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A testa alta per la sanità territoriale
Ho deciso di pubblicare l’intervento preparato e non letto in occasione dell’Assemblea dei sindaci del biellese, a cui abbiamo partecipato anche come consiglieri e cittadini, grazie a una lettera che il luglio scorso è stata consegnata al Presidente della Provincia di Biella. A quella poi si è aggiunta un’interrogazione in Consiglio Comunale di Biella da parte delle minoranze, che ha spinto il Sindaco Marzio Olivero a convocare una Confernza dei Sindaci. Le due iniziative sono state unificate e ne è risultata una partecipatissima assemblea aperta svoltasi giovedì scorso presso l’ospedale di Biella. Durante la lunga introduzione che il  Direttore Generale dell’ASL ha fatto giovedì scorso ho deciso di non leggerlo per dimostrare propensione alla collaborazione. Dopo la dichiarazione del Sindaco, che definisce i nostri rilievi “nefandezze”, mi sono deciso a pubblicarlo. Cari Sindaci, Gentile Presidente della Provincia di Biella e colleghi consiglieri presenti sono Ettore Macchieraldo, uno dei primi firmatari della petizione che in qualche modo, forse un po’ troppo rocambolesco, ha promosso l’assemblea di oggi. So, essendo un semplice consigliere del Comune di Roppolo, di non avere i titoli per intervenire. Nella mia qualità di Consigliere, diciamo che il diritto di parola me lo sono guadagnato “sul campo”, da mesi mi sto documentando e confrontando con i cittadini per arrivare preparato a questo appuntamento. Mi rivolgo a voi Sindaci, anche al mio di Roppolo, per invitarvi a prendere le vostre responsabilità! Il Servizio Sanitario Nazionale è una grande conquista da difendere, e voi avete, tra le vostre prerogative, la salute pubblica nel vostro territorio. Potreste, ad esempio, convocare più spesso questi appuntamenti, anche ogni tre mesi. La situazione credo lo esiga. Può farlo in via diretta, come questa volta, il Sindaco di Biella, ma potete anche farlo come sindaci. Basta il 10% di voi che lo richieda, cioè bastano 7 firme. Ho un altro titolo, credo, per parlarvi, ed è quello di utente; avendo ricevuto quattro anni fa una diagnosi di Parkinson. E, credetemi, quando si vive con un compagno come il Parkinson, la visione  della sanità pubblica cambia radicalmente. Ascolto con attenzione, speranza e preoccupazione i discorsi sulle Case di Comunità, sul rafforzamento della sanità territoriale, e vedo gli sforzi che vengono fatti grazie ai fondi del PNRR. Si parla di luoghi fisici di prossimità, di team multidisciplinari – medici, infermieri, specialisti, persino assistenti sociali. L’idea è quella di coordinare i servizi, di prendere in carico la persona a 360 gradi, specialmente noi malati cronici.  Come può migliorare la vita avendo a portata di mano la fisioterapia, il supporto psicologico, e magari un aiuto per le pratiche burocratiche! L’idea di avere un Ospedale di Comunità a Biella e Case della Comunità a Cossato e Valdilana, con le Centrali Operative Territoriali che dovrebbero coordinare tutto, è un passo avanti verso una sanità  più vicina a noi. E, vi chiedo, ma “la bassa” e la Valle Elvo, ovvero due luoghi in cui vivo e che frequento per lavoro, come mai non paiono rientrare tra gli investimenti in programma? Ho letto di “strutture non patogene di per sé” , e questo è un concetto chiave. La sanità non deve creare nuove barriere o alienare. Ha bisogno di consapevolezza e informazione, anche da parte del personale. Non basta un medico o un infermiere, se non capiscono la complessità della nostra condizione, che va ben oltre la terapia farmacologica. Ed è qui che entra in gioco la vera forza della comunità, il principio di sussidiarietà. Su questo, con due associazioni di cui faccio parte, abbiamo realizzato un progetto, “Senza tremori”, che verrà raccontato in un documentario che proietteremo a novembre a Città Studi a Biella. Consideratevi tutti caldamente invitati. Le Case di Comunità dovrebbero essere i ponti tra la sanità formale e questa vitalità del terzo settore. Non solo erogare prestazioni, ma diventare veri e propri punti di riferimento dove le nostre associazioni possano trovare spazio, dove si promuova l’attività fisica, il supporto psicologico, l’integrazione sociale. Dobbiamo essere lungimiranti e pianificare perché queste strutture devono essere dotate di personale competente e, anche, sensibile alle nostre specifiche esigenze, capace di  dialogare con chi, come me, si confronta con la malattia, ogni giorno. Ma la vera sfida, oggi, è garantire che l’impulso dato dal PNRR alla sanità territoriale non sia un fuoco di paglia. Questi investimenti sono vitali per rinnovare infrastrutture e modelli organizzativi, ma è cruciale che si creino le condizioni affinché la sanità territoriale possa proseguire e prosperare anche dopo l’esaurimento dei fondi europei, ovvero dal 2027 in poi.  Dicevo che ho letto i documenti, non sono un esperto, ma, per chiudere il mio discorso, ci sono delle domande che vorrei porvi sul Bilancio. Non metterò “la testa sotto i vostri piedi” come Troisi e Benigni in “Non ci resta che piangere, anzi esigerei che ci fossero delle risposte. Intanto, da profano, non capisco come mai non ci sia un bilancio consuntivo del 2025, ma solo quello preventivo, almeno io non sono stato in grado di trovarlo. E poi, sempre da ignorante, mi risulterebbe un aumento registrato del 10,31 % rispetto al 2024 delle “Compartecipazioni al personale sanitario per attività libera professione”. E’ una percentuale alta, la confermate? Vorrei sapere anche a quanto ammontano le risorse impegnate per gettonisti e per eventuali esternalizzazioni dei servizi medici. Ce le potete fornire? Siete in grado di calcolare la perdita causata da chi va a farsi curare in altre Regioni? sarebbe un dato importante sia per il Bilancio che per capire se la sanità locale ed eventualmente regionale funziona,  Infine, a me risulterebbe che il Bilancio preventivo 2025 è in perdita di circa 35 milioni di euro. E così? E se sì cosa intendete fare? Le domande sono poste con l’intento di salvaguardare il Servizio Sanitario Nazionale. Istituito nel 1978 per garantire parità di trattamento a tutti, è un patrimonio da attualizzare ai tempi correnti. Quello che non dobbiamo fare è dilapidarlo. Aggiungo, prima di lasciare la parola ad altri, che spero di non essere più necessario per la prossima assemblea. Auguro a tutti buon lavoro. Ettore Macchieraldo
Il miracolo di Santa Rosalia, Palermo a fianco della Palestina
Finalmente la coda del corteo si accingeva ad uscire fuori da Piazza Bologni (lo spazio, a poco più di un  centinaio di metri dalla Cattedrale, dove sono confluite le migliaia di cittadini palermitani per partecipare alla manifestazione a sostegno della Flottilla) e già – guardando dall’alto, in piedi sopra i dissuasori di cemento posti lungo l’asse viario dell’antico Kassaro – la testa del serpentone era in prossimità di giungere al passaggio della regale Porta Felice, al di là della quale si apre sul mare il grande golfo panormita della “città tutto-porto” che con la sua straordinaria ampiezza naturale mostra la sua millenaria vocazione all’accoglienza. Un immagine simbolica più degna di questa – come sopra descritta – non poteva esserci per unire Palermo all’abbraccio caloroso dell’operazione umanitaria internazionale, denominata Global Sumud Flotilla, per correre in aiuto del popolo palestinese che sta subendo l’atroce genocidio, di cui nessuno osa più negarne il compimento da parte del più reazionario dei governi sionisti conosciuti nella storia di Israele. Prima della partenza della marea di gente raccoltasi a piazza Bologni (intrattenuta da un gruppo di “danza e tamburi” che ha poi accompagnato – suonando e ballando ininterrottamente, per tutta la durata della manifestazione – il fiume in piena che sfilava sull’asse principale del centro storico) è intervenuto l’Arcivescovo Corrado Lorefice che ha sostanzialmente ribadito – come aveva fatto nei giorni prima – il suo sostegno alla missione umanitaria posta in essere dalla missione  Global Sumud Flotilla, nel tentativo  di portare a Gaza aiuti e farmaci alla popolazione: un “segno di disperata speranza” per dire no alla “spietata violenza”, a chi “semina fame e morte”. Altra caratteristica della giornata di ieri è stata la vibrante ed esplosiva rumorosità fatta con tante pentole e coperchi che risuonavano sotto il colpi di robusti battitori, resisi necessari (dopo l’esperimento del flashmob improvvisato innanzi al Teatro Massimo, nella giornata nazionale per la rottura del silenzio su Gaza di fine agosto scorso, dove qualche cucchiaio di legno fu incolpevolmente spezzato). Insomma, tra tamburi e arnesi culinari, la gran cassa della risonanza sulla solidarietà palermitana espressa alla missione della flotta umanitaria per la Palestina si è fatta sentire alta e forte. Purtroppo non tutta stampa locale ha drizzato le antenne, facendo finta non sentire l’eco di una piazza (forse diecimila persone) straordinariamente partecipata come poche altre negli ultimi anni viste nella  nostra città. Così come sorde sono state da tempo – senza alcuna speranza di risveglio dell’udito – le orecchie delle nostre istituzioni, dal governo nazionale a quello siciliano agli enti intermedi dello stato che, de facto complici d’Israele del genocidio consumato giorno per giorno dalla mano assassina sionista, non  vedono e non sentono le grida che promanano da tutte le piazze del paese, nascondendo il dato significativo, secondo cui la stessa maggioranza silenziosa è,  fin dall’inizio della sciagurata “guerra ucraina”, contraria ad ogni conflitto bellico e contro la politica del riarmo ed – a maggior ragione – avversa alle politiche coloniale sioniste e all’occupazione dei territori di Palestina e alla pulizia etniche perpetrata sulle popolazioni che la abitano da sempre . La manifestazione si è conclusa come previsto alla Cala, sulla banchina del vecchio porto cittadino: oltre ad alcuni interventi si sono alternate diverse performance musicali e artistiche. In ultimo vogliamo fare una nostra breve considerazione e lo diciamo con nettezza senza infingimenti: l’iniziativa di massa di ieri non è attribuibile a nessuna delle più o meno strutturate presenze politiche, che pure in questi anni bellicosi han mantenuto aperto un canale di opposizione al ceto politico che si è ritrovato unito nella logica guerrafondai (con l’eccezione di quelle forze parlamentare che sappiamo). Basta considerare che lo straordinario corteo di ieri non era intruppato nei soliti spezzoni. La stragran parte della gente sfilava liberamente, non aveva bisogno di identificarsi con qualche realtà specifica: giovani, vecchi famiglie con prole a seguito che sciamavano in lungo e in largo senza sbarramenti identitari. Abbiamo scritto – nella sostanze – le stesse cose per le grandi manifestazioni che si sono tenute sul piano nazionale che hanno richiamato anche in quelle occasionni grandi numeri. Tutto ciò testimonia che una massa critica sta sempre più crescendo: essa si colloca al di là di ogni pretesa egemonia politica di chicchessia. È bene prenderne atto e prepararsi a seguire modelli di partecipazione orizzontale più consoni a queste moltitudine contemporanee.   Toni Casano
Presidio Permanente: informazione in movimento al Centro Ararat a Roma
Il Media Center Ararat Rnb lancia una chiamata collettiva al fianco della rete internazionale Global Sumud Flotilla: è il momento di esserci, di unirsi, di costruire una presenza attiva e consapevole. Se toccano la Global, fermiamo tutto. Non si tratta solo di informazione: è resistenza, è solidarietà, è azione. È Attivismo vero! Invitiamo tutte e tutti a partecipare al Presidio Permanente, portando con sé PC portatili, telefoni cellulari e connessioni attive, per contribuire alla costruzione di una rete mediatica dal basso, libera e indipendente. Durante il presidio verranno effettuati collegamenti in diretta dalla Flotilla e trasmissioni live da Gaza, per garantire una copertura continua e non filtrata degli eventi. Rivolgiamo un appello speciale alle personalità della cultura, dell’arte, della politica e dell’attivismo: venite, partecipate, mettetevi in gioco. La vostra presenza è fondamentale per sostenere la missione della Flotilla, per dare forza al racconto, per costruire insieme una narrazione che non si piega. Da terra, da mare, da Ararat: sosteniamo la missione della Global Sumud Flotilla con ogni mezzo possibile. DOVE: Presidio Permanente CENTRO ARARAT largo Dino Frisullo ( ingresso accanto entrata della Città dell’Altra economia) QUANDO: Da ora, senza sosta COSA PORTARE: PC, telefono, connessione, spirito collaborativo L’informazione non si arresta. Il presidio è aperto, inclusivo, determinato. Unisciti. Connettiti. Resisti Redazione Roma
Equalafesta 2025, radici e speranza
Quest’anno Equalafesta, il tradizionale appuntamento di fine agosto al Boschetto di Germignaga (Varese), è stata graziata da un fine settimana di sole splendente in mezzo a continui temporali, con laboratori, stand di associazioni e di produttori locali, incontri, musica dal vivo e ottimo cibo. Il titolo scelto, “Radicati nel futuro”, invita a guardarsi indietro alla ricerca delle nostre radici come individui, comunità e popoli, per poi guardare avanti, al futuro, con un senso di unione e comunità, con forza e speranza. Il tema ha attraversato tutta la festa, a partire dal laboratorio artistico esperienziale per adulti e bambini del pomeriggio di sabato 30 agosto. Con l’aiuto di musiche rilassanti e ispiratrici, dell’immaginazione, della curiosità e di una capacità artistica che molti hanno scoperto di possedere senza saperlo, ognuno dei partecipanti ha disegnato un albero o un fiore di sua scelta, utilizzando l’ampia offerta di pastelli, colori a tempera, gessetti, carta e nastri da incollare. Alla fine tutti i disegni sono stati disposti su un lungo telo verde per formare un bosco variegato e variopinto e uniti tra loro per ricordare la lezione fondamentale che ci viene dal mondo vegetale: in natura tutto è collegato e le piante sono la rappresentazione vivente di come coniugare solidità, flessibilità e collaborazione. Dopo un’ottima cena dal gusto equo-etnico-locale, la prima serata della festa si è conclusa con la musica dal vivo dei Faya Freedom e degli Hierbamala. Domenica 31 agosto il boschetto si è riempito degli stand delle associazioni e dei produttori locali. La giornata si è aperta con una lezione di yoga e nel pomeriggio si è continuato con un altro momento dedicato alle radici. Storie di iniziative passate, presenti e future raccontate da realtà vive come il GIM, organizzatore di Equalafesta e attivo in tanti progetti sociali e solidali in Africa, Ekonè, con la sua bottega del commercio equo e solidale, il CAST – Centro per un Appropriato Sviluppo Tecnologico, con una lunga storia di interventi in Paesi lontani e progetti locali come il Festival del Futuro Sostenibile, Pressenza e la Cooperativa Ballafon, impegnata nell’accoglienza, l’inclusione e l’integrazione delle persone migranti. Il bravissimo vignettista Francesco Castelli ha accompagnato ogni racconto con un disegno che esprimeva in modo sintetico la “mission” di ogni associazione. Equalafesta non ha voluto dimenticare le grandi tragedie di questo momento e in particolare l’intollerabile genocidio in atto a Gaza. Il Tavolo per la Pace dell’Alto Verbano, presente con un suo stand, ha esposto cartelli su azioni concrete come le campagne di boicottaggio dei prodotti israeliani, mentre per tutta la festa sono state disponibili le lattine di Gaza Cola. La giornata di domenica si è conclusa con un ottimo aperitivo e con un gesto simbolico di vicinanza: si è formato un grande cerchio per eseguire una serie di danze palestinesi, seguite da danze di altri Paesi accompagnate da musica dal vivo con fisarmonica, cornamusa, chitarra, mandolino, flauto, percussioni  e voce. Foto di Thomas Schmid Anna Polo
Rompere l’assedio, fermare il genocidio
La Global Sumud Flottilla, carica di aiuti alimentari e sanitari, composta da più di 50 imbarcazioni provenienti da tutta Europa battenti bandiera di diversi Paesi, è salpata da Barcellona per dirigersi verso Gaza, congiungendosi con le imbarcazioni che sono salpate da Genova, Tunisi e quelle che salperanno dai porti siciliani e greci. Le imbarcazioni si incontreranno tutte in acque internazionali, dove proseguiranno il loro viaggio verso la Striscia di Gaza con la partecipazione di attivisti e volontari provenienti da oltre 44 Paesi. L’obiettivo è esplicito: “rompere il blocco illegale di Gaza e aprire un corridoio umanitario e porre fine al genocidio in corso del popolo palestinese”, rompere l’assedio piratesco che Israele impone al popolo di Gaza che genera carestia e morte. Oltre al valore umanitario, la spedizione è un atto simbolico di disobbedienza civile nei confronti delle restrizioni imposte in modo piratesco da Israele. La Global Sumud Flottilla vuole essere un richiamo ai principi di diritto internazionale e alla necessità di garantire corridoi umanitari sicuri per una popolazione, quella gazawi, allo stremo. Il ministro della Sicurezza Nazionale israeliano Itamar Ben-Gvir ha in modo criminale dichiarato che: “Gli attivisti della Sumud Flotilla saranno trattati come terroristi; gli attivisti saranno arrestati e trattenuti in detenzione prolungata – a differenza della precedente prassi – nelle prigioni israeliane di Ketziot e Damon, utilizzate per detenere i terroristi in condizioni rigorose tipicamente riservate ai prigionieri di sicurezza; tutte le navi che partecipano alla flottiglia saranno confiscate e riutilizzate per le forze dell’ordine israeliane.” Vedremo cosa faranno i Governi del “democratico” occidente, che si appellano al diritto internazionale in relazione alle azioni dello Yemen nel mar Rosso contro le navi dirette in Israele, nei confronti delle eventuali azioni piratesche della marina israeliana contro le imbarcazioni umanitarie della Global Sumud Flottilla. Tante imbarcazioni della Sumud Flottilla battono bandiera italiana e lo Stato Italiano ha il dovere di garantire la libertà di navigazione e la sicurezza dei propri cittadini che agiscono per scopi altamente umanitari. Mentre la Global Sumud Flottilla prende il largo, il Parlamento dello Stato sionista ha dato via libera a nuovi insediamenti di coloni in Cisgiordania, rendendo impossibile la creazione di una entità statuale palestinese, e ponendo le basi all’annessione di tutta la regione all’interno di Israele, violando diverse risoluzioni dell’ONU. In contemporanea l’esercito israeliano sta intensificando le sue azioni nella striscia di Gaza con l’obiettivo dichiarato dell’occupazione di tutta Gaza City, dove sono presenti più di un milione di civili. Questa mossa arriva in un momento di grave preoccupazione per la crisi umanitaria a Gaza, dove centinaia di migliaia di civili sono sfollati e a rischio carestia. In modo parallelo arriva la decisione del Governo Trump di negare l’ingresso alla delegazione dell’Autorità palestinese a New York per potersi recare all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Una decisione che delegittima le stesse Nazioni Unite. Fa specie la dichiarazione del presidente statunitense Trump sul premier israeliano Netanyahu: «È un eroe di guerra, […] E anche un brav’uomo», proprio mentre il Governo reazionario sionista di Israele sta in modo incontrastato portando avanti la politica di pulizia etnica e la realizzazione del progetto del “grande Israele”. Persino il presidente francese Emmanuel Macron ha affermato che “L’offensiva militare israeliana a Gaza non può che portare a un vero disastro per i due popoli e trascinerà la regione in una guerra permanente». La politica genocida del Governo sionista ultranazionalista e integralista di Israele non è contrastata da nessun Paese del “democratico” occidente. Continuano in modo normale le relazioni politiche e commerciali. Il traffico di armi non si è mai interrotto. Il colosso industriale bellico italiano Leonardo spa fa affari milionari continuando ad esportare in Israele sistemi bellici di alto livello tecnologico che vengono usati per mietere vittime fra i i civili palestinesi. I paesi occidentali, quelli del cosiddetto BRICS, quelli arabi (a cominciare da Egitto, Giordania, Arabia Saudita, emirati del Golfo, ecc.) assistono in silenzio ad una delle pagine più buie della storia contemporanea. Chi si oppone al massacro sono le centinaia di migliaia di donne e uomini che invadono le piazze delle maggiori città del Pianeta, che in modo unanime chiedono la fine del genocidio del popolo palestinese e una pace permanente in Medio Oriente. Quello che fa sperare è la crescente opposizione al Governo sionista israeliano che si intravede all’interno dello stesso Israele contro la guerra genocida che si trascina ormai da quasi due anni. Il riuscitissimo sciopero generale contro il Governo Netanyahu, che ha visto oltre un milione di israeliani scendere in piazza non solo per il rilascio degli ostaggi ancora in mano alle milizie palestinesi, ma esplicitamente contro la guerra e contro il genocidio del popolo palestinese è un nervo scoperto all’interno della società israeliana. In migliaia hanno invaso le strade di Jerusalem, Tell Aviv, di tante altre città. Blocchi stradali hanno interessato le principali arterie del Paese. Diverse decine di manifestanti sono stati gli arresti. Sono tantissimi i ragazzi e le ragazze che si sottraggono all’arruolamento rifiutando di indossare la divisa dell’IDF. La protesta dell’opposizione israeliana alla guerra apre nuove prospettive per la creazione di un fronte transnazionale per fermare in Israele la deriva sciovinista, nazionalista, permeata da estremismo religioso che sta alla base della pulizia etnica e del genocidio del popolo palestinese. Gli stati nazione basati sul modernismo capitalista, gli stati teocratici (sia quello sionista che l’utopico stato palestinese) creano barriere, divisione, odio. La cooperazione fra i popoli, la fratellanza fra genti diverse sono la medicina contro la guerra e la sopraffazione. La creazione di una entità confederale democratica dove coesistano palestinesi, musulmani, cristiani, ebrei, atei; dove ogni cittadino sia considerato come tale, con pieni e pari diritti di ogni altro; dove sia garantito il ritorno dei profughi e il diritto di cittadinanza per tutte e tutti; dove ci sia il massimo rispetto per ogni credo liberato da ogni integralismo fanatico, questa è la prospettiva reale per quella terra martoriata da soprusi, apartheid, guerre.   Renato Franzitta
Mahmoud Muna, libraio palestinese a Gerusalemme…
Chi lo vuole conoscere può partecipare all’incontro “a distanza” che si svolgerà mercoledì 27 agosto alle 20:30. L’iniziativa è organizzata da Un Ponte per Betlemme e intitolata L’Educational Bookshop: la forza della cultura perché… Come suo padre prima di lui e adesso insieme al proprio nipote, che si chiama Ahmad, il palestinese Mahmoud Muna gestisce la libreria, denominata Educational Bookshop, sita nel centro storico di Gerusalemme. L’ingresso e le vetrine del negozio sono affacciate sulla strada intitolata al celebre condottiero del XII secolo Yūsuf ibn Ayyūb – detto Ṣalāḥ al-Dīn Salah al-Din, o Salah Eddine e in italiano Saladino) – forse curdo, che fu sultano d’Egitto, Siria, Yemen e Hijaz e nel 1187 conquistatore di Gerusalemme [Salah Eddin Street, il “cuore pulsante” di East Jerusalem… / JERUSALEM STORY – 2023]. Aperta una 30ina d’anni fa e da allora gestita dalla famiglia Muna, questa piccola ma fornitissima libreria colleziona e distribuisce testi su vari argomenti, in particolare guide turistiche della città e testi di letteratura, arte, cultura e storia gerosolimita [cioè di Gerusalemme], israeliana e, soprattutto, palestinese. Recentemente spesso vi entrano poliziotti in borghese o in divisa, come il 9 febbraio scorso. In questa occasione Mahmoud e Ahmad vennero arrestati, detenuti separatamente in carceri differenti e rilasciati due giorni dopo, l’11 marzo, data in cui le foto che mostrano l’irruzione e i libri sequestrati e poi restituiti e la lettera di ringraziamenti della famiglia Muna ai tanti che, in quelle giornate, avevano dato ed espresso il proprio sostegno sono state pubblicate sulla pagina Facebook dell’Educational Bookshop. Per partecipare all’incontro online con Mahmoud Muna, che si svolgerà mercoledì prossimo, 27 agosto, con inizio alle 20:30, gli interessati devono inviare una richiesta per email, al recapito dell’associazione Un Ponte per Betlemme – unponteperbetlemme@gmail.com  Maddalena Brunasti
Solitudine e terza età: l’Italia che resta invisibile d’estate
Il caldo e le città svuotate rendono più fragile chi resta indietro: gli anziani soli, spesso dimenticati, affrontano l’estate come una prova di resistenza. Ogni estate, l’Italia si svuota. I negozi abbassano le saracinesche, gli uffici chiudono per ferie, le famiglie partono per le vacanze. Ma c’è un’Italia che resta. Un’Italia fatta di persone anziane che, tra le mura di casa, affrontano un silenzio che si fa più assordante con il caldo. Secondo i dati ISTAT, oltre 3,8 milioni di anziani vivono da soli. Di questi, quasi la metà ha più di 75 anni. Nei mesi estivi, il 70% dichiara di non ricevere visite per settimane intere. Aumentano i disagi, le difficoltà pratiche, ma soprattutto cresce un senso profondo di invisibilità. La solitudine non è solo una condizione emotiva: ha un i mpatto diretto sulla salute, sul benessere psicologico e sulla qualità della vita. Lo dimostrano anche i dati del Ministero della Salute, che ogni anno monitora gli effetti del caldo sulle fasce più fragili della popolazione. Nei mesi estivi, oltre 300 anziani muoiono a causa di complicazioni legate alle alte temperature, spesso da soli, senza che nessuno si accorga del loro malessere. Eppure, questa realtà rimane quasi del tutto assente dal dibattito pubblico. Le iniziative messe in campo da Comuni e Regioni, come le campagne di sorveglianza attiva o le linee telefoniche dedicate, restano spesso poco conosciute o sottoutilizzate. Mancano reti di prossimità efficaci, soprattutto nei quartieri residenziali e nelle grandi città. La solitudine, tra gli anziani, è una questione strutturale che l’estate rende solo più evidente. E il disagio non si limita all’isolamento fisico: c’è un’ulteriore forma di esclusione, più silenziosa, legata alla tecnologia, ai nuovi linguaggi, alla burocrazia digitale. Una barriera invisibile che aumenta il senso di marginalità.   Per raccontare tutto questo ho scelto la voce simbolica di Luciana. Luciana non è una persona reale, ma è vera. È nata dall’ascolto, da anni di incontri, di testimonianze, di storie raccolte nelle case, nei mercati, nei corridoi dei consultori e delle farmacie. In lei si sommano volti, emozioni, fragilità e desideri. È una figura narrativa, ma profondamente autentica. Una donna anziana, colta, lucida, che vive da sola in una città che d’estate si svuota. Attraverso i suoi occhi ho voluto restituire una realtà spesso invisibile: quella degli anziani che restano, che resistono, che vorrebbero ancora esserci per qualcuno. La sua voce ci accompagna in un racconto che, pur nella forma intima e letteraria, è radicato in dati concreti, in fatti, in esperienze condivise. È una fotografia, a tratti poetica e a tratti dura, di una condizione che riguarda milioni di persone e che, troppo spesso, resta fuori campo.   La voce di Luciana Mi chiamo Luciana, ho 78 anni. Vivo al primo piano di un palazzo di tufo nel quartiere Vomero. Dalla mia finestra osservo la vita che scorre, ne seguo i gesti, le onde di emozioni, le bottiglie stappate a fine anno, le risate fragorose e i piante sommessi. Davanti a me c’è l’ingresso del liceo Sannazaro, quei gradini in marmo li conosco bene. Nei mesi estivi riflettono soltanto il sole, che sale lento e silenzioso, a scandire un tempo fermo, senza direzione. Quel liceo l’ho frequentato anch’io, nella mia giovinezza. Amavo le parole, mi hanno insegnato il mondo e come starci dentro. Le cerco ancora oggi, tra i libri e gli incroci della Settimana Enigmistica. Ma ora è più un esercizio che un bisogno, un modo per restare lucida, per non perdere la misura di me. I pensieri mi abitano, ma non sempre sono gentili. Alcuni fanno male, altri si ripetono. Cerco di metterli a tacere, ma non ascoltano. La vecchiaia è un tempo complicato, un contenitore arrugginito, una gabbia che a volte stringe, altre lascia passare troppi spifferi. Un giorno mi sento leone, l’altro formica, laboriosa, lenta, ancora piena di voglia di fare, ma senza qualcuno a cui dare. L’estate rende tutto più evidente. Per molti è libertà, leggerezza. Per me, è attesa. Dopo la festa dell’ultimo giorno di scuola, i cancelli si chiudono e resta solo il silenzio. La solitudine non bussa, entra. Evito di uscire. L’afa è dura, ma più dura è la desolazione. Cammino per casa come in un museo personale. Ogni stanza custodisce un’assenza. Le fotografie, i piccoli oggetti, il cellulare. Mi conforta, ma ho sempre paura di toccare un tasto e perdere tutto. Nei giorni buoni leggo. Oppure mi prendo cura di me, mi pettino, mi vesto bene, anche senza un appuntamento. È il mio modo per dire: ci sono ancora. Ma d’estate la città si svuota, e con lei anche la rete che dovrebbe sostenere chi resta. Una medicina, una spesa, un sorriso, diventano cose difficili se bisogna passare da uno schermo. La tecnologia, per noi, spesso allontana invece di avvicinare. Nei giorni buoni penso che potrei essere utile. Potrei aiutare una madre stanca, cucinare per altri anziani, fare compagnia, ascoltare. Ma la vera sfida è restare visibili, trovare il coraggio di dire: ci sono. Quei giorni, però, quando si è soli, diventano sempre più rari. Poi, il telefono squilla. Forse sono loro. Cerco la voce dentro le ossa e la tiro fuori, dritta, fiera: “Come sto? Alla grande. Vi aspetto.” E intanto il tempo passa. Un giorno, all’improvviso, le scale del liceo tornano a riempirsi di passi, di voci, di gioventù. Li sento salire, ridere, correre. La vita riprende, senza chiedere permesso. E quei suoni, anche se non mi appartengono più, mi entrano dentro. Mi ricordano che la vita, anche quando sembra lontana, trova sempre un modo per tornare a bussare. E io sono ancora qui, con la finestra aperta, pronta ad ascoltarla. Le immagini non ritraggono una persona precisa, ma danno corpo e sguardo a Luciana attraverso dettagli della vita quotidiana. Sono scatti reali, tratti dalla quotidianità di mia madre, che rendono visibile ciò che nel racconto resta voce.   Link e contatti utili per anziani http://Numero Verde Nazionale per Anziani 800 995 988 – fondazioneitaliani.it http://Telefono Amico Italia – Ascolto e compagnia 02 2327 2327 – telefonoamico.it http://Comune di Napoli – Servizi per anziani comune.napoli.it/anziani http://Auser Napoli – Volontariato e aiuto domiciliare ausercampania.it/napoli http://Spesa e farmaci a domicilio per over 65 – Napoli estate comune.napoli.it/spesa-domicilio-anziani Lucia Montanaro
Dialoghi con Nour Al Masry
Il precedente articolo sulla famiglia Al Masry di Gaza risale allo scorso 6 maggio, (Appello per la famiglia di Nour Al Masry a Gaza) . Era un appello – caduto finora nel vuoto – per aiutare questa famiglia. Ma ogni forma di volontariato, dalla più semplice e indipendente alle altre forme, organizzate e strutturate in modo differente, è degna di essere supportata. Questo articolo vorrebbe mettere in luce un rapporto umano che si sviluppa quotidianamente tramite dialoghi in rete e mostra tante sfaccettature della quotidianità fra due persone: l’una però si trova in un luogo tranquillo mentre l’altra è esposta, ogni momento, al rischio di morire. Eppure questa differenza abissale ogni giorno intreccia le nostre vite: la mia e quella di Nour Al Masry. Può succedere, ed è successo, che mentre ero ad esempio davanti a un bancone del pane in un forno qualunque, mi venisse in mente lei, dall’altra parte del Mediterraneo, in una situazione di assoluto delirio e sadismo, in fila per ore e ore alla ricerca di un pacco di farina e con il rischio reale di essere eliminata così, all’improvviso. Avrei desiderato trascrivere direttamente questi dialoghi nell’esatta e completa cronologia con cui sono nati, questa l’idea originale da cui ero partita, ma era impossibile e quindi ho scelto i mesi più recenti: maggio, giugno, luglio e agosto 2025 anche se la nostra amicizia nasce esattamente un anno fa, nell’agosto del 2024. Mi è sembrato che questi ultimi mesi avessero assorbito ancor più la stanchezza, la paura, la disperazione, la rassegnazione e all’improvviso la gioia o la speranza. Invece sbagliavo perché nonostante i sentimenti appena elencati appartengano tutti a questo legame umano e Nour li viva ogni giorno tanto da avere, ad oggi, un problema alla tiroide che dovrebbe monitorare meglio (dove però? in uno dei loro pochi e malmessi ospedali? non ci sono gli strumenti necessari), resta tenace una strana dolcezza e una dignità a tutto tondo che farebbe impallidire le sagome aride dei vigliacchi. “Ho attraversato” con la sua famiglia spostamenti improvvisi, disperazione per tende di fortuna allagate da temporali violenti e lacerate da schegge di bombe, gioia per i soldi arrivati dalle donazioni (anche da persone che conosco, poche ma molto generose) e per la possibilità di acquistare il cibo a prezzi folli, angoscia per le influenze intestinali di Karam, il loro figlio maggiore e di Siham, la bambina più piccola o per aver preso un virus influenzale che sta girando molto nella Striscia di Gaza o paura per il rischio che ha corso Dija, il marito di Nour, malato asmatico che ha rischiato di morire perché non poteva correre per raggiungere la famigerata sede della GHF (Gaza Humanitarian Foundation) e procurare un po’ di cibo per la famiglia. E tutt’ora non mi sposto dalla “postazione” accanto a loro. Al momento siamo concentrate sulla raccolta dei soldi per sopravvivere ogni giorno, per riuscire a comprare un po’ di cibo al mercato dove, leggerete scorrendo le risposte di Nour alle mie domande, regna soltanto la corruzione, dato necessario per far lievitare i prezzi a cifre assurde, far arricchire i commercianti e mettere ancor più nell’angolo la popolazione civile. Chi non ha potuto fuggire all’inizio di questa orrenda guerra ed è ancora lì “in vita”, sogna di andarsene, almeno finché la terra di Palestina non sia risorta dalle sue macerie. Dunque in questi dialoghi troverete anche i conti per capire quanti soldi servirebbero per arrivare in Egitto e poi dall’Egitto partire per diversa destinazione. Scopro così che se vuoi arrivare in Egitto non con un comodo viaggio Ryanair, devi pagare anche se arrivasse il ‘Cessate il fuoco’. > [10/8, 22:53] Tiziana Pozzessere: Faccio un ragionamento con te, sorella: > arriva il “cessate il fuoco” radicale, entrano gli aiuti umanitari. > Dopo un po’ di tempo voi vi dirigete verso l’Egitto. Permesso di soggiorno > all’Ambasciata palestinese del Cairo. > Destinazione: Europa. I soldi necessari: viaggio per il Cairo, permanenza per > qualche giorno, biglietti aerei, un po’ di soldi per arrivo nel paese di > destinazione. > Poi strutture di accoglienza. > I soldi necessari, in questo caso, non sarebbero più $ 10.000 ma molto meno. > Giusto? > > [11/8, 08:11]Nour: No, sorella, non mi servono solo 10.000 dollari per tutto > quello che hai detto, perché il coordinamento della sicurezza per uscire dal > valico di Rafah costa 6.000 dollari. Di questa cifra, ne rimangono 4.000. > Secondo te, questa cifra rimanente è sufficiente per acquistare i biglietti > aerei e soggiornare per circa 3 settimane nella Repubblica Araba d’Egitto? > > [11/8, 08:52] Tiziana Pozzessere: Sorella, non ci capiamo bene a causa della > difficoltà della traduzione. > Io intendevo dire: voi arrivate al valico di Rafah (sempre dopo il “Cessate il > fuoco”), e che cosa c’entra il ‘coordinamento della sicurezza’ se il conflitto > è sospeso? È sempre il solito individuo che li spartisce con guardie egiziane, > soldati checkpoint e altri? Ma non ha senso. Scalando i 6000$ (che non > dovreste assolutamente pagare) allora si dovrebbero fare i conti per: > biglietti aerei, forse i permessi di soggiorno hanno un costo, permanenza al > Cairo per qualche giorno e infine permanenza iniziale nel paese di arrivo. > > [11/8, 10:05]Nour: Sorella mia, da decenni soffriamo del problema del > coordinamento della sicurezza attraverso il valico di Rafah. Se vuoi lasciare > la Striscia di Gaza, nella maggior parte dei casi devi pagare una somma di > denaro, a meno che tu non abbia una mediazione al valico di Rafah. Capisci, > sorella mia? Vengo così a sapere di queste “norme” che nella mia ingenuità di cittadina occidentale davo per scontato sparissero una volta ‘Cessato il fuoco’ e rammento che non sono neanche le peggiori che Nour mi ha raccontato nel corso di quest’ultimo anno. Dunque cosa fare? Rimanere in mezzo a cadaveri putrefatti o carbonizzati, con una “tenda” come casa, due figli e una figlia che trascorrono tutto il giorno lontano da scuole, istruzione e crescita culturale, con un marito asmatico e con la propria tiroide il cui funzionamento non ci convince, o tentare con tutte le energie rimaste di progettare il viaggio di uscita dalla Striscia di Gaza? A voi la risposta, care lettrici e lettori. Confidiamo nel vostro supporto, pur piccolo che sia. L’importante è: esserci. Grazie, anche da parte di Nour e della sua famiglia. I link a cui poter donare sono i seguenti: https://bit.ly/almasryfamily https://paypal.me/no432       Redazione Italia
Notizie dal Medio Oriente e Sudan
Gaza Netanyahu ha uno estremo bisogno di salvare la propria poltrona. Lo dicono gli analisti dei media israeliani, i politici di opposizione e anche ex responsabili dell’intelligence israeliana. Lo sanno bene anche i ministri Ben Gvir e Smotrich e lo ricattano. Il governo non ha più una maggioranza in parlamento e se i loro due partiti uscissero dalla maggioranza, il governo cadrebbe. Per mettere il premier all’angolo e imporre l’avvio delle operazioni belliche per l’occupazione di Gaza, la deportazione della sua popolazione e la costruzione delle colonie ebraiche sulle macerie delle città palestinesi, hanno avanzato mozioni per la prossima riunione del legislativo. È un gioco macabro: tenersi a galla sul sangue palestinese. Nella giornata di ieri, sono stati trasportati negli ospedali 61 (35 tra gli affamati alla ricerca di un sacco di farina) uccisi e 363 feriti (304 tra gli affamati) I morti per fame sono stati ieri 5, portando il totale dal primo di luglio a 217, tra di loro 101 bambini. Il lancio di “aiuti” dal cielo ha causato in un mese 23 uccisi e 124 feriti. Gli ospedali non vengono risparmiati dai bombardamenti israeliani. Soprattutto dove si trovano dei giornalisti. L’ingresso principale dell’ospedale Shifà di Gaza città è stato bombardato ieri. 5 uccisi, anzi assassinati, perché l’attacco era mirato a colpire un gruppo di giornalisti che hanno issato una loro tenda, dove lavoravano e dormivano per poter informare il mondo sui crimini di Netanyahu. Il rappresentante dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari a Ginevra ha dichiarato: “Non si tratta più di una crisi alimentare imminente, ma di una vera e propria carestia a Gaza. Gli orrori potrebbero aggravarsi con l’espansione delle operazioni militari israeliane a Gaza. Le linee di assistenza stanno crollando mentre continuano gli attacchi militari, gli sfollamenti e la carenza di aiuti umanitari”. Giornalisti nel mirino Assassinati in un attacco mirato 4 giornalisti e operatori dell’informazione palestinesi. È stata presa di mira la loro tenda all’ingresso dell’ospedale Shifà con un missile lanciato da un drone israeliano. Sono Anas Al-Sharif e Mohammed Grei’, corrispondenti di Al-Jazeera e i due cameraman Ibrahim Dhaher e Mohammed Nofal. Israele impedisce ai giornalisti stranieri (anche israeliani) di seguire i fatti della guerra in corso, in modo indipendente, e nello stesso tempo uccide in modo sistematico e deliberato i giornalisti palestinesi. Sono 239 i giornalisti assassinati a Gaza. Un numero che supera il totale delle vittime dell’informazione in tutti gli altri conflitti in corso. Israele vuole nascondere la verità sul genocidio che sta compiendo a Gaza. Lutto nello sport palestinese Suleiman al-Obeid era un calciatore palestinese, assassinato dall’esercito israeliano lo scorso mercoledì, mentre stava attendendo gli “aiuti umanitari” in uno dei centri trappola della società mercenaria, GHF. Era noto con l’appellativo di “Pelè palestinese”. In due anni di aggressione, Israele ha ucciso 660 sportivi palestinesi, tra di loro 325 calciatori. Il mondo dello sport mondiale ha voltato la faccia dall’altra parte e continua ad ospitare squadre israeliane. In un gesto di ipocrisia, la Uefa ha pubblicato sui social un commiato per Al-Obeid: “Addio a Suleiman al-Obeid, il ‘Pelé palestinese’. Un talento cha aveva dato speranza ad un gran numero di bambini, anche nei momenti più bui”. Un commiato che non cita in nessun modo le condizioni della dipartita di al-Obeid. Il giocatore egiziano, Mohammed Salah ha chiesto retoricamente alla Uefa: “potete raccontarci come è morto, dove e perché?”. In Italia, si sta organizzando il boicottaggio alla partita It-Is del 14 ottobre 2025 a Udine. ONU Una riunione del consiglio di sicurezza a vuoto. Tutti i rappresentanti di 14 paesi membri hanno condannato la decisione del governo israeliano a rioccupare Gaza, ma gli USA hanno vanificato tutto il lavoro a causa del loro sostegno incondizionato al genocidio in corso. Il delegato russo è arrivato a bollare le azioni del governo israeliano come la continuazione dell’olocausto nazista: “da 20 anni i palestinesi di Gaza sono rinchiusi in un ghetto e adesso si ricorre alla pulizia etnica”. Toni diversi sulla valutazione della decisione di Netanyahu: per la GB è una decisione sbagliata; la Francia ha condannato il tentativo di rioccupazione che porterà alla cacciata di due milioni di palestinesi; il rappresentante algerino ha condannato l’azione criminale israeliana che mira “all’uccisione e deportazione dell’intera popolazione palestinese; non è bastata loro l’uccisione di 18 mila bambini”. È stata letta una dichiarazione congiunta di 5 paesi europei, Regno Unito, Danimarca, Francia, Grecia e Slovenia: “Condanniamo la decisione di Israele di espandere le sue operazioni militari a Gaza; il piano di Israele di espandere le operazioni minaccia di violare il diritto internazionale umanitario”. Israele Il 17 di questo mese le famiglie dei soldati rapiti hanno annunciato un’azione volta a paralizzare l’economia israeliana, senza peraltro entrare nei dettagli della protesta. Sarà organizzato uno sciopero generale e blocchi stradali. Il ricercato dalla Corte Penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità, invece, ha svolto due conferenze stampa piene di bugie e falsità. “Andremo avanti perché solo noi sappiamo difendere la nostra sicurezza. Chi si oppone alla nostra politica è un sostenitore di Hamas. Agiremo per la liberazione degli ostaggi, con il coraggio dei nostri soldati… Non c’è fame a Gaza. La responsabilità è dell’ONU che non è capace di distribuire gli aiuti…”. Un delirio di onnipotenza Discorso pieno di falsità e minacce: Netanyahu è arrivato a minacciare di denunciare penalmente il NY Times, per le notizie pubblicate sulla fame e l’uccisione dei bambini a Gaza. Il discorso rabbioso è un segno della sua disperazione, nel timore di perdere la poltrona. Iraq Il procuratore generale di Baghdad ha annunciato che una cellula di Daiesh (ISIS) formata da 23 elementi ha tentato di avvelenare il cibo offerto ai pellegrini sciiti mentre si sarebbero recati a piedi fino a Kerbelaa, la prossima settimana. Il veleno sarebbe stato messo nei pentoloni delle cucine da campo. Tra gli arrestati vi è un giovane laureato in biologia, specializzato nei veleni, che avrebbe confessato il suo ruolo nel gruppo. Secondo la procura, se il piano fosse andato in porto, avrebbe causato la morte di migliaia di persone. La ricorrenza, infatti, attira milioni di pellegrini sciiti, soprattutto dall’Iran. Secondo il procuratore, molti degli arrestati sono giovani che si sono radicalizzati su Internet, attirati da messaggi mandati sui social da donne jihadiste. Solidarietà in Italia con la Palestina Una domenica delle mille piazze a favore della Palestina. Sit-In, flash-mob, performance, digiuni in piazza, bandiere palestinesi sulle spiagge. È un fiume in piena per svegliare il governo delle destre e indurlo a riconoscere lo Stato di Palestina e a bloccare l’export di armi a Israele. In molti comuni italiani sono stati votati dai consigli locali delle mozioni di solidarietà con il popolo palestinese vittima del genocidio. Dopo il ricorso di AVS, anche Sanitari per Gaza hanno deciso di avanzare un ricorso alla Corte Penale int. per le responsabilità del governo italiano nei crimini di guerra a Gaza. Ogni giorno in piazza del Duomo di Milano, dal 16 giugno, si tiene un flash-mob silenzioso con lettura di poesie contro il genocidio compiuto da Israele a Gaza. Di tutte le mobilitazioni e iniziative per la Palestina, molta stampa non ha dato informazioni. Sciopero della fame a staffetta contro il genocidio Siamo entrati nella tredicesima settimana di Digiuno x Gaza, l’iniziativa lanciata a maggio da Anbamed. Oggi, lunedì 11 agosto, prosegue per la 87a giornata l’azione nonviolenta di sciopero della fame. Sudan Si muore di fame a el-Fasher, nel Darfur. Sono 63 le persone morte per fame nell’ultima settimana. La città è assediata da due anni dalle milizie di Pronto Intervento (RSF) guidate dall’ex venditore di cammelli diventato generale grazie al militarismo dei capi dell’esercito, suoi attuali antagonisti. Militarmente, le RSF sono in difficoltà dopo aver perso il controllo sulla capitale Khartoum, ma continuano a controllare il Darfur, con una sistematica operazione di pulizia etnica. Contano sull’arruolamento di mercenari e sui finanziamenti degli Emirati Arabi. Recentemente, l’aeronautica sudanese ha abbattuto un aereo proveniente da Abu Dhabi carico di armamenti e 40 mercenari colombiani. ANBAMED
Fiaccolata contro il business delle armi davanti alla fabbrica di bombe di Domusnovas/Iglesias
Pubblichiamo il comunicato stampa sulla manifestazione odierna che si svolgerà davanti alla fabbrica di armi RWM di Domusnovas/Iglesias, diffuso dalle associazioni organizzatrici dell’evento. APPELLO PER LA PACE E IL DISARMO –  Fiaccolata contro il business delle armi Venerdì 1° agosto 2025, ore 19:00, davanti alla fabbrica di bombe RWM di Domusnovas/Iglesias Appello alla Giunta Regionale, ai Decisori politici, ai Sindaci, ai Sindacati, ai Vescovi della Sardegna e ai Rappresentanti di tutte le Religioni, a tutti i Movimenti e Associazioni che lottano contro il riarmo e hanno a cuore la Pace. Appello ai giovani, alle lavoratrici e lavoratori, alle associazioni imprenditoriali di categoria, alle donne e agli uomini di buona volontà. Noi, donne e uomini della Confederazione Sindacale Sarda (CSS), di Sardegna Pulita, di DonneAmbienteSardegna, di Assotziu Consumadoris de Sardigna, di Medicina Democratica, dell’Ufficio Studi G. Maria Angioy, di Liberi Agricoltura Sardegna e di CASCOM-Impresas de Sardigna, dinanzi alla grave situazione di pericolo nella quale è precipitato il Mondo dilaniato da ben 56 guerre senza fine; dinanzi all’insensata e sanguinosa guerra in Ucraina, al genocidio del Popolo Palestinese, all’occupazione delle terre di Cisgiordania, ai continui e incessanti bombardamenti sui civili inermi, sulle donne, sui bambini e sugli anziani; Facciamo appello alla sensibilità delle parti in conflitto e ai Potenti della Terra perché cessi immediatamente questa carneficina, causata dalle guerre che mai potranno portare la Pace. La corsa folle al riarmo, il ricorso alla produzione di armi sempre più sofisticate e potenti spingono gli Stati e i Governi a più odio, a strage di innocenti e distruzione. La Sardegna da Isola di Pace da – la cui Capitale Cagliari è insignita di medaglia d’oro al valore civile per le tragiche morti e distruzioni del 1943, causati dai bombardamenti degli alleati anglo-americani – è diventata la base per massicce esercitazioni di tutti gli eserciti del mondo, che sperimentano sui nostri territori moderne strategie di guerra, testando nuovi ordigni ed armi tecnologicamente più avanzate e potenti. La Sardegna ha nel suo territorio ben 4 poligoni (basi militari) e una Scuola per l’addestramento dei piloti nazionali ed internazionali sui cacciabombardieri F-35. Noi Sardi denunciamo che nel nostro territorio, a pochi passi dalle nostre case, a Domusnovas/Iglesias vi è la fabbrica di bombe e di ordigni mortali RWM/RHEINMENTALL/ITALIA, per la quale da anni si chiede con determinazione che venga riconvertita ad usi civili. L’alternativa a queste lavorazioni di morte è possibile, e c’è! Facciamo Appello perché la Giunta Regionale, i Decisori politici e i Sindaci dei Comuni del Sulcis/Iglesiente mettano in atto piani di sviluppo del territorio per garantire posti di lavoro alternativi alla costruzione di ordigni di morte. Ciò è possibile se c’è la volontà politica, e se prevale l’unità e l’impegno per la pace ed il disarmo. Per questo motivo stiamo organizzando una grande fiaccolata, alla quale vi invitiamo a partecipare, davanti ai cancelli della fabbrica di bombe RWM di Domusnovas, VENERDÌ 1 AGOSTO 2025  alle ore 19:00. Un’iniziativa senza simboli partitici, ma solo dei movimenti partecipanti con le bandiere della pace. La serata sarà accompagnata da momenti di riflessione, letture di brani, poesie e preghiere, canzoni e musica. Gli organizzatori   Redazione Sardigna