Tag - Cina

Chi gioca alla guerra su Taiwan
Una doverosa premessa. Quella dei taiwanesi di preservare l’indipendenza del proprio governo e la loro democrazia è un’aspirazione ammirevole. Tuttavia Pechino avanza rivendicazioni storiche su un territorio il cui status è indefinito secondo il diritto internazionale. La contraddizione tra aspirazioni taiwanesi e rivendicazioni cinesi era stata risolta lasciandola irrisolta, con […] L'articolo Chi gioca alla guerra su Taiwan su Contropiano.
Socialismo digitale in Cina: innovazione e percorsi abilitati dalla tecnologia
Nell’attuale contesto storico dominato da un’ondata globale di digitalizzazione, le tecnologie digitali stanno penetrando in ogni angolo della società con una profondità e una ampiezza senza precedenti, trasformando radicalmente i modi di produzione e di vita delle persone. Il Rapporto sul lavoro del governo 2025 propone di stimolare la vitalità […] L'articolo Socialismo digitale in Cina: innovazione e percorsi abilitati dalla tecnologia su Contropiano.
Il Giappone provoca la Cina. Missili a medio raggio a poca distanza da Taiwan
Tra Pechino e Tokyo c’erano state scintille solo pochi giorni fa, dopo che la nuova prima ministra Sanae Takaichi aveva accennato alla possibilità di intervento militare nel caso in cui si aprisse uno scontro tra la Cina e Taiwan. Ora, i nipponici hanno deciso di posizionare dei missili terra-aria a […] L'articolo Il Giappone provoca la Cina. Missili a medio raggio a poca distanza da Taiwan su Contropiano.
Eco-marxismo e il Prometeo liberato
In Occidente, la modernizzazione ecologica come modello per affrontare i problemi ambientali è da tempo oggetto di critica da parte degli ecosocialisti e degli ecologisti radicali in generale. Al contrario, in Cina la modernizzazione ecologica come mezzo per porre rimedio ai problemi ambientali gode del forte sostegno dei marxisti ecologici. […] L'articolo Eco-marxismo e il Prometeo liberato su Contropiano.
Che succede tra Cina e Giappone?
Shanghai non può più essere colpita con missili Tomahawk dalla base dei marine di Iwakuni. I lanciatori Usa Typhon – rimasti nella prefettura giapponese di Yamaguchi ben oltre la durata del war game Usa-Giappone “Resolute Dragon 2025”, per il quale vi erano stati installati a settembre – sono stati infine […] L'articolo Che succede tra Cina e Giappone? su Contropiano.
La guerra degli Stati Uniti contro la Cina, il Venezuela e la sinistra internazionale
Ovunque si guardi, gli Stati Uniti sono in guerra: in patria, attraverso l’occupazione militare delle città, la violenza istituzionale e i rapimenti autorizzati dallo Stato; e all’estero, tramite coercizione economica, guerre per procura e interminabili interventi. In tempi come questi, quando è fin troppo facile lasciarsi sopraffare dalla natura inesauribile […] L'articolo La guerra degli Stati Uniti contro la Cina, il Venezuela e la sinistra internazionale su Contropiano.
Dall’equilibrio del terrore al mondo come comunità con un destino condiviso
Nell’ambito del Forum Internazionale di Studi internazionali sul Pensiero di Xi Jinping sul Socialismo con Caratteristiche Cinesi per una Nuova Era, convocato a Pechino per il 12 e 13 Novembre us, pubblichiamo la relazione che Paolo Ferrero ha tenuto nella cerimonia di apertura sul tema: “Cambiamenti inediti in un secolo e la governance della Cina”. L’incontro è ospitato dalla CASS (L’accademia cinese di Scienze Sociali) e organizzato tra gli altri dall’Accademia del marxismo. Buongiorno a tutti e tutte, cari amici della CASS grazie per l’invito. Cari compagni e compagne, Il “Pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era” si misura con la situazione concreta che sta vivendo il mondo che, a sua volta, è dialetticamente determinata in modo significativo dal ruolo che la Cina ha svolto dal 1949 in avanti. Brevemente: 1. La modernizzazione della Cina e lo sviluppo di altri paesi del Sud del mondo hanno posto le basi materiali per un mondo multipolare. 2. All’interno di questo quadro generale – in parallelo alla guerra tra Russia e NATO in Ucraina – è cresciuto enormemente il peso e il ruolo dei BRICS . Conseguentemente le basi materiali del multipolarismo sono evolute in un multipolarismo reale sul piano economico, tecnologico, finanziario, militare, culturale. 3. La nuova fase è quindi caratterizzata dalla perdita del ruolo di dominio unipolare degli Stati Uniti, dal declino dell’occidente imperialista e dalla crisi verticale dell’Unione Europea, che si comporta come un protettorato degli Stati Uniti e sta ponendo le condizioni per la sua dissoluzione. 4. Siamo in una vera e propria transizione epocale che riguarda gli assetti sociali mondiali, le potenze egemoni e il ridisegno delle relazioni tra gli individui, le classi, i popoli e le nazioni a livello globale. 5. Il tentativo delle classi dominanti occidentali di impedire questa transizione è all’origine del caos mondiale e dei rischi di Terza Guerra Mondiale. 6. L’alleanza tra Cina e Russia ha portato la deterrenza strategica ad un livello tale da rendere molto pericoloso – e quindi difficilmente praticabile – da parte delle elites occidentali, la strada della guerra mondiale per cercare di conservare i propri privilegi. 7. Siamo quindi in una fase in cui la pace mondiale è fondata su un equilibrio del terrore tra le maggiori superpotenze. In questa situazione alto è il rischio che il multipolarismo degeneri concretamente in una spartizione del mondo in aree di influenza con la conseguente pratica di guerre “regionali” di cui nessuno sarebbe in grado di prevedere gli esiti. 8. Per determinare un nuovo equilibrio e una nuova forma di civiltà umana è quindi necessario fare un passo in avanti al fine di costruire un multipolarismo fondato sulla pace, la giustizia, la cooperazione, il rispetto della natura e sul disarmo. 9. A tal fine considero molto utili due idee forza del pensiero di Xi Jinping sul socialismo con caratteristiche cinese nella nuova era. La prima è l’idea di “costruire una comunità umana dal futuro condiviso”. L’idea cioè che l’umanità nella sua totalità possa riconoscersi reciprocamente come comunità di umani il cui futuro è comune. Si tratta di una importantissima proposizione universalistica fondata sul rispetto e sul reciproco riconoscimento. Questa impostazione supera positivamente quella che ha caratterizzato il liberismo occidentale, che identifica i propri valori con i valori universali e la propria storia con la storia universale. Questa impostazione, realmente universalistica, ha una attualissima conseguenza politica. Come abbiamo visto, oggi l’imperialismo occidentale ha perso la sua posizione dominante ma è purtuttavia nelle condizioni di poter distruggere il mondo con il proprio arsenale atomico. L’imperialismo occidentale non può più vincere ma può far perdere tutti. In questa situazione, la forza militare ha oggi determinato quello che poteva produrre senza venir utilizzata: la deterrenza fondata sull’equilibrio del terrore. Si tratta di una situazione di stallo non superabile per via militare in quanto nessun rafforzamento militare è in grado di abolire la distruttività dell’avversario ed anzi, la creazione di un palese squilibrio, potrebbe dar luogo a reazioni irrazionali distruttive. Un avanzamento positivo della prospettiva umana non può quindi essere affidato all’ulteriore aumento della capacità distruttiva ed alla sconfitta dell’avversario: deve essere fondato sulla modifica dell’avversario, sul suo convincimento ad assumere il tema della comunità umana dal futuro condiviso come il proprio orizzonte. E’ necessario che l’esibizione della forza si accompagni alla lotta per l’egemonia – parafrasando un grande marxista italiano come Antonio Gramsci – al fine di modificare l’immaginario occidentale nella prospettiva di costruire una comunità umana mondiale con un futuro condiviso. Questa è una tappa indispensabile per il rilancio del disarmo, che è la nostra prospettiva. Riassumendo, il raggiungimento di un equilibrio strategico multipolare a livello mondiale ha quindi aperto una nuova fase caratterizzata dalla lotta per l’egemonia su quale dev’essere il futuro dell’umanità. Siamo di fronte ad una scelta: da un lato una comunità con il futuro condiviso, dall’altra uno scontro di civiltà fondato sulla guerra, il razzismo e i privilegi. A partire dal fatto che nessuno può vincere la terza guerra mondiale in quanto significherebbe la fine dell’umanità, occorre mettere al centro della proposta comunista per il XXI secolo il progetto di “costruire una comunità umana dal futuro condiviso”. Il secondo elemento che voglio sottolineare brevemente del pensiero di Xi Jingping riguarda la garanzia dell’armonia tra l’uomo e la natura. L’idea che occorra costruire una sicurezza ecologica globale, fondata sul risparmio energetico e la protezione ambientale, è fondamentale per evitare l’autodistruzione della specie umana. Pace, rispetto dell’ambiente e giustizia sociale sono i tre pilastri di una nuova era. Dopo aver sottolineato questi elementi che a mio parere hanno valore universale, voglio terminare con una breve considerazione. Grazie alle scelte fatte in Cina nel corso degli anni, lo sviluppo delle forze produttive si è progressivamente coniugato con la redistribuzione del reddito, il superamento delle differenze tra le regioni e tra i territori, l’estensione dei diritti sociali e del diritto all’istruzione. Come coniungare questo generale sviluppo delle forze produttive con una ulteriore modifica dei rapporti di produzione mi pare la frontiera aperta su cui aprire la discussione. Una frontiera cruciale quella della modifica dei rapporti di produzione, perché riguarda la struttura della società e il tipo di rapporti sociali che riproduce nel suo svilupparsi. Proprio la modernizzazione cinese ci permette e ci invita oggi ad aprire questa riflessione cruciale, non rinvibile, per tutto il movimento marxista e comunista. Pechino, 12 novembre 2025 Paolo Ferrero
Marxismo Ecologico nell’Antropocene. Intervista a John Bellamy Foster
Marxismo Ecologico nell’Antropocene Intervista a John Bellamy Foster, di Xu Tao and LvJiayi John Bellamy Foster è editore di Monthly Review e professore emerito di sociologia presso l’Università dell’Oregon. È autore, tra gli altri, di The Dialectics of Ecology (2024) e di Breaking the Bonds of Fate: Epicurus and Marx […] L'articolo Marxismo Ecologico nell’Antropocene. Intervista a John Bellamy Foster su Contropiano.
Tra Xi e Trump è solo tregua
L’esito del vertice tra Xi Jinping e Donald Trump che si è svolto ieri a Busan non riuscirà nemmeno a rallentare la rivalità tra Cina e Stati Uniti, ma è importante, anzitutto perché segnala che la potenza in ascesa e quella egemone cercano compromessi. Per arrivare al “Phase One” del […] L'articolo Tra Xi e Trump è solo tregua su Contropiano.
La tregua armata tra Xi e Trump
Articolo di Daniel Cheng I due uomini più potenti del mondo, Donald Trump e Xi Jinping, hanno appena concluso il loro primo incontro di persona dal 2019. Una breve tregua tra Stati uniti e Cina dopo mesi di intenso conflitto geoeconomico. In cambio dell’aiuto cinese nella repressione del fentanyl, Trump ha accettato di ridurre i dazi sulle esportazioni cinesi al 10%. Gli Stati uniti hanno anche accettato una sospensione di un anno su una prevista espansione delle sanzioni, e la Cina ha ricambiato con una sospensione analoga sui controlli sulle esportazioni di minerali di terre rare, recentemente annunciati. Entrambe le parti hanno anche concordato una proroga di un anno delle reciproche tasse portuali per le navi cinesi e statunitensi. La Cina riprenderà gli acquisti di soia americana e si impegnerà a trovare una soluzione alle preoccupazioni americane sulla proprietà di TikTok. È positivo che Stati uniti e Cina siano finalmente riusciti a trovare un terreno comune. Ma uno sguardo più attento alla più ampia traiettoria delle relazioni tra Usa e Cina mostra che c’è poco di cui essere ottimisti. Dopo decenni di «Chimerica» – il sogno liberale di legami economici sempre più stretti tra le due maggiori economie mondiali – Stati uniti e Cina sono entrambi impegnati in un processo di scorporo delle rispettive catene di approvvigionamento e di rafforzamento dei rispettivi mercati per eliminare le reciproche dipendenze. TARIFFE E COMMERCIO Trump ha lanciato la guerra commerciale durante il suo primo mandato con troppa enfasi, conquistando i titoli dei giornali mentre lui e il suo team annunciavano la morte della globalizzazione. Ma rispetto all’attuale guerra commerciale, il precedente conflitto commerciale di Trump somigliava appena a una scaramuccia. Durante il primo mandato del presidente, i dazi si collocavano in media intorno al 20% e sono stati applicati solo nel secondo anno del suo mandato, dopo mesi di indagini sulle Sezioni 232 e 301 [rispettivamente del Trade Expansion Act e del Trade Act, ndt]. Contrariamente alla sua precedente, relativa, moderazione, Trump ha iniziato il secondo mandato con decisione e ha dimostrato molto meno rispetto per il proceduralismo legale. I dazi imposti nel «Liberation day» di aprile hanno invocato l’International Emergency Economic Powers Act per evitare un’indagine prolungata, nonostante la legge fosse riservata alle emergenze nazionali. I dazi iniziali sulla Cina ammontavano al 54%, ma l’immediata rappresaglia scatenatasi li ha aumentati fino a un picco del 145%, a cui Xi Jinping ha risposto imponendo dazi del 125% sulle merci americane. Mentre entrambi i paesi si sono rapidamente allontanati dal baratro di un embargo commerciale di fatto, i dazi statunitensi, in media intorno al 57%, sono rimasti in vigore dopo il tira e molla del Liberation day. Quest’incontro ha portato a una riduzione dei dazi del 10%, abbassando la media al 47%. È improbabile che questa lieve de-escalation annulli i grandi cambiamenti nei flussi commerciali globali causati dalla seconda fase della guerra commerciale. Tra aprile e giugno, il commercio bilaterale tra Stati uniti e Cina è diminuito di 41 miliardi di dollari, con un calo del 23% su base annua. Ritirandosi dagli Stati uniti, gli esportatori cinesi hanno trovato mercati sostitutivi in Europa e Asia, un cambiamento che non sembra rappresentare un semplice trasbordo verso gli Usa attraverso paesi terzi. Ci sono buone ragioni per pensare che questi paesi non saranno in grado di sostituire gli Stati Uniti a lungo termine, dato il loro basso potere d’acquisto e la riluttanza ad assorbire gli enormi surplus commerciali della Cina. E nonostante la flessione degli scambi commerciali, Stati uniti e Cina continuano a costituire la più grande relazione commerciale bilaterale al mondo. Ciononostante, la riduzione del 10% lascia ancora un’enorme tariffa del 47% e l’uso sconsiderato di questa sanzione economica da parte di Trump significa che questo numero può salire alle stelle in qualsiasi momento. Dovremmo aspettarci un ulteriore sganciamento del commercio bilaterale in futuro. SANZIONI ECONOMICHE ATTRAVERSO L’ENTITY LIST Sebbene i dazi abbiano attirato molta più attenzione, la «Entity List» si è rivelata un’arma ancora più incisiva nella guerra economica americana. La Entity List è stata pubblicata dal Dipartimento del Commercio e include individui, istituzioni e aziende straniere soggette a rigorosi requisiti commerciali e sanzionatori. Tutte le aziende, comprese quelle non americane, sono tenute a ottenere licenze dal governo degli Stati uniti per esportare verso i paesi presenti nella Entity List e rischiano multe salate o pene detentive per la violazione di tali restrizioni. La Entity List è entrata al centro del conflitto tra Stati uniti e Cina nel maggio 2019, quando Trump ha aggiunto il colosso tecnologico cinese Huawei, escludendolo da ampie fasce di componenti hardware, software e proprietà intellettuale statunitensi. L’amministrazione Trump ha prontamente ampliato la lista a ottobre, giustificandola con le violazioni dei diritti umani commesse dalla Cina contro gli uiguri nello Xinjiang. Gli Stati uniti hanno lanciato un altro attacco a Huawei nell’agosto 2020 con l’estensione della Foreign-Produced Direct Product Rule (Fdpr). Queste norme conferiscono agli Stati uniti il controllo extraterritoriale sul commercio di beni prodotti all’estero se utilizzano tecnologia americana, indipendentemente dal fatto che tocchino o meno i confini americani. Dato che quasi tutti i semiconduttori avanzati richiedono a un certo punto la tecnologia statunitense, la Fdpr ha rappresentato un’affermazione del controllo americano sull’intera filiera dei semiconduttori. L’amministrazione Biden ha proseguito la tendenza di Trump a imporre sanzioni economiche alla Cina, ma in modo più mirato. Aziende specifiche ritenute complici dell’invasione russa dell’Ucraina sono state aggiunte alla Entity List. Ancora più importante, Biden ha avviato un’offensiva a tutto campo contro l’industria cinese dei semiconduttori nel 2022, annunciando una serie progressiva di nuove restrizioni all’esportazione di chip fino alla sua ultima settimana di mandato. Settembre ha segnato l’ultima escalation dei controlli sulle esportazioni statunitensi con l’annuncio della «Affiliate Rule», che avrebbe aggiunto decine di migliaia di organizzazioni in più alla Entity List. Mentre i funzionari del governo statunitense potrebbero aver interpretato questa come un semplice modo per evitare le scappatoie, la nuova norma ha fatto infuriare la Cina e probabilmente ha provocato i più recenti controlli sulle esportazioni di minerali di terre rare da parte della Repubblica Popolare. Fortunatamente, questo incontro ha visto una tregua in cui entrambe le parti hanno concordato di rinviare i rispettivi controlli sulle esportazioni di un anno. Sebbene evitare una grave escalation sia motivo di festa, questa tregua è solo temporanea e non annulla nessuna delle sanzioni già draconiane implementate in precedenza. La continua espansione delle sanzioni americane ha danneggiato le aziende cinesi, ma ha anche spinto la Repubblica Popolare Cinese a procedere verso l’autarchia tecnologica. Il nuovo piano quinquennale del governo cinese raddoppia il suo impegno per l’autosufficienza tecnologica. La necessità è madre dell’innovazione e Huawei è stata costretta a creare alternative nazionali ora che è stata tagliata fuori dalla tecnologia americana. La perdita dell’accesso al sistema operativo Android ha spinto Huawei ad accelerare lo sviluppo della sua alternativa, HarmonyOS, che ora detiene una quota di mercato maggiore di AppleOS in Cina. Sebbene i controlli sulle esportazioni di chip di Joe Biden avessero lo scopo di frenare il progresso della Cina nel settore dei semiconduttori avanzati, potrebbero aver avuto l’effetto opposto. Lo Stato cinese desiderava da tempo promuovere una filiera di fornitura di chip cinese verticalmente integrata, ma si è scontrato con la resistenza delle aziende tecnologiche nazionali che volevano approvvigionarsi dai migliori fornitori occidentali. Gli Stati uniti hanno essenzialmente aiutato il Partito comunista cinese a ottenere ciò che non poteva fare da solo: costringere le aziende tecnologiche cinesi ad approvvigionarsi dai propri fornitori nazionali. Senza accesso ai fornitori di chip occidentali, l’ecosistema cinese dei semiconduttori si è sviluppato rapidamente negli ultimi anni. Le aziende nazionali, inizialmente scavalcate dai loro concorrenti occidentali di livello superiore, hanno improvvisamente ottenuto un’enorme domanda da parte dei giganti della tecnologia cinese. L’ecosistema cinese dei semiconduttori è ancora lontano dall’essere all’avanguardia, ma le sanzioni americane lo hanno reso molto più resiliente e autosufficiente. TERRE RARE Dai veicoli elettrici ai jet da combattimento, le terre rare (Ree) sono input essenziali per quasi tutti i beni tecnologici moderni. Sebbene siano in realtà geologicamente abbondanti, la Cina detiene un quasi monopolio sui processi di raffinazione che rendono il minerale grezzo di terre rare utilizzabile nella produzione industriale. Con l’obiettivo di contrastare il potente regime di sanzioni economiche di Washington, Pechino ha cercato di costruirne uno proprio sfruttando questo cruciale collo di bottiglia della catena di approvvigionamento. Il primo utilizzo da parte di Pechino delle sanzioni sulle terre rare è stato contro il Giappone nel 2010. Ma la potenza di quest’arma economica ha raggiunto un’importanza globale negli ultimi anni. In risposta ai dazi imposti da Trump ai sensi della Sezione 232 all’inizio di aprile, la Cina ha imposto requisiti di licenza per l’esportazione su diverse terre rare, costringendo le aziende a sottoporsi a un oneroso processo di richiesta. Questi controlli hanno rapidamente creato numerosi shock nella catena di approvvigionamento che hanno portato alla chiusura delle fabbriche. Il conflitto è stato risolto con il ritiro di Trump di alcuni dei suoi dazi e la concessione da parte della Cina di licenze di esportazione di terre rare ad aziende americane non militari. Tuttavia, queste licenze durano solo sei mesi e sono destinate a scadere a breve. Le sanzioni sulle terre rare sono tornate a farsi sentire all’inizio di ottobre, poche settimane prima dell’incontro Trump-Xi. In risposta all’espansione dei controlli sulle esportazioni statunitensi, la Cina ha introdotto nuovi controlli sulle esportazioni di terre rare, molto più aggressivi di qualsiasi altro precedente. Queste nuove sanzioni di vasta portata potrebbero richiedere l’approvazione cinese per il commercio di qualsiasi merce contenente anche solo tracce di terre rare cinesi, anche se tale commercio non coinvolge aziende cinesi o non attraversa i confini cinesi. Nell’interpretazione più massimalista, ciò potrebbe conferire alla Cina un potere di veto su tutto il commercio globale di beni tecnologici. Questi recenti controlli sulle esportazioni hanno rappresentato il ricorso più esteso della Cina alle sanzioni economiche fino a oggi. Non solo potrebbero applicarsi a un’ampia gamma di beni, ma si ispirano anche al modello americano, consentendo a Xi di regolamentare il commercio tra paesi oltre i confini cinesi. L’incontro ha portato a una pausa di un anno su questi nuovi controlli sulle terre rare. Data la loro ampiezza, non sorprende che la Cina abbia fatto marcia indietro. L’ampiezza delle sanzioni ha fatto sì che molti altri paesi si trovassero nel mirino. In alcuni casi, questa vulnerabilità ha rafforzato la determinazione a ridurre la dipendenza dalla Cina. Questa reazione non era chiaramente prevista dalla Repubblica Popolare, che ha risposto con molteplici dichiarazioni che ne hanno attenuato i toni. Inoltre, è improbabile che Pechino possa effettivamente applicare questi controlli sulle esportazioni, data la loro natura di vasta portata e la relativa mancanza di esperienza della Cina nell’uso di questo tipo di arma economica. Ma nonostante questo cessate il fuoco temporaneo, l’Occidente si è mosso rapidamente per coprire questa evidente vulnerabilità della catena di approvvigionamento. All’inizio del secondo mandato di Trump, il Dipartimento della Difesa ha acquisito una partecipazione azionaria in MP Materials, un’azienda americana produttrice di terre rare, nel tentativo di rilanciare la capacità produttiva degli Stati uniti. Anche l’australiana Lynas sta contribuendo a ridurre la dipendenza dalle terre rare cinesi. Inoltre, alcune aziende stanno cercando soluzioni ingegneristiche per ridurre del tutto la necessità di terre rare. Non è chiaro quanto successo avranno questi sforzi, data la lunga atrofia delle capacità produttive occidentali di terre rare e la scarsità geologica di alcune terre rare specifiche. Allo stesso modo in cui le sanzioni americane sui semiconduttori hanno motivato la Cina a consolidare una catena di approvvigionamento autosufficiente, i controlli sulle esportazioni cinesi potrebbero rivitalizzare l’industria occidentale delle terre rare. Nonostante le ostilità in corso tra Stati uniti e Cina, l’attuale tregua è benvenuta, sebbene rappresenti solo un piccolo allentamento delle crescenti tensioni che si sono sviluppate tra le due nazioni negli ultimi anni. Nonostante Trump abbia valutato l’incontro «da 12 su 10», le poche concessioni che ha strappato a Xi – piccole modifiche alle tasse portuali e ai dazi sulla soia, richieste dalle pressioni degli agricoltori americani – sono relativamente irrilevanti. Cina e Stati uniti hanno sospeso i piani per imporre le sanzioni economiche più ingenti, ma si tratta solo di una ritirata temporanea. Non è chiaro se anche questa breve tregua di un anno reggerà davvero. La natura capricciosa di Trump implica che l’accordo potrebbe essere fatto saltare per qualsiasi presunta mancanza di rispetto. Nulla nelle discussioni ha toccato le tensioni fondamentali create dal tentativo americano di mantenere il primato globale, le politiche industriali e commerciali della Cina e i conflitti su Taiwan e il Mar Cinese Meridionale. Le relazioni tra Stati uniti e Cina rimangono su un sentiero pericoloso, con entrambe le parti che cercano di isolarsi l’una dall’altra. Non c’è nulla nel vertice Trump-Xi che indichi che questa traiettoria discendente cambierà. Nella migliore delle ipotesi, possiamo sperare che la guerra economica non si trasformi in una vera e propria guerra. *Daniel Cheng ha un dottorato in Sociologia ed è ricercatore indipendente di economia politica e tecnologia cinese. Questo articolo è uscito su Jacobin Mag, la traduzione è a cura della redazione. L'articolo La tregua armata tra Xi e Trump proviene da Jacobin Italia.