diritti umani per ridefinire la propria immagine internazionale, spesso nei territori del Sud globale. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, la corrispondenza dal Chiapas con Giovanni del Nodo Solidale. Ascolta o scarica.
Che ci fanno i soldati israeliani nelle scuole del Chiapas?
-------------------------------------------------------------------------------- Pubblichiamo in italiano un reportage del giornalista indipendente Témoris Grecko realizzato a partire da una denuncia del Comité Acción Palestina Chiapas di San Cristóbal de Las Casas riguardo la presenza di veterani di guerra israeliani nelle scuole elementari del Chiapas. Questi giovani (tutti ex soldati) entrano nelle scuole pubbliche locali attraverso una associazione di “volontari” chiamata in inglese “Heroes for life” e più esplicitamente in ebraico “Combattenti senza frontiere” con il fine dichiarato di “dare un’altra immagine al mondo delle IDF”. La loro presenza, intercettata, denunciata e respinta dai collettivi e dal sindacato dei maestri (CNTE) di San Cristóbal, è inquietante e apre a molte altre domande: “In quanti posti sono andati questi finti volontari a fare propaganda sionista prima di essere scoperti e denunciati in Chiapas?”; “Che ci fanno realmente in Messico (e in altre parti del mondo) questi soldati vincolati alle forze speciali?”; “Il governo messicano è informato e quindi complice delle infiltrazioni di quest’associazione?” La traduzione di questo reportage di Témoris Grecko (con la collaborazione di Leonardo Toledo) è un contributo al lavoro di contro-inchiesta dei compagni e delle compagne dei collettivi locali in appoggio alla resistenza palestinese e una denuncia dei lunghi tentacoli del sionismo in tutto il mondo. [Nodo solidale] -------------------------------------------------------------------------------- Veterani di guerra israeliani, in Messico e in paesi dell’America, Asia e Africa, usano bambini in situazione di vulnerabilità per fare propaganda sionista Leggi l’articolo originale in spagnolo – artículo original en español La storia è molto bella, dal punto di vista dei loro simpatizzanti. Dopo aver abbandonato la vita militare e fatto ritorno a quella civile, Gili Cohen, Yair Attias e Boaz Malkieli, tre amici poco più che ventenni, si rendono conto che i “poveri del Terzo Mondo” affrontano problemi molto gravi, e che migliaia di loro connazionali stanno viaggiando in quei paesi e potrebbero darsi da fare per aiutarli. Per questo motivo, nel 2013 decidono di creare un’associazione umanitaria, che chiamano in inglese “Heroes for Life” (“Eroi per la Vita”), la quale canalizza i vacanzieri come volontari verso scuole in una ventina di paesi, dalla Thailandia al Guatemala, per insegnare ai bambini a parlare inglese e istruirli in materie come scienze, musica, igiene personale e tecniche di combattimento Krav Magá. In Messico, ad esempio, iniziano ad operare nel 2017, con il sostegno finanziario e logistico dell’impresa di sicurezza Maguén Group (il cui direttore esecutivo, Zvi Michaeli, è membro del consiglio di “Heroes for Life”) e del governo israeliano, in collaborazione con il municipio Miguel Hidalgo della capitale nazionale (il consigliere del PAN, Raúl Paredes, li ha descritti, in una delle loro attività del 2023, come “giovani molto entusiasti, con un grande cuore e un profondo desiderio di aiutare bambine e bambini nei quartieri vulnerabili”). Ora, nel maggio 2025, oltre che a Città del Messico, operano anche nelle scuole elementari della colonia 31 de Marzo, nella città di San Cristóbal de las Casas, nello stato meridionale del Chiapas (la prima denuncia è stata lanciata da Acción Palestina Chiapas). «Questo è un progetto con il potenziale di trasformare Israele in un impero dell’aiuto umanitario, senza spendere neanche uno shekel (la moneta israeliana)», ha detto a Esti Pelet, del portale messicano Enlace Judío, il leader dei fondatori, il capitano (della riserva) Gili Cohen, il quale ha espresso il proprio fastidio per il fatto che Israele compaia, insieme a Iran e Pakistan, nella lista dei paesi con l’impatto più negativo al mondo, secondo la BBC. «Lottiamo per una buona reputazione del nostro paese», ha continuato. «Io ho servito nell’esercito israeliano per otto anni e ho visto che i nostri soldati sono i più morali del mondo. Voglio che questi giovani mostrino al mondo il loro vero volto. Quei ragazzi che lavorano come volontari in un orfanotrofio in India sono gli stessi combattenti che vengono condannati nel mondo». Guerrieri Senza Confini L’altra storia è quella che non viene raccontata. È probabile che buona parte di chi sta leggendo questo reportage abbia visto una o più stagioni della serie Fauda, che tratta di un’unità militare mista’arvim (in ebraico: מסתערבים, “arabizzati”) specializzata nell’infiltrarsi in aree urbane palestinesi, mascherando i propri soldati da civili palestinesi. Utilizzano veicoli civili modificati e padroneggiano la lingua araba per confondersi con la popolazione locale mentre svolgono missioni ad alto rischio in Cisgiordania, come sequestri e omicidi. La crudele strage di presunti “colpevoli” e di innocenti, come danni collaterali, è la costante sullo schermo. I creatori di Fauda, Lior Raz e Avi Issacharoff, sono esperti in materia perché hanno fatto parte essi stessi della più famosa unità mista’arvim, la brigata Duvdevan. Anche i tre amici poco più che ventenni che vogliono aiutare i bambini poveri del Terzo Mondo hanno fatto parte di questa esperienza. Lì sono diventati commilitoni. Non solo per svolgere il servizio militare: il capitano Gili Cohen ha dedicato otto anni della sua giovinezza a travestirsi da palestinese per ucciderli. Convinti che Israele stia facendo le cose nel modo migliore, perché il proprio esercito è, come dice il primo ministro Netanyahu, “l’esercito più morale del mondo”, arrivano al punto che le “delegazioni” dei loro “Eroi per la Vita” vengono battezzate con i nomi di soldati morti in combattimento mentre distruggevano Gaza, in diverse guerre. Prima nell’operazione Margine Protettivo del 2014, in cui sono state uccise 2.251 persone, tra cui 551 bambini e 299 donne; e più di 11.000 feriti (dal lato israeliano, sono morti 66 soldati e cinque civili, incluso un bambino). E ora, nell’operazione Spade di Ferro, che è in corso con un genocidio: la missione in Chiapas si chiama Yotam Ben Best, che ha fatto parte anch’egli della brigata Duvdevan e, quando è morto in combattimento con miliziani palestinesi il 7 ottobre 2023, era comandante dell’“unità fantasma” delle operazioni speciali. Per questo hanno nominato presidente del consiglio della loro organizzazione il generale Elyezer Shkedi, noto per l’abbattimento di due aerei durante l’invasione israeliana del Libano. Da qui deriva anche il vero nome del gruppo, in ebraico, לוחמים ללא גבולות, che significa “Guerrieri senza Confini”. Quando si sono resi conto che in alcuni paesi non era ben visto l’arrivo di soldati israeliani che avevano ucciso palestinesi, presentandosi come guerrieri senza confini, hanno iniziato a cambiare nome nelle altre lingue. Nel 2016, Enlace Judío spiega che in inglese preferivano chiamarsi “Lottatori per la Vita”. Ma poiché nemmeno questo ha funzionato, hanno adottato il nome attuale, sempre in inglese: “Heroes for Life” ovvero eroi per la vita. Un programma di hasbarà “molto redditizio” A 18 anni, i giovani israeliani iniziano il servizio militare obbligatorio, durante il quale l’esercito prende il controllo delle loro vite per 36 mesi gli uomini, o 24 le donne. Questo include, in molti casi, operazioni di combattimento in cui maltrattano, feriscono o uccidono palestinesi, inclusi bambini e donne. Durante questo periodo, ricevono uno stipendio mensile di circa 200 dollari e benefici come sconti sui trasporti pubblici, spettacoli e altri servizi. Al termine, ricevono un’indennità economica nota come “sussidio di liberazione”, il cui ammontare varia in base alla durata del servizio, al tipo di ruolo svolto (per esempio, i combattenti ricevono un po’ di più) e ad altri fattori, ma solitamente è di diverse migliaia di shekel (equivalente a centinaia o migliaia di dollari). Con questa somma, più i risparmi accumulati, possono intraprendere il tradizionale tiyul shelach (viaggio dopo il servizio militare). Ogni anno, circa 40.000 veterani di guerra israeliani partono per viaggiare in America Latina, Africa e Asia. Questa è la dimensione potenziale della forza di hasbarà (propaganda pro-Israele) individuata dal capitano Gili Cohen. «L’idea era di utilizzare i backpackers come infrastruttura necessaria per svolgere lavoro umanitario “blu e bianco” mostrando al mondo il vero Israele», ha detto a Enlace Judío. «Volevamo creare un dibattito diverso su Israele. Volevamo fare una buona opera ebraica, e allo stesso tempo fare hasbarà per il paese, ma in modo diverso». Attraverso i social media, annunciano i loro progetti, che possono svolgersi in popolazioni di Etiopia, India o Argentina, per formare un “gruppo che si offre come volontario in uno dei quartieri più degradati della città, generalmente nelle scuole dove insegnano di tutto”. “Uno degli aspetti unici del programma è che è così redditizio”, sottolinea Enlace Judío. “Dato che fa parte del viaggio dei giovani all’estero, in nessun caso è necessario acquistare loro i biglietti aerei”. L’organizzazione “deve solo fornire loro alloggio e cibo per due settimane e mezza. Di conseguenza, con appena 11.000 dollari possono inviare una delegazione di circa 35 giovani israeliani altamente motivati a lavorare nei quartieri poveri di Mumbai”. “La direzione della scuola, gli insegnanti, i genitori e i bambini sono molto consapevoli che i volontari sono israeliani, perché portano una bandiera israeliana sulla manica della camicia e, sulla schiena, il nome di un soldato caduto nell’operazione Margine Protettivo, che dà il nome alla loro delegazione”. Tra le motivazioni dei volontari — ha aggiunto il portale di notizie — c’è il fatto che sono “soldati appena congedati che hanno visto la natura etica delle FDI (l’esercito israeliano), a differenza di quanto spesso viene presentato dai media internazionali, e vogliono mostrare al mondo un altro volto dei soldati delle FDI”. Con questo modello così redditizio sia dal punto di vista economico che politico, aspirano a crescere: attualmente inviano 16 delegazioni all’anno, ma “entro la fine del 2030 l’organizzazione invierà 30 missioni umanitarie a 30 paesi in via di sviluppo ogni anno”, perciò, dicono sul loro sito web, “sarà conosciuta da tutti i veterani delle Forze di Difesa Israeliane (FDI) e posizionerà Israele come leader mondiale nell’aiuto umanitario. Come parte dell’organizzazione degli ex membri dell’associazione, migliaia di laureati saranno reclutati”. -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Che ci fanno i soldati israeliani nelle scuole del Chiapas? proviene da Comune-info.
2025, Los Angeles
LE ULTIME NOTIZIE DICONO CHE PERFINO I MARINES SI STANNO PER UNIRE ALLE TRUPPE DELLA GUARDIA NAZIONALE NELLE STRADE DI LOS ANGELES PER REPRIMERE CHIUNQUE INTERFERISCA CON GLI AGENTI DELL’IMMIGRAZIONE (ICE) DURANTE I RAID. IN QUESTA GUERRA SCATENATA DA TRUMP CONTRO I NON BIANCHI NON C’È LEGGE, GOVERNATORE, GIUDICE O SINDACO CHE PUÒ INTROMETTERSI. EPPURE MIGLIAIA DI PERSONE NON SMETTONO DI RESISTERE ALLA BRUTALITÀ DELL’ASSOLUTISMO TRUMPIANO: A PROTESTARE NELLE STRADE E PROTEGGERE CIÒ CHE RESTA DELLA DEMOCRAZIA NON CI SONO SOLO I GIOVANI CHICANOS, MA ANCHE STUDENTI, COLLETTIVI ANTIFASCISTI, SINDACATI DI BASE, PERSONE COMUNI. IN QUESTO ARTICOLO, IL COLLETTIVO NODO SOLIDALE – FORMATO DA PERSONE CHE VIVONO IN MESSICO E ITALIA – RICOSTRUISCE COSA È ACCADUTO NEGLI ULTIMI GIORNI E PERCHÉ, MA RICORDA ANCHE COSA ACCADE NEL RESTO DEL MESSICO E NEL CONFINE DEL SUD, IN CHIAPAS INFATTI LA SITUAZIONE È ESPLOSIVA. “COSÌ, LA FRONTIERA, QUELLA TRA STATI UNITI E MESSICO, MA ANCHE QUELLA TRA SUD E NORD DEL MESSICO, TRA DIRITTO E ARBITRIO, TRA UMANITÀ E REPRESSIONE, SI ALLARGA, SI MOLTIPLICA, SI INCISTA NEL TERRITORIO E NEI CORPI. NON È UN CONFINE GEOGRAFICO: È UNA FERITA POLITICA CHE SEPARA CHI FUGGE DA CHI ESCLUDE, CHI RESISTE DA CHI REPRIME…” Il 6 giugno, agenti dell’ICE hanno condotto blitz in vari punti di Los Angeles: Fashion District, Home Depot e una grossa azienda tessile. Oltre cento arresti. Le strade hanno risposto: molotov, blocchi di cemento, barricate e auto in fiamme. I manifestanti hanno resistito con determinazione, trasformando la città in un campo di battaglia contro la violenza istituzionale. La risposta della polizia è stata brutale: gas lacrimogeni, flash-bang, proiettili di gomma e granate stordenti. Ventisette persone arrestate, almeno tre manifestanti feriti, sei agenti colpiti e due giornalisti centrati da proiettili “non letali” mentre documentavano i fatti. È l’urlo collettivo di chi non può più accettare le retate dell’ICE e le politiche razziste dell’amministrazione Trump. È un punto di svolta nella resistenza contro l’apparato repressivo statunitense: una mobilitazione che brucia di coraggio, dolore e dignità. La risposta federale arriva il 7 giugno. Trump firma un ordine senza precedenti: la mobilitazione della Guardia Nazionale sotto il Titolo 10 del Codice degli Stati Uniti, (U.S. Code) che regola le forze armate. Quando la Guardia Nazionale viene mobilitata sotto Titolo 10, significa che agisce sotto il controllo federale diretto, cioè del Presidente degli Stati Uniti, non più sotto il comando del governatore dello stato, può essere impiegata come forza militare federale attiva, proprio come l’esercito regolare. Circa 2.000 tra militari e forze federali vengono dispiegati nelle strade di Los Angeles, a difesa dei centri ICE e degli edifici federali. Un atto gravissimo, che non si vedeva dal 1965 senza il consenso dello Stato interessato. Il governatore Gavin Newsom ha denunciato con forza l’iniziativa: «Una violazione della sovranità statale e una provocazione deliberata». Ha già annunciato una causa legale contro Washington. -------------------------------------------------------------------------------- LEGGI ANCHE QUESTO ARTICOLO DI MARCO CODEBÒ: > Marx a Compton -------------------------------------------------------------------------------- Tra fiamme, barricate e fumo lacrimogeno, un’immagine è diventata simbolo virale: un manifestante a volto coperto, in sella a una moto, che sventola con fierezza la bandiera messicana davanti a un’auto in fiamme, diventato emblema virale di un conflitto sociale destinato a incendiare i cuori. Questa non è una protesta pacata, né uno sciopero simbolico. È l’ennesima rivolta popolare, reale, viscerale. Contro la deportazione di massa. Contro lo smantellamento sistematico dei diritti. Contro un potere autoritario che usa gli eserciti per proteggere una società basata sull’esclusione, sulla discriminazione, su un “noi” bianco e privilegiato contro un “loro” criminalizzato e perseguitato. Le leggi migratorie reintrodotte e rafforzate dall’amministrazione Trump nel suo secondo mandato hanno segnato un ulteriore passo verso la criminalizzazione della mobilità umana. Il ripristino della politica “Remain in Mexico”, l’espansione dei poteri di detenzione per l’ICE e le deportazioni accelerate hanno trasformato il confine in un territorio militarizzato e letale. Le nuove restrizioni colpiscono anche chi è già radicato nel paese da anni, spezzando famiglie, distruggendo comunità, alimentando una paura quotidiana che diventa sistema di controllo. In queste strade non ardono solo automobili: bruciano vite, speranze, e dignità. Dalle ceneri, come sempre, si leva una forza collettiva che rifiuta di chinare il capo. Una dignità messicana e chicana che si ribella, che non è solo migrante ma parte viva e inscindibile di questi Stati Uniti. Una voce che reclama rispetto, giustizia, libertà di movimento e di identità. Pronta a difendere con forza la propria storia, le radici profonde di una cultura che resiste, e un futuro fatto di dignità e speranza che nessuna frontiera potrà mai soffocare. Nelle strade a gridare “Fuck ICE” non ci sono solo gli/le indocumentati o la furia dei giovani chicanos; gruppi di vicini, studenti universitari, collettivi antifascisti, sindacati di base, indigeni delle riserve, uomini e donne di Los Angeles, con il cuore empatico e solidario, che incarnano la coscienza meticcia profonda di questo pezzo – da sempre ribelle e pulsante – degli States. Nel frattempo il Messico, sotto pressione costante da parte degli Stati Uniti, continua ad applicare il Plan Frontera Sur, rilanciato e inasprito nel 2024 con nuovi fondi statunitensi, droni di sorveglianza e pattugliamenti congiunti. L’obiettivo dichiarato: contenere le migrazioni prima che arrivino al confine nordamericano. Quello reale: esternalizzare la frontiera USA fino al confine con il Guatemala. Mentre il governo federale stringe accordi con Washington per contenere il flusso migratorio, intere regioni del Messico diventano zone cuscinetto, dove la migrazione è gestita come una minaccia militare, non come una crisi umanitaria. Nel solo 2024, oltre 800.000 persone sono state intercettate nel sud del Messico. Provenienti da Honduras, Guatemala, El Salvador, Nicaragua, Venezuela, Haiti, ma anche da zone rurali messicane devastate da violenza e povertà, vengono spesso bloccate, detenute o deportate senza reali possibilità di chiedere asilo. Nei centri di detenzione migratoria – come quello di Tapachula, tristemente noto come “la Guantánamo messicana” – si accumulano denunce di violazioni sistematiche dei diritti umani: abusi, mancanza di cure mediche, condizioni igienico-sanitarie disumane. La presenza dei cartelli lungo le rotte migratorie si è intensificata: estorsioni, sequestri, stupri, reclutamento forzato. Per chi fugge, il cammino è un campo minato. La frontiera non è una linea: è una trappola, un labirinto di checkpoint, milizie, sequestri, fosse comuni e silenzi. Ogni metro quadrato del Chiapas In Chiapas, il sud profondo del paese, la situazione è esplosiva. Si contano 15,000 “desplazados“, sfollati di intere comunità indigene e contadine costrette ad abbandonare le proprie terre a causa dell’intensificarsi dei conflitti armati tra gruppi narcos, con il cartello di Sinaloa e Jalisco Nueva Generación che si intrecciano a forze di sicurezza e paramilitari. Le forze speciali di polizia Pakal, annunciate come baluardo dello Stato contro il crimine, operano spesso in modo opaco, violento, con scarsi risultati e molte denunce di abusi. In varie aree, lo Stato si ritira. In altre, convive o subappalta al crimine organizzato la gestione della res pubblica. Altrove, reprime. Sparizioni forzate, imboscate e sparatorie in pieno giorno, femminicidi come pratica sistematica, villaggi rasi al suolo e fosse comuni clandestine sono l’orrore quotidiano di questa guerra di frammentazione territoriale, dove ogni metro quadrato del Chiapas sembra ardere per un conflitto. Così, la frontiera, quella tra Stati Uniti e Messico, ma anche quella tra sud e nord del Messico, tra diritto e arbitrio, tra umanità e repressione, si allarga, si moltiplica, si incista nel territorio e nei corpi. Non è un confine geografico: è una ferita politica che separa chi fugge da chi esclude, chi resiste da chi reprime. Ma cos’é ICE? ICE, Immigration and Customs Enforcement, è l’agenzia federale degli Stati Uniti incaricata di far rispettare le leggi sull’immigrazione e controllare le frontiere interne. Dipende dal Dipartimento della Sicurezza Interna (DHS) ed è nota soprattutto per i raid, gli arresti e le deportazioni di immigrati irregolari. Le sue operazioni sono spesso al centro di forti critiche per l’uso eccessivo della forza, la separazione delle famiglie e la detenzione di minori. Una parte significativa del personale ICE è composta da agenti di origine latina, molti dei quali si ritrovano a eseguire ordini contro comunità simili a quelle da cui provengono. Una contraddizione lacerante, che acuisce il dramma umano e politico delle retate, e rivela con crudezza come i sistemi autoritari, anche sotto l’apparenza democratica, siano capaci di rivolgere le loro stesse vittime le une contro le altre. Oggi vogliamo riproporre questo potente progetto che è un piccolo gioiello di resistenza visiva e sonora. Nel 2013, La Santa Cecilia dava voce a milioni di persone invisibili con una ballata potente e delicata allo stesso tempo, che mette in scena, con forza poetica e politica, la repressione quotidiana vissuta dal popolo messicano sul suolo statunitense. El Hielo/il ghiaccio gioca sul doppio significato della parola: ICE come ghiaccio, freddo e disumano, ma anche ICE come l’agenzia federale per l’immigrazione, simbolo delle deportazioni, delle famiglie spezzate, della paura costante. Nel videoclip, che oggi, dodici anni dopo, risuona come una profezia dolorosamente realizzata , vediamo i volti di Eva, José, Marta: persone reali, lavoratori senza documenti, che ogni giorno sopravvivono in un limbo legale e in un Paese che si nutre del loro lavoro, ma li espelle senza pietà. “El hielo anda suelto por esas calles / nunca se sabe cuando nos va a tocar…”. Il ghiaccio cammina sciolto per queste strade / non si sa mai quando ci toccherà. Una madre che non torna da scuola, un taxi diventato giardino da curare, un sogno americano che esclude chi lo tiene in piedi. La canzone non chiede pietà: pretende giustizia. E oggi, mentre nuove retate colpiscono le comunità latine, El Hielo resta un inno alla resistenza migrante e alla dignità di chi “solo voleva lavorare” e vivere. La Santa Cecilia – Ice El Hielo ICE – Acqua congelata ICE – Immigration and Customs Enforcement ICE – Il ghiaccio “Eva passa lo straccio sul tavolino, per far brillare tutto come una perla quando arriva la padrona, che non si possa lamentare non sia mai che la accusino di essere illegale. José cura i giardini, sembrano di Disneyland guida un vecchio camion senza la patente non importa se era tassista nella sua terra natale, questo non conta niente per lo Zio Sam. Il ghiaccio cammina sciolto per queste strade non si sa mai quando ci toccherà piangono i bambini, piangono fuori scuola, piangono vedendo che mamma non tornerà Uno che resta qui l’altro che torna là questo solo per essere andati a lavorare Marta è arrivata bambina e sogna con studiare qua ma è difficile avere un futuro senza documenti rimangono con gli allori solo quelli che sono nati qui ma lei non smette mai di lottare Il ghiaccio cammina sciolto per queste strade non si sa mai quando ci toccherà piangono i bambini, piangono fuori scuola piangono vedendo che mamma non tornerà Uno che resta qui l’altro che torna là questo solo per essere andati a lavorare Uno resta qui l’altro resta là succede per essere andati a lavorare” Guarda il video qui: -------------------------------------------------------------------------------- Nodo Solidale è più di un collettivo che lega – attraverso iniziative di solidarietà e informazione – persone che vivono in Messico e Italia, abbracciando i principi della Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, lanciata dall’EZLN, come la condivisione dei saperi di CIDECI Unitierra. “Quella che viviamo è una guerra contro l’umanità – scrivono – E oggi quanto c’è di più umano è proprio lottare contro questa guerra” -------------------------------------------------------------------------------- LEGGI ANCHE QUESTO ARTICOLO DI RAUL ZIBECHI: > Trump o l’incarnazione dell’incertezza -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo 2025, Los Angeles proviene da Comune-info.
Marx a Compton
COPRIFUOCO, RAID ANTI IMMIGRATI, ARRESTI, SOLDATI NELLE STRADE. I FATTI DELLA CALIFORNIA POSSONO ESSERE RACCONTATI E ANALIZZATI DAL PUNTO DI VISTA POLITICO E STORICO, PARTENDO DELLA CRISI ECONOMICA DEGLI USA, DAL RAZZISMO O DAL DECLINO DELL’OCCIDENTE, OPPURE DALLA GUERRA SISTEMICA IN CORSO NEL MONDO CONTRO QUELLI CHE OVUNQUE SONO IN BASSO, I MIGRANTI, LE COMUNITÀ INDIGENE, I LAVORATORI DI SERIE C E D. UNA POESIA, COME QUESTA DI MARCO CODEBÒ, INSEGNANTE DI LETTERATURA E LINGUA ITALIANA NEGLI STATI UNITI, A VOLTE CONSENTE DI GRIDARE E DI PENSARE Non ci sono più marxisti negli States. Davvero un peccato, se ce ne fossero ci spiegherebbero che è andata sempre così, fin dall’inizio. Nell’Europa preindustriale l’accumulazione originaria l’han fatta, tirando quattro soldi a chi lavorava in officina. Ma niente han dato a chi faceva bambini lavava panni preparava pranzo e cena. E a chi produceva cotone, zucchero e té nelle piantagioni delle colonie. Le donne eran gente strana. Se ne capivano di medicina e magia terrorizzarle bisognava andando a caccia di streghe. E quelli curvi in piantagione eran bestie schiavi cose da vendere o comprare, d’ogni tanto linciare. Il lavoro è sempre stato di serie B, C e D con la pelle che si scuriva nella parte bassa della classifica. E a quelli in serie B di non esser né donne né schiavi un po’ gli è sempre piaciuto e a volte bastato. La serie A è la democrazia e d’ogni tanto una guerra per difendere i nostri valori. Questi tizi nella Silicon Valley che un giorno ci lasceranno quaggiù sulla Terra avvelenata per volare da soli su Marte, questi qui hanno bisogno di gente che cucini porti la pizza a domicilio lavi le mutande faccia da babysitter costruisca le case, aggiusti la macchina, oppure in paesi lontani esegua milioni di click, per addestrare l’artificio dell’intelligenza. Ma le facce scure che fan quelle cose, come gli schiavi e le streghe di quattro secoli fa, sono subumani. Educarli a botte e prigione, che non gli venga la pretesa di salire un giorno in serie B. Tanto lì non ce li vuole nessuno, nemmeno chi ci sta già. -------------------------------------------------------------------------------- Marco Codebò insegna Letteratura e lingua italiana alla Long Island University di New York. L’ultimo suo libro è Fermammo persino il vento. Racconti e letteratura di partigiani (ShaKe). Ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Marx a Compton proviene da Comune-info.
CHIAPAS: IL MOVIMENTO ZAPATISTA LANCIA “ALGUNAS PARTES DEL TODO”. AD AGOSTO INCONTRO INTERNAZIONALE DI “RESISTENZE E RIBELLIONI”
“In Messico le forze in campo si scontrano a un livello inedito e Città del Messico, da santuario sicuro, torna a essere luogo di conflitto aperto. Cosa sta accadendo, quali sono i contendenti, come si stanno posizionando i diversi gruppi criminali – e tra loro pure l’esercito – paiono le grandi incognite del momento. In questo, però, i movimenti sociali – in primis l’EZLN – portano avanti le loro lotte. Zapatiste e zapatisti lanciano un nuovo appuntamento pubblico internazionale, dal 2 al 17 agosto 2025, nel caracol di Morelia“. Così dal Messico, su Radio Onda d’Urto, il nostro corrispondente e collaboratore, Andrea Cegna,  commentando le ultime notizie di cronaca dal Messico; a poche settimana dall’uccisione di due importanti esponenti del governo della Capitale, si è comunque tenuta la giornata di voto nazionale, la prima di questo genere, per eleggere centinaia di giudici in tutto il Paese è stato un flop, con una partecipazione nelle urne attorno al 13%. A urne aperte, scontro a fuoco tra poliziotti e uomini armati non identificati proprio nello Stato meridionale del Chiapas, a Frontera Comalapa: 5 agenti uccisi e il loro veicolo dato completamente alle fiamme. La replica dei poteri statali è la stessa di sempre, ossia più militarizzazione; schierati altri mille agenti in un’altra operazione “anti-narcos”. Altri scontri e morti pure a nord, nel Tamaulipas, dove sono stati uccisi 5 membri della band musicale Grupo Fugitivo, ritrovati cadavere in un terreno a Reynosa, città messicana di 700mila abitanti che confina con la contea di Hidalgo, negli Usa. In questo scenario, viene dai movimenti sociali messicani l’unica risposta reale e dal basso. A muoversi, ancora una volta, è il movimento zapatista che lancia, dal 2 al 17 agosto 2025 a La Morelia, un incontro internazionale di resistenze e ribellioni, chiamata “Alcune parti del tutto”. “Questo – scrivono le realtà organizzatrici, ossia “le comunità zapatiste di origine Maya, attraverso il loro Governo Locale Autonomo (GAL), il Collettivo dei Governi Autonomi (CGAZ), le Assemblee dei Collettivi di Governo Autonomo (ACGAZ), INTERZONA e l’EZLN” – non è un incontro di analisi o di approcci teorici, ma piuttosto un incontro di esperienze pratiche di resistenza. Chi di noi sarà presente sa già cos’è questo maledetto sistema e cosa fa contro tutti, così come contro la natura, la conoscenza, le arti, l’informazione, la dignità umana e l’intero pianeta. Non si tratta di esporre teoricamente i mali del sistema capitalista, ma piuttosto di ciò che si sta facendo per resistere e ribellarsi, ovvero per combatterlo.  Non vi invitiamo a insegnare. Non siamo i vostri studenti o i vostri apprendisti; né siamo insegnanti o tutor. Siamo, insieme a voi, parti di un tutto che si oppone a un sistema. Dare e dare. Voi ci raccontate le vostre esperienze e noi, il popolo zapatista, raccontiamo le nostre”. Clicca qui per il comunicato completo di lancio dell’incontro in Chiapas dell’agosto 2025. Sulla situazione in Messico e la risposta delle comunità zapatiste, su Radio Onda d’Urto il nostro collaboratore e corrispondente, Andrea Cegna. Ascolta o scarica      
Vittoria per l’ambiente: il Messico annulla la concessione per l’estrazione subacquea
> Il governo messicano ha annullato definitivamente la concessione per un > progetto minerario subacqueo. Gli attivisti hanno reso noto che la società > Odyssey Marine Exploration ha indicato in un rapporto del 31 marzo che le > concessioni minerarie della sua controllata Exploraciones Oceánicas (ExO) > erano state annullate dal Ministero dell’Economia messicano nel giugno e > agosto 2024 perché “illegali”. Gli attivisti hanno descritto la decisione come > una “vittoria per l’ambiente e le comunità costiere” nel Golfo di Ulloa, nello > Stato Baja California Sur. Il progetto Don Diego dell’azienda statunitense aveva lo scopo di dragare i fondali marini per estrarre fosfati per la produzione di fertilizzanti. Tuttavia, l’estrazione subacquea pianificata minaccia balene e tartarughe e la pesca locale, ha detto Alejandro Olivera del Centro per la biodiversità. Questa forma di estrazione mineraria “non è possibile in un Messico che protegge le sue risorse naturali”, ha sottolineato Olivera. Odyssey Marine Exploration disponeva di tre concessioni della durata di 50 anni per lo sfruttamento di una superficie di 114.775 ettari di fondali marini. Tuttavia, il Ministero dell’Ambiente messicano ha negato due volte all’azienda l’autorizzazione di impatto ambientale richiesta. La società con sede a Tampa, in Florida, nota per il recupero di tesori dai naufragi, ha quindi avviato un arbitrato internazionale nel 2019 nell’ambito dell’allora accordo nordamericano di libero scambio (NAFTA). Davanti al Centro internazionale per la risoluzione delle controversie in materia di investimenti, Odyssey ha chiesto al governo messicano un risarcimento di 3,54 miliardi di dollari. Nel settembre 2024, l’ufficio arbitrale della Banca Mondiale ha assegnato alla società un pagamento di 37,1 milioni di dollari. Secondo la riforma della legge mineraria messicana del 2023, l’estrazione subacquea è ora espressamente vietata. Odyssey Marine Exploration non può quindi ottenere una nuova concessione per il progetto. Tuttavia, la piccola azienda della Florida, che secondo la Borsa di New York ha solo undici dipendenti, non si dà per vinta. Alla fine del 2024 ha annunciato un’alleanza strategica con la società messicana Capital Latinoamericano (CapLat), di proprietà di Juan Cortina Gallardo, ex presidente del Consiglio messicano degli agroindustriali. Grazie ai “buoni rapporti” del suo nuovo partner, Odyssey vuole portare avanti il progetto Don Diego. Inoltre, in un comunicato stampa del 28 aprile, l’azienda ha accolto con favore la recente decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di promuovere l’estrazione di minerali critici sul fondo marino. Trump ha incaricato il segretario al Commercio Howard Lutnick di accelerare il rilascio delle autorizzazioni per l’estrazione di minerali al di fuori della giurisdizione degli Stati Uniti – una mossa che, secondo gli osservatori, potrebbe aumentare la pressione politica sul Messico. Traduzione dal tedesco di Filomena Santoro. Revisione di Thomas Schmid. poonal - Pressedienst lateinamerikanischer Nachrichtenagenturen
MESSICO: UCCISI DUE IMPORTANTI ESPONENTI POLITICI, MENTRE A CITTA’ DEL MESSICO ESPLODE LA PROTESTA DI CHI LAVORA NELLA SCUOLA
La spirale di violenza in Messico colpisce in alto, molto in alto. Ammazzati, martedì 20 maggio, due stretti collaboratori di Clara Brugada, governatrice della capitale, Città del Messico. Ximena Guzmán, segretaria personale di Brugada, e José Muñoz, consigliere per la sicurezza cittadina, sono stati uccisi sul viale Tlalpan mentre andavano al lavoro. Un uomo li ha aspettati e freddati con almeno 20 colpi di arma da fuoco. Il caso segna un attacco diretto al governo della città. Brugada e il suo staff stretto vengono dai movimenti sociali e per questo i vertici di Morena hanno messo attorno a loro personaggi con una storia politica lontana dal sogno della trasformazione radicale dell’esistente: “i suoi primi mesi di governo – spiega a Radio Onda d’Urto il nostro collaboratore dal Messico, Andrea Cegna – hanno portato, con una certa nettezza, ad affrontare temi legati al diritto all’abitare, alla gestione della spazzatura e all’access all’acqua. Movimenti sociali e antagonisti non considerano però sufficiente l’approccio di Brugada. Forse, però, sta proprio negli interessi toccati il motivo dell’attacco e dell’omicidio di Guzmán e Muñoz”. Ancora Andrea Cegna: “ora si dirà è stato il crimine organizzato, ma è sempre più chiaro che in Messico oggi può essere qualsiasi avversario che nel nome dell’interesse utilizza metodi mafiosi per “dare segnali”. Verità scomoda che obbligherebbe ad analisi più approfondite su ogni singolo caso di violenza. L’inchiesta, invocata anche da Sheinbaum (presidentessa del Messico) partirà presto; facile aspettarsi l’arresto dell’esecutore materiale. Più difficile sarà sapere davvero il perché di quest’attacco”. Nelle ore successive al duplice, importante omicidio, sempre a Città del Messico la CNTE (sindacato di lavoratrici e lavoratori della scuola) ha portato miglia di tende nello Zocalo, la piazza centrale di Città del Messico, lanciando azioni diretti (a partire dal blocco degli ingressi del Palazzo Nazionale) per spingere alla cancellazione totale della controriforma dell’Issste, l’istituto di previdenza del Messico, e per alzare gli stipendi, a partire dal raddoppio del misero salario base di maestre e maestri. La corrispondenza su Radio Onda d’Urto di Andrea Cegna, curatore della newsletter Il Finestrino e nostro collaboratore dal Messico. Ascolta o scarica
CHIAPAS: LIBERATI I DUE COMPAGNI DELLE BASI D’APPOGGIO ZAPATISTE SEQUESTRATI A FINE APRILE
Liberati in Chiapas i due compagni delle Basi d’Appoggio Zapatiste sequestrati dal governo federale del Messico e da quello statale del Chiapas il 26 aprile 2025. José Baldemar Sántiz Sántiz e Andrés Manuel Säntiz Gómez sono stati liberati, a seguito delle pressioni in particolare del Centro per i diritti umani Frayba, che in una nota fa sapere: “vi informiamo con gioia che per l’innocenza inconfutabile dei compagni. Si è così dimostrata con forza e dalle azioni persistenti di coloro che si sono mobilitati: persone individuali, collettive, organizzazioni”. Su Radio Onda d’Urto il nostro collaboratore, Andrea Cegna, con un aggiornamento sulla vicenda dal Messico. Ascolta o scarica Di seguito, il comunicato diffuso dall’EZLN: “ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE MESSICO Maggio 2025 Ai firmatari della Dichiarazione per la Vita: Alla Sexta Nazionale e Internazionale: Al Congresso Nazionale Indigeno: Ai popoli del Mesico e del mondo: Compagne e compagni, sorelle e fratelli: Vi spieghiamo cosa è successo ai due compagni basi di appoggio zapatiste, José Baldemar Sántiz Sántiz e Andrés Manuel Säntiz Gómez, illegalmente detenuti e sequestrati dalle forze congiunte del governo federale e statale il 26 aprile 2025. Desaparecidos da 55 ore, sono stati condotti davanti alle autorità corrotte solo grazie alle pressioni del Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas. Erano accusati di sequestro di persona aggravato nei confronti di Pedro Díaz Gómez. Durante l’arresto, le forze della Guardia Nazionale, l’esercito federale e le cosiddette Forze di Reazione Immediata Pakal hanno approfittato della situazione rubando beni e stipendi delle persone coinvolte e della comunità. Hanno rubato un’auto, una moto e una grossa somma di denaro. Mentre il governo supremo giocava con la vita, la libertà e i beni dei due detenuti illegalmente, le autorità autonome zapatiste portavano avanti le proprie indagini sotto la guida di Verità e Giustizia in comune. Vi ricordo che, in quanto comunità organizzate in comune, abbiamo principi e regole. È vietato attentare alla vita, alla libertà e alla proprietà altrui, indipendentemente dall’ideologia, partito politico, religione, orientamento sessuale, colore della pelle, razza, lingua, nazionalità o posizione sociale. In caso di omicidio, rapimento, aggressione, stupro, falsificazione e rapina, si tratta di reati gravi. Inoltre è proibito il traffico di droga, la sua produzione e il suo consumo. Oltre all’ubriachezza e ad altri reati che sono determinati in comune. Ogni compagno o compagna, indipendentemente dalla sua posizione o grado, che commetta crimini gravi è espulso dal movimento zapatista. Dopo aver appreso dell’arresto e delle gravi accuse mosse ai due compagni, il GALEZ ha avviato un’indagine per accertare se fossero coinvolti nel rapimento. La struttura organizzativa incaricata dell’indagine è giunta alla conclusione che i due compagni sono innocenti. Così è stato fatto sapere al Frayba. Non soddisfatte, le autorità autonome hanno continuato le indagini e hanno confermato il coinvolgimento di altri due individui nel crimine. I due criminali sono stati arrestati e, nel rispetto dei loro diritti umani, sono stati portati in custodia in una delle comunità zapatiste. I due criminali hanno confessato il rapimento e l’omicidio di Pedro Díaz Gómez e indicato il luogo esatto in cui avevano seppellito il corpo. Hanno segnalato la complicità di altre persone. Così è stato fatto sapere al Frayba che lo ha comunicato alle autorità del malgoverno. Rendendosi conto che si sarebbero nuovamente resi ridicoli, le autorità corrotte si sono affrettate a mobilitare le loro forze e arrestare uno dei sospettati che era in fuga. Questa persona ha confermato quanto confessato alle autorità zapatiste. E così si è giunti al luogo in cui era sepolto il corpo della vittima del crimine. Tutti e tre i livelli di governo erano a conoscenza di tutto questo, ma non hanno fatto nulla. Invece di liberare immediatamente i nostri compagni innocenti, hanno temporeggiato e proposto uno scambio di prigionieri. In questo modo avrebbero potuto ingannare i media e vendere loro la storia che il merito era tutto della giustizia statale e federale. Ed avrebbero potuto anche tenersi quello che avevano rubato ai poveri indigeni che avevano subito l’aggressione. Il malgoverno ha nuovamente inviato le sue forze repressive alla ricerca di un quarto colpevole. Ma non solo non lo hanno preso, ma approfittarono della situazione per continuare a rubare i beni della comunità. Nel frattempo, le autorità federali e statali facevano pressione e minacciavano i difensori dei diritti umani perché la loro denuncia li avrebbe smascherati per quello che sono realmente: repressori di innocenti e fabbricanti di colpevoli. Nelle prime ore del 2 maggio 2025, i due rei confessi detenuti dagli zapatisti sono stati consegnati al Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas per verificare il loro stato di salute e accertare se i loro diritti fossero stati rispettati. Il Frayba ha proceduto a consegnare i colpevoli all’autorità ufficiale. Nella mattinata del 2 maggio sono stati liberati i nostri compagni Baldemar e Andrés. Ma i ladri del governo si rifiutano di restituire tutto ciò che hanno rubato. I governi della cosiddetta 4T mentono in tutto ciò che dicono sui popoli originari e sui movimenti sociali. Sono uguali o peggiori dei precedenti governi del PRI e del PAN. Quei numeri di cui si vantano come “arresti” per compiacere Trump sono per la maggior parte innocenti. Invece di comprarsi i giudizi favorevoli sui media e sui social network, i malgoverni dovrebbero pagare meglio le loro forze di repressione in modo che non siano costrette a derubare chi ha meno o niente. Ciò che è accaduto non riguarda solo i nostri territori. In tutta la geografia chiamata “Messico”, comunità originarie, difensori della Madre Terra, difensori dei diritti umani, movimenti e organizzazioni sociali, migranti e persino persone comuni che lavorano giorno dopo giorno per guadagnarsi onestamente il sostentamento quotidiano, vengono estorti, attaccati, rapiti, fatti sparire, imprigionati e assassinati da un governo desideroso di ingraziarsi il potere del denaro. Non c’è scampo. Il sistema capitalista è nato sbagliato, frutto di ingiustizia, sangue e furto. E continua così fino ad oggi, indipendentemente dalle bandiere sotto cui si nasconde. Il suo segno è la morte e così lo porterà fino alla fine dei suoi giorni. Come popoli zapatisti, abbiamo pensato a un modo per combattere l’impero della morte. Chiamiamo questo percorso “Il Comune”. E in questa dolorosa situazione passata, si è visto che Il Comune persegue la verità e la giustizia. Il risultato della liberazione dei nostri due compagni innocenti è stato il frutto di un triplice sforzo: quello dei difensori dei diritti umani, quello della solidarietà e del sostegno nazionale e internazionale e quello della giustizia autonoma. È tempo di non dimenticare le altre nazioni sorelle, vicine e lontane, che subiscono gli attacchi mortali del sistema malvagio. Non dimentichiamo i popoli originari, i desaparecidos e coloro che li cercano, i difensori della Madre Terra, coloro che sono solo un numero nelle statistiche della criminalità, il popolo palestinese. Per la vita: giustizia e verità in Comune. Dalle montagne del Sudest Messicano. Subcomandante Insurgente Moisés Messico, maggio 2025″