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Di ritorno dal Chiapas, all’incontro internazionale convocato dall’EZLN
Finalmente, dopo tanti anni, grazie all’invito di Mimma Grillo, sono riuscita a partecipare al quarto appuntamento degli Encuentros de Resistencia y Rebeldìa, intitolato “Algunas Partes del Todo”, dell’EZLN, che ha avuto inizio domenica 3 agosto presso il Semillero (nome emblematico: lì si seminano idee, scambi di esperienze, vecchi e nuovi incontri tra compagne/i) “Comandanta Ramona” del Caracol IV Morelia, più o meno a tre ore da San Cristóbal, in Chiapas, e sono veramente felice di averlo potuto fare. I partecipanti, tra messicani, latinoamericani e internazionali, eravamo più di 700, provenienti da 37 paesi, dal Messico al Cile, dall’Italia a Cipro, dal Canada all’Australia. Il semillero non è altro  che una grande spianata al cui centro i zapatisti hanno innalzato una piramide in legno con in vetta il simbolo del dollaro e ai lati le scritte “desprecio“, “explotación” (disprezzo, sfruttamento). Attorno ci sono dei capannoni nei quali dormiremo con i nostri sacchi a pelo, un comedor, un ristorantino per noi visitatori, diverse cucine a legna comunitarie dove le bases de apoyo (i volontari provenienti dai vari caracoles) preparano la colazione e il pranzo per le/i zapatisti. Inoltre, a poca distanza, bagni e docce precari, un punto di salute, vari negozietti dove vendono pochi alimenti e il collegamento WiFi a ore. Devo ammettere che, pur nella sua essenzialità precarietà, la macchina organizzativa è quasi perfetta, accogliere  più di 700 persone, farle mangiare, lavare, dormire non é una cosa semplice da fare e l’’EZLN ci è riuscito. Apre le due settimane di incontro un’emozionante parata militare: vari battaglioni di milicianas e milicianos sfilano in ordine, portano il classico passamontagna e un arco con frecce alle spalle (mi spiegano che ciò è stato introdotto dalle donne zapatiste durante l’incontro internazionale delle donne di alcuni anni fa). I civili –  rappresentanti delle basi d’appoggio zapatiste, uomini, donne, bambini e ragazzi provenienti dai 12 caracoles – .fanno quadrato attorno alla piazza, in religioso silenzio. Sul palchetto del “templete” (un grande capannone aperto ai lati col pavimento in cemento) sale la comandancia composta da uomini e donne. Prende la parola il subcomandante Moisés, il quale, con poche ed essenziali parole, inaugura l’incontro, dando il benvenuto ai compagni e alle compagne del Messico e del Mondo e ricorda il genocidio in corso a Gaza, mettendo l’accento sulla vicinanza tra i popoli in resistenza. Il pomeriggio e i giorni successivi trascorrono tra le presentazioni da parte dei numerosi collettivi messicani e stranieri presenti (alcune sono veramente toccanti come quella delle Madres buscadoras che cercano, a rischio anche della propria sopravvivenza i loro figli desaparecidos, vittime della violenza in Messico), seguite da un dibattito in cui spesso interviene Moisés. Il programma delle comparticipaciones del giorno viene affisso la stessa mattina: da piccoli collettivi locali, a comunità indigene latinoamericane e non solo, passando per organizzazioni e reti internazionali (sindacati, radio alternative, ecc.) si elevano testimonianze di resistenza quotidiana contro il mostro capitalista e un grido di unione e di solidarietà in tutto il mondo, pur nel rispetto delle differenze, come suggerisce il titolo dell’incontro: sono solo alcune parti del tutto che resistono alla Tormenta e che cercano di costruire “il Giorno dopo”. Le serate sono animate da recital di poesia e musica da parte delle giovani e dei giovani zapatisti dei vari caracoles nella loro lingua indígena Maya (non sempre c’è la traduzione in spagnolo); a seguire musica dal vivo e balli fino a tarda notte. I zapatisti hanno scelto la forma del teatro per raccontare la loro storia: durante i primi giorni, i giovani e le giovani zapatistas mettono in scena uno spettacolo che dura ore sulla storia del Messico e sulla loro storia di resistenza e ribellione dal 1984 fino a oggi. Mettono a nudo il momento di passaggio, di transizione che stanno vivendo, dopo esserci resi conto che il governo delle Juntas de Buen Gobierno (Giunte di buon governo) e dei Marez (Municipios Autonomos Rebeldes Zapatistas) spesso (ahimé!) riproduceva alcune dinamiche simili a quelle della tanto criticata “piramide” della società capitalista, puntano adesso su una nuova forma di organizzazione caratterizzata dall’orizzontalità, dal governo popolare e da “El Comùn”. Sono queste le parole d’ordine dello spettacolo e dell’incontro:  abbattere la piramide e costruire “El Común”. Lo spettacolo serve, pertanto, per fare una esemplare autocritica di come sia avanzata la società zapatista dal 1 gennaio 1994 fino al momento; attraverso esempi concreti quali un furto di soldi da parte di due compas e un caso di violenza di genere, i zapatisti si chiedono e ci chiedono como uscire dalle trappole del sistema piramidale: burocrazia, problemi di comunicazione, difficoltà a decidere tutti insieme, corruzione. Il grande nemico dichiarano, è il capitalismo, e per combatterlo l’unica soluzione è “El Común”, ossia costruire governi democratici autogestiti in cui tutti decidono insieme senza delegare nessuna commissione in cui pochi/e decidono per tutti/e. La base, il popolo, deve organizzarsi per costruire “il Giorno Dopo”. Un primo passo è stato lo smantellamento delle JBG (Juntas de Buen Gobierno) e dei MAREZ, che da circa un anno sono stati sostituiti da GAL, CGAZ, ACGAZ. Questi tre livelli, Governi Autonomi Locali (comunità), Collettivi dei Governi Autonomi (regione) e le Assemblee dei Collettivi dei Governi Autonomi (Zona), sono assemblee plenarie che prevedono la partecipazione di tutti i membri. Soltanto il primo livello, il GAL, ha potere decisionale, gli altri due fungono solo da coordinamento per riportare la decisione delle comunità di base. Quindi, è il popolo che effettivamente si autogoverna. Il loro senso della storia è molte forte: alle giovani e ai giovani è deputato il compito di onorare i morti delle lotte passate e di credere nella possibilità di costruire “El día después“, continuando le loro sfide al sistema, anche se ancora non sanno bene come. Tuttavia l’obiettivo è chiaro: la lotta non è solo per loro zapatisti, ma è per tutte/i. Per questo è importante il colloquio con le comunità non zapatiste, con il CNI (Comitato nazionale indigeno); i zapatisti ribadiscono, inoltre, di non avere formule magiche, ognuno deve agire nel proprio contesto e con i mezzi che possiede, ma sono imprescindibili il dialogo e la non esclusione, e soprattutto il portare avanti azioni concrete, non mere e vuote ideologie (non si dichiarono né marxisti, né maoisti, né anarchici, eec., anche se riconoscono ciò che di buono contiene ognuno di questi pensieri).   I zapatiste ribadiscono il loro rifiuto della  “Cuarta T” (la “quarta trasformazione”, il progetto politico portato avanti dall’ex presidente López Obrador) e del programma “Sembrando vida” (dare una parcella di terra agli indigeni per ripopolare le zone rurali e frenare la deforestazione dilagante) che, pur partendo da nobili presupposti, ha finito col riproporre una logica di privatizzazione della terra, di adeguamento al mercato internazionale creando disunione tra le comunità indigene.  La piramide deve essere distrutta e l’opera teatrale finisce proprio così: la grande piramide viene prima bruciata, poi abbattuta e fatta a pezzi con sassi e machete dalla basi d’appoggio, con l’invito a tutte/i ad unirsi al rituale, per ricordare di non farsi ingannare da governi che si presentano come progressisti, ma che in fondo, trovandosi comunque verso la cima della piramide, non sono altro che marionette i cui fili sono tirati dai grandi oligarchi che controllano il mondo. Costruire “El Comùn” significa eliminare ogni forma di proprietà, a partire da quella della terra, che non è più dell’organizzazione, ma è di chi a turno la lavora, che sia zapatista o no. Il prodotto viene diviso quindi in parti uguali tra chi ha curato il raccolto, senza pagamento di alcun tipo. Non è mancata la visita al nuovo ospedale, che sorgerà vicino caracol di Dolores Hidalgo, grazie anche alla campagna di raccolta fondi “Un Quirofano en la Selva Lacandona” organizzata da decine di collettivi e organizzazioni europee all’interno della rete Europa Zapatista. Siamo andati quasi tutti, in un pullman, a vedere l’avvio dei lavori del questo nuovo ospedale; ci hanno fatto da guida gli architetti e i mastri che dirigono il “cantiere”, nessuno di loro è diplomato né laureato, perché i “professionisti” costavano tanto e, non avendo i soldi per pagarli, hanno fatto appello alle maestranze locali che stanno offrendo gratuitamente i loro servizi. Bisogna dire che la partecipazione alla costruzione di persone non zapatiste è un passaggio fondamentale. Dopo aver girato le comunità non zapatiste della regione per spiegare il progetto, queste ultime hanno deciso di partecipare alla costruzione, chi inviando mano d’opera, chi cooperando economicamente, chi fornendo vitto e alloggio a lavoratori e lavoratrici. Dopo la visita siamo rientrati al caracol, dove ci hanno accolti, rifocillati con abbondante cibo e con musica e balli fino a tarda notte, nonostante la pioggia torrenziale (la stessa generosità abbiamo potuto constatare io e Ignazio al caracol di Patria Nueva, dove siamo andati in privato, dopo aver avuto l’autorizzazione dal “comité de interzona” di Morelia). L’indomani siamo ripartiti per Morelia, tre ore di viaggio attraversando paesaggi mozzafiato che, almeno a me, facevano dimenticare le tante curve della strada. Vorrei aggiungere, non per vantarmene ma solo per condividere un’ulteriore e personale testimonianza della mia partecipazione all’incontro, che io e Ignazio avevamo portato delle olive e mandorle del nostro terreno e abbiamo deciso offrirle ai compas dei caracoles 8 e 9, con la cui cucina comunitaria abbiamo collaborato per una settimana: al mattino, alle 5,30, andavamo a preparare la colazione e poi verso le 12 il pranzo. Francisco, il cuoco di turno del caracol di Dolores Hidalgo, parlava a stento lo spagnolo, la lingua Castilla come dicono loro, ma era molto socievole, mentre le donne e altri uomini che erano in cucina, rimescolavano, silenziosi, chili di riso e fagioli in enormi pentoloni di rame su dei fuochi a legna. Ci hanno ringraziati dell’aiuto e hanno insistito affinché mangiassimo con loro quello che ci era cucinato insieme. Insomma, per concludere, la resistenza e ribellione di questa piccola parte del mondo non è la panacea a tutti i mali del cosmo ma è sicuramente una luce che continua a illuminare la strada contro il capitalismo e l’omologazione. Solidarietà, organizzazione e disciplina, coraggio, ma anche errori, contraddizioni, aspetti per me non del tutto chiari ho visto a Morelia, ma una cosa mi è chiara: quella dell’EZLN è una storia umana, più che politica, da continuare a far  conoscere.     Redazione Palermo
CHIAPAS, MESSICO: AL VIA “ALGUNAS PARTES DEL TODO”, UN MIGLIAIO DI COMPAGNE-I DA TUTTO IL MONDO A CONFRONTO CON IL MOVIMENTO ZAPATISTA
Al via il 2 agosto 2025 in Chiapas, Sud Est del Messico, l’incontro “Algunas partes del todo”, ossia “Alcune parti del tutto”; per due settimane, un migliaio di compagne-i, in arrivo da 38 Paesi del mondo (Italia compresa), parteciperanno alla “convocatoria” de La Morelia, un incontro internazionale di resistenze e ribellioni: “Questo – scrivono le realtà organizzatrici, ossia “le comunità zapatiste di origine Maya, attraverso il loro Governo Locale Autonomo, il Collettivo dei Governi Autonomi, Assemblee dei Collettivi di Governo Autonomo, INTERZONA e l’EZLN” – non vuole essere “un incontro di analisi o di approcci teorici, ma piuttosto un incontro di esperienze pratiche di resistenza. Chi di noi sarà presente sa già cos’è questo maledetto sistema e cosa fa contro tutti, così come contro la natura, la conoscenza, le arti, l’informazione, la dignità umana e l’intero pianeta. Non si tratta di esporre teoricamente i mali del sistema capitalista, ma piuttosto di ciò che si sta facendo per resistere e ribellarsi, ovvero per combatterlo. Non vi invitiamo a insegnare. Non siamo i vostri studenti o i vostri apprendisti; né siamo insegnanti o tutor. Siamo, insieme a voi, parti di un tutto che si oppone a un sistema. Dare e dare. Voi ci raccontate le vostre esperienze e noi, il popolo zapatista, raccontiamo le nostre”. Su Radio Onda d’Urto dal Messico l’intervista, effettuata poche ore prima del via di “Alcune parti del tutto” (clicca qui per il video della cerimonia inaugurale) Andrea Cegna, nostro collaboratore, di 20zln.org e curatore de “Il Finestrino”, newsletter dedicata in particolare al SudAmerica. Ascolta o scarica
CHIAPAS: SOLDATI ISRAELIANI NELLE SCUOLE ELEMENTARI PER PROPAGANDA SIONISTA. LA DENUNCIA DEI COLLETTIVI LOCALI
Militari israeliani fanno attività di volontariato nelle scuole elementari del Chiapas: è quanto emerge del reportage del giornalista Temoris Greco e che ha portato alla luce la presenza di veterani di guerra israeliani all’interno di alcune scuole elementari a San Cristóbal de las Casas. A segnalare l’accaduto è stato il Comité Acción Palestina Chiapas, attivo nella regione per sensibilizzare sulla situazione in Palestina e sul ruolo dello Stato israeliano nel genocidio a Gaza. Secondo la denuncia, i genitori di alcuni alunni hanno notato la presenza di adulti, stranieri, uscire dalle scuole indossando maglietti con simboli israeliani. Le verifiche successive hanno collegato queste persone all‘organizzazione Heroes for Life, e più esplicitamente in ebraico “Combattenti senza frontiere” un’associazione israeliana che invia ex militari in missioni di volontariato all’estero subito dopo il servizio militare obbligatorio, con il fine dichiarato di “dare un’altra immagine al mondo delle IDF”. La mobilitazione del Comitato Acción Palestina Chiapas, insieme all’intervento del sindacato dei maestri (CNTE), ha portato alla sospensione del progetto nella zona. Ma il caso apre uno squarcio su un fenomeno più ampio: l’uso di missioni pseudo-umanitarie da parte di stati coinvolti in gravi violazioni dei diritti umani per ridefinire la propria immagine internazionale, spesso nei territori del Sud globale. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, la corrispondenza dal Chiapas con Giovanni del Nodo Solidale. Ascolta o scarica.
CHIAPAS: IL MOVIMENTO ZAPATISTA LANCIA “ALGUNAS PARTES DEL TODO”. AD AGOSTO INCONTRO INTERNAZIONALE DI “RESISTENZE E RIBELLIONI”
“In Messico le forze in campo si scontrano a un livello inedito e Città del Messico, da santuario sicuro, torna a essere luogo di conflitto aperto. Cosa sta accadendo, quali sono i contendenti, come si stanno posizionando i diversi gruppi criminali – e tra loro pure l’esercito – paiono le grandi incognite del momento. In questo, però, i movimenti sociali – in primis l’EZLN – portano avanti le loro lotte. Zapatiste e zapatisti lanciano un nuovo appuntamento pubblico internazionale, dal 2 al 17 agosto 2025, nel caracol di Morelia“. Così dal Messico, su Radio Onda d’Urto, il nostro corrispondente e collaboratore, Andrea Cegna,  commentando le ultime notizie di cronaca dal Messico; a poche settimana dall’uccisione di due importanti esponenti del governo della Capitale, si è comunque tenuta la giornata di voto nazionale, la prima di questo genere, per eleggere centinaia di giudici in tutto il Paese è stato un flop, con una partecipazione nelle urne attorno al 13%. A urne aperte, scontro a fuoco tra poliziotti e uomini armati non identificati proprio nello Stato meridionale del Chiapas, a Frontera Comalapa: 5 agenti uccisi e il loro veicolo dato completamente alle fiamme. La replica dei poteri statali è la stessa di sempre, ossia più militarizzazione; schierati altri mille agenti in un’altra operazione “anti-narcos”. Altri scontri e morti pure a nord, nel Tamaulipas, dove sono stati uccisi 5 membri della band musicale Grupo Fugitivo, ritrovati cadavere in un terreno a Reynosa, città messicana di 700mila abitanti che confina con la contea di Hidalgo, negli Usa. In questo scenario, viene dai movimenti sociali messicani l’unica risposta reale e dal basso. A muoversi, ancora una volta, è il movimento zapatista che lancia, dal 2 al 17 agosto 2025 a La Morelia, un incontro internazionale di resistenze e ribellioni, chiamata “Alcune parti del tutto”. “Questo – scrivono le realtà organizzatrici, ossia “le comunità zapatiste di origine Maya, attraverso il loro Governo Locale Autonomo (GAL), il Collettivo dei Governi Autonomi (CGAZ), le Assemblee dei Collettivi di Governo Autonomo (ACGAZ), INTERZONA e l’EZLN” – non è un incontro di analisi o di approcci teorici, ma piuttosto un incontro di esperienze pratiche di resistenza. Chi di noi sarà presente sa già cos’è questo maledetto sistema e cosa fa contro tutti, così come contro la natura, la conoscenza, le arti, l’informazione, la dignità umana e l’intero pianeta. Non si tratta di esporre teoricamente i mali del sistema capitalista, ma piuttosto di ciò che si sta facendo per resistere e ribellarsi, ovvero per combatterlo.  Non vi invitiamo a insegnare. Non siamo i vostri studenti o i vostri apprendisti; né siamo insegnanti o tutor. Siamo, insieme a voi, parti di un tutto che si oppone a un sistema. Dare e dare. Voi ci raccontate le vostre esperienze e noi, il popolo zapatista, raccontiamo le nostre”. Clicca qui per il comunicato completo di lancio dell’incontro in Chiapas dell’agosto 2025. Sulla situazione in Messico e la risposta delle comunità zapatiste, su Radio Onda d’Urto il nostro collaboratore e corrispondente, Andrea Cegna. Ascolta o scarica      
Aprire il cammino, un’esperienza in Chiapas
Lunedì 12 maggio alla Casa della Cooperazione, a Palermo, per iniziativa del CISS, del laboratorio Ballarò e della redazione cittadina di Pressenza, si è svolto un incontro con l’autore del libro Ta Spol Be (Aprendo il cammino), l’antropologo messicano Oscar Garcia Gonzales. Il volume, autofinanziato, raccoglie testimonianze, racconti, pagine di diario, poesie e un registro etnografico legati a un progetto di educazione popolare con il popolo Tsotsil in Chiapas tra il 1998 e il 2003. Nel 1992 era stato cancellato dalla Costituzione federale messicana l’articolo 97 che tutelava le proprietà collettive delle terre dei villaggi. Il passaggio successivo fu l’accordo commerciale Nafta che rovinò i contadini. Essi reagirono con il levantamiento, la ribellione iniziata il primo gennaio 1994 e guidata dall’esercito zapatista, cui lo Stato rispose con una “guerra a bassa intensità” e con la strage di Acteal del dicembre ’97, che uccise una cinquantina di persone, fra le quali molte donne e bambini, e provocò l’esodo di migliaia di sfollati rifugiatisi anche nel municipio autonomo di San Pedro Polho. La vicenda indignò l’opinione pubblica mondiale. Si recarono a Polho, tra gli altri, José Saramago, Susan Sontag, Manu Chao. Molti giovani studenti e docenti dell’Università del Mexico decisero di avviare lì un progetto educativo, ma l’istituzione non li appoggiò; anche per questa ragione essi crearono una Università Autonoma Messicana e organizzarono comunque la partenza. L’obiettivo era di insegnare ai bambini a leggere e scrivere in spagnolo. A staffetta i volontari si alternarono per cinque anni, fino a quando gli zapatisti non chiesero a tutti i volontari di lasciare le comunità, per misurarsi con la propria autonomia. Da principio, i giovani maestri sarebbero dovuti rimanere solo sei mesi, ma si resero subito conto che tutta l’iniziativa andava rimodulata, poiché i bambini parlavano solo la lingua Tsotsil: da quella bisogna muovere per insegnar loro a usare la penna, da quella e dal loro vissuto esperienziale. Perciò i docenti si fecero discenti: appresero la lingua e gli usi locali, studiarono le consuetudini i giochi gli arnesi che sarebbero divenuti esempi per le narrazioni quotidiane. La didattica si avvalse di un sistema di letto-scrittura per passare dallo Tsotsil al castigliano, sistema messo a punto da una pedagogista lì sul posto. Si lavorava non per materie e discipline, ma per progetti di ricerca su temi scelti dai bambini. Le famiglie erano coinvolte poiché vedevano l’apprendimento dello spagnolo come uno strumento di autonomia. Ad ascoltare questo racconto tornano in mente le esperienze di Mario Lodi con i figli degli emigrati meridionali a Mirafiori e la maieutica reciproca di Danilo Dolci. C’erano maestri e formatori di maestri di ogni nazionalità, che si riunivano di frequente per discutere e confrontarsi sull’approccio corretto, poiché, come sottolinea Garcia Gonzales, “apprendere una lingua significa apprendere una cultura, che è come un’insalata: più ingredienti ci sono meglio è”. Una delle lingue parlate in Chiapas, ad esempio, ci ricorda un medico italiano e formatore di “promotori di salute” che lì ha vissuto diversi anni, è la lingua Tojolabal, nella quale non esiste complemento oggetto, sostituito da una sorta di complemento di termine (cosa molto simile a quanto accade nel siciliano): l’altro, l’altra non è mai reificato, ridotto a strumento di cui servirsi e impadronirsi; ci si rivolge a lui, a lei, con un gesto di apertura e accoglienza, a riprova di quella orizzontalità che caratterizza la mentalità dei contadini degli Altos, delle montagne, e che permea tutta la politica zapatista. L’educazione, del resto, è uno dei sette principi chiave della rivoluzione zapatista, ma i bimbi coinvolti in questo progetto non erano affatto scolarizzati: o scappavano da tutte le parti, anche dalla finestra, o all’opposto avevano paura di giocare perché a scuola dovevano “stare buoni”. Dunque, si è trattato anche e prima di tutto di costruire relazioni comunicative e affettive sincere e chiare. Nella testimonianza di Garcia Gonzales, i suoi sentimenti dominanti all’inizio erano di paura ed entusiasmo insieme: era un giovane studente di psicologia sociale che si buttava a capofitto in un’avventura non solo umana ma anche politica, e non priva di rischio per la vita; alla fine, invece, dopo diversi anni nella selva, andarsene significò dapprima sbandamento e poi la decisione di diventare antropologo. Adesso è insegnante in un liceo messicano e, soprattutto, portavoce di un popolo che lotta e non si arrende. Come ci rammenta Mimma Grillo, organizzatrice di questo incontro, il clima odierno in Messico è di repressione: ci sono più di centomila desaparesidos e c’è da fronteggiare non solo l’esercito e i paramilitari ma ora anche i narcos, diffusi dappertutto con la complicità dei governi federale e locali. È nata un’associazione di donne, Las buscadoras, donne che vanno in cerca dei parenti scomparsi, un po’ come erano state le Madri di Plaza De Majo in Argentina. Nel frattempo l’autogoverno zapatista sta attuando una riforma dei Comuni che ne eviti la verticalizzazione e la burocratizzazione e ne ripristini la orizzontalità. Garcia Gonzales rimarca come oggi sia difficile in Mexico realizzare autonomia; ma si può lavorare sulla consapevolezza. L’impegno politico deve riguardare l’intero pianeta, che è unico per tutti e tutte, e la solidarietà. Como se lleva? Come si fa? “È come studiare in una scuola in costruzione”, dice. Tra luglio e agosto si terrà una nuova convocatoria con la comandancia per analizzare “la tormenta” che ci avvolge tutti in questi tempi bui. Si dovrà progettare il futuro, poiché la tormenta non dura per sempre e occorre pensare a costruire il giorno dopo, come avverte Marcos. Dai rappresentanti del Laboratorio Ballarò e della redazione di Pressenza, Franzitta e Casano, viene avvertita l’analogia con la Palestina, ma soprattutto con il Rojava: il Chiapas e il Kurdistan esprimono soggettività rivoluzionarie che realizzano pratiche di cura del bene comune, modelli comunitari esemplari per tutta la sinistra mondiale. Si tratta di società senza Stato e, almeno al proprio interno, disarmate, in cammino (proprio come suona il titolo del libro che stiamo esplorando) verso il superamento dello Stato-nazione e dell’esercito che ne è la prima incarnazione, verso il superamento del patriarcato, del modernismo capitalistico ed in intima consonanza con la natura. Si tratta, non a caso, di due percorsi estranei al “pensiero unico” occidentale, che davvero ci indicano la strada.   Daniela Musumeci
CHIAPAS: LIBERATI I DUE COMPAGNI DELLE BASI D’APPOGGIO ZAPATISTE SEQUESTRATI A FINE APRILE
Liberati in Chiapas i due compagni delle Basi d’Appoggio Zapatiste sequestrati dal governo federale del Messico e da quello statale del Chiapas il 26 aprile 2025. José Baldemar Sántiz Sántiz e Andrés Manuel Säntiz Gómez sono stati liberati, a seguito delle pressioni in particolare del Centro per i diritti umani Frayba, che in una nota fa sapere: “vi informiamo con gioia che per l’innocenza inconfutabile dei compagni. Si è così dimostrata con forza e dalle azioni persistenti di coloro che si sono mobilitati: persone individuali, collettive, organizzazioni”. Su Radio Onda d’Urto il nostro collaboratore, Andrea Cegna, con un aggiornamento sulla vicenda dal Messico. Ascolta o scarica Di seguito, il comunicato diffuso dall’EZLN: “ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE MESSICO Maggio 2025 Ai firmatari della Dichiarazione per la Vita: Alla Sexta Nazionale e Internazionale: Al Congresso Nazionale Indigeno: Ai popoli del Mesico e del mondo: Compagne e compagni, sorelle e fratelli: Vi spieghiamo cosa è successo ai due compagni basi di appoggio zapatiste, José Baldemar Sántiz Sántiz e Andrés Manuel Säntiz Gómez, illegalmente detenuti e sequestrati dalle forze congiunte del governo federale e statale il 26 aprile 2025. Desaparecidos da 55 ore, sono stati condotti davanti alle autorità corrotte solo grazie alle pressioni del Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas. Erano accusati di sequestro di persona aggravato nei confronti di Pedro Díaz Gómez. Durante l’arresto, le forze della Guardia Nazionale, l’esercito federale e le cosiddette Forze di Reazione Immediata Pakal hanno approfittato della situazione rubando beni e stipendi delle persone coinvolte e della comunità. Hanno rubato un’auto, una moto e una grossa somma di denaro. Mentre il governo supremo giocava con la vita, la libertà e i beni dei due detenuti illegalmente, le autorità autonome zapatiste portavano avanti le proprie indagini sotto la guida di Verità e Giustizia in comune. Vi ricordo che, in quanto comunità organizzate in comune, abbiamo principi e regole. È vietato attentare alla vita, alla libertà e alla proprietà altrui, indipendentemente dall’ideologia, partito politico, religione, orientamento sessuale, colore della pelle, razza, lingua, nazionalità o posizione sociale. In caso di omicidio, rapimento, aggressione, stupro, falsificazione e rapina, si tratta di reati gravi. Inoltre è proibito il traffico di droga, la sua produzione e il suo consumo. Oltre all’ubriachezza e ad altri reati che sono determinati in comune. Ogni compagno o compagna, indipendentemente dalla sua posizione o grado, che commetta crimini gravi è espulso dal movimento zapatista. Dopo aver appreso dell’arresto e delle gravi accuse mosse ai due compagni, il GALEZ ha avviato un’indagine per accertare se fossero coinvolti nel rapimento. La struttura organizzativa incaricata dell’indagine è giunta alla conclusione che i due compagni sono innocenti. Così è stato fatto sapere al Frayba. Non soddisfatte, le autorità autonome hanno continuato le indagini e hanno confermato il coinvolgimento di altri due individui nel crimine. I due criminali sono stati arrestati e, nel rispetto dei loro diritti umani, sono stati portati in custodia in una delle comunità zapatiste. I due criminali hanno confessato il rapimento e l’omicidio di Pedro Díaz Gómez e indicato il luogo esatto in cui avevano seppellito il corpo. Hanno segnalato la complicità di altre persone. Così è stato fatto sapere al Frayba che lo ha comunicato alle autorità del malgoverno. Rendendosi conto che si sarebbero nuovamente resi ridicoli, le autorità corrotte si sono affrettate a mobilitare le loro forze e arrestare uno dei sospettati che era in fuga. Questa persona ha confermato quanto confessato alle autorità zapatiste. E così si è giunti al luogo in cui era sepolto il corpo della vittima del crimine. Tutti e tre i livelli di governo erano a conoscenza di tutto questo, ma non hanno fatto nulla. Invece di liberare immediatamente i nostri compagni innocenti, hanno temporeggiato e proposto uno scambio di prigionieri. In questo modo avrebbero potuto ingannare i media e vendere loro la storia che il merito era tutto della giustizia statale e federale. Ed avrebbero potuto anche tenersi quello che avevano rubato ai poveri indigeni che avevano subito l’aggressione. Il malgoverno ha nuovamente inviato le sue forze repressive alla ricerca di un quarto colpevole. Ma non solo non lo hanno preso, ma approfittarono della situazione per continuare a rubare i beni della comunità. Nel frattempo, le autorità federali e statali facevano pressione e minacciavano i difensori dei diritti umani perché la loro denuncia li avrebbe smascherati per quello che sono realmente: repressori di innocenti e fabbricanti di colpevoli. Nelle prime ore del 2 maggio 2025, i due rei confessi detenuti dagli zapatisti sono stati consegnati al Centro per i Diritti Umani Fray Bartolomé de Las Casas per verificare il loro stato di salute e accertare se i loro diritti fossero stati rispettati. Il Frayba ha proceduto a consegnare i colpevoli all’autorità ufficiale. Nella mattinata del 2 maggio sono stati liberati i nostri compagni Baldemar e Andrés. Ma i ladri del governo si rifiutano di restituire tutto ciò che hanno rubato. I governi della cosiddetta 4T mentono in tutto ciò che dicono sui popoli originari e sui movimenti sociali. Sono uguali o peggiori dei precedenti governi del PRI e del PAN. Quei numeri di cui si vantano come “arresti” per compiacere Trump sono per la maggior parte innocenti. Invece di comprarsi i giudizi favorevoli sui media e sui social network, i malgoverni dovrebbero pagare meglio le loro forze di repressione in modo che non siano costrette a derubare chi ha meno o niente. Ciò che è accaduto non riguarda solo i nostri territori. In tutta la geografia chiamata “Messico”, comunità originarie, difensori della Madre Terra, difensori dei diritti umani, movimenti e organizzazioni sociali, migranti e persino persone comuni che lavorano giorno dopo giorno per guadagnarsi onestamente il sostentamento quotidiano, vengono estorti, attaccati, rapiti, fatti sparire, imprigionati e assassinati da un governo desideroso di ingraziarsi il potere del denaro. Non c’è scampo. Il sistema capitalista è nato sbagliato, frutto di ingiustizia, sangue e furto. E continua così fino ad oggi, indipendentemente dalle bandiere sotto cui si nasconde. Il suo segno è la morte e così lo porterà fino alla fine dei suoi giorni. Come popoli zapatisti, abbiamo pensato a un modo per combattere l’impero della morte. Chiamiamo questo percorso “Il Comune”. E in questa dolorosa situazione passata, si è visto che Il Comune persegue la verità e la giustizia. Il risultato della liberazione dei nostri due compagni innocenti è stato il frutto di un triplice sforzo: quello dei difensori dei diritti umani, quello della solidarietà e del sostegno nazionale e internazionale e quello della giustizia autonoma. È tempo di non dimenticare le altre nazioni sorelle, vicine e lontane, che subiscono gli attacchi mortali del sistema malvagio. Non dimentichiamo i popoli originari, i desaparecidos e coloro che li cercano, i difensori della Madre Terra, coloro che sono solo un numero nelle statistiche della criminalità, il popolo palestinese. Per la vita: giustizia e verità in Comune. Dalle montagne del Sudest Messicano. Subcomandante Insurgente Moisés Messico, maggio 2025″