Tag - arresti

Solidarietà agli arrestati No Ponte
Nella notte tra il 9 e il 10 settembre, tre compagni sono stati tratti in stato di arresto, e ora sono in carcere, con accuse che riguardano fatti avvenuti a marzo, durante il Carnevale “No ponte, contro WeBuild e in solidarietà al popolo Palestinese”. Altrx compagnx, invece, sono statx perquisitx. Abbiamo chiesto a una compagna […]
Regno Unito, quasi 900 arresti durante la manifestazione di sostegno a Palestine Action
Sabato a Londra la polizia ha arrestato quasi 900 persone durante una protesta contro il divieto imposto dal governo britannico al gruppo Palestine Action ai sensi della legge sul terrorismo. Ora è illegale per chiunque in Gran Bretagna mostrare sostegno a Palestine Action. Da settimane si moltiplicano le proteste contro il divieto. “Persone comuni che non hanno mai partecipato a una protesta in vita loro stanno facendo i conti con la loro coscienza. Pensano: ‘Non posso continuare a stare seduto sul divano giorno dopo giorno a guardare questo orrore abietto senza fare nulla’. E quindi, la cosa straordinaria è che le immagini più potenti che stiamo vedendo sono quelle di persone bianche disabili, di mezza età o anziane che vengono portate via dalla polizia per aver detto: ‘Smettete di uccidere i bambini’”, cosa ormai considerata un crimine” ha denunciato la giornalista Tamara Abood. Domenica a Bruxelles oltre 110.000 persone hanno partecipato a una grande manifestazione a favore della Palestina, pochi giorni dopo che il governo belga aveva annunciato che avrebbe presto riconosciuto lo Stato palestinese e imposto sanzioni a Israele.   Democracy Now!
LONDRA: ARRESTI DI MASSA ALLA MANIFESTAZIONE (OCEANICA) PER GAZA. 900 PERSONE FERMATE
Quasi 900 persone sono state arrestate sabato 6 settembre a Londra, in occasione della manifestazione per la Palestina che si tiene ogni weekend – ormai da quasi 2 anni – davanti al Parlamento inglese. Gli arresti di massa di questo sabato si aggiungono ai centinaia già avvenuti nei mesi scorsi, da quando le autorità britanniche hanno messo al bando l’organizzazione Palestine Action. Il governo britannico infatti, lo scorso 5 luglio, ha classificato il Palestine Action come gruppo terroristico ai sensi del Terrorism Act. Da allora, la polizia britannica ha arrestato almeno 1.600 persone per aver portato il proprio sostegno al gruppo Palestine Action, molti dei quali a seguito di sit-in in Parliament Square, come quello dello scorso sabato. L’intervista a Nicola Montagna, nostro storico collaboratore e docente di sociologia all’Università di Salerno, già docente a Londra. Ascolta o scarica.  
L’obiettrice di coscienza israeliana Yona Rosemann condannata a 30 giorni di prigione militare
Ieri, 17 agosto, Yona Rosemann (19 anni, di Haifa) è stata condannata a 30 giorni di prigione militare per il suo rifiuto di arruolarsi nell’esercito israeliano, che sta commettendo un genocidio a Gaza. La polizia israeliana ha disperso brutalmente la manifestazione di sostegno a Yona, organizzata dalla Rete Mesarvot davanti al campo di reclutamento di Haifa, arrestando 10 attivisti, che sono stati poi rilasciati. Mesarvot
Amnesty International Regno Unito: gli arresti dei manifestanti di Palestine Action sono “fonte di profonda preoccupazione”
In risposta agli arresti di 466 manifestanti di Palestine Action avvenuti sabato 9 agosto in Parliament Square a Londra, Sacha Deshmukh, direttore esecutivo di Amnesty International UK, ha dichiarato: “Gli arresti di massa di manifestanti pacifici avvenuti in base alla legge antiterrorismo del Regno Unito sono profondamente preoccupanti. La protesta pacifica è un diritto fondamentale. È comprensibile che le persone siano indignate per il genocidio in corso a Gaza, dunque in base al diritto internazionale devono avere la possibilità di esprimere il loro orrore . I manifestanti in Parliament Square non stavano incitando alla violenza e trattarli come terroristi è del tutto sproporzionato, al punto da rasentare l’assurdo. Da tempo critichiamo la legge antiterrorismo britannica in quanto eccessivamente generica e formulata in modo vago, oltre a costituire una minaccia alla libertà di espressione. Questi arresti dimostrano che le nostre preoccupazioni erano fondate. Invece di criminalizzare i manifestanti pacifici, il governo dovrebbe concentrarsi sull’adozione di misure immediate e inequivocabili per porre fine al genocidio perpetrato da Israele ed eliminare qualsiasi rischio di complicità del Regno Unito.” Appello alla moderazione Prima della protesta di sabato 9 agosto Amnesty ha scritto a Sir Mark Rowley, commissario della polizia metropolitana, mettendo in guardia contro l’arresto dei manifestanti pacifici che si sarebbero radunati a centinaia. La lettera sottolinea che arrestare persone solo per aver esposto messaggi come “Mi oppongo al genocidio. Sostengo Palestine Action” violerebbe gli obblighi internazionali del Regno Unito di rispettare il diritto alla libertà di espressione e alla riunione pacifica. Amnesty ha sottolineato che qualsiasi ulteriore arresto per questi motivi violerebbe il diritto internazionale sui diritti umani, secondo cui i discorsi di protesta possono essere criminalizzati solo se incitano alla violenza, all’odio o alla discriminazione. Nel caso della protesta del 9 agosto, tenere in mano un cartello e dichiarare pacificamente il proprio sostegno a Palestine Action non può essere considerato un esempio di incitamento.   Amnesty International
Più di venti rabbini arrestati in Campidoglio per una protesta contro il blocco israeliano di Gaza
Più di venti rabbini sono stati arrestati martedì in Campidoglio mentre occupavano l’ufficio del leader della maggioranza repubblicana John Thune per protestare in modo nonviolento contro il blocco di Gaza da parte del governo israeliano. I manifestanti rappresentano 750 rabbini e membri del clero ebraico e oltre 23.000 ebrei che hanno firmato una dichiarazione che chiedeva aiuti alimentari immediati a Gaza. Provengono da tutte le confessioni della fede ebraica. “Fermate queste morti per fame! Siamo qui come ebrei, perché la nostra religione ci impone di essere qui e di resistere!” ha gridato l’attivista Deborah Zavos mentre veniva portata via dalla protesta di martedì in manette. Democracy Now!
Israele sequestra l’equipaggio e la nave Handala della Freedom Flotilla
Facendo seguito all’intercettazione illegale della Handala, le autorità israeliane hanno confermato l’arrivo dell’imbarcazione, trainata al porto di Ashdod, dopo 12 ore di navigazione. Nonostante le ripetute richieste, le autorità israeliane continuano a negare agli avvocati di Adalah l’accesso agli attivisti detenuti, impedendo di incontrarli per fornire la necessaria assistenza legale. […] L'articolo Israele sequestra l’equipaggio e la nave Handala della Freedom Flotilla su Contropiano.
I Talebani intensificano l’apartheid di genere: decine di donne arrestate per “violazione dell’hijab”
In questi giorni abbiamo ricevuto il racconto affranto delle donne appartenenti alle associazioni afghane che sosteniamo, le quali confermano le notizie allarmanti apprese da alcuni siti circa l’arresto arbitrario di decine di donne da parte della polizia morale, presumibilmente per “violazioni dell’hijab”, trattenute senza accesso a un legale, senza contatti con i familiari e senza assistenza medica. Ci hanno scritto: “Negli ultimi giorni, la situazione per donne e ragazze è tornata ad essere estremamente allarmante. La polizia morale pattuglia le strade, ferma i veicoli e trattiene le donne con la forza. Molte ragazze sono sotto shock e spaventate, hanno paura anche solo di uscire di casa. Secondo quanto riferito, dopo essere state rilasciate, alcune donne sono state rifiutate dalle loro famiglie, come se il peso dell’ingiustizia fosse ancora una volta posto sulle loro spalle. Una ragazza, che per paura aveva inizialmente negato di avere subito un arresto, quando ha compreso il nostro sostegno ha iniziato a piangere e ha detto: ‘Per Dio, ero completamente coperta: indossavo l’hijab, la maschera e il chapan, ma all’improvviso mi hanno circondata come animali selvatici, mi hanno insultata e colpita con una pistola”. Sono svenuta per la paura e il dolore. Quando ho ripreso conoscenza, mi trovavo in uno scantinato buio con decine di altre ragazze assetate e terrorizzate, senza alcun contatto con le nostre famiglie. Quello che abbiamo passato è stato peggio della morte…’.  Con voce tremante, ha aggiunto: ‘La libertà è stata l’inizio di un nuovo dolore. Il comportamento di tutti nei miei confronti è cambiato, come se avessi fatto qualcosa di sbagliato. Vorrei non essere mai uscita di casa’. Questa paura ha colpito profondamente anche le nostre studentesse. In molte, piangendo, hanno confermato quanto amano imparare, ma hanno chiesto di essere esentate dalla frequenza per qualche giorno, finché la situazione non si sarà calmata. Abbiamo deciso di sospendere le lezioni per due settimane. Anche oggi la polizia morale è passata diverse volte davanti al nostro centro e non possiamo mettere a repentaglio la sicurezza delle nostre studentesse. Sono giorni bui e pesanti, ma la vostra presenza e il vostro sostegno sono per noi una luce di speranza e conforto, la vostra solidarietà ci dà la forza per andare avanti”. Nel suo sito, RAWA NEWS informa: In un nuovo e più intenso attacco alle libertà delle donne, i Talebani hanno lanciato un’ondata di arresti arbitrari in tutto l’Afghanistan, prendendo di mira donne e ragazze accusate di aver violato l’interpretazione estremista che il gruppo dà delle regole sull’hijab. Solo nell’ultima settimana, decine di donne sono state arrestate a Kabul, Herat e Mazar-e-Sharif, applicando standard di “modestia” vaghi e mutevoli, senza alcun processo o giustificazione legale. Questi arresti avvengono in strade, centri commerciali, caffè e campus universitari, spazi pubblici dove le donne cercano semplicemente di condurre la propria vita quotidiana. A Kabul, nelle zone di Shahr-e-Naw, Dasht-e-Barchi e Qala-e-Fataullah, i testimoni hanno riferito che in alcuni casi le donne sono state aggredite fisicamente dagli agenti talebani prima di essere costrette a salire sui veicoli. Poi sono state trattenute nei cosiddetti “centri di moralità” – strutture gestite dal Ministero per la Promozione della Virtù e la Prevenzione del Vizio, un’istituzione temuta che ora opera come una forza di polizia religiosa – e rilasciate solo dopo che i loro tutori maschi avevano firmato garanzie scritte che avrebbero “corretto” il loro comportamento. Negli ultimi giorni a Herat sono state arrestate almeno 26 donne, molte delle quali giovani e alcune minorenni; a Mazar-e-Sharif una decina, sempre con l’accusa di non coprirsi completamente il volto. I funzionari talebani hanno confermato gli arresti, sostenendo che le donne erano state avvertite in precedenza. Secondo quanto riferito, le arrestate sono state trattenute senza poter usufruire di assistenza legale, contattare le proprie famiglie o ricevere cure mediche. Alcune famiglie hanno paura di far uscire di casa le proprie figlie, temendo che possano essere arrestate. Non per la religione, ma per il predominio Le Nazioni Unite e gli osservatori dei diritti umani hanno condannato questi arresti, ritenendoli delle gravi violazioni del diritto internazionale e un chiaro segno di apartheid di genere. Tuttavia, i Talebani non sembrano intenzionati a cedere. Anzi, i funzionari del ministero hanno raddoppiato le loro minacce, annunciando che qualsiasi donna trovata a indossare un “cattivo hijab” sarà punita immediatamente e senza preavviso. Queste azioni non riguardano la religione, ma il predominio: i Talebani usano l’imposizione del hijab come arma politica per mettere a tacere e cancellare le donne. Criminalizzando le normali scelte di abbigliamento, i Talebani inviano un messaggio agghiacciante: le donne non appartengono alla sfera pubblica e qualsiasi tentativo di affermare la propria presenza sarà represso con la forza. Si tratta di un’ulteriore fase del sistematico smantellamento dei diritti delle donne da parte dei Talebani, che include il divieto di istruzione per le ragazze oltre la prima media, il divieto per le donne di lavorare con le ONG e le organizzazioni internazionali e dure restrizioni nella possibilità di movimento  e nell’abbigliamento. Nonostante la crescente repressione, molte donne afghane resistono, rifiutandosi di scomparire, documentando gli abusi e parlando, anche a rischio della propria vita, ma le loro voci sono accolte con indifferenza dalla maggior parte della comunità internazionale. Il tempo delle condanne simboliche è finito. Le azioni dei Talebani equivalgono a una prolungata campagna di persecuzione di genere e devono essere trattate come tali. Senza una pressione internazionale concreta, il regime continuerà senza controllo la sua guerra contro le donne, incoraggiato dal silenzio di un mondo che un tempo aveva promesso di stare dalla parte del popolo afghano. Appello urgente: richiesta di aiuto per profughi afghani espulsi dall’Iran CISDA - Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane
Scandalo urbanistica a Milano. Sul mattone campo larghissimo
L’altra mattina a Radio Popolare sono andate in onda soltanto interviste ad esponenti milanesi del Partito Democratico (ti pareva) i quali, mentre i cementificatori si mangiavano Milano facendo schizzare i prezzi degli immobili alle stelle, tra una dormita e l’altra, hanno votato ogni porcheria possibile. Ora che sono partiti arresti […] L'articolo Scandalo urbanistica a Milano. Sul mattone campo larghissimo su Contropiano.
Mimì e Angelo sono liberi. La lotta dei disoccupati napoletani organizzati va avanti
Facciamo un passo indietro. Il giorno prima, giovedi10 luglio,è un giorno importante per i disoccupati che hanno partecipato ai corsi di formazione. C’è il click day per 800 persone che potranno accedere a contratti di lavoro. A ciò si è arrivato dopo anni di lotte dei disoccupati napoletani organizzate dai […] L'articolo Mimì e Angelo sono liberi. La lotta dei disoccupati napoletani organizzati va avanti su Contropiano.