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Il conflitto tra Cambogia e Tailandia
Da pochi giorni scaramucce militari che da mesi impegnavano eserciti della Tailandia e della Cambogia sul confine sono diventate un vero e proprio conflitto armato. I media occidentali spiegano il tutto con la volontà di entrambe le parte di avere nei propri confini il tempio di Preah Vihear. Cercando di approfondire la questione, possiamo vedere che, come spesso succede, le cause profonde risalgono ai confini artificiali segnati dalle potenze coloniali europee, in questo caso la Francia, inoltre il conflitto è da inquadrare nella gestione del potere di due famiglie che di fatto dominano i due paesi da decenni, la famiglia Hun in Cambogia e la famiglia Shinawatra in Tailandia che è in competizione con i militari. Oggi 28 luglio a Kuala Lumpur il primo colloquio di pace
Il tentativo di rimuovere 24 deputati di Taiwan considerati ‘filo-cinesi’ è fallito
Sabato si è svolto un voto particolare a Taiwan, che segna una dura sconfitta per la linea dura verso Pechino. La tornata elettorale indetta per rimuovere 24 deputati appartenenti al partito del Kuomintang (KMT), che si trova su posizioni più concilianti nel rapporto con la Cina, non ha portato alla […] L'articolo Il tentativo di rimuovere 24 deputati di Taiwan considerati ‘filo-cinesi’ è fallito su Contropiano.
[Da Roma a Bangkok] Cina: le ferrovie e la torta sempre più grande
L'espansione dei sistemi di trasporto ha un impatto diretto sulla crescita economica: attivando una nuova rete di collegamento e trasporto, si crea una nuova economia che prima non c’era. Non è tanto che le aree in cui vengono costruiti nuovi sistemi di trasporto riescono ad accaparrarsi una fetta più grande della – per così dire – torta economica bensì che i collegamenti e i trasporti creano una torta più grande, come ripetono i governanti cinesi. La Cina, economia pianificata, ha deciso di darci dentro su questo concetto di espandere la torta e negli ultimi anni ha ricostruito e sviluppato la sua rete ferroviaria interna in un modo che non ha precedenti a livello mondiale costruendo più chilometri di ferrovie, specialmente ad alta velocità, di qualsiasi altro paese nel mondo. Ha poi reinvestito il  surplus di capacità acquisito nella costruzione di ferrovie in altri paesi connettendo la propria rete ferroviaria  alla Belt and Road Initiative, con collegamenti merci tra Cina ed Europa e altri paesi asiatici, rafforzando il ruolo della Cina nel commercio globale.
Eccesso d’incapacità
Ursula von der Leyen ce l’ha messa davvero tutta per far fallire il vertice annuale UE-Cina, che si svolgerà a fine mese a Pechino. E, alla fine, i continui attacchi della presidente della Commissione europea hanno contribuito a far sì che quello del 24 luglio sarà un summit nato morto. […] L'articolo Eccesso d’incapacità su Contropiano.
Chi controlla le terre rare controlla il mondo
Quando a fine anni ’80 Deng Xiaoping affermò che “il Medio Oriente ha il petrolio, la Cina le terre rare”, in pochi diedero il giusto peso alla dichiarazione dell’allora leader della Repubblica Popolare cinese. Come invece sempre più spesso accade, il Dragone asiatico dimostrò di avere la capacità di immaginare e mettere in atto strategie di lungo termine: le terre rare, infatti, rappresentano oggi uno dei maggiori motivi di frizione geopolitica nel mondo, a causa dell’elevata richiesta e del loro complesso approvvigionamento, di cui la Cina detiene il monopolio. Praticamente nessun settore industriale ad alta tecnologia può farne a meno, da quello militare – per missili guidati, droni, radar e sottomarini – a quello medico, in cui sono impiegate per risonanze magnetiche, laser chirurgici, protesi intelligenti e molto altro ancora. Non fa eccezione il settore tecnologico e in particolare quello legato allo sviluppo e all’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Come spiega Marta Abbà, fisica e giornalista esperta di temi ambientali, le terre rare possiedono qualità magnetiche uniche e sono eccellenti nel condurre elettricità e resistere al calore, e anche per questo risultano essenziali per la fabbricazione di semiconduttori, che forniscono la potenza computazionale che alimenta l’AI, per le unità di elaborazione grafica (GPU), per i circuiti integrati specifici per applicazioni (ASIC) e per i dispositivi logici programmabili (FPGA, un particolare tipo di chip che può essere programmato dopo la produzione per svolgere funzioni diverse). Sono inoltre cruciali per la produzione di energia sostenibile: disprosio, neodimio, praseodimio e terbio, per esempio, sono essenziali per la produzione dei magneti utilizzati nelle turbine eoliche. Senza terre rare, quindi, si bloccherebbe non solo lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, ma anche quella transizione energetica che, almeno in teoria, dovrebbe accompagnarne la diffusione rendendola più sostenibile. Insomma, tutte le grandi potenze vogliono le terre rare e tutte ne hanno bisogno, ma pochi le posseggono. Leggi l'approfondito articolo di Del Monte
La macchina da guerra Usa in mano alla Cina
Ipotizziamo che la Cina vada in guerra con il paese contro il quale mai vorrebbe combattere, gli Stati Uniti d’America. Ebbene in un simile conflitto partirebbe con un vantaggio non da poco: la dipendenza dell’apparato di difesa Usa dall’industria cinese. Il 2025 National Security Scorecard appena pubblicato da govini, l’ha messa così: […] L'articolo La macchina da guerra Usa in mano alla Cina su Contropiano.
La Cina offre un’alternativa al “tecnofeudalesimo” occidentale
All’inizio del secolo, l’innovazione globale seguiva un copione occidentale. La Silicon Valley dominava il mondo nell’innovazione. L’Europa esportava standard e governance. L’Asia, invece, era relegata a ruolo di produttore, assemblatore e consumatore. Ma l’ordine globale dell’innovazione sta cambiando. Secondo l’ultimo Edelman Trust Barometer, la trasformazione riguarda non solo le capacità tecniche, […] L'articolo La Cina offre un’alternativa al “tecnofeudalesimo” occidentale su Contropiano.
Sua Santità il XIV Dalai Lama: “Proseguirà l’istituzione del Dalai Lama e il suo riconoscimento spetterà al Gaden Phodrang Trust”
L’istituzione del Dalai Lama continuerà e “il processo di riconoscimento” di una nuova massima autorità spirituale del Buddismo tibetano della scuola Gelug “sarà di esclusiva competenza dei membri del Gaden Phodrang Trust, l’Ufficio di Sua Santità il Dalai Lama”, l’unico “ad avere l’autorità di riconoscere la futura reincarnazione”. Il XIV Dalai Lama, Tenzin Gyatso, nella dichiarazione odierna, ha ribadito che “nessun altro ha la stessa autorità per interferire in questa questione”, escludendo qualsiasi ruolo di Pechino. Il governo cinese risponde affermando che il successore del Dalai deve essere “approvato dal governo centrale” cinese, come ha detto la portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning, il quale ha dichiarato: “La reincarnazione del Dalai Lama, del Panchen Lama e di altre grandi figure del Buddismo devono essere scelte per estrazione a sorte da un’urna d’oro e poi approvate dal governo centrale”. Il Dalai Lama ha fornito le indicazioni sulla successione a pochi giorni dal suo 90esimo compleanno, che cade il 6 luglio, dal suo esilio in India, dove si è rifugiato dall’età di 23 anni, da quando l’Esercito Popolare di Liberazione piegò la rivolta armata in Tibet contro i comunisti di Mao Zedong nel 1959. La vicenda del successore è motivo di inquietudine per Pechino perché Tenzin Gyatso nel suo nuovo libro pubblicato a marzo 2025 (‘Voice for the Voiceless’) ha scritto che il suo successore nascerà fuori dalla Cina, nel “mondo libero”, quando in precedenza aveva detto che avrebbe potuto reincarnarsi fuori dal Tibet, forse in India. Riportiamo la Dichiarazione integrale pubblicata dal Gaden Phodrang Trust, l’Ufficio di Sua Santità il Dalai Lama: Il 24 settembre 2011, in occasione di una riunione dei capi delle tradizioni spirituali Tibetane, ho rilasciato una dichiarazione ai connazionali in Tibet e fuori dal Tibet, ai seguaci del Buddhismo Tibetano e a coloro che hanno un legame con il Tibet e i Tibetani, riguardo all’opportunità di continuare l’istituzione del Dalai Lama. Ho dichiarato: “Già nel 1969 ho detto chiaramente che le persone interessate dovrebbero decidere se le reincarnazioni del Dalai Lama debbano continuare in futuro”. Ho anche detto: “Quando avrò circa novant’anni, consulterò gli alti Lama delle tradizioni buddhiste Tibetane, il pubblico Tibetano e altre persone interessate che seguono il Buddhismo Tibetano, per rivalutare se l’istituzione del Dalai Lama debba continuare o meno”. Sebbene non abbia avuto discussioni pubbliche su questo tema, negli ultimi 14 anni leader delle tradizioni spirituali Tibetane, membri del Parlamento Tibetano in Esilio, partecipanti a un’Assemblea Generale Straordinaria, membri dell’Amministrazione Centrale Tibetana, ONG, buddhisti della regione Himalayana, della Mongolia, delle repubbliche buddhiste della Federazione Russa e buddhisti dell’Asia, compresa la Cina continentale, mi hanno scritto con ragioni, chiedendo vivamente che l’istituzione del Dalai Lama continui. In particolare, ho ricevuto messaggi attraverso vari canali dai Tibetani in Tibet che hanno lanciato lo stesso appello. In accordo con tutte queste richieste, affermo che l’istituzione del Dalai Lama continuerà. Il processo di riconoscimento di un futuro Dalai Lama è stato chiaramente stabilito nella dichiarazione del 24 settembre 2011, in cui si afferma che la responsabilità di tale riconoscimento spetta esclusivamente ai membri del Gaden Phodrang Trust, l’Ufficio di Sua Santità il Dalai Lama. Essi dovranno consultare i vari capi delle tradizioni buddhiste tibetane e gli affidabili Protettori del Dharma legati da giuramento che sono indissolubilmente collegati al lignaggio dei Dalai Lama. Dovrebbero quindi svolgere le procedure di ricerca e riconoscimento in conformità con la tradizione passata. Ribadisco che il Gaden Phodrang Trust ha la sola autorità di riconoscere la futura reincarnazione; nessun altro ha l’autorità di interferire in questa materia. Dalai Lama Dharamshala 21 Maggio 2025   Dichiarazione che afferma il proseguimento dell’istituzione del Dalai Lama https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2025/07/02/dalai-lama-esclude-la-cina-dal-riconoscimento-del-suo-successore_93682424-007c-4a91-bfb2-3de563c9d4f2.html   Lorenzo Poli
Hong Kong e Cina
Hong Kong, cinque anni di Legge sulla sicurezza nazionale: per Amnesty International, oltre 80 procedimenti su 100 ingiustificati In occasione del quinto anniversario dell’entrata in vigore della Legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong, una ricerca di Amnesty International ha rivelato che oltre l’80 per cento delle persone sottoposte a procedimenti sono state ingiustificatamente criminalizzate. Dall’analisi dei 255 casi individuali di applicazione della legislazione vigente dal 30 giugno 2020, in quasi 90 casi su 100 è stata negata la libertà su cauzione e le persone hanno dovuto attendere in media 11 mesi in carcere prima di essere processate. “I timori che avevamo sollevato nel 2020 si sono rivelati fondati. Il Governo di Hong Kong deve cessare di punire la legittima espressione delle idee col pretesto della sicurezza nazionale”, ha dichiarato Sarah Brooks, direttrice di Amnesty International per la Cina. “Questa durissima legge e altri provvedimenti sulla sicurezza nazionale che ne sono derivati hanno eroso le garanzie di legge che una volta costituivano le basi per la protezione dei diritti umani a Hong Kong. Ne è derivato un colpo devastante alla possibilità della popolazione di esprimere le proprie idee senza paura di finire in carcere”, ha aggiunto Brooks. La ricerca di Amnesty International analizza modalità di arresto, decisioni su richieste di libertà su cauzione e procedimenti giudiziari ai sensi della Legge sulla sicurezza nazionale e di altre norme sicuritarie. Le principali preoccupazioni emerse sono: la criminalizzazione dell’esercizio legittimo del diritto umano alla libertà d’espressone, la bassa percentuale di concessione della libertà su cauzione e la detenzione per lunghi periodi di tempo della maggior parte delle persone accusate. Nei 78 procedimenti portati a termine ai sensi della Legge sulla sicurezza nazionale, almeno 66 (ossia l’84,6 per cento) hanno riguardato l’espressione legittima delle proprie idee, che non dovrebbe mai essere criminalizzata secondo gli standard internazionali, senza alcuna prova di condotte violente o di incitamento alla violenza. Se si considerano nel conteggio anche le accuse di “sedizione” ai sensi dell’Articolo 23 e della normativa ad esso precedente, si arriva ad almeno 108 casi su 127 (l’85 per cento) in cui espressioni legittime delle proprie idee sono state ingiustamente sottoposte a procedimenti giudiziari. I tribunali hanno negato la libertà su cauzione in 129 casi relativi alla sicurezza nazionale, corrispondenti all’89 per cento del totale. In questi 129 casi, la durata media della detenzione è stata di 328 giorni. In 52 casi (il 40,3 per cento del totale) il tempo trascorso in carcere prima del processo o del patteggiamento è stato pari o superiore a un anno. “In cinque anni, la Legge sulla sicurezza nazionale ha trasformato Hong Kong da una città nota per la tolleranza e il dibattito aperto in un luogo di repressione e di autocensura. Quella legge non solo è stata scritta in modo da violare clamorosamente gli standard internazionali sui diritti umani, ma è anche applicata per prendere di mira le voci dell’opposizione e rafforzare un clima di paura”, ha commentato Brooks. “La nostra ricerca ha dimostrato che un’ampia maggioranza delle persone incriminate per reati contro la sicurezza nazionale ha agito interamente nell’ambio dei propri diritti. Ma intanto le procure continuano ad aprire indagini ai sensi della Legge sulla sicurezza nazionale e ricorrono in appello contro le rare assoluzioni. I governi dovrebbero usare la propria influenza per chiedere alle autorità di Hong Kong e delle Cina di abrogare quella legge”, ha sottolineato Brooks. “Nell’immediato, il governo di Hong Kong dovrebbe immediatamente cessare di applicare la normativa sulla sicurezza nazionale. Come minimo, dovrebbe ripristinare l’istituto della libertà su cauzione in attesa del processo. Nessuno dovrebbe languire in carcere semplicemente per aver esercitato il diritto alla libertà di espressione”, ha concluso Brooks. Amnesty International ha presentato le conclusioni della sua ricerca al governo di Hong Kong, che le ha respinte definendole “una distorsione della realtà” e sostenendo che la Legge sulla sicurezza nazionale “ha ripristinato il godimento dei diritti e delle libertà”. Amnesty International
[Da Roma a Bangkok] Il Complesso Disinformativo Industriale Statunitense in Asia
Dalla guerra fredda a oggi, quello che possiamo chiamare il complesso disinformativo statunitense, ossia l'operato di agenzie che lavorano per il governo Usa, quali Usaid, cioè l'agenzia responsabile dell’amministrazione degli aiuti allo sviluppo, Ned, National Endowment for Democracy, e media quali Radio Free Asia, Radio Free, Voice of America... ha lavorato per influenzare i addirittura determinare la politica di molti Stati nel mondo. Qui vi proponiamo una carrallata di quello che è successo in alcuni Stati dell'Asia fino a quando, nel gennaio scorso, il neopresidente Donald Trump e il suo tagliagole Musk hanno deciso di togliere i fondi a tutte queste agenzie. Cosa ne sappiamo noi in Occidente? Le notizie che ci arrivano sull'Asia sono credibili o sono costruite con i dollari americani? Quando ci dicono che il comunismo è finito e Cina, Laos e Vietnam non sono comunisti ci dobbiamo credere o è propaganda Usa? La nostra credulità come si collega all'"orientalismo" (E. Said) che sempre ha forgiato la lettura dell'Occidente sull'Asia?