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“LATINOAMERICA”: PRESIDENZIALI IN HONDURAS E I MONDIALI DI CALCIO 2026 IN MESSICO. LA PUNTATA DI LUNEDì 1 DICEMBRE 2025
LatinoAmerica è la trasmissione quindicinale di Radio Onda d’Urto: 30 minuti in volo libero e ribelle…tra il border di Tijuana e gli orizzonti sconfinati della Patagonia, dentro il ciclo della “Cassetta degli Attrezzi”. Appuntamento ogni due lunedì, alle ore 18.45, e in replica il giorno dopo, il martedì, alle ore 6.30. La puntata di lunedì 1 dicembre 2025, su Radio Onda d’Urto, ci porta in Messico e Honduras:. * Messico: si avvicinano i Mondiali di calcio 2026 – in coabitazione con Usa e Canada – e a Città del Messico alza i giri del motore la lotta popolare contro gentrificazione e sfruttamento delle (poche) risorse idriche da parte del “grande evento” targato Fifa – Trump e dei suoi sponsor, Coca Cola in testa.  Ne parliamo con Andrea Cegna, de “Il Finestrino” e nostro collaboratore; * Honduras: “pareggio tecnico” e risultati posticipati di un mese per le elezioni presidenziali del 30 novembre. Testa a testa – al 40% – tra i due candidati di destra, mentre la sinistra del governo uscente, quella di Libre, si ferma al 20%. Crolla pure l’affluenza, come ci racconta da Tegucigalpa il giornalista Giorgio Trucchi, corrispondente dell’agenzia di stampa centroamericana Rel – Uita e collaboratore di Pagine Esteri. Ascolta LatinoAmerica di lunedì 1 dicembre 2025. Ascolta o scarica Prossima puntata: lunedì 15 dicembre, ore 18.45.
MESSICO E MONDIALI DI CALCIO 2026: “NON C’E’ GIOCO PULITO IN UNA TERRA DERUBATA”
Venerdì 5 dicembre il John F. Kennedy Center for the Performing Arts di Washington, Usa, ospita i sorteggi per i Mondiali di Calcio 2026, in calendario tra Canada, Usa e Messico. Alla cerimonia ha annunciato la propria presenza il presidente Usa, Donald Trump, nuovo sodale globale di Gianni Infantino e della multinazionale del pallone (ma, soprattutto, degli affari), cioè la Fifa. Una liason che, proprio venerdì, potrebbe vedere Infantino premiare il tycoon, con un premio inventato di sana pianta sul momento, il cosiddetto “Premio per la pace”. Si tratta del “FIFA Peace Award: Football Unites the World”, annunciato da Infantino senza alcun preavviso al Consiglio FIFA:  molti delegati avrebbero appreso dell’esistenza del premio…direttamente dal comunicato stampa. Nel frattempo, lo stesso Trump ha già ribadito che vieterà l’ingresso negli States ai tifosi di quei Paesi – in primis, Haiti – che considera “indesiderati”, nell’ambito della guerra contro i migranti in corso dentro i confini Usa. Non solo: lo stesso tycoon sta provando a convincere la Fifa – pare senza risultati, al momento – a escludere il Messico dai Mondiali stessi, con la scusa dei rischi di sicurezza per squadre e tifosi. Il tutto mentre a Città del Messico gli interventi infrastrutturali già in corso verso l’estate 2026 stanno provocando crisi idriche, impennate degli affiti e la cacciata delle classi popolari dalle zone più “appetibili” per turisti occidentali, gentrificazione e speculazione immobiliare. Su quest’aspetto, Radio Onda d’Urto ha raggiunto Andrea Cegna, curatore della newsletter sul Latino America “Il Finestrino”, oltre che nostro collaboratore. Ascolta o scarica
Film “Dreams”: il rapporto con lo straniero attraverso una radiografia di coppia
Reduce dalla Festa del cinema di Roma, il 13 novembre esce “Dreams”, un film che attraverso la radiografia della relazione erotico-sentimentale di una coppia composta da un’imprenditrice statunitense e un ragazzo messicano molto più giovane, individua le pulsioni del profondo che conducono a stabilire una relazione disturbata con lo straniero che anela al sogno di una vita migliore, superando i nostri confini: nel film sono in ballo l’America e il Messico, ma l’inconscio ha la caratteristica di essere universale. Lui si chiama Fernando ed è un grande ballerino. La danza è stata occasione della storia d’amore con Jennifer, figlia di un magnate californiano che cura in Messico un programma della fondazione di famiglia a sostegno della danza. Il sogno di una carriera, insieme all’amore, hanno condotto lui a superare il confine per cercare lei, la partner che potrebbe realizzarlo… Jennifer, che pure è legata a Fernando da un’attrazione fortissima, lo tiene a distanza dal suo entourage perché non vuole si emancipi da lei. L’attrice Jessica Chastain, bravissima, è capace di comunicare il desiderio ardente e insieme la freddezza di quel rapporto. Michel Franco, regista messicano, mette a confronto due classi sociali radicalmente diverse, dove il più forte accoglie l’altro quel tanto di cui ha bisogno senza restituirgli riconoscimento e crescita. Jessica si vergogna di Fernando e non gli permette di evolversi con pari dignità, svelando così l’ipocrisia di una donna, simbolo di una classe che crede di redimersi facendo della beneficienza a buon mercato.  Il sentimento di lei verso di lui è di potere, lei è essenzialmente padrona e razzista e gli sviluppi saranno imprevedibili… Al Festival del Film di Berlino 2025 Jessica Chastain ha dichiarato che “Dreams” esplora la relazione tra USA e Messico, mostrando come entrambi “abbiano bisogno l’uno dell’altro e debbano imparare a comportarsi in modo equo. Il regista Michel Franco ha usato la relazione tra i personaggi di Jennifer e Fernando (Isaac Hernández) come metafora di questo squilibrio di potere”. L’attrice ha aggiunto che il film, a causa di quello che sta accadendo agli immigrati negli USA, è incredibilmente politico. Sotto questo profilo si può osservare che il film ingloba nel genere socio-politico quello privato, illuminando cinematograficamente l’aspetto non irrilevante dell’erotismo, che spesso è motore delle nostre azioni, presentando il dramma attraverso il fascino della dance movies. Dreams (2025) Un film di Michel Franco con Jessica Chastain, Rupert Friend, Marshall Bell, Lee Braithwaite, Isaac Hernández. Genere: Drammatico Durata: 100 minuti. Produzione: Messico 2025. Uscita nelle sale: Giovedì 13 novembre 2025   Bruna Alasia
“Desaparecer” in gruppo: le rotte migratorie marittime del Chiapas
Il 21 dicembre del 2024, 40 persone migranti di varie nazionalità sono state fatte desaparecer in mare aperto, di fronte alle coste del Chiapas, nel sud del Messico. La rotta marittima che doveva portarle varie centinaia di chilometri più a nord, si è rivelata una trappola “che le/li ha inghiottiti” senza lasciarne traccia. 10 mesi di vuoto da parte delle istituzioni hanno convinto madri, nonne, sorelle ad alzare le loro voci, perché risuonino al di là di tutte le frontiere, in una conferenza stampa che si è tenuta il 25 ottobre 2025. Le madri delle persone desaparecidas LE AUTORITÀ MESSICANE: UN MURO DI INDIFFERENZA, SILENZIO E NEGLIGENZA «Dopo la desaparición dei nostri figli, ci siamo scontrate con un muro di indifferenza, silenzio e negligenza da parte delle autorità messicane… Per vari mesi ci siamo sentite sole, prive di protezione e disperate… Siamo andate di ufficio in ufficio, abbiamo presentato denunce, ma le nostre voci non sono state ascoltate… L’immobilismo delle Procure non solo ci impedisce di trovare i nostri figli, ma perpetua l’impunità e permette che si continuino a commettere ingiustizie… La vita di un migrante non vale, la sua desaparición non merita un’investigazione… Quanti altri sogni devono sparire perché qualcuno faccia qualcosa? … Esigiamo l’immediato inizio di ricerche esaustive e trasparenti, sulla desaparición dei nostri figli e di tutti gli altri migranti fatti sparire in Messico» Sono i frammenti di un solo discorso corale, pronunciati da Alicia, Margarita, Lázara, Isis, Elizabeth, Graciela, Lilian, 7 donne familiari di persone migranti cubane e un honduregno, vittime di una desaparición in massa in Chiapas, Messico, in un tratto marittimo della rotta verso gli USA. Per loro è arrivato il momento della denuncia pubblica, con dolore, rabbia e con indignazione. Parlano anche a nome di altre madri dell’Ecuador y del Perù che si stanno appena scoprendo e riconoscendo come parte del gruppo. DESAPARECER LONTANO, CERCARE “A DISTANZA“ Come si fa la ricerca “a distanza”? È la domanda che attraversa, come un filo invisibile, la conferenza stampa organizzata lo scorso 25 ottobre da sei madri e nonne cubane e da una sorella honduregna. Collegate da Cuba e dagli Stati Uniti, con computer, videocamere, schermi e un link di Meet, hanno dato una risposta concreta a quella domanda, dialogando con giornalisti, giornaliste e persone solidali riunite in Messico, Spagna e Italia. Hanno raccontato il loro calvario, iniziato il 21 dicembre 2024: la disperata ricerca dei propri cari scomparsi a migliaia di chilometri di distanza, in un paese che da decenni rappresenta la frontiera verticale degli Stati Uniti. Un paese latinoamericano in cui, paradossalmente, a chi proviene dal resto dell’America Latina è “vietato l’accesso”, perché – secondo la logica del suprematismo bianco al potere negli USA – rappresenterebbe una minaccia per la sicurezza nazionale. È il 21 dicembre 2024, a San José el Hueyate, un’oasi tropicale sulla costa del Chiapas. Alle 8:14 del mattino, un gruppo di 23 persone – che ha trascorso la notte in una casa di sicurezza a pochi metri dal mare – viene condotto sulla spiaggia e fatto salire su un motoscafo diretto verso il mare aperto. L’imbarcazione attraversa la “barra”, il punto in cui si scontrano la forza delle correnti marine e quella del fiume che preme per uscire. Poco dopo, un secondo motoscafo accoglie un’altra ventina di persone, anche loro provenienti dallo stesso villaggio. In tutto, più di quaranta persone imbarcate. La rotta marittima era stata scelta per evitare i numerosi posti di blocco lungo i 400 chilometri di strada che separano Tapachula da Juchitán, nello stato di Oaxaca: una decisione apparentemente prudente, ma che per molti si rivelerà una brusca e inquietante sorpresa, poiché avevano pattuito un viaggio via terra, in un veicolo considerato sicuro. Sin dalla mattina presto ognuno ha aggiornato la propria famiglia. Le mamme, rimaste a casa, ricordano: «Mamma, va tutto bene, sto aspettando» mamma, abbi cura di Lulú (la cagnetta)» Frasi semplici, quotidiane, come in una qualunque mattina di viaggio: un saluto, una rassicurazione, un piccolo frammento di normalità. «Mamma, Lorena ed io partiamo con gli ultimi 20» «Mamma, facciamo colazione e poi speriamo di andarcene da qui» E sì, se ne sono andati. Hanno lasciato quelle spiagge tra lagune e mangrovie – paesaggi da dépliant di vacanze ai tropici – che però sono tristemente note per essere un nodo strategico dei traffici dei cartelli in questa zona di frontiera. L’INUTILITÀ DELLA TECNOLOGIA Una delle persone migranti aveva sul telefono un’app che permetteva ai familiari di seguirne, passo dopo passo, gli spostamenti. Grazie a questo, si conoscono i movimenti del gruppo negli ultimi giorni prima della desaparición. Alle 8:25 si registra l’ultima geolocalizzazione: il segnale li colloca in mare aperto. Poi, all’improvviso, la tecnologia diventa inutile – il segnale svanisce, i telefoni tacciono. Se ne sono andati, ma nessuno sa dove. Come dice Graciela, “Sembra che la terra li abbia ingoiati”. I cellulari non si riaccendono più, e alle famiglie restano soltanto quelle ultime parole. Samei è il più giovane: ha solo 14 anni. Sua nonna paterna, Lázara, racconta che “è l’unico ricordo che mi rimane di mio figlio Santiago, morto tre anni e cinque mesi fa”. Viaggia insieme a sua madre, Meiling, 41 anni. Elianis ha appena compiuto 18 anni, ma mostra una determinazione sorprendente. Jorge Alejandro ha 23 anni, Dayranis 31, Lorena 28. Tutti sognano di raggiungere gli Stati Uniti, dove qualcuno li attende per riprendere progetti di vita sospesi da tempo, a volte per anni. Provengono da diversi angoli di Cuba – da L’Avana, dalla provincia di Matanzas, da Santiago de Cuba, l’antica capitale, e da Camagüey. Ma non ci sono solo cubani tra loro: c’è anche Ricardo, 32 anni, originario del dipartimento honduregno di Yoro; Karla, 28 anni, anche lei honduregna; e Jefferson Stalin, 21 anni, dell’Ecuador. Tutte e tutti sono vittime del trumpfascismo. Alcune persone del gruppo avevano richiesto il “parole” umanitario 1, una delle poche vie ancora possibili per entrare negli Stati Uniti in modo “regolare”, ma avevano ricevuto solo silenzio o un secco rifiuto. Avevano fretta, consapevoli che, con il ritorno di Trump alla Casa Bianca, ogni tentativo di raggiungere gli Stati Uniti – per vie legali o irregolari – sarebbe diventato impossibile. Sapevano anche che il diritto di chiedere asilo, un tempo relativamente accessibile almeno per chi proveniva da Cuba, sarebbe stato spazzato via dalla nuova amministrazione. MESSICO SELVAGGIO Il loro viaggio si è svolto lungo una delle nuove rotte migratorie, che cambiano di continuo. Un percorso tortuoso, fatto di voli alternati a lunghi tratti via terra, attraverso numerosi paesi del Sud e del Centro America, fino a raggiungere Tapachula, in Chiapas. Fino a quel punto, per tutte e tutti, il viaggio procede senza grandi ostacoli. Ma a Tapachula l’atmosfera si fa più tesa: si avverte la presenza dei cartelli, anche se i gesti quotidiani – a volte persino gentili – di alcuni operatori che controllano o spostano i migranti riescono a bilanciare, almeno in parte, le paure e le inquietudini che affiorano nei messaggi inviati ai familiari. Il gruppo cubano, unito e solidale, rappresenta per ciascuno una fonte di forza e di rassicurazione. All’inizio, l’interruzione del contatto telefonico non desta troppa preoccupazione: capita spesso, durante viaggi così incerti. Ma con il passare delle ore, e soprattutto la sera, il nervosismo delle famiglie cresce. Le rassicurazioni dei coyotes non bastano più a placare l’ansia, e le versioni che circolano nei giorni successivi, invece di portare sollievo, aumentano la paura: il gruppo sarebbe stato fermato dall’Istituto Nazionale di Migrazione (INM), o dalla Marina, o dalla polizia nazionale; oppure – si dice – sarebbe caduto nelle mani della delinquenza organizzata, o avrebbe persino naufragato. Poi, poco a poco, i coyotes smettono di rispondere a chiamate e messaggi, recidendo l’unico filo che sembrava poter ricondurre alle persone scomparse. Quando le famiglie iniziano le ricerche attraverso i social network, scatta la trappola crudele delle estorsioni. Per circa un mese ricevono chiamate continue, minacce di ogni tipo, manipolazioni del dolore e della disperazione: tutto per spingerle a pagare migliaia di dollari, senza mai una prova di vita. È stato un processo durissimo, imparato da sole e in fretta. “All’inizio – racconta una delle madri – non sapevamo cosa fare né a chi rivolgerci, eravamo completamente sole.” Eppure, fin dall’inizio, l’iniziativa è rimasta nelle mani delle madri e delle famiglie, che solo in un secondo momento hanno trovato sostegno in alcune organizzazioni della società civile. RICONOSCERSI ED AGIRE IN COLLETTIVO Già a dicembre, nella ricerca sulle reti sociali, madri, sorelle, mariti, padri iniziano ad incontrarsi, a riconoscersi come parte dello stesso incubo ed a pensare ed agire insieme. Si cominciano ad organizzare creando un gruppo di whatsapp. Il 31 dicembre viene contattata per la prima volta la console di Cuba a Veracruz che, in seguito, informerà la Procura Speciale delle persone migranti di Chiapas dei fatti avvenuti il 21 dicembre, ma senza ricevere alcuna risposta. Da quel momento le famiglie hanno utilizzato tutti i mezzi possibili per denunciare e chiedere sostegno. Hanno intrapreso lunghi viaggi dalle proprie comunità per recarsi di persona presso gli uffici competenti dei loro paesi – dai Ministeri degli Esteri alle direzioni consolari – e hanno inviato innumerevoli email e fatto altrettante telefonate alle istituzioni messicane, nonostante le enormi difficoltà di comunicazione 2. Hanno presentato denunce e richiesto l’attivazione delle Commissioni di Ricerca: quella nazionale (Comisión Nacional de Búsqueda, CNB) e quella statale del Chiapas (Comisión Estatal de Búsqueda, CEB). Le segnalazioni sono partite da Cuba, dal Brasile, dagli Stati Uniti e dal Messico. Si sono rivolte anche alla Procura statale del Chiapas e successivamente alla Commissione Nazionale per i Diritti Umani (CNDH). Hanno contattato una corrispondente del quotidiano spagnolo El País, che ha pubblicato un ampio reportage sulla desaparición di massa del 21 dicembre 2024 3. Con l’assistenza legale della Fondazione per la Giustizia e per lo Stato Democratico di Diritto (Fiscalía Especial de investigación de delitos relacionados con personas migrantes y refugiadas de la Fiscalía General de la República – FJEDD), l’11 aprile 2025 hanno presentato una denuncia collettiva alla Procura Speciale per i delitti contro persone migranti e rifugiate, all’interno della Procura Generale della Repubblica (FGR). Di fronte al silenzio e all’inerzia delle istituzioni nazionali, le famiglie si sono rivolte al Comitato delle Nazioni Unite contro la Sparizione Forzata (CED), chiedendo l’attivazione di azioni urgenti e sollecitando i governi del Messico e dei paesi d’origine ad avviare indagini e ricerche effettive. In questi dieci mesi interminabili, le madri non hanno mai smesso di cercare. Prive di protezione istituzionale, si sono esposte a rischi enormi e hanno affrontato da sole ogni tipo di difficoltà logistica ed economica. Grazie al loro impegno instancabile, hanno fornito nelle denunce informazioni dettagliate e preziose sugli ultimi giorni trascorsi in Chiapas – fino alle fatidiche 8:25 del mattino del 21 dicembre – dati che, purtroppo, le autorità hanno ignorato, rendendoli oggi, a quasi un anno di distanza, praticamente inutilizzabili. LA RETE REGIONALE DI FAMIGLIE MIGRANTI Il contatto con la Red Regional de Familias Migrantes 4 è più recente ed è servito prima di tutto a fare un bilancio della situazione: la mancanza di un’indagine efficace, di collaborazione tra le autorità coinvolte, e di comunicazione con le famiglie. Ne sta prendendo corpo una nuova strategia che ha già dato luogo a varie iniziative. Per la prima volta, le madri e altri familiari si sono riuniti con rappresentanti della Procura Generale della Repubblica (FGR) e della Commissione Nazionale di Ricerca (CNB), per chiarire se esista un’indagine ufficiale e conoscerne gli esiti aggiornati. Hanno inoltre chiesto nuove azioni di ricerca e d’investigazione, una reale coordinazione tra tutte le istituzioni coinvolte – a livello nazionale e internazionale – e la partecipazione diretta e costante delle famiglie. Su questi punti, la FGR e la CNB hanno assunto impegni espliciti. LE DESAPARICIONES DI MASSA DI MIGRANTI: UNA PRATICA ORMAI COMUNE SULLE COSTE DEL CHIAPAS? La conferenza stampa del 25 ottobre nasce all’interno di questa strategia collettiva: un momento in cui le madri hanno deciso di prendere la parola pubblicamente, per squarciare il velo di silenzio che ancora nasconde all’opinione pubblica fatti tanto gravi. Fatti che avvengono in un territorio, quello del Chiapas, dove la presenza della delinquenza organizzata e la violenza sistematica contro le persone migranti sono realtà note da decenni – ma dove, fino a poco tempo fa, le desapariciones di massa erano un fenomeno inedito. Questi episodi segnano una svolta nella gestione criminale delle rotte migratorie alla frontiera sud del Messico. Negli ultimi mesi, infatti, sono emerse nuove segnalazioni di sparizioni collettive nella stessa area costiera del Chiapas, come quella di 23 migranti scomparsi il 5 settembre 2025. Tutto lascia pensare che si tratti ormai di una pratica ricorrente nella regione. Le madri chiedono l’appoggio della presidenta del Messico, Claudia Sheinbaum, affinché si assuma la responsabilità politica di quanto sta accadendo. Ana Enamorado, fondatrice della Red de Familias de Personas Desaparecidas, commenta: > «Claudia Sheinbaum deve sapere che qui stanno facendo desaparecer le persone > in gruppo», forse alludendo ai 133.427 casi ufficialmente registrati di sparizione forzata 5, un numero che il governo sembra intenzionato, se non a occultare, quantomeno a minimizzare. Enamorado aggiunge: «Ma il messaggio deve arrivare anche a chi sa dove sono le persone scomparse, a chi oggi controlla le loro vite». TROVARE I NOMI CHE MANCANO La conferenza stampa del 25 ottobre coincide con il quarto anniversario della Red, celebrato il 15 e il 23 ottobre. A questo proposito, Sandra Odette Gerardo, collaboratrice solidale della rete sin dalla sua fondazione, afferma: «Non vorremmo nemmeno che la Rete esistesse, invece ogni anno le desapariciones aumentano… e sono sempre di più le persone che si avvicinano al nostro collettivo». Il gruppo iniziale del 21 dicembre 2024 – già cresciuto con le famiglie provenienti da Honduras, Ecuador e Perù – sa che resta un passo fondamentale da compiere: identificare una trentina di giovani migranti tuttora senza nome, scomparsi nello stesso episodio. Un lavoro necessario per spezzare la maledizione che colpisce le persone migranti, costrette a desaparecer due volte: la prima in mare o lungo la rotta, la seconda nel silenzio, quando nessuno notifica la loro assenza e nessun registro ufficiale ne riconosce la scomparsa. Il prossimo passo sarà rintracciare le loro famiglie e coinvolgerle in questa battaglia per la verità e la giustizia, per – come dicono le madri – «…obbligare le autorità messicane, ma anche quelle dei paesi d’origine delle persone scomparse, a fare il loro lavoro e ad assumersi le proprie responsabilità». IL DIRITTO DELLE FAMIGLIE A CERCARE A una domanda sul possibile coinvolgimento delle famiglie nella ricerca sul terreno, la prima risposta, spontanea, di diverse madri è netta: non vogliono farlo. > «Non vogliamo che sia necessario. Vogliamo che le nostre ragazze e i nostri > ragazzi compaiano subito…» Poi, dopo un silenzio, Lilian aggiunge: «…ma se questo non succederà, siamo disposte ad andare fino in capo al mondo per cercarlə». Perché questo sia possibile, spiega Sandra Odette Gerardo, le autorità devono riconoscere alle famiglie il diritto di cercare le persone scomparse, senza alcuna distinzione di nazionalità o status migratorio – così come stabilito dal diritto internazionale e dalle leggi messicane. In concreto, è necessario che le madri e gli altri familiari del gruppo del 21 dicembre vengano riconosciuti come vittime indirette, affinché nel 2026 si possa organizzare una brigata internazionale di ricerca in Chiapas, con l’appoggio del governo. Solo così potranno recarsi nei luoghi dove le persone amate hanno trascorso gli ultimi giorni prima di essere inghiottite dalla rotta migratoria, per raccogliere informazioni, tracce, nuove piste su cui spingere le autorità a indagare – fino a trovare e riportare a casa chi oggi manca all’appello. LE VITE DELLE PERSONE MIGRANTI DESAPARECIDAS VALGONO Le madri sanno che la loro lotta va ben oltre la ricerca dei propri familiari. È una battaglia contro le politiche migratorie che producono morti e sparizioni di frontiera in tutto il mondo. Hanno chiaro che gli obiettivi di verità e giustizia sono inseparabili dal principio della non ripetizione: «La desaparición dei nostri figli e di tanti altri migranti è una tragedia che non possiamo ignorare. Non è un caso individuale, ma il riflesso della grave crisi umanitaria che vivono i migranti in Messico e nel resto del mondo. Non possiamo permettere che altre famiglie soffrano questa agonia». Le madri promettono una tenacia instancabile, per difendere e affermare i valori più profondi e radicali della solidarietà e dell’umanità: > “…Non permetteremo che i loro sogni diventino statistiche dimenticate. > La loro assenza è una ferita aperta nel cuore delle loro famiglie e > dell’umanità.” La logica dei governi e delle istituzioni deve cambiare. Perché le nostre vite valgono. Notizie IL DIRITTO DI MIGRARE NELL’ERA TRUMP Le riflessioni di Gabriela Hernández, direttrice di “Tochan, Nostra Casa“ di Città del Messico Mara Girardi 26 Febbraio 2025 1. Il programma di “Parole humanitario”, ovvero la libertà condizionata umanitaria (CHNV, acronimo di Cuba, Haiti, Nicaragua, Venezuela), era stato istituito dall’amministrazione Biden nell’ottobre 2022. Permetteva a migranti provenienti da questi quattro paesi di entrare regolarmente negli Stati Uniti e di viverci e lavorare per un periodo di due anni. Con l’ordine esecutivo “Proteggere i nostri confini”, firmato da Trump il giorno stesso del suo insediamento (20 gennaio 2025), questo programma di libertà vigilata è stato abolito, cancellando una delle poche vie legali di accesso al territorio statunitense per migliaia di persone in fuga da crisi economiche e politiche ↩︎ 2. Le istituzioni non mettono a disposizione numeri con whatsapp, e alle famiglie mancano le risorse per fare lunghe telefonate internazionali ↩︎ 3. Anatomía de una desaparición masiva en México: “Mamá, caí en manos de la mafia”, El Pais (22 giugno 2025); Intervista di Adela Micha a Beatriz Guillén ↩︎ 4. Collettivo di familiari di migranti centro e sudamericani desaparecidas nelle rotte migratorie del Messico ↩︎ 5. Al 5 novembre 2025, secondo la base di dati del Registro Nacional de Personas Desaparecidas y No Localizadas, RNPDNO della CNB ↩︎
Autonomie dei popoli indigeni in Messico
Gilberto López y Rivas Per coloro che dagli anni 70 del secolo passato hanno accompagnato il movimento indigeno nel nostro paese, la proposta autonomista nel suo significato contemporaneo non è presente nell’ambito dell’accademia che si dedica alla questione etnica né nella discussione delle organizzazioni indigene. Una delle principali espressioni analitiche dell’antropologia critica messicana degli inizi […]
“LATINOAMERICA”: MESSICO, VENEZUELA E WALLMAPU (CILE). LA PUNTATA DI LUNEDI’ 3 NOVEMBRE 2025
LatinoAmerica è la trasmissione quindicinale di Radio Onda d’Urto dedicata al Centro e Sud America. Ogni due settimane, 30 minuti in volo libero e ribelle…tra il border di Tijuana e gli orizzonti sconfinati della Patagonia. 30 minuti su Radio Onda d’Urto, dentro il ciclo della “Cassetta degli Attrezzi”: appuntamento ogni due lunedì, alle ore 18.45, e in replica il giorno dopo, il martedì, alle ore 6.30. La puntata, in onda su Radio Onda d’Urto lunedì 3 novembre 2025, ci porta in Messico, Venezuela e Cile. * Messico: venerdì 7 novembre, ore 18.30, al csa Magazzino 47 di Brescia proiezione del documentario “Mexico2025” con la partecipazione di alcun* compagn* messican*, Alicia Castellanos e Gilberto López y Rivas, in dialogo con il regista e nostro collaboratore Andrea Cegna. Con lui abbiamo anche aggiornato la situazione nel Paese. * Venezuela: Trump minaccia un regime change manu militari. Oltre 500 tra intellettuali, docenti, attivisti e giornalisti, hanno intanto firmato un “appello a difesa del Venezuela bolivariano e dei popoli del mondo, per la pace e la giustizia sociale”. Tra i firmatari Angelo d’Orsi, docente e storico del pensiero politico all’Università di Torino, ai nostri microfoni * Cile: aggiornamento sul Wallmapu, le terre ancestrali dei Mapuche, con Fabrizio di Operazione Colomba, presente dal 2018 nel centro e sud del Cile.   Ascolta LatinoAmerica di lunedì 3 novembre. Ascolta o scarica Prossima puntata: lunedì 17 novembre, ore 18.45.
Le politiche migratorie in Messico: tutela dei diritti o strumento di controllo?
Un recente rapporto analizza le politiche migratorie del Messico e il loro impatto sui diritti umani. Il Paese si trova a bilanciare la promozione di strategie dichiaratamente umanitarie con la pressione costante degli Stati Uniti a limitare il transito delle persone. La realtà mostra un quadro complesso, in cui misure repressive e restrizioni convivono con iniziative apparentemente umanitarie, sollevando dubbi sull’effettiva protezione delle persone in movimento. INTRODUZIONE Questo documento è stato redatto dal Global Detention Project 1, a cura di Matthew B. Flinn, professore di Studi internazionali e Sociologia presso la Georgia Southern University, e di Chris-Ortiz Gonzalez, laureato alla Maxwell School of Citizenship and Public Affairs della Syracuse University. Global Detention Project (GDP) è un centro di documentazione internazionale il cui scopo è porre fine alle pratiche arbitrarie e dannose di detenzione legate alla migrazione in tutto il mondo e a garantire il rispetto dei diritti umani fondamentali di tutti i migranti, i rifugiati e i richiedenti asilo. Il rapporto mira a indagare in che misura il Messico agisca come estensione delle politiche repressive anti-migratorie degli Stati Uniti, nonostante il discorso umanitario che il governo ha cercato di promuovere, soprattutto durante la presidenza di Andrés Manuel López Obrador (AMLO) tra il 2018 e il 2024. Oggi alla guida del Paese c’è Claudia Sheinbaum, espressione della stessa area politica. Nel maggio 2024 il governo ha presentato una nuova strategia sulla migrazione, definita come un approccio umanitario e basato sui diritti nella gestione della migrazione irregolare. Il fulcro di questa strategia è la creazione dei “Centri multiservizi per l’inclusione e lo sviluppo dei migranti e dei rifugiati” (Estrategia Mexicana de Movilidad Humana: un modelo único 2), concepiti per offrire un’ampia gamma di servizi di sostegno. Sebbene le autorità insistano sul fatto che tali centri non saranno utilizzati per la detenzione, la storia del controllo migratorio in Messico – in particolare il suo ruolo di esecutore delegato delle politiche statunitensi – alimenta legittimi dubbi e giustifica lo scetticismo. Quando Andrés Manuel López Obrador (AMLO) è stato eletto presidente nel 2018, ha dichiarato di voler adottare una politica migratoria incentrata sui diritti umani. In questa prospettiva, nel maggio 2024 la sua amministrazione ha presentato una nuova strategia sulla gestione della migrazione irregolare, descritta come un approccio umanitario e basato sui diritti. Il fulcro del piano è la creazione dei “Centri multiservizi per l’inclusione e lo sviluppo dei migranti e dei rifugiati”, strutture che dovrebbero offrire un’ampia gamma di servizi di sostegno. Tuttavia, sebbene le autorità assicurino che questi centri non avranno finalità detentive, la storia del controllo migratorio in Messico – e in particolare il suo ruolo di esecutore delegato delle politiche statunitensi – invita a un giusto scetticismo. Come mette in evidenza questo documento di lavoro, fin dagli anni ’80, sotto la pressione degli Stati Uniti a implementare politiche migratorie più rigide, il Messico ha spesso adottato un linguaggio eufemistico per presentare pratiche coercitive come umanitarie, finendo di fatto per occultare violazioni degli obblighi in materia di diritti umani. IL QUADRO STORICO Per comprendere al meglio le politiche migratorie della presidenza AMLO, è necessario disegnare un quadro storico-contestuale del rapporto tra Messico e Stati Uniti. Sin dagli anni 80’ il rapporto tra i due Paesi è diventato molto forte. Fu in questo periodo che il Messico iniziò ad attuare una serie di politiche neoliberiste sotto la presidenza di Carlos Salinas de Gortari (1988-1994). La sua amministrazione smantellò le politiche economiche stataliste fondate sull’industrializzazione per sostituzione delle importazioni, promuovendo invece riforme orientate al mercato e una maggiore integrazione nell’economia globale. Tra i cambiamenti più significativi vi fu l’incentivazione degli investimenti diretti esteri, in particolare attraverso l’espansione delle maquiladoras: stabilimenti di assemblaggio situati lungo il confine tra Messico e Stati Uniti, dove componenti importati venivano assemblati e riesportati. Successivamente, lo storico accordo NAFTA (1994) 3, firmato da Messico, Stati Uniti e Canada, si inserì nello stesso quadro teorico neoliberista. Tra i suoi principali obiettivi vi erano l’eliminazione delle barriere alle importazioni, la facilitazione della circolazione di beni e servizi tra i tre Paesi e la promozione di condizioni di leale concorrenza all’interno dell’area di libero scambio. Gli eventi dell’11 settembre sconvolsero poi molti equilibri, inaugurando la cosiddetta “guerra al terrore”, terreno propagandistico che accelerò il processo di securitizzazione negli Stati Uniti e spinse il dibattito sull’immigrazione e le politiche migratorie verso logiche di militarizzazione ed espulsione. Quando Felipe Calderón assunse la presidenza nel 2006, ribadì l’impegno del Messico a controllare la cosiddetta “immigrazione clandestina” lungo il confine meridionale del Paese. L’anno successivo, Stati Uniti e Messico lanciarono l’Iniziativa Mérida, un programma di cooperazione in materia di sicurezza volto a combattere la criminalità organizzata e rafforzare lo Stato di diritto. Tra il 2008 e il 2021, gli Stati Uniti stanziarono circa 3 miliardi di dollari nell’ambito di questa iniziativa, destinati alla riduzione della criminalità, allo sviluppo delle comunità e alla creazione di quello che veniva definito “un confine del XXI secolo” 4. TRA IDEOLOGIA E REALTÀ: LE POLITICHE DEL GOVERNO AMLO Le elezioni presidenziali messicane del 2018 hanno rappresentato la prima occasione in cui la questione migratoria è diventata un tema centrale nel dibattito elettorale. AMLO, che alla fine avrebbe vinto le elezioni, ha sottolineato la necessità di proteggere i cittadini centroamericani in transito nel Paese e di difendere i diritti umani delle persone migranti. Pur affrontando anche le esigenze dei migranti messicani negli Stati Uniti e la necessità di maggiori opportunità economiche in Messico, ha ribadito l’importanza di collaborare con il vicino settentrionale, piuttosto che limitarsi a svolgere il cosiddetto “lavoro sporco” 5. Oltre alla promozione di percorsi sicuri e legali basati sui diritti umani e sulle vie di ingresso legali, l’approccio “umanitario” del Messico ha anche posto l’accento sugli investimenti economici per combattere i fattori che spingono alla migrazione dall’America centrale. In questo contesto, l’amministrazione Obrador ha firmato il Piano di sviluppo globale per El Salvador, Guatemala, Honduras e Messico, volto a intervenire sulle cause profonde della migrazione e a ridurre i flussi verso il Messico meridionale. A titolo di esempio, il Messico si è impegnato a fornire a El Salvador 30 milioni di dollari per la creazione di posti di lavoro nel settore agricolo. Questo cambiamento di politica ha segnato il passaggio da un approccio centrato sull’applicazione della legge – spesso intrecciato con razzismo e xenofobia – a un modello di maggiore integrazione con l’America centrale, finalizzato a contrastare disuguaglianze, povertà e carenze di sviluppo. La nuova amministrazione ha inoltre iniziato a rilasciare un maggior numero di visti umanitari (Tarjeta de Visitante por Razones Humanitarias – TVRH 6). Secondo la legislazione messicana in materia di migrazione e rifugiati, le autorità competenti possono concedere questi visti a loro discrezione alle persone più vulnerabili, permettendo loro di circolare liberamente nel Paese e di lavorare legalmente per un periodo limitato. Il documento protegge i migranti dalla detenzione e dall’espulsione, offrendo al contempo la possibilità di percorrere rotte più sicure sul territorio nazionale. Il numero di visti umanitari rilasciati è aumentato costantemente, passando da 623 nel 2014 a 17.722 nel 2018, grazie sia all’incoraggiamento delle organizzazioni della società civile a richiedere tali visti, sia alle nuove iniziative promosse dall’amministrazione. Tuttavia, a fare da contraltare alla politica migratoria promossa dalla presidenza AMLO rimane l’indubbia dipendenza economica e politica del Messico dagli Stati Uniti. Dall’adesione al NAFTA, il principale partner commerciale del Messico è stato proprio il vicino settentrionale, con esportazioni e importazioni che oggi ammontano a circa 728,2 miliardi di dollari. Oggi, il 79,6% delle esportazioni messicane è destinato agli Stati Uniti 7. Tuttavia, il cedimento alle pressioni statunitensi contrasta con la posizione di AMLO sulla migrazione e con la retorica decoloniale che aveva caratterizzato la sua campagna presidenziale del 2018. Un’altra iniziativa significativa dei primi anni della presidenza AMLO, evidenziata nell’accordo congiunto con gli Stati Uniti, è stata il programma MPP, meglio noto come politica “Rimani in Messico”. Questa politica obbligava i richiedenti asilo a rimanere in Messico in attesa della decisione sulle loro domande. Di conseguenza, il Paese ha registrato l’afflusso di circa 71.000 richiedenti asilo rimandati al confine settentrionale, generando una crisi umanitaria in cui molti si sono trovati bloccati in condizioni pericolose, vulnerabili a estorsioni, rapimenti e stupri, e privi di accesso a servizi essenziali come assistenza sanitaria e istruzione 8. Questa politica ha anche comportato un accesso limitato all’assistenza legale e alla consulenza per i richiedenti asilo. Gli organismi internazionali hanno sollevato numerose preoccupazioni sulle condizioni all’interno dei centri di detenzione, rilevando che funzionari e agenti dell’immigrazione hanno avuto un ruolo significativo nelle violazioni dei diritti umani, con segnalazioni di torture e maltrattamenti ai danni dei detenuti. Nel 2024, il Comitato sui lavoratori migranti ha osservato che le autorità non hanno rispettato il limite di 36 ore di detenzione, che bambini e adolescenti continuano a essere trattenuti nei centri di detenzione e che queste strutture risultano prive dei servizi di base e regolarmente sovraffollate. Il comitato ha inoltre evidenziato l’assenza di azioni efficaci contro la corruzione e l’impunità, la discriminazione e la xenofobia, nonché la crescente militarizzazione del sistema migratorio 9. Il Gruppo di lavoro sulla detenzione arbitraria ha inoltre osservato che i funzionari messicani, comprese le forze di sicurezza, continuano a estorcere tangenti ai migranti, che vengono poi detenuti se non le pagano. L’aumento dei controlli e della militarizzazione ha contribuito ad aumentare la violenza e le violazioni dei diritti umani nei confronti delle persone migranti. Alcuni esempi dei problemi segnalati dai gruppi della società civile e riportati nella tabella della Migrant Law Clinic dell’Università Iberoamericana includono: 10: * Al confine settentrionale, la Guardia Nazionale ha inseguito e arrestato con la forza i migranti che tentavano di attraversare il confine, agendo di fatto come una pattuglia di frontiera statunitense. * Al confine meridionale, la Guardia Nazionale ha usato manganelli, scudi, gas lacrimogeni, pietre e bastoni per picchiare i migranti nel tentativo di arrestarli. * Le operazioni di contenimento sono state condotte di notte con equipaggiamento antisommossa, compreso l’irruzione in chiese e abitazioni private senza un’adeguata autorizzazione per inseguire e arrestare persone migranti. * Sono stati documentati casi di separazione delle famiglie durante gli arresti. * Sono stati segnalati atti di tortura contro uomini migranti detenuti nella stazione di immigrazione Siglo XXI e contro migranti di origine africana nella stazione di immigrazione Cupapé a Tuxtla * La Guardia Nazionale ha sparato contro un furgone a Pijijiapan, in Chiapas, causando la morte sul posto di un uomo cubano, mentre un altro è morto in ospedale e altri tre sono rimasti feriti. CONCLUSIONI Il report è ricco di dati, talvolta contrastanti tra loro, a testimonianza della complessità della gestione dei flussi migratori da parte del Messico. Un dato, però, appare chiaro: gli Stati Uniti esercitano da tempo pressioni sul Messico affinché limiti il transito di migranti, rifugiati e richiedenti asilo attraverso il proprio territorio. Invece di promuovere azioni diplomatiche volte a incoraggiare il rispetto degli impegni internazionali del Paese, gli Stati Uniti hanno spinto il vicino a impiegare ogni mezzo necessario per bloccare migranti e richiedenti asilo. Il Messico ha risposto adottando politiche più incentrate sul controllo dei flussi, sulla realizzazione di obiettivi quantificabili e sulla detenzione, piuttosto che sulla protezione delle persone in movimento. Come estensione delle leggi sull’immigrazione statunitensi, il Messico ha sviluppato uno dei più grandi complessi di detenzione al mondo, incarcerando centinaia di migliaia di persone ogni anno. Nonostante le evidenze mostrino che tali misure non scoraggiano la migrazione, continuano a provocare gravi danni alle persone in movimento. I governi messicani recenti, pur dichiarandosi a favore dei diritti dei migranti, hanno spesso utilizzato un linguaggio ambiguo per mascherare politiche restrittive. Anche i leader populisti di sinistra più recenti hanno sostenuto i diritti dei migranti, cercando partnership regionali per affrontare le sfide migratorie e intervenendo sulle cause profonde della migrazione. Sebbene siano stati introdotti alcuni cambiamenti, come l’aumento temporaneo dei visti umanitari e dei tassi di approvazione delle richieste di asilo, permangono ampi margini di miglioramento. Gli esperti sottolineano che la COMAR (Comisión Mexicana de Ayuda a Refugiados 11) dovrebbe disporre di un budget più consistente e che il governo messicano dovrebbe adottare un riconoscimento di massa dei rifugiati, simile a quello concesso dalla Colombia ai venezuelani, offrendo loro lo status di protezione temporanea. Tuttavia, anziché adottare un vero approccio umanitario alla migrazione, il Messico ha fatto ricorso a vari eufemismi che gli consentono di presentare tali politiche come tali, mentre continua ad attuare misure repressive volte a placare le preoccupazioni degli Stati Uniti. Questo ha permesso a Washington di esternalizzare la gestione delle frontiere e di sottrarsi a responsabilità internazionali per le violazioni dei diritti umani. Con il ritorno di Trump al potere e l’introduzione di nuovi dazi, la storia sembra ripetersi, con nuove ondate di repressione e abusi. 1. Qui il documento pubblicato il 31 luglio 2025 ↩︎ 2. Secretaría de Relaciones Exteriores, “La Comisión Intersecretarial de Atención Integral en Materia Migratoria adopta el Modelo Mexicano de Movilidad Humana,” 2024 ↩︎ 3. 11 W. Cornelius, “Mexico: From Country of Mass Emigration to Transit State,” Inter-American Development Bank, 2018 ↩︎ 4. S. Brewer, “The Bicentennial Framework: Opportunities and challenges as U.S.-Mexico security cooperation begins a new chapter,” WOLA, 2021; C. R. Seelke, and K. Finklea, “U.S.-Mexican Security Cooperation: The Mérida Initiative and Beyond,” Congressional Research Service, 2017 ↩︎ 5. 33 S. Leutert, “Andrés Manuel López Obrador’s Migratory Policy in Mexico,” LBJ School of Public Affairs, 2020 ↩︎ 6. E. T. Cantalapiedra, “Las tarjetas de visitante por razones humanitarias: Una política migratoria de protección ¿e integración?” EntreDiversidades, 8(2(17)), Article 2(17), 2021 ↩︎ 7. Export Import Data, “Top Mexico Trade Partners in 2025: Key Trends and Opportunities,” 2025; D. Workman, “Mexico’s Top Exports 2023,” World Stop Exports, 2023 ↩︎ 8. Human Rights Watch, “Submission to the Universal Periodic Review of Mexico | Human Rights Watch,” 18 July 2023 ↩︎ 9. UN Committee on Migrant Workers, “Observaciones finales sobre el cuarto informe periódico de México,” April 2025 ↩︎ 10. PRAMI, “La Guardia Nacional en el control migratorio: Consecuencias de su integración a la Sedena,” Programa de Assuntos Migratorios Universidad Iberoamerican, 2022 ↩︎ 11. Qui il sito web ↩︎
BRESCIA: VENERDì 7 NOVEMBRE PROIEZIONE DEL DOC “MEXICO2025” @MAGAZZINO47
Venerdì 07.11.2025 ore 18.30 C.S.A. Magazzino 47 – via Industriale, 10 – Brescia 🎥Proiezione del documentario MEXICO2025 Con la partecipazione di alcun* compagn* messican*, Alicia Castellanos e Gilberto López y Rivas, in dialogo con il regista Andrea Cegna A SEGUIRE: Cena sociale a supporto di progetti sociali in Messico MEXICO2025 – Uno sguardo plurale sul Messico contemporaneo, che racconta le storie di chi lotta quotidianamente contro le politiche estrattive, il crimine organizzato e il capitalismo sfrenato. Dai movimenti indigeni del Congreso Nacional Indígena, alla lotta zapatista dell’EZLN in Chiapas, fino alle scuole Normali Rurali, cuore della formazione politica e sociale nelle aree più marginalizzate del paese. Il documentario racconta anche la battaglia delle popolazioni locali che, pur non aderendo a grandi reti organizzate, si mobilitano per difendere i propri territori dagli interessi economici e dai cartelli. Prima della proiezione, dialogo con: 🔸Alicia Castellanos e Gilberto López y Rivas. Antropolog* e militant* messican* impegnat* negli studi del razzismo, dell’identità e della marginalizzazione dei popoli indigeni nelle società latino-americane. 🔸Andrea Cegna. Giornalista, collaboratore di Radio Onda d’Urto, militante, dal 2003 è stato attivo in Messico e nelle comunità indigene zapatiste, raccontando i movimenti sociali e le resistenze dal basso.
Materiali convegno | Le guerre degli uomini. Conflitti contemporanei, patriarcato, lavoro vivo – di Cristina Morini
Una recensione al libro di S-Connessioni precarie, Nella Terza guerra mondiale. Un lessico politico per il presente, DeriveApprodi, Bologna 2025, pp.116, euro 15,00 * * * * * Con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il 24 febbraio 2022, la guerra ha conquistato il tempo presente, diventando cardine della politica, dell’economia e del diritto. [...]
Dalla strategia di Trump ai pakal
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