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Che succede tra Cina e Giappone?
Shanghai non può più essere colpita con missili Tomahawk dalla base dei marine di Iwakuni. I lanciatori Usa Typhon – rimasti nella prefettura giapponese di Yamaguchi ben oltre la durata del war game Usa-Giappone “Resolute Dragon 2025”, per il quale vi erano stati installati a settembre – sono stati infine […] L'articolo Che succede tra Cina e Giappone? su Contropiano.
Net@, ovvero: la propaganda militarista-sionista dentro le nostre scuole
Le sorprendenti ‘scoperte’ dell’inchiesta di Assemblea Scuola Torino sul progetto avviato in Israele nel 2003, importato a Milano nel 2018 e ora in procinto di espandersi in tutte le scuole italiane. L’obiettivo del programma didattico è diffondere la rivoluzione digitale “made in Israel”, come affermato dal CEO di Appleseeds  Academy, Dafna Gaber Lifshitz, dichiarando “Dobbiamo puntare molto sulle scuole e abbiamo insegnanti giovani e carismatici che dovranno sfidare un sistema scolastico spesso molto tradizionale portando energia e innovazione”. Net@ si presenta come un progetto di PCTO (da poco Formazione Scuola-Lavoro), proposto agli studenti come un’opportunità imperdibile per sviluppare digital and social skills utili per la propria crescita umana, professionale e imprenditoriale. L’immagine che vogliono trasmettere è legata a un approccio innovativo, interculturale e utile a colmare diseguaglianze digitali soprattutto nelle zone economicamente e socialmente più svantaggiate. Lo scopo è diffondere competenze digital high-tech, in inglese, per studenti delle scuole superiori. Il progetto di durata pluriennale, spesso si presenta come ‘giovane’ perché, a differenza delle lezioni curricolari standard, è condotto da universitari che capiscono gli studenti e, di conseguenza, sono in grado di proporre un insegnamento molto più efficace rispetto alla scuola tradizionale. All’interno del programma viene insegnato come creare siti web per sponsorizzare prodotti, avviare start up, parlare in pubblico, il time management, ecc. Il programma del terzo e quarto anno in particolare prevede di occuparsi anche di cyber security. Tutto questo è gratuito per le famiglie perché sponsorizzato da istituti, fondazioni, associazioni private e dalle stesse scuole. Quindi un progetto per i giovani, coinvolgente dove la politica non c’entra assolutamente nulla. O quasi. Net@ è un progetto nato in Israele nel 2003. Lì viene pubblicizzato come un merito il fatto che chi esce dopo anni di formazione con Net@ sia in grado di rappresentare una risorsa preziosa per il mercato miliardario delle start up della cybersicurezza e delle tecnologie di guerra, focalizzate sul deep tech, anche per la necessità di dare risposta ai ‘problemi’ di ‘difesa’ e ‘sicurezza’ del paese (che questo settore rappresenti già un rischio per la nostra privacy e le nostre democrazie ce l’hanno rivelato scandali come il software “Pegasus” e lo spyware “Graphite”, spiando decine di migliaia di cittadini tra capi di stato, giornalisti e attivisti in tutto il mondo). Un altro fiore all’occhiello dei promotori di Net@ è che il 56% dei diplomati si arruola nelle unità tecnologiche d’élite dell’IDF. Dal 2018 Net@ si è diffuso per la prima volta all’estero con un progetto pilota a Milano. A offrire i locali e promuovere a Milano il progetto è la Comunità ebraica, la stessa che ha recentemente invitato Adi Karni,  un militare dell’IDF accusato di probabili crimini di guerra, a incontrare gli studenti dei licei per raccontare che a Gaza ha visto “solo odio”, che “stiamo facendo il lavoro sporco per voi” e spiegando che “l’Islam avanza in Europa”. La volontà, esplicitamente espressa dagli organizzatori fin da subito, è di portarlo nel resto del territorio italiano e anche esportarlo in altri paesi. Net@ è promosso e sostenuto dal Keren Hayesod, fondo nazionale di costruzione d’Israele e la centrale finanziaria del movimento sionista mondiale, e dall’Agenzia ebraica per Israele (Jewish Agency for Israel – Sochnut, organizzazione sionista israeliana che sostiene l’ebraicità di Israele) che dal 1967 si occupa anche delle attività dei coloni israeliani insediatisi in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e nelle alture del Golan. Oltre alla Jewish Agency for Israel e al Keren Hayesod, altri partner sono l’Appleseeds Academy, l’Associazione Educazione Digitale Italia, la Fondazione Camis De Fonseca e Proedi Media. In un video pubblicato in rete la CEO di Appleseeds, Dafna Lifshitz, afferma che i finanziamenti più importanti di Net@ arrivano dalla USAID (Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale – agenzia governativa statunitense creata nel 1961 per contrastare l’influenza dell’Unione Sovietica nel mondo, che aveva la funzione di sostenere la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America e viene indicata come uno dei suoi strumenti di soft power, da alcuni paesi accusata di essere una copertura della CIA e di essere parte delle politiche di interventismo degli Stati Uniti nel mondo). A partire dal 2019 il progetto è arrivato a Torino all’Istituto Germano Sommeiller e alla scuola ebraica. I docenti inizialmente sono Shinshinim, ovvero giovani israeliani che hanno completato la scuola superiore e rimandano di un anno il servizio militare obbligatorio per prestare servizio nelle comunità ebraiche all’estero. Il loro nome è un acronimo ebraico per “Shnat Sherut” o “anno di servizio”. Agiscono come ambasciatori culturali, portando la cultura e lo stile di vita israeliani, la lingua ebraica e le tradizioni ebraiche alle comunità locali prima di arruolarsi nell’esercito. A maggio 2022 il Keren Hayesod decide di non continuare il programma all’estero per mancanza di risorse. L’organizzazione e la diffusione presso le scuole sono allora affidate alla Fondazione Camis de Fonseca che da quel momento le promuove a Torino e dall’anno 2023/2024 il progetto parte anche al Liceo Monti di Chieri. La Fondazione Camis De Fonseca (ora anche associazione), con lo scopo di trovare partner italiani per poter continuare il progetto, finanzia “Grow in tech” composta generalmente da giovani studenti universitari che, una volta formati in Israele e alla metodologia, possono entrare nelle classi. Recentemente sono stati coinvolti nel progetto anche Merende Digitali e ESSE I Solutions. Lo scopo è quello di creare un ‘nuovo’ progetto Net@ Italia, ‘ripulito’, ma sempre funzionale alle organizzazioni e agli obiettivi strategici originari. Questo è stato detto in modo esplicito e pubblico durante un convegno del 21 maggio 2023 organizzato nella sede della Fondazione Camis De Fonseca in cui, tra gli altri passaggi significativi, viene data la parola al rappresentante del Keren Hayesod per l’Italia, Eyal Avneri, il quale dice: “Stiamo lavorando tutti insieme per continuare il progetto Net@ a Torino con formatori italiani e farò il possibile, per la parte mia, per aiutarvi a realizzarlo, mettendo i contatti con Net@ in Israele, almeno a distanza. Sarà, secondo me, una bellissima collaborazione internazionale. […] Vi auguro un in bocca al lupo e spero di vedervi tutti a novembre in Israele”. Durante le attività capita che partecipi la fondatrice della Fondazione De Fonseca, Laura Camis De Fonseca che, sui social, condivide post dove vengono attaccati come antisemiti Papa Bergoglio, la Chiesa Cattolica e agenzie dell’ONU. Si arriva a leggere che “le organizzazioni internazionali sono peggio di una barzelletta, sono diventati organismi criminali che aiutano i jihadisti” e che “gli Stati europei e l’Europa quasi tutta, esattamente come la Chiesa, si riallacciano alle loro vergognose tradizioni antiebraiche”. La fondazione De Fonseca si occupa di geopolitica e ha una posizione politica sul conflitto israelo-palestinese. Basta scorrere velocemente il sito per capire che è una celebrazione del progetto israeliano con una visione piuttosto parziale. Durante l’anno scolastico vengono invitati esperti che propongono un’idea di scuola e di formazione estremamente aziendalistica e imprenditoriale. Altre attività didattiche hanno avuto anche lo scopo di dare una visione estremamente positiva di Israele come “una terra nata da sogni e speranze”, tecnologica, green e inclusiva. Nel 2022 tra gli studenti che partecipano al progetto viene proposto un concorso dal titolo “Israele. Storia, tradizione, sostenibilità e innovazione tecnologica”. I vincitori hanno in premio un viaggio d’istruzione in Israele: visite al museo della diaspora, al Muro del pianto, alla tomba di Ben Gurion. In conclusione, Net@ è un cavallo di Troia che promuove un’idea di scuola aziendale e imprenditoriale al servizio del mercato, valorizza ‘risorse’ per il mondo delle start up e della cybersicurezza, legato mani e piedi al genocidio di Gaza, alla pulizia etnica e alla diaspora palestinese. Forma futuri soldati d’élite nelle unità tecnologiche ed è ideato, organizzato e diffuso da organizzazioni, Istituti e fondazioni sioniste che, non solo negano o non condannano quanto sta avvenendo in Palestina da ottant’anni, ma che ne sono, spesso, direttamente coinvolti. Forse, ancora peggio, Net@ si presenta come un’organizzazione tecnologica giovanile che, proponendo parole d’ordine accattivanti come Be your best self, Be involved, Be open-minded, Be unlimited, Be cool sta consapevolmente formando un movimento giovanile e una parte della futura leadership economica e politica, con lo scopo di renderli funzionali ai suoi obiettivi strategici e organici alla sua ideologia. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Rete Antimilitarista del Nord Italia: contro “la guerra, la militarizzazione e le politiche del governo Meloni”
I promotori della manifestazione che domani, sabato 15 novembre, dal centro di Cameri si muoverà fino allo stabilimento della Leonardo SpA propongono l’aggregazione e l’allenza tra i molteplici gruppi locali che in Italia settentrionale sono impegnati in attività di contrasto all’espansione dell’industria bellica. PER UNA RETE ANTIMILITARISTA DEL NORD ITALIA DA CAMERI, CONTRO LA GUERRA, LA MILITARIZZAZIONE E LE POLITICHE DEL GOVERNO MELONI L’Europa e l’Italia sono in piena fase di riarmo. Da ben prima del governo Meloni il Paese sta destinando risorse pubbliche senza precedenti alla produzione e all’acquisto di armi – dai nuovi F-35 allo stabilimento FACO di Cameri, cuore pulsante della fabbrica di guerra europea – mentre sanità, scuola, servizi sociali e transizione ecologica vengono smantellati. Il 15 novembre 2025, a Cameri, si partecipa ad una mobilitazione popolare che non si riduce a un singolo presidio. Facciamo anche qui un primo passo di una rete antimilitarista diffusa, che unisce collettivi, associazioni, comitati locali, sindacati di base, attivisti per la pace, per i diritti umani e per la giustizia climatica, con l’obiettivo di coordinarsi su scala regionale e nazionale. ● Opporsi al riarmo dell’Europa e del governo Meloni e alla militarizzazione dell’economia ● Bloccare l’aumento della spesa militare (da 30 a 100 miliardi entro il 2035) e restituire risorse a sanità, scuola, welfare e transizione ecologica ● Denunciare il ruolo di Leonardo S.p.A. e delle altre aziende belliche come attori di guerra protagonisti di violazioni dei diritti umani ● Promuovere la riconversione civile delle industrie oggi dedite alla produzione di armi ● Costruire un fronte comune tra Nord e Sud Italia, connesso alle lotte antimilitariste europee e internazionali La rete si fonda sui principi di * nonviolenza attiva * trasparenza * democrazia orizzontale * solidarietà internazionalista Attraverso assemblee locali, campagne informative, iniziative di disobbedienza civile nonviolenta e pressione sulle istituzioni, miriamo a rendere visibile e inarrestabile il rifiuto popolare alla guerra. Prime adesioni: Coordinamento Novara per la Palestina Comitato Vercelli per la Palestina Individualità lombarde e piemontesi No Army No Border / Il nero drappo VCO ADESIONI E CONTATTI : prochannel@protonmail.com Redazione Italia
La Germania militarista verso l’arruolamento obbligatorio nelle forze armate
Alcuni incubi della storia a volta sembrano tornare. Uno di questi, purtroppo ricorrente, è il militarismo tedesco. In Germania, la CDU e la SPD – alleati di governo – hanno messo mano di comune accordo alla riforma del servizio militare. Come richiesto dal ministro federale della Difesa Boris Pistorius (SPD), […] L'articolo La Germania militarista verso l’arruolamento obbligatorio nelle forze armate su Contropiano.
Se la scuola non si arruola
di Valentina Pazé* La politica insiste nel preparare la guerra ma, per fortuna, l’attrazione per le armi appartiene più alla classe politica che ai cittadini. “La scuola non si arruola”, …
La Catania che non ha festeggiato il 4 novembre
Indetto dall’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ieri pomeriggio a Catania si è svolto – sul tema “Il 4 novembre non c’è nulla da festeggiare” – un partecipato presidio in piazza Dante, che ha registrato l’intervento al microfono aperto di tantissime voci. Presente alla manifestazione una nutrita […] L'articolo La Catania che non ha festeggiato il 4 novembre su Contropiano.
La stupidità collettiva indotta dal militarismo
Può darsi che, al momento opportuno, le classi popolari cerchino una via d’uscita diversa da quella militarista indicata dalle élite. Essendo uno che non disprezza la speranza — e che crede che le contraddizioni non si facciano scrupolo di travolgere tutto e tutti —, penso che potrebbe accadere. Ecco, sì: […] L'articolo La stupidità collettiva indotta dal militarismo su Contropiano.
Israele come Sparta? La delirante visione di Netanyahu
L’ammissione di Netanyahu, secondo cui Israele sta affrontando un crescente isolamento sulla scena mondiale e dovrà diventare una “super-Sparta”, si presta a molte considerazioni. “Israele è in una sorta di isolamento” – ha riconosciuto Netanyahu – “Avremo sempre più bisogno di adattarci a un’economia con caratteristiche autarchiche“, ha continuato, definendo […] L'articolo Israele come Sparta? La delirante visione di Netanyahu su Contropiano.
Turismo e militarismo non fanno rima
Spiagge incantevoli, natura selvaggia, monti rocciosi, una cucina ricca e genuina, la cultura, la musica, le maschere, le tradizioni. Così viene pubblicizzata la Sardegna dalle agenzie turistiche. L’operazione sembra funzionare e infatti il turismo è cresciuto in modo prepotente in Sardegna in questi ultimi anni, complici anche il risveglio post covid e la scarsa sicurezza di altre rotte internazionali. Ma va detto che sia nelle locandine che nei manifesti della Regione, manca qualcosa di estremamente importante, che non può essere taciuto al turista che arriva da fuori e non può conoscere le grandi questioni irrisolte dell’isola. La Sardegna è la regione più militarizzata d’Italia. Oltre il 60% del territorio che lo Stato italiano cede alle forze armate è qua, sull’isola posta al centro del Mediterraneo. Ma questo fatto di per sé potrà far riflettere qualche persona, ma non la media dei turisti, concentrati esclusivamente sulle loro vacanze. E’ quindi necessario che sappiano che quelle basi non stanno lì ferme, ma propagano per tutta l’isola e per miglia e miglia di mare intorno, le loro esercitazioni, in cui fanno esplodere missili, ordigni e droni autentici, molti dei quali continuano ad inquinare l’istmo di Capo Teulada, la famigerata penisola Delta, ma molti altri finiscono in mare, alcuni dei quali inesplosi e quindi pericolosi per l’incolumità e la salute pubblica. Anche quest’anno ne sono stati dichiarati dispersi due, tra cui un missile Astar di cui non conosciamo esattamente le potenzialità inquinanti. Sappiamo però che per recuperare questi ordigni verrà interdetto il mare ai pescatori e alle barche in piena estate, nella costa prossima alla base militare di Quirra, ma anche oltre, lungo la rinomata costa orientale sarda. Sarà una società legata all’industria di armamenti nazionale Leonardo ad occuparsi della bonifica, pagata dalle casse pubbliche. I turisti che arrivano e che godono delle bellezze di questa terra, dovrebbero anche sapere che, a pochi chilometri da una delle pareti di roccia più famose in Italia ed Europa, presso la grotta di San Giovanni, visitata da migliaia di turisti, nel territorio di Domusnovas e in quello adiacente di Iglesias, c’è una fabbrica di armi da guerra. E’ la RWM-Italia, con sede a Ghedi (Brescia), succursale della multinazionale tedesca Rheinmetal. Armi fatte in Sardegna, in una delle zone più depresse dell’isola, col ricatto occupazionale e con il silenzio e l’indifferenza dei sindacati principali, CGIL, CISL, UIL. Armi che hanno ucciso migliaia di civili nello Yemen, oggi vendute nei teatri di guerra: dall’Ucraina al Medioriente, con un rapporto di cooperazione con Israele per i droni-killer, mentre si consuma il genocidio a Gaza. Non sono gli unici uncini questi che penetrano la carne della Sardegna, da sempre colonia dei potenti di turno. Le speculazioni energetiche in atto, dimostrano ancora che quest’isola viene considerata terra di conquista. Ma come può il turismo coniugarsi col militarismo?  Il militarismo si traveste, prova a mettersi gli abiti eleganti, con l’Amerigo Vespucci, o quelli del benefattore, con gli screening sanitari gratuiti sulle navi da guerra, con i militari che fanno lezione nelle scuole, con i premi prestigiosi ai generali. Con l’apparenza e la superficialità di chi ha potere, con la noncuranza e “la banalità del male”, riporta l’orologio all’indietro, sputo in faccia alla Storia. Bisogna invece intendersi sul concetto di turismo. Viaggiare, di per sé, è una gran bella cosa: ci porta a cambiare orizzonti, a conoscere altre terre e nuove persone, a confrontarci con diverse culture, con usanze e modi fare, ad aprirci al non conosciuto. D’altro lato, oggi il turismo è in buona misura monopolio di grandi aziende multinazionali, seguite a catena dalle medio-piccole. Seguono il progetto capitalistico più in voga e molto semplice: guadagnare il più possibile, il più velocemente possibile, con ogni mezzo possibile. Il risultato è quello dei sovraffollamenti, delle spiagge a numero chiuso, delle strade intasate, dei rifiuti, degli incendi, del turismo irresponsabile. L’esatto contrario del libero viaggiare, che può aprire orizzonti di conoscenza.  No, turismo non può far rima con militarismo. Anche se vorrebbero farcelo credere, non potrà funzionare: amore e violenza sono ossimori, stelle inconciliabili. Chi viene in Sardegna è giusto che sappia quel che non appare sugli schermi pubblicitari, ma che ferisce profondamente la nostra terra. Carlo Bellisai
Che ci fanno i soldati israeliani nelle scuole del Chiapas?
-------------------------------------------------------------------------------- Pubblichiamo in italiano un reportage del giornalista indipendente Témoris Grecko realizzato a partire da una denuncia del Comité Acción Palestina Chiapas di San Cristóbal de Las Casas riguardo la presenza di veterani di guerra israeliani nelle scuole elementari del Chiapas. Questi giovani (tutti ex soldati) entrano nelle scuole pubbliche locali attraverso una associazione di “volontari” chiamata in inglese “Heroes for life” e più esplicitamente in ebraico “Combattenti senza frontiere” con il fine dichiarato di “dare un’altra immagine al mondo delle IDF”. La loro presenza, intercettata, denunciata e respinta dai collettivi e dal sindacato dei maestri (CNTE) di San Cristóbal, è inquietante e apre a molte altre domande: “In quanti posti sono andati questi finti volontari a fare propaganda sionista prima di essere scoperti e denunciati in Chiapas?”; “Che ci fanno realmente in Messico (e in altre parti del mondo) questi soldati vincolati alle forze speciali?”; “Il governo messicano è informato e quindi complice delle infiltrazioni di quest’associazione?” La traduzione di questo reportage di Témoris Grecko (con la collaborazione di Leonardo Toledo) è un contributo al lavoro di contro-inchiesta dei compagni e delle compagne dei collettivi locali in appoggio alla resistenza palestinese e una denuncia dei lunghi tentacoli del sionismo in tutto il mondo. [Nodo solidale] -------------------------------------------------------------------------------- Veterani di guerra israeliani, in Messico e in paesi dell’America, Asia e Africa, usano bambini in situazione di vulnerabilità per fare propaganda sionista Leggi l’articolo originale in spagnolo – artículo original en español La storia è molto bella, dal punto di vista dei loro simpatizzanti. Dopo aver abbandonato la vita militare e fatto ritorno a quella civile, Gili Cohen, Yair Attias e Boaz Malkieli, tre amici poco più che ventenni, si rendono conto che i “poveri del Terzo Mondo” affrontano problemi molto gravi, e che migliaia di loro connazionali stanno viaggiando in quei paesi e potrebbero darsi da fare per aiutarli. Per questo motivo, nel 2013 decidono di creare un’associazione umanitaria, che chiamano in inglese “Heroes for Life” (“Eroi per la Vita”), la quale canalizza i vacanzieri come volontari verso scuole in una ventina di paesi, dalla Thailandia al Guatemala, per insegnare ai bambini a parlare inglese e istruirli in materie come scienze, musica, igiene personale e tecniche di combattimento Krav Magá. In Messico, ad esempio, iniziano ad operare nel 2017, con il sostegno finanziario e logistico dell’impresa di sicurezza Maguén Group (il cui direttore esecutivo, Zvi Michaeli, è membro del consiglio di “Heroes for Life”) e del governo israeliano, in collaborazione con il municipio Miguel Hidalgo della capitale nazionale (il consigliere del PAN, Raúl Paredes, li ha descritti, in una delle loro attività del 2023, come “giovani molto entusiasti, con un grande cuore e un profondo desiderio di aiutare bambine e bambini nei quartieri vulnerabili”). Ora, nel maggio 2025, oltre che a Città del Messico, operano anche nelle scuole elementari della colonia 31 de Marzo, nella città di San Cristóbal de las Casas, nello stato meridionale del Chiapas (la prima denuncia è stata lanciata da Acción Palestina Chiapas). «Questo è un progetto con il potenziale di trasformare Israele in un impero dell’aiuto umanitario, senza spendere neanche uno shekel (la moneta israeliana)», ha detto a Esti Pelet, del portale messicano Enlace Judío, il leader dei fondatori, il capitano (della riserva) Gili Cohen, il quale ha espresso il proprio fastidio per il fatto che Israele compaia, insieme a Iran e Pakistan, nella lista dei paesi con l’impatto più negativo al mondo, secondo la BBC. «Lottiamo per una buona reputazione del nostro paese», ha continuato. «Io ho servito nell’esercito israeliano per otto anni e ho visto che i nostri soldati sono i più morali del mondo. Voglio che questi giovani mostrino al mondo il loro vero volto. Quei ragazzi che lavorano come volontari in un orfanotrofio in India sono gli stessi combattenti che vengono condannati nel mondo». Guerrieri Senza Confini L’altra storia è quella che non viene raccontata. È probabile che buona parte di chi sta leggendo questo reportage abbia visto una o più stagioni della serie Fauda, che tratta di un’unità militare mista’arvim (in ebraico: מסתערבים, “arabizzati”) specializzata nell’infiltrarsi in aree urbane palestinesi, mascherando i propri soldati da civili palestinesi. Utilizzano veicoli civili modificati e padroneggiano la lingua araba per confondersi con la popolazione locale mentre svolgono missioni ad alto rischio in Cisgiordania, come sequestri e omicidi. La crudele strage di presunti “colpevoli” e di innocenti, come danni collaterali, è la costante sullo schermo. I creatori di Fauda, Lior Raz e Avi Issacharoff, sono esperti in materia perché hanno fatto parte essi stessi della più famosa unità mista’arvim, la brigata Duvdevan. Anche i tre amici poco più che ventenni che vogliono aiutare i bambini poveri del Terzo Mondo hanno fatto parte di questa esperienza. Lì sono diventati commilitoni. Non solo per svolgere il servizio militare: il capitano Gili Cohen ha dedicato otto anni della sua giovinezza a travestirsi da palestinese per ucciderli. Convinti che Israele stia facendo le cose nel modo migliore, perché il proprio esercito è, come dice il primo ministro Netanyahu, “l’esercito più morale del mondo”, arrivano al punto che le “delegazioni” dei loro “Eroi per la Vita” vengono battezzate con i nomi di soldati morti in combattimento mentre distruggevano Gaza, in diverse guerre. Prima nell’operazione Margine Protettivo del 2014, in cui sono state uccise 2.251 persone, tra cui 551 bambini e 299 donne; e più di 11.000 feriti (dal lato israeliano, sono morti 66 soldati e cinque civili, incluso un bambino). E ora, nell’operazione Spade di Ferro, che è in corso con un genocidio: la missione in Chiapas si chiama Yotam Ben Best, che ha fatto parte anch’egli della brigata Duvdevan e, quando è morto in combattimento con miliziani palestinesi il 7 ottobre 2023, era comandante dell’“unità fantasma” delle operazioni speciali. Per questo hanno nominato presidente del consiglio della loro organizzazione il generale Elyezer Shkedi, noto per l’abbattimento di due aerei durante l’invasione israeliana del Libano. Da qui deriva anche il vero nome del gruppo, in ebraico, לוחמים ללא גבולות, che significa “Guerrieri senza Confini”. Quando si sono resi conto che in alcuni paesi non era ben visto l’arrivo di soldati israeliani che avevano ucciso palestinesi, presentandosi come guerrieri senza confini, hanno iniziato a cambiare nome nelle altre lingue. Nel 2016, Enlace Judío spiega che in inglese preferivano chiamarsi “Lottatori per la Vita”. Ma poiché nemmeno questo ha funzionato, hanno adottato il nome attuale, sempre in inglese: “Heroes for Life” ovvero eroi per la vita. Un programma di hasbarà “molto redditizio” A 18 anni, i giovani israeliani iniziano il servizio militare obbligatorio, durante il quale l’esercito prende il controllo delle loro vite per 36 mesi gli uomini, o 24 le donne. Questo include, in molti casi, operazioni di combattimento in cui maltrattano, feriscono o uccidono palestinesi, inclusi bambini e donne. Durante questo periodo, ricevono uno stipendio mensile di circa 200 dollari e benefici come sconti sui trasporti pubblici, spettacoli e altri servizi. Al termine, ricevono un’indennità economica nota come “sussidio di liberazione”, il cui ammontare varia in base alla durata del servizio, al tipo di ruolo svolto (per esempio, i combattenti ricevono un po’ di più) e ad altri fattori, ma solitamente è di diverse migliaia di shekel (equivalente a centinaia o migliaia di dollari). Con questa somma, più i risparmi accumulati, possono intraprendere il tradizionale tiyul shelach (viaggio dopo il servizio militare). Ogni anno, circa 40.000 veterani di guerra israeliani partono per viaggiare in America Latina, Africa e Asia. Questa è la dimensione potenziale della forza di hasbarà (propaganda pro-Israele) individuata dal capitano Gili Cohen. «L’idea era di utilizzare i backpackers come infrastruttura necessaria per svolgere lavoro umanitario “blu e bianco” mostrando al mondo il vero Israele», ha detto a Enlace Judío. «Volevamo creare un dibattito diverso su Israele. Volevamo fare una buona opera ebraica, e allo stesso tempo fare hasbarà per il paese, ma in modo diverso». Attraverso i social media, annunciano i loro progetti, che possono svolgersi in popolazioni di Etiopia, India o Argentina, per formare un “gruppo che si offre come volontario in uno dei quartieri più degradati della città, generalmente nelle scuole dove insegnano di tutto”. “Uno degli aspetti unici del programma è che è così redditizio”, sottolinea Enlace Judío. “Dato che fa parte del viaggio dei giovani all’estero, in nessun caso è necessario acquistare loro i biglietti aerei”. L’organizzazione “deve solo fornire loro alloggio e cibo per due settimane e mezza. Di conseguenza, con appena 11.000 dollari possono inviare una delegazione di circa 35 giovani israeliani altamente motivati a lavorare nei quartieri poveri di Mumbai”. “La direzione della scuola, gli insegnanti, i genitori e i bambini sono molto consapevoli che i volontari sono israeliani, perché portano una bandiera israeliana sulla manica della camicia e, sulla schiena, il nome di un soldato caduto nell’operazione Margine Protettivo, che dà il nome alla loro delegazione”. Tra le motivazioni dei volontari — ha aggiunto il portale di notizie — c’è il fatto che sono “soldati appena congedati che hanno visto la natura etica delle FDI (l’esercito israeliano), a differenza di quanto spesso viene presentato dai media internazionali, e vogliono mostrare al mondo un altro volto dei soldati delle FDI”. Con questo modello così redditizio sia dal punto di vista economico che politico, aspirano a crescere: attualmente inviano 16 delegazioni all’anno, ma “entro la fine del 2030 l’organizzazione invierà 30 missioni umanitarie a 30 paesi in via di sviluppo ogni anno”, perciò, dicono sul loro sito web, “sarà conosciuta da tutti i veterani delle Forze di Difesa Israeliane (FDI) e posizionerà Israele come leader mondiale nell’aiuto umanitario. Come parte dell’organizzazione degli ex membri dell’associazione, migliaia di laureati saranno reclutati”. -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Che ci fanno i soldati israeliani nelle scuole del Chiapas? proviene da Comune-info.