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Appello per il conferimento delle Chiavi della Città di Firenze a Francesca Albanese
I seguenti firmatari della petizione chiedono il conferimento delle Chiavi della città di Firenze a Francesca Albanese con un iter “accelerato” data la drammaticità della situazione generale ed anche le difficoltà ed i rischi a cui Francesca Albanese sta andando incontro a seguito dei ripetuti attacchi: difenderla significa difendere i nostri diritti, la nostra libertà e la nostra umanità. Perché difendere Francesca Albanese 1. Un mandato indipendente a difesa dei diritti umani Francesca Albanese è nominata dal Consiglio Diritti Umani delle Nazioni Unite, e opera in capacità individuale ed indipendente, senza rispondere a governi o partiti. Il suo compito è monitorare e denunciare violazioni dei diritti nei territori occupati. 2. Condanna netta dell’attacco Hamas del 7 ottobre Albanese ha espresso condanna inequivocabile sul massacro del 7 ottobre 2023, definendo gli attacchi di Hamas come “orribili crimini di guerra” e sottolineando che nessuna motivazione può giustificare tali atti. Ha dichiarato: “La violenza … è ingiustificabile, inaccettabile … hanno commesso crimini di guerra e devono rispondere”. 3. Contesto e legalità internazionale come chiave interpretativa Ha richiamato ripetutamente al contesto dell’occupazione israeliana lunga oltre 56 anni, definita da molti esperti e dallo stesso Segretario Generale ONU una “illegalità profonda”. Ha sottolineato che l’insieme di violazioni strutturali – detenzioni di massa, espulsioni, apartheid – possono costituire anche genocidio. 4. Imparzialità e umanità universale Albanese sostiene che sia palestinesi che israeliani meritano pace, dignità, libertà e uguaglianza. Ha richiamato entrambe le parti a rispondere alle atrocità secondo il diritto internazionale, senza cadere in “indignazione selettiva o relativismo etico”. 5. Documentazione e denuncia dell’“economia del genocidio” Nella sua relazione di luglio 2025, ha definito Gaza un “laboratorio militare” dove si testano armi avanzate. Ha nominato 48 aziende – tra le quali colossi tecnologici, banche e industrie militari – che traggono profitto dall’occupazione e dalla repressione dei palestinesi. Ha chiesto un embargo sulle armi, il blocco degli scambi commerciali e sanzioni legali nei confronti di chi alimenta questo sistema. 6. Resistenza alle sanzioni statunitensi e solidarietà internazionale Nel luglio 2025 gli Stati Uniti hanno annunciato sanzioni contro Albanese, accusandola di condurre “guerra politica ed economica” contro Israele e gli USA. Albanese ha definito queste misure “obscene” e legate a tentativi di intimidazione mafiosi. Ha dichiarato che tentativi di zittirla indicano colpevolezza, non legittimità. Organizzazioni come Amnesty International e il Segretariato ONU per i diritti umani hanno condannato le sanzioni come pericolosi precedenti contro l’indipendenza dei relatori ONU. Esistono diverse petizioni in corso con la richiesta di conferimento del premio Nobel per la pace a Francesca Albanese che hanno raggiunto e superato le decine di migliaia di adesioni 1.       Francesca Albanese al Premio Nobel per la Pace 22.173 firme al 30/7/25 2.       Francesca #Albanese for the Nobel Peace Prize 228.992 firme al 30/7/25 3.       Chiediamo la Nomina di Francesca Albanese al Premio Nobel per la Pace 128.506 firme al 30/7/25 4.       “Siamo farfalle!” “We are butterflies!” Premio Nobel 60.694 firme al 30/7/25 5.       Nominate Francesca Albanese for Nobel Peace Prize 38.582 firme al 30/7/25 6.       …. Da qui l’appello in suo favore con l’invito a: 1. Respingere le sanzioni U.S. in quanto attacco alla libertà d’inchiesta e alla giustizia internazionale. 2. Garantire l’indipendenza del mandato ONU, assicurando che rapporteurs possano operare senza minacce o ritorsioni politiche. 3. Ascoltare le sue denunce nell’ottica del diritto internazionale, senza ridurle a simpatie politiche. 4. Sostenere l’appello al cessate il fuoco immediato, al blocco internazionale degli scambi militari e commerciali con gli autori delle violazioni. 5. Promuovere dialogo e solidarietà globale, affermando che la tutela dei diritti umani è un dovere comune, e che le critiche sistemiche non equivalgono a faziosità. In sintesi Francesca Albanese ha svolto la sua missione in modo rigoroso e imparziale: condannando sia Hamas che Israele, denunciando crimini strutturali contro i palestinesi, proponendo misure concrete contro chi compie violazioni del diritto internazionale. Le sanzioni contro di lei rappresentano una minaccia alla legittimità della base giuridica dell’ONU sui diritti umani. Difendere il suo mandato significa difendere i principi fondamentali della giustizia globale: il diritto delle vittime a essere ascoltate, il ruolo di parte neutrale dell’ONU, e la libertà d’azione dei difensori dei diritti umani. Per firmare: https://www.change.org/p/appello-per-il-conferimento-delle-chiavi-della-citt%C3%A0-di-firenze-a-francesca-albanese?recruiter=511181504&recruited_by_id=dd9d4090-ec99-11e5-a5ad-e3da5536639e&utm_source=share_petition&utm_campaign=starter_onboarding_share_personal&utm_medium=copylink Redazione Toscana
Firma la petizione: Interrompiamo il transito di armi dai porti italiani
ESIGIAMO L’IMMEDIATA CESSAZIONE DI OGNI TRANSITO DI ARMI E COMPONENTISTICA MILITARE NEI PORTI ITALIANI, E IN PRIMO LUOGO DI QUELLE DESTINATE A ISRAELE E AD ALTRI PAESI CHE OPPRIMONO E BRUTALIZZANO ALTRI POPOLI COMMETTENDO CRIMINI CONTRO L’UMANITÀ, IL CRIMINE DI APARTHEID E DI GENOCIDIO. ALCUNI DATI 1) Nella Relazione governativa del 2025, l’Agenzia delle Dogane riporta, per l’anno 2024, 212 operazioni di esportazioni di materiali militari a Israele per un valore complessivo di 4.208.757 euro che sono da riferirsi a licenze rilasciate in anni precedenti. Inoltre, nel 2024, sono continuati gli interscambi di materiali militari tra Italia e Israele: sono state rilasciate 42 nuove autorizzazioni di importazione di armamenti per il nostro Paese per 154.937.788 euro e, sempre nel 2024, ne sono state effettivamente importate per 37.289.708 euro. 2) Sta inoltre continuando in Italia la produzione di droni “munizioni circuitanti” (detti anche “droni kamikaze”) Hero 30. Sono prodotti dalla RWM Italia su licenza della israeliana U Vision. Vengono prodotti non solo per le nostre Forze Armate ma anche per l’esportazione:  il primo destinatario è stata nel 2023 l’Ungheria verso cui l’Italia (governo Meloni) ha autorizzato l’esportazione di 160 droni Hero 30 e relativo materiale per un valore di circa 150 milioni di euro. L’esportazione di materiale d’armamento, componenti, attrezzature militari e tecnologie è espressamente vietata qualora si riscontri la violazione dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale da parte del paese destinatario. Tale divieto è stabilito dalla Legge 185/1990 “Nuove norme sul controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento”, così come dall’articolo 11 della Costituzione italiana. Stesse disposizioni sono presenti anche nel Trattato Internazionale sul commercio delle armi (ATT) – sottoscritto dall’Italia – e nelle risoluzioni dell’Assemblea delle Nazioni Unite e di altri organismi internazionali.  Nel 2024 l’UAMA non ha concesso nuove autorizzazioni per il commercio di armi verso Israele, ma le operazioni già autorizzate negli anni precedenti continuano. L’Italia, quindi, continua a inviare armamenti e fornire supporto logistico ad un governo responsabile del massacro in atto nella Striscia di Gaza, della violazione del Diritto Internazionale Umanitario e della Violazione della Quarta Convezione di Ginevra per Crimini contro l’Umanità e Crimini di Guerra, nonché attualmente sotto processo per violazione della Convenzione sul Genocidio. Alcune aziende italiane aggirano il divieto previsto dalla legge. Nel mese di febbraio 2025 nel porto di Ravenna è stato sequestrato un carico di 14 tonnellate di componenti di armi “illegali”.  Il  carico, che doveva transitare verso lo stato di Israele, è stato bloccato nell’area portuale poiché l’azienda produttrice non disponeva dell’autorizzazione a esportare materiale bellico. Firma anche tu per  lo stop ad ogni transito di armi dai porti italiani soprattutto di quelle destinate a Israele e ad altri paesi che si macchiano di crimini contro l’umanità. Non vogliamo più essere complici dei massacri e dei genocidi che si stanno compiendo nella Striscia di Gaza e nel mondo. CLICCA QUI PER FIRMARE LA PETIZIONE SU CHANGE.ORG. Promotori della petizione: BDS Italia Un Ponte Per Fari di pace (Pax Christi e Weapon Watch)  GPI – Giovani Palestinesi d’Italia Partito dei CARC Gaza Free Style Peace Link Gruppo Autonomo Portuali (GAP) Coordinamento Nazionale No Nato Assopace Palestina Cambiare Rotta Rete Romana Palestina OPAL Emergenza Gaza Rifondazione Comunista Abbasso la guerra – OdV Antropologə per la Palestina LABIBA APS Warfree – Rete Imprenditori, Commercianti e Professionisti per la Pace e la Transizione Ecologica Comitato Riconversione Rwm – Sardegna Comitato Regionale Sardo – Insieme per la pace disarmata Cultura è Libertà – una campagna per la Palestina Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università (elenco in continuo aggiornamento)
Petizione per revocare il gemellaggio tra Milano e Tel Aviv
Chi si ricorda che dal 1997 la città di Milano ha sottoscritto un Patto di Gemellaggio con Tel Aviv? Finalmente, per iniziativa del Gruppo Territoriale del Movimento 5 Stelle è stata lanciata una petizione popolare che chiede al Comune di Milano di revocare immediatamente il gemellaggio con la città di Tel Aviv, simbolo dello Stato di Israele, responsabile di crimini di guerra e pratiche di genocidio contro il popolo palestinese. Dal testo della petizione: I gemellaggi tra città sono strumenti simbolici e concreti di cooperazione, dialogo e costruzione della pace. Tali legami istituzionali non possono essere mantenuti con realtà che appartengono a Stati responsabili di gravi violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani fondamentali. Oggi, Tel Aviv è una delle principali città dello Stato di Israele, che ospita istituzioni civili, economiche e militari centrali del Paese ed è simbolicamente associata alle politiche portate avanti dal governo israeliano, responsabile di operazioni militari e di politiche di assedio, occupazione e punizione collettiva nei confronti della popolazione palestinese. Mantenere il gemellaggio rischia di essere percepito come una forma di legittimazione implicita. Milano, città con una lunga storia antifascista, democratica e solidale, non può essere silente dinanzi a gravi violazioni dei diritti umani e deve riaffermare la propria coerenza con i principi di giustizia e solidarietà tra i popoli.  Per questi motivi, chiediamo al Consiglio Comunale, alla Giunta e al Sindaco della Città di Milano di avviare con urgenza le procedure per la revoca del gemellaggio con la Città di Tel Aviv. Si tratta di un atto politico e morale necessario per riaffermare i principi di giustizia, legalità internazionale e solidarietà tra i popoli. La nostra posizione non è contro un popolo, ma contro politiche statali violente e oppressive, che negano ogni prospettiva di convivenza pacifica, giusta e duratura fra ebrei, musulmani e cristiani in quella Terra martoriata, che merita un futuro di pace e pari dignità per tutti i suoi popoli. Chiediamo che Milano, città della Resistenza, dei diritti e della solidarietà, faccia sentire la propria voce contro l’ingiustizia e in favore di una pace giusta. La petizione ha già oltrepassato le 1.000 firme necessarie per portare la discussione in Consiglio comunale, ma tutte le persone dai 16 anni e residenti a Milano (ma anche chi a Milano studia, lavora o ha domicilio) possono ancora sottoscrivere, direttamente online con SPID o CIE. Link per firmare la petizione: https://partecipazione.comune.milano.it/initiatives/i-296   Redazione Milano
Petizione “Diciamo no alla bandiera di Israele alle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026
Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ispirare. Ha il potere di unire le persone. Nelson Mandela Di fronte a un genocidio che sta accadendo sotto i nostri occhi, il dolore, la compassione, la rabbia e lo sdegno di tanti di noi non bastano. Questi nobili sentimenti possono forse tacitare le nostre coscienze, ma non sono sufficienti per fermare la carneficina in corso. Per questo occorrono concreti atti politici. Milano, insieme a Cortina d’Ampezzo, sarà la sede dei prossimi XXV Giochi Olimpici Invernali 2026 con la cerimonia d’apertura che si terrà allo stadio di San Siro. É anche sede della Fondazione e del Comitato organizzatore e questo ne riflette la centralità e il coinvolgimento diretto nell’organizzazione dell’evento. Una centralità che non può ridursi esclusivamente agli aspetti logistico/organizzativi, ma che deve essere tale anche nel rilanciare il senso profondo dello sport come strumento per promuovere la pace e i diritti umani. Per questo chiediamo al Coni e al Sindaco di Milano di attivarsi presso il CIO perché si decida – come già avvenuto in passato nei confronti di nazioni responsabili di eventi bellici e violazione del diritto internazionale- che gli atleti israeliani partecipino sotto le insegne olimpiche, simboli di pace e di fratellanza tra i popoli. La bandiera dello Stato di Israele che compare ogni giorno sugli schermi televisivi di tutto il mondo mentre sventola sui carri armati, sui veicoli militari, sulle macerie fumanti per le bombe e i missili che senza sosta vengono lanciati, risulta ora indissolubilmente legata alle decine di migliaia di vittime innocenti, ai bambini uccisi e mutilati, alla fame e alla carestia inflitte a esseri umani ormai stremati. Quella bandiera è ora incompatibile con una manifestazione che, al contrario, è nata per essere un inno alla pace per i popoli di tutto il pianeta. Eventi come le Olimpiadi sono grandi palcoscenici mondiali per poter lanciare messaggi che mettano al centro la dignità e il rispetto degli esseri umani. Facciamolo non solo per motivi umanitari, ma per rispondere a un obbligo etico e morale che tutti noi e chi ci rappresenta nelle istituzioni abbiamo e dovremmo avere verso l’umanità sofferente. Vittorio Agnoletto, medico, associazione Costituzione Beni Comuni Antonio Bruno, insegnante Paola Caridi, giornalista Franco Cavalli, medico oncologo Massimo Cirri, giornalista Tano D’Amico, fotografo Tonio Dell’Olio, presidente Pro Civitate Christiana Assisi Luigi Ferrajoli, giurista Giovanni Impastato, Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato Gaetano Liguori, musicista jazz e compositore Uliano Lucas, fotografo Fiorella Mannoia, cantante e attrice Emilio Molinari, già Forum Mondiale dell’Acqua Tomaso Montanari, rettore università stranieri di Siena Moni Ovadia, attore e regista Francesco Pallante, professore ordinario di Diritto Costituzionale all’università di Torino Silvano Piccardi, attore, regista teatrale e direttore di doppiaggio Basilio Rizzo, ex consigliere comunale di Milano Guido Veronese, prof. ass. Psicologia Clinica e di Comunità università Milano Bicocca Mariangela Villa, presidente associazione Costituzione Beni Comuni Alex Zanotelli, missionario comboniano Link per firmare la petizione Redazione Italia
Appello delle madri palestinesi e israeliane
Noi, donne palestinesi e israeliane di ogni estrazione sociale, siamo unite dal desiderio umano di un futuro di pace, libertà, uguaglianza, diritti e sicurezza per i nostri figli e le prossime generazioni. Crediamo che anche la maggioranza dei cittadini delle nostre nazioni condivida questo desiderio comune. Pertanto, chiediamo ai responsabili politici delle nostre nazioni di ascoltare il nostro appello e iniziare prontamente i colloqui e i negoziati di pace, con un impegno determinato a raggiungere una soluzione politica al lungo e doloroso conflitto, al più presto. Chiediamo ai popoli di entrambe le nazioni – ai palestinesi e agli israeliani – e ai popoli della regione di unirsi al nostro appello e di dimostrare il loro sostegno alla risoluzione del conflitto. Chiediamo alle donne del mondo di essere al nostro fianco per un futuro di pace e sicurezza, prosperità, dignità e libertà per noi, i nostri figli e i popoli della regione. Chiediamo alle persone di pace di tutto il mondo, giovani e meno giovani, ai leader religiosi, alle persone influenti, ai leader di comunità, agli educatori e a tutti coloro che hanno a cuore la pace, di aggiungere la loro voce al nostro appello. Invitiamo i responsabili politici delle nostre nazioni ad ascoltare la voce e la volontà dei popoli in questo appello per risolvere il conflitto e raggiungere una pace giusta e inclusiva. Ci impegniamo ad assumere un ruolo attivo nel processo negoziale fino alla sua positiva risoluzione, in linea con la Risoluzione 1325 delle Nazioni Unite. Chiediamo ai responsabili politici di mostrare coraggio e visione per realizzare questo cambiamento storico, a cui tutti aspiriamo. Uniamo le nostre mani nella determinazione e nella collaborazione per riportare la speranza ai nostri popoli. Per firmare la petizione: https://mothers-call.org/mothers-call/ Traduzione dall’inglese di Marinella Correggia Redazione Italia
Basta censura sui referendum, questo è un attacco alla democrazia. Petizione alla Rai
Al Consiglio di Amministrazione RAI All’amministratore delegato RAI Alla Direzione delle emittenti RAI Alla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi. Con questa petizione pubblica denunciamo un fatto gravissimo: nonostante le interlocuzioni istituzionali e le rassicurazioni ricevute, i referendum dell’8 e 9 giugno non hanno avuto, fino ad oggi, nemmeno un minuto di copertura nei palinsesti televisivi della RAI. Non un servizio, non un approfondimento, non un dibattito. Zero minuti. Zero informazione. Zero democrazia. Questo silenzio è intollerabile. Il referendum è un diritto costituzionale, sancito dall’art. 75, e rappresenta l’unico strumento di democrazia diretta previsto dalla nostra Costituzione. Garantire ai cittadini una corretta e completa informazione sui quesiti referendari è un dovere della televisione pubblica. È, prima ancora, una garanzia democratica. Oscurare deliberatamente il referendum significa negare ai cittadini la possibilità di scegliere consapevolmente. Significa calpestare il diritto all’informazione. Significa indebolire il patto democratico su cui si fonda la Repubblica. Chiediamo con forza che la RAI — servizio pubblico finanziato con risorse pubbliche — rispetti immediatamente i propri obblighi di informazione e assicuri un’adeguata copertura dei referendum dell’8 e 9 giugno, come previsto dalla legge e dallo spirito della nostra Costituzione. Non vi stiamo chiedendo un favore. Vi stiamo chiedendo di rispettare la legge. Ogni giorno in più di silenzio è un giorno in meno di democrazia. Basta censura. La Rai dia spazio ai referendum. Ora. Link per firmare la petizione   Redazione Italia