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Procede, con lentezza, il processo di pace in Turchia.
Seppure con lentezza e fra mille difficoltà procede il processo di pace fra Stato turco e PKK, nel frattempo purtroppo la repressione non smette di mordere. In questo contesto, si sono tenute lo scorso mese le elezioni generali a Cipro nord che hanno visto il trionfo del candidato di centro-sinistra e la sconfitta cocente, abbastanza a sorpresa, dell'uomo di Erdogan nell'isola. Ci propone il quadro della situazione Murat Cinar
Il PKK annuncia il ritiro definitivo delle proprie forze dalla Turchia
Il PKK ha compiuto un altro passo unilaterale, conseguente alla chiamata al disarmo effettuata da Ocalan e la successiva risoluzione di scioglimento del proprio congresso: dopo la cerimonia simbolica di distruzione delle armi dello scorso luglio1, il 26 ottobre le Forze di Difesa del Popolo (HPG) e l’Unità delle Donne […] L'articolo Il PKK annuncia il ritiro definitivo delle proprie forze dalla Turchia su Contropiano.
Ricostruire il PKK nel mezzo del caos del nuovo ordine mondiale
Nella spirale caotica della violenza nel mondo l’emergere di un nuovo attore capace di rispondere al bisogno di pace e libertà dei popoli è diventato inevitabile. Qualunque sia il suo nome o la sua forma, una cosa è certa: la ricostruzione del PKK è iniziata. Il mondo si trova alle soglie di un periodo critico, in cui violenza e caos sono sempre più normalizzati e i segni del crollo delle civiltà moderne sono evidenti. Eppure, oggi, la violenza non è prodotta solo dal rombo degli aerei da guerra o dal rumore dei carri armati, ma anche dall’intorpidimento delle menti, dalla cancellazione della memoria e dalla pacificazione delle società. Una citazione attribuita al filosofo tedesco Günther Anders descrive in modo sorprendente questa nuova forma di controllo: “Per reprimere preventivamente qualsiasi ribellione, non c’è bisogno di ricorrere alla violenza. Metodi arcaici come quelli di Hitler sono ormai obsoleti. Abbassare il livello di istruzione, trasformare l’accesso alla conoscenza in un privilegio d’élite e distrarre le masse con intrattenimento senza fine e intossicazione da consumi. In questo modo, l’ebbrezza della pubblicità e del consumo diventa lo standard della felicità umana e il modello di libertà. Oggi, lo stesso quadro si ripete: la violenza non opera attraverso la proibizione diretta, ma attraverso il vuoto e l’oblio. Alle società viene costantemente detto “è finita”, i legami con la memoria vengono recisi e le volontà sono costrette ad arrendersi. A questo punto riecheggiano nella nostra mente le parole del poeta francese Charles Baudelaire: “Il più grande trucco del diavolo è convincerti che non esiste”. La decisione del PKK di sciogliersi al suo 12° Congresso è stata interpretata da molti come una “fine”. Eppure, questo non è altro che un trucco per nascondere la verità. Se un’epoca può essersi chiusa, ciò non significa che il bisogno di libertà dei popoli sia finito. Al contrario, l’ampiezza del vuoto rende inevitabile una nuova domanda: la ricostruzione del PKK? Il concetto di “vuoto” è stato ampiamente discusso in concomitanza con lo scioglimento del PKK. Eppure la verità è questa: la storia del PKK è sempre stata quella di colmare un vuoto, affermando la verità contro l’inesistenza. Fin dalla sua fondazione, ha respinto la negazione imposta al popolo curdo, ha reso visibile l’invisibile, ha dato voce a chi era stato messo a tacere e ha ampliato l’eredità che aveva ereditato. Oggi il PKK è più di un’organizzazione disciolta: è una verità storica che dura da mezzo secolo e una fiamma eterna di resistenza. Dal congresso di fondazione del 1978 alla decisione di scioglimento del 2025, ogni congresso ha rappresentato la ricostruzione di questa verità in forme diverse. Il ritorno nel paese e l’inizio della lotta di guerriglia nel 1982, l’approfondimento ideologico e la dichiarazione dell’ARGK nel 1986, il Congresso di Heftanîn del 1990 come congresso di guerriglia, la riforma del 1995, la rinascita nonostante la cospirazione internazionale del 1999, il “congresso di costruzione” del 2005 su un nuovo paradigma, l’istituzionalizzazione della linea della Nazione Democratica nel 2013 e, infine, lo scioglimento del 2025, hanno tutti risposto alle profonde crisi del loro tempo e sono stati processi di ricostruzione. Pertanto la domanda che dobbiamo porci oggi è: lo scioglimento è davvero una fine o la rinascita di una verità storica in un’altra forma? Lo scioglimento del PKK viene presentato come una fine; ma la realtà è che continua a vivere come speranza nella coscienza e nella memoria del popolo. Il concetto di “generazione” di Ibn Khaldun, sviluppato nella Muqaddimah e ripreso da studiosi di sociologia e storia tra cui Hamit Bozarslan, è significativo per comprendere la dimensione temporale della trasformazione sociale e politica. Secondo lui la vita di una comunità o di una dinastia dura circa tre generazioni, ciascuna della durata media di quarant’anni, portando la durata naturale del potere politico a circa 120 anni. In questo ciclo, la prima generazione rappresenta la fondazione, la lotta e la solidarietà; la seconda generazione gode dei benefici del potere acquisito; e la terza generazione, scollegata dalla memoria della lotta, tende alla dissoluzione. Ibn Khaldun illustra questo concetto con gli Israeliti: la comunità ebraica guidata da Mosè, portando con sé le tracce della schiavitù, non poté entrare direttamente nella “terra promessa” e vagò nel deserto per quarant’anni. La generazione che aveva sperimentato la schiavitù perì nel deserto, sostituita da una nuova generazione nata libera. Qui “generazione” non è semplicemente una categoria biologica, ma portatrice di memoria sociale e coscienza politica. Perché si verifichi una trasformazione sociale, almeno una generazione deve cambiare. Applicando questo concetto alla Turchia, il processo di cambio di regime può essere visto come un governo che si avvicina alla fine di un ciclo generazionale, nel tentativo di integrare le dinamiche sociali esistenti nel suo quadro. Le apparenti divisioni tra CHP, MHP e AKP sono, in realtà, parte di una strategia volta a tenere sotto controllo tutti gli elementi del regime. Come osserva Ibn Khaldun, le trasformazioni sociali maturano nel corso di un ciclo generazionale. In questo processo, l’accumulazione morale e sociale sviluppata dal Movimento per la Libertà del Kurdistan nel corso di decenni non può essere integrata in immagini negoziali fuorvianti. Qui, la distinzione morale, la resistenza intergenerazionale e la memoria sociale giocano un ruolo decisivo. Le apparenti divisioni tra CHP, MHP e AKP sono, in realtà, parte di una strategia volta a tenere sotto controllo tutti gli elementi del regime. Come osserva Ibn Khaldun, le trasformazioni sociali maturano nel corso di un ciclo generazionale. In questo processo, l’accumulazione morale e sociale sviluppata dal movimento di liberazione del Kurdistan nel corso di decenni non può essere integrata in immagini negoziali fuorvianti. Qui, la distinzione morale, la resistenza intergenerazionale e la memoria sociale giocano un ruolo decisivo. Pertanto, gli sforzi per un cambio di regime non dovrebbero essere visti semplicemente come divisioni tattiche superficiali, ma devono essere valutati alla luce di queste differenze generazionali e morali. In definitiva, ci troviamo di fronte a una Turchia al collasso economico, politico e morale, e a un Kurdistan in piena ascesa. Cosa significa ricostruzione? Lo scioglimento del PKK non è una fine; è la rinascita di una verità storica in nuove forme. Ma questa rinascita non può essere una mera ripetizione nostalgica. “Ricostruire il PKK” significa adattare la sua eredità cinquantennale alle caotiche condizioni del mondo odierno e ricostruirlo su un piano politico, sociale e morale più avanzato. La richiesta di libertà e di pace non può essere distrutta Lo scioglimento del PKK non elimina il bisogno di libertà del popolo. Finché il popolo curdo, le donne e gli oppressi manterranno la propria volontà, questa rivendicazione si riorganizzerà sotto un’altra organizzazione, forma o nome. La storia ci insegna che, come le leggi della natura, la volontà del popolo non ammette vuoti. L’eredità morale porterà il nuovo attore La più grande eredità del PKK non risiede nei suoi successi militari o politici, ma nel fondamento morale della sua resistenza e nei suoi valori rivoluzionari. Le conquiste militari e politiche sono spesso temporanee e contingenti. La consapevolezza di dover la vita al popolo, all’eredità dei martiri e la linea della libertà delle donne: questa eredità morale costituisce la base per la ricostruzione. La soggettività strategica è essenziale I curdi non devono più essere una mera merce di scambio sul tavolo degli altri; devono costruirne una loro. Questa equazione, sempre persa nei negoziati asimmetrici, cambia solo quando i curdi stabiliscono un proprio orizzonte strategico. La ricostruzione richiede soggettività diplomatica, infrastrutture economiche e istituzionali e l’integrità di una visione sociale. La diaspora, le donne e i giovani sono i pionieri di questo processo Nel XXI secolo, la lotta per la pace e la democrazia emerge non solo a livello nazionale, ma anche attraverso le voci della diaspora. La linea di libertà creata dalle donne, il dinamismo dei giovani, l’influenza internazionale della diaspora e l’esperienza e la conoscenza accumulate: tutte e tre queste fonti sono essenziali per la ricostruzione. L’orizzonte della Nazione Democratica è la strada da seguire La paradigmatica trasformazione del PKK nel confederalismo democratico offre un modello di soluzione nel caos mediorientale, un modello non solo per i curdi, ma per tutti i popoli della regione. Oggi, la ricostruzione significa istituzionalizzare questo orizzonte e creare meccanismi per portarlo dal livello locale a quello universale. In conclusione, lo scioglimento del PKK non è la fine di una storia, ma l’inizio di una nuova era. Nella spirale caotica della violenza globale, l’emergere di un nuovo attore che risponda alla richiesta di pace e libertà dei popoli è diventato inevitabile. Qualunque sia il suo nome, la sua forma o ciò che chiunque altro dice, una verità assoluta e innegabile rimane: la ricostruzione del PKK è iniziata. di   HÜSEYIN SALIH DURMUŞ L'articolo Ricostruire il PKK nel mezzo del caos del nuovo ordine mondiale proviene da Retekurdistan.it.
Il PKK brucia le armi e attua il suo disarmo: e ora?
Le fiamme che hanno avvolto i mitra ieri mattina nella valle montuosa di Jasana, nel nord dell’Iraq, hanno illuminato non solo una cerimonia simbolica, ma un momento decisivo per un intero popolo. Davanti agli occhi di funzionari turchi, iracheni e curdi, trenta combattenti del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) […] L'articolo Il PKK brucia le armi e attua il suo disarmo: e ora? su Contropiano.
L’annuncio e la “cerimonia dell’addio alle armi” del PKK
Il 9 luglio dalla prigione di Imrali l’annuncio di Ocalan della “consegna” delle armi; ieri 11 luglio nel territorio di Suleimaniye (in curdo”Silemani”: kurdistan irakeno) l’atto simbolico, testimoni osservatori e media internazionali. Ulteriore e conseguente gesto inteso ad accelerare la novità rilevante del processo politico in corso in Turchia, che parallelamente procede con la “Commissione dei 35” nominata per dirimere il percorso, intanto vagliando le singole proposte dei partiti che siedono in Parlamento, per poi trovare il consenso su un testo di legge da far votare in Parlamento che legittimi il “processo di pace e democrazia”, con l’acquisizione di diritti per tutte le minoranze e la popolazione della Turchia. L’11 luglio, in una localita’ a 50 km da Suleimaniye, c’è stata la “cerimonia dell’addio alle armi”, con la quale 30 guerriglieri del PKK (15 uomini e 15 donne, tra cui 4 storici comandanti) dopo la lettura di una dichiarazione hanno deposto le armi in un braciere, dandogli fuoco. Subito dopo hanno ripreso la “via della montagna”, in attesa che il Parlamento turco voti la legge che consenta a tutte/i le/i combattenti di ritornare senza essere arrestati. Il significato di questo gesto propositivo, avvenuto in presenza di numerose delegazioni coinvolte nel percorso di “pace e democrazia in Turchia e Medio Oriente”, è altamente esemplificativo per la ricomposizione dei numerosi conflitti in corso, e ancor più per il valore della “pace” divenuto desueto di fronte all’incalzare della guerra a carattere mondiale, oltremodo accentuato dal riarmo Nato e Ue. L’ultradecennale esperienza del Rojava, la vincente realizzazione del “confederalismo democratico” vissuta attraverso la coesistenza pacifica tra etnie-religioni-generi-natura, contro i massacri e l’ideologia della guerra, ha supportato le odierne decisioni del PKK: un felice esempio dell’esito delle rivoluzioni, quando il loro fine è l’elevazione della coscienza umana, il benessere sociale e la fratellanza universale. Giorni-mesi intensi e febbrili a cui contribuiremo, per far conoscere ed appassionare a questo sensibile processo di pace e democrazia, mentre continuiamo a contrastare i disegni guerrafondai e liberticidi di Putin, Trump, Khamenei, Netanyahu… VERSO LA MODERNITÀ DEMOCRATICA, LIBERTÀ PER OCALAN, LIBERE|I TUTTE|I, PACE E DEMOCRAZIA IN TURCHIA E OVUNQUE! (V. M.) Dichiarazione  integrale del ” Gruppo per la pace e la società democratica” Al nostro popolo e all’opinione pubblica In qualità di membri del “Gruppo per la pace e la società democratica”, costituito per accelerare il processo di cambiamento e trasformazione democratica, salutiamo rispettosamente voi e tutti coloro che assistono alla nostra storica iniziativa democratica. Per difendere l’esistenza dei curdi dalle offese di negazione e annientamento, noi, come combattenti per la libertà, uomini e donne, ci siamo uniti al Partito dei Lavoratori del Kurdistan, in tempi diversi, e abbiamo combattuto per la libertà in diverse regioni. Ora siamo qui per rispondere all’appello che il leader del popolo curdo, Abdullah Öcalan, ha lanciato il 19 giugno 2025. Il nostro arrivo qui si basa, allo stesso tempo, sull’appello che il leader Abdullah Öcalan ha lanciato in precedenza il 27 febbraio 2025 e sulle risoluzioni del 12° Congresso del Pkk, riunitosi dal 5 al 7 maggio 2025. Per garantire il successo pratico del processo “Pace e Società Democratica”, per condurre la nostra lotta per la libertà, la democrazia e il socialismo con metodi di politica legale e democratica sulla base della promulgazione di leggi per l’integrazione democratica, distruggiamo volontariamente le nostre armi, davanti alla vostra presenza, come passo di buona volontà e determinazione. Ci auguriamo che questo passo porti pace e libertà e abbia esiti favorevoli per il nostro popolo, per i popoli della Turchia e del Medio Oriente e per tutta l’umanità, in particolare per le donne e i giovani. Concordiamo pienamente con le osservazioni del leader Abdullah Öcalan che ha affermato: “Non credo nelle armi, ma nel potere della politica e della pace sociale e vi invito a mettere in pratica questo principio”. Siamo molto orgogliosi e onorati di fare ciò che è necessario per questo principio storico. Come sapete, le cose non sono avvenute con facilità, a costo zero e senza lottare. Al contrario, tutti i guadagni sono stati ottenuti a caro prezzo, lottando con le unghie e con i denti. E ciò che seguirà avrà sicuramente bisogno di lotte serrate. Siamo ben consapevoli di questo fatto e, con l’obiettivo di garantire ulteriori conquiste democratiche, crediamo fermamente nell’intuizione e nel paradigma del leader Abdullah Öcalan e confidiamo in noi stessi e nel potere collettivo della nostra comunità di compagni. Alla luce della crescente pressione fascista e dello sfruttamento in tutto il mondo e dell’attuale bagno di sangue in Medio Oriente, il nostro popolo ha più che mai bisogno di una vita pacifica, libera, equa e democratica. In questo contesto sentiamo e comprendiamo appieno la grandezza, la rettitudine e l’urgenza del passo che abbiamo compiuto. Ci auguriamo che tutti, i giovani e le donne, i lavoratori e le lavoratrici, le forze socialiste e democratiche, tutti i popoli e l’umanità osservino, comprendano e apprezzino il valore storico del nostro passo per la pace e la democrazia. Facciamo appello alle forze regionali e globali responsabili delle sofferenze del nostro popolo affinché rispettino i più legittimi diritti democratici e nazionali del nostro popolo e sostengano il processo di “Pace e Società Democratica”. Facciamo appello a tutti i popoli, ai circoli socialisti e democratici, agli intellettuali, agli scrittori, agli accademici, agli avvocati, agli artisti e ai politici affinché comprendano correttamente il nostro passo storico e siano solidali con il nostro popolo. Li invitiamo inoltre a partecipare più attivamente alla lotta per la libertà fisica del leader Abdullah Öcalan e per la soluzione democratica della questione curda, nonché a sviluppare e rafforzare la lotta e la solidarietà internazionale democratica e socialista. Invitiamo il nostro popolo e le sue forze politiche a comprendere correttamente le caratteristiche di questo processo storico di “Pace e Società Democratica” sviluppato da Leader Apo, ad assolvere con successo i propri doveri e responsabilità in campo educativo, organizzativo e operativo e a sviluppare la vita democratica. L’oppressione e lo sfruttamento finiranno; la libertà e la solidarietà prevarranno. Il processo di “Pace e Società Democratica” avrà sicuramente successo. 11 luglio 2025, Il Gruppo per la pace e la società democratica Redazione Italia
Pkk abbandona le armi, le reazioni politiche in Turchia
Ieri a Sulaymaniyah abbiamo assistito alla deposizione delle armi da parte delle e dei militanti del Pkk a Sulaymaniyah, cerimonia simbolica della terza fase del processo di disarmo e smantellamento in corso, iniziato nell'ottobre 2024, ribadito nel febbraio 2025 da un messaggio di Ocalan da carcere di Imrali dove è rinchiuso da 26 anni e poi ancora dal video-messaggio dalla stessa prigione dove abbiamo potuto dopo decenni rivedere Apo. Murat Cynar, giornalista riassume le tappe e poi dà un quadro delle reazioni politiche in Turchia. Dopo la corrispondenza riceviamo la notizia che Erdoğan ha riconosciuto i crimini contro l'umanità commessi dallo Stato turco contro il popolo curdo:   * Il massacro e la tortura dei curdi nella prigione di Diyarbakır.  * L'incendio di villaggi.  * Gli omicidi perpetrati con il "Taurus Bianco".  * Le sparizioni forzate.  * Il divieto imposto alle persone di parlare curdo con i propri familiari.
Il disarmo del PKK: un deciso cambio di paradigma
Partecipando con la delegazione della Confederazione COBAS alla “Conferenza internazionale per una soluzione pacifica alla questione kurda che ponga fine all’isolamento” svoltasi l’1 e 2 luglio a Istanbul, ho toccato con mano l’avanzato processo politico iniziato con “l’appello per la pace e una società democratica” lanciato dal presidente Abdullah Öcalan il 27 febbraio 2025 scorso. Il clima politico che abbiamo trovato a Istanbul però non è stato quello migliore. Arrivati il 30 giugno a piazza Taxim, percorrendo nel dopocena la centralissima via Istanbul, ci siamo imbattuti in una nutrita manifestazione di estremisti islamisti che al grido “Allah Akbar” assediavano la sede del settimanale satirico turco “Leman”, colpevole di avere pubblicato una vignetta nel numero del 26 giugno dove Maometto e Mosè sono sospesi nell’aria tra una pioggia di bombe, sullo sfondo di una città in fiamme. Maometto saluta Mosè con un tipico saluto musulmano (Selam Aleykum) e Mosè risponde con un tipico saluto ebraico (Aleikhem Shalom), mentre i due si stringono la mano. Offesa grande, sacrilegio! Gli islamisti, armati di oggetti contundenti, hanno tentato di forzare la porta dell’edificio che ospita la redazione del giornale satirico, nel centro della città, rompendo le finestre con pietre e bastoni. Ma all’arrivo della polizia non sono gli assalitori islamisti che vengono arrestati, bensì l’autore della vignetta e altri tre giornalisti, fra cui il responsabile della testata e due capiredattori. Il ministro dell’Interno, Ali Yerlikaya annunciando l’arresto dei giornalisti ha affermato: “Maledico ancora una volta coloro che cercano di seminare l’ipocrisia dipingendo caricature del nostro Profeta”. Il ministro turco della Giustizia, Ylmaz Tunc, ha dichiarato: “La mancanza di rispetto per le nostre convinzioni non è mai accettabile”. La Procura generale di Istanbul ha avviato un’indagine giudiziaria per il reato di “offesa pubblica ai valori religiosi”, ai sensi dell’articolo 216 del codice penale turco. La tragica storia del settimanale francese Charlie Hebdo, anche se fortunatamente meno cruenta, si ripete. La zona di Galata per i giorni successivi è stata presidiata da centinaia di poliziotti e soldati in assetto di guerra con fucile mitragliatore in mano. Le strade sono state transennate con alte grate metalliche per contenere il passaggio dei pedoni. Lo Stato turco marca la sua tendenza islamista radicale e si mostra come stato di polizia. Questo il clima in cui si sono tenuti i lavori del “Summit internazionale per una soluzione pacifica alla questione kurda che ponga fine all’isolamento”. Al summit hanno partecipato una quarantina di politici, attivisti, sindacalisti giunti da diverse parti d’Europa e del resto del Pianeta. In tanti abbiamo sottoscritto la richiesta di incontrare il Presidente Öcalan presso il carcere di massima sicurezza nell’isola di Imrali nel mar di Marmara. La conferenza è stata seguita dai maggiori mass media turchi che hanno evidenziato l’importanza per tutta la società turca del processo di pacificazione messo in atto dal PKK. Il partito DEM (Halkların Eşitlik ve Demokrasi Partisi – Partito dell’Uguaglianza e della Democrazia dei Popoli), l’organizzatore della conferenza, è stato rappresentato dal suo attuale copresidente Tuncer Bakırhan e dalla vice presidente Ebrû Gunay. In un contesto, come quello Medio Orientale, incendiato dalle guerre, segnato dal genocidio del popolo palestinese, dall’integralismo islamico e dall’estremismo intollerante e genocida sionista, la decisione di porre fine, dopo ben 41 anni, alla lotta armata in Turchia rappresenta un chiaro segnale di svolta rivoluzionaria per spingere la società turca verso una vera democratizzazione e il rispetto di tutte le minoranze etniche. La decisione del PKK di deporre le armi può disarticolare i giochi di guerra e di sopraffazione e avviare un processo che può essere d’esempio per la risoluzione dei conflitti che incendiano quella parte del Mondo. I delegati internazionalisti presenti alla conferenza hanno redatto una risoluzione comune che sostiene l’appello “per la pace e una società democratica” e che vede nel Confederalismo Democratico la strada maestra per costruire una società libera dal patriarcato, dall’intolleranza religiosa, dal modernismo capitalista, e svincolata dallo Stato Nazione. Il PKK sta facendo la sua parte, ora tocca al Governo e al parlamento di Ankara fare i passi necessari per la pacificazione partendo dalla liberazione di tutti i detenuti politici, a partire dal presidente Öcalan. La conferenza di Istanbul ha dato un’accelerazione al processo di pace e di trasformazione democratica dell’intera Turchia. Il 9 luglio dalla prigione di Imrali il Presidente Abdullah Öcalan ha ufficialmente annunciato l’inizio della “consegna” delle armi da parte del PKK. Öcalan ha affermato che verrà messo in pratica “rapidamente” il disarmo del Partito dei Lavoratori del Kurdistan, “I dettagli del disarmo saranno definiti e attuati rapidamente”. Già dall’11 luglio in IRAQ del nord, nel territorio di Suleimaniye (Kurdistan iracheno), è iniziato l’atto emblamatico, con la presenza di testimoni, osservatori e media internazionali, della consegna delle armi da parte di venti combattenti del PKK. Si tratta ovviamente di un gesto simbolico che mira ad accelerare il processo politico in corso fra PKK e Governo turco. Il gesto plateale da parte del PKK tende ad accelerare il dibattito all’interno del Parlamento di Ankara per arrivare ad un largo consenso sul testo di legge che legittimi il “processo di pace e democrazia”. Il processo di pace in Turchia è stato avviato in autunno 2024 su spinta del partito Mhp, forza di estrema destra alleata del presidente Erdogan. Successivamente, il processo di pace è stato sostenuto da altri partiti turchi, tra cui lo stesso Akp di Erdogan e dalle principali forze di opposizione, ovvero il Chp (partito repubblicano Kemalista) e il Dem. “La fase raggiunta richiede l’adozione di nuove misure concrete”, ha detto il leader curdo imprigionato, a proposito del processo di pace che ha portato allo scioglimento del Pkk e facendo riferimento a un ruolo che dovrà avere il Parlamento per sviluppare una risoluzione della questione curda in Turchia. Il Partito di Erdogan (Akp), ha reso noto che dopo l’inizio del processo di disarmo del PKK, entro l’estate ci potrebbe essere la costituzione della commissione parlamentare per la pacificazione. L’11 luglio a Suleimaniye il ‘Gruppo per la Pace e la Società Democratica’, formato per accelerare il processo di Cambiamento e Trasformazione Democratica, ha presenziato alla cerimonia del disarmo e della distruzione delle armi da parte dei combattenti del PKK. “Per garantire il successo pratico del processo di Pace e Società Democratica, per condurre la nostra libertà, democrazia e lotta socialista con metodi di politica legale e democratica sulla base dell’emanazione di leggi per l’integrazione democratica, distruggiamo volontariamente le nostre armi, davanti a voi, come passo di buona volontà e determinazione. Ci auguriamo che questo passo porti pace e libertà e abbia esiti propizi per il nostro popolo, per il popolo della Turchia e del Medio Oriente e per tutta l’umanità, in particolare per le donne e i giovani. […] Data la crescente pressione fascista e lo sfruttamento in tutto il mondo e l’attuale bagno di sangue in Medio Oriente, il nostro popolo ha più che mai bisogno di una vita pacifica, libera, equa e democratica. In un simile contesto sentiamo e comprendiamo pienamente la grandezza, la rettitudine e l’urgenza del passo che abbiamo compiuto.” In un contesto internazionale segnato da guerre, distruzioni, stragi di civili inermi, dall’Ucraina, al Sahel, alla martoriata Palestina, nel tempo in cui Europa e Nato si riarmano per sostenere guerre presenti e future, in un quadro di scontro fra potenze imperialiste globali (USA, Russia, Cina) e potenze territoriali (Turchia, Israele, Iran), con leader guerrafondai come Putin, Trump, Khamenei, Netanyahu, von der Leyen, la politica “per la pace e una società democratica” lanciata con l’appello di Ocalan rappresenta un deciso cambio di paradigma, una reale rivoluzione che va sostenuta dalla comunità internazionale dei partigiani della pace e della democrazia.     Renato Franzitta
PKK, in corso la consegna delle armi
E' in corso proprio in queste ore la consegna delle armi da parte del PKK in presenza di osservatori internazionali, come annunciato anche dal presidente del PKK Abdullah Ocalan in un messaggio reso pubblico due giorni fa.
La svolta storica di Ocalan
Ocalan chiama all’integrazione della lotta curda nella politica turca Il 9 luglio è stata rilasciata una dichiarazione video1 definita storica da parte del leader curdo Abdullah Öcalan, che, esprimendosi in lingua turca, ribadisce ed approfondisce l’invito allo scioglimento del PKK da lui formulato a febbraio. Sostanzialmente, Apo invita ad implementare […] L'articolo La svolta storica di Ocalan su Contropiano.
Ocalan: “Il movimento di liberazione curdo non si faccia usare da Israele”
Riportiamo un articolo della testata Middle East Eye, che sostiene di aver intercettato alcuni documenti relativi alle comunicazioni fra Ocalan e gli esponenti del Partito della sinistra turca incaricato di mediare nell’ambito del processo di pace fra stato turco e PKK. Il Middle East Eye è tradizionalmente vicino alla linea […] L'articolo Ocalan: “Il movimento di liberazione curdo non si faccia usare da Israele” su Contropiano.