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Boicottaggio e diritti umani: a Napoli cresce il movimento BDS
NEL VENTENNALE DEL MOVIMENTO INTERNAZIONALE BDS CRESCE ANCHE A NAPOLI L’IMPEGNO PER I DIRITTI DEL POPOLO PALESTINESE: NASCE UN NODO CITTADINO, SI RAFFORZA LA RETE SPLAI E SI PREPARA L’INCONTRO CON UNO DEI FONDATORI. Nel 2025 il movimento internazionale BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni per i diritti del popolo palestinese) ha compiuto vent’anni. La sua nascita risale al 9 luglio 2005, quando sindacati, associazioni accademiche, chiese e movimenti di base in tutto il mondo lanciarono un appello: “La società civile palestinese chiama al Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni contro Israele fino a quando non rispetterà il Diritto Internazionale ei Principi Universali dei Diritti Umani” . Alla base dell’iniziativa c’è un principio semplice: i palestinesi hanno gli stessi diritti del resto dell’umanità. Ispirato al movimento anti-apartheid sudafricano, il BDS invita ad esercitare forme di pressione su Israele affinché rispetti il diritto internazionale. È un movimento globale che sostiene la parità di diritti per tutti e tutti e si oppone ad ogni forma di razzismo, fascismo, sessismo, antisemitismo, islamofobia e discriminazione etnica o religiosa. Importante anche il ruolo di diversi gruppi ebraici progressisti, mentre personalità come l’arcivescovo Desmond Tutu, Naomi Klein, Roger Waters, Angela Davis, Moni Ovadia, Ken Loach e Judith Butler hanno espresso aumentando il loro sostegno. Il focus resta il contrasto all’apartheid e al colonialismo d’insediamento israeliano: “Israele occupa e colonizza la terra palestinese, discrimina i cittadini palestinesi di Israele e nega ai profughi palestinesi il diritto di tornare alle loro case” , si legge sul sito ufficiale del movimento. Gli strumenti principali del BDS si articolano su tre direttrici. Il boicottaggio riguarda le istituzioni sportive, culturali e accademiche israeliane, oltre alle aziende coinvolte nelle violazioni dei diritti umani. Il disinvestimento chiede a banche, consigli locali, chiese, fondi pensione e università di ritirare i capitali da Israele e dalle imprese complici dell’apartheid. Le sanzioni , infine, sono rivolte ai governi, sostenendo pongano fine alla complicità con l’apartheid israeliano, vietino rapporti economici con gli insediamenti illegali, interrompano il commercio militare e sospendano accordi di rappresentanza internazionale. LA RETE SPLAI A NAPOLI A Napoli, campagne di boicottaggio legate al BDS sono attive da tempo. Tra queste spicca SPLAI – Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliano , che promuove una rete di spazi, reali e virtuali, dichiarati liberi da ogni forma di discriminazione e impegnati a non collaborare con sistemi di oppressione. Il primo ad aderire è stato il Caffè Arabo di Piazza Bellini, a cui si sono poi aggiunti numerosi luoghi noti della città: associazioni come il Centro Handala Ali e il Centro di Cucina Consapevole, esercizi commerciali come La Taverna a Santa Chiara, Magma Art, L’Orto va in città, e spazi politici come il Giardino Liberato, l’Ex Opg Je so’ pazzo , Casa del Popolo Civico 7 Liberato e il Mezzocannone Occupato. Oggi, le attività SPLAI in Italia sono oltre 500, testimonianza di una crescente sensibilità verso la crisi umanitaria e della consapevolezza che la solidarietà può trasformarsi in azione politica nei luoghi di vita, di lavoro e del tempo libero. ASSEMBLEE E NUOVO NODO CITTADINO Negli ultimi mesi l’attenzione si è intensificata, anche in seguito al caso legato alla Taverna a Santa Chiara, uno degli spazi SPLAI. Proprio da lì è maturata l’esigenza di un coordinamento cittadino. Il 17 giugno scorso oltre 80 persone si sono ritrovate in Largo Banchi Nuovi per una pubblica assemblea. L’esito dell’incontro è stato chiaro: costruire un nodo napoletano del BDS , capace di mettere in rete le diverse realtà già attive e di reagire in modo tempestivo contro il genocidio in corso a Gaza. Un secondo appuntamento si è svolto l’11 settembre presso l’Asilo Filangieri, bene comune cittadino. Anche qui la partecipazione è stata ampia e trasversale. Tra i temi emersi, il rafforzamento del boicottaggio accademico, la pressione sull’Autorità portuale per impedire il transito di imbarcazioni con materiale bellico (in collaborazione con il nodo BDS di Salerno) e la campagna internazionale “No room for genocide” , rivolta ai piccoli operatori del settore ricettivo. Quest’ultima campagna richiama gli obblighi sanciti dal diritto internazionale: gli Stati terzi devono interrompere ogni forma di complicità nella commissione di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio. Ciò significa negare il passaggio e l’asilo ai responsabili e perseguirli per i loro crimini. Considerati i grandi flussi turistici che attraversano Napoli ei collegamenti diretti con Tel Aviv, la città può diventare un punto strategico per dare concretezza a questo impegno. L’ARRIVO DI OMAR BARGHOUTI Il prossimo appuntamento annunciato ha un valore particolare: l’arrivo a Napoli di Omar Barghouti , membro fondatore della Campagna palestinese per il boicottaggio accademico e culturale di Israele (PACBI) e co-fondatore del movimento BDS. Barghouti sarà presente per una tappa di due giorni nell’ambito di un tour italiano. L’incontro è fissato per sabato 20 settembre alle 18:30 presso lo Zero81 – Laboratorio di Mutuo Soccorso, in Largo Banchi Nuovi . Sarà un’occasione per dialogare con uno dei principali ideatori del movimento, porre domande, proporre collaborazioni e costruire azioni comuni. La serata si concluderà con una cena sociale. UN INVITO APERTO L’appello alla cittadinanza resta aperto: chiunque condivida i valori ei principi fondanti del BDS è chiamato a partecipare. In ogni luogo, in ogni modo, dal basso. -------------------------------------------------------------------------------- FONTI * http://Cos’è il BDS – sito ufficiale BDS Italia * Elenco aderenti SPLAI – BDS Italia * http://L’Espresso – Archiviazione caso Taverna Santa Chiara Redazione Napoli
Mille bandiere per Gaza sul Pontile di Bagnoli
Difendi le barche della Global Sumud Flotilla Domenica 14 settembre corteo e manifestazione a Napoli a sostegno della Global Sumud Flotilla “ Difendi le barche della Global Sumud Flotilla ” è lo slogan lanciato dal Global Movement to Gaza per la Campania, che ha promosso per domenica 14 settembre una manifestazione con corteo per le strade di Bagnoli . Il corteo partirà alle ore 11:00 da Viale Campi Flegrei e si dirigerà verso il Pontile di Bagnoli , dove intorno alle ore 12:00 accoglierà le imbarcazioni provenienti da Torre Annunziata e Torregaveta. Ancora una volta, come un’onda inarrestabile, si scende in piazza per sostenere il popolo palestinese ed essere al fianco della missione umanitaria della Global Sumud Flotilla . La scelta di Bagnoli non è casuale: quartiere operaio che negli anni ’60 e ’70 è stato all’avanguardia del movimento di solidarietà con il popolo vietnamita in lotta contro il colonialismo, come ricordano gli attivisti del Movimento. I cittadini di Bagnoli sono chiamati a testimoniare concretamente quei valori e quella storia, a schierarsi senza ambiguità con la resistenza del popolo palestinese contro l’aggressione genocida del governo di Israele. È una chiamata all’agitazione permanente, in linea ea fianco della mobilitazione mondiale di solidarietà contro l’aberrante progetto di morte che cresce nel mondo ogni giorno, e al sostegno degli oltre mille attivisti provenienti da 44 Paesi che si stanno dirigendo verso Gaza con l’obiettivo di rompere l’assedio e portare aiuti concreti a una popolazione stremata, mentre le imbarcazioni subiscono pesanti attacchi dal cielo nelle acque tunisine. La Global Flotilla di terra della Campania chiede al governo di tutelare e proteggere i cittadini a bordo delle imbarcazioni, il ripristino della legalità internazionale e l’applicazione di sanzioni contro Israele. Nessuno può più rimanere inerme: è una chiamata rivolta a tutti. C’è bisogno come non mai di una voce collettiva che si levi sempre più alta, un grido contro cui devono infrangersi le minacce alla vita stessa degli attivisti. Bagnoli e l’Area Flegrea , territori di pace e di accoglienza, anche questa volta saranno in prima fila. Redazione Napoli
Napoli, al Molo Beverello un presidio per la Global Sumud Flotilla: “Rompiamo l’assedio a Gaza”
Napoli – 7 settembre 2025. Domenica 7 settembre alle ore 18.00 il Molo Beverello di Napoli ospiterà un presidio in solidarietà con la Global Sumud Flotilla , la flottiglia internazionale che si prepara a salpare per rompere simbolicamente e politicamente l’assedio a Gaza. L’iniziativa invita cittadine e cittadini a partecipare portando bandiere della Palestina, pentole e cucchiai per fare rumore, in un gesto collettivo che vuole dare voce a chi a Gaza vive da anni sotto blocco militare e privazioni quotidiane. Lo slogan scelto, “Per mare e per terra siamo la flotta dell’umanità” , sottolinea la natura globale del movimento: non una battaglia militare, ma un atto di resistenza civile e nonviolenta che lega porti e piazze di tutto il mondo. Il presidio napoletano sarà uno dei momenti pubblici di mobilitazione che accompagneranno la partenza della flottiglia, composta da attivisti, ong, associazioni e singole persone impegnate nella difesa dei diritti umani. Con questo gesto, Napoli ribadisce il suo ruolo di città aperta e solidale, capace di far risuonare la sua voce contro ingiustizie e oppressioni. Per informazioni:  http://globalsumudflotilla.org Lucia Montanaro
Afghanistan, il terremoto che colpisce due volte: macerie e diritti negati
Un boato nella notte. Le case di fango e pietra che tremano e si sbriciolano come sabbia. Le famiglie che scavano a mani nude, tra il silenzio rotto solo dai lamenti. È l’immagine che arriva dall’Afghanistan orientale, colpita il 31 agosto da un terremoto di magnitudo 6.0 che ha devastato la provincia di Kunar, vicino al confine con il Pakistan. Secondo i dati ufficiali forniti dalle autorità e confermati da fonti internazionali, il sisma ha provocato oltre 1.400 morti e circa 3.500 feriti. Migliaia di case sono crollate all’istante, inghiottendo interi villaggi. Le frane hanno isolato strade e comunità già fragili. In alcune aree, i corpi sono stati sepolti in fosse comuni improvvisate: troppo alto il numero delle vittime, troppo scarse le risorse per dare a ciascuno una sepoltura dignitosa. Il disastro ha colpito un paese già in ginocchio. I finanziamenti internazionali, in particolare quelli americani, sono stati ridotti dopo il ritorno al potere dei talebani. Cliniche e ospedali hanno chiuso per mancanza di fondi, elicotteri e mezzi di soccorso restano a terra, e la macchina dei soccorsi, in una situazione simile, parte già mutilata. Il governo talebano ha lanciato un appello per aiuti internazionali, e alcune agenzie hanno risposto, ma la diffidenza resta alta: la comunità internazionale si interroga su come portare soccorso senza legittimare un regime che nega i diritti fondamentali a metà della sua popolazione. Il terremoto ha mostrato con spietata chiarezza un altro volto della tragedia: quello delle donne. Non solo colpite dai crolli come tutti, ma vittime due volte, del sisma e delle leggi che le imprigionano. In Afghanistan oggi una donna non può essere curata da un medico uomo senza la presenza di un accompagnatore maschile. Nelle zone più remote non sempre un familiare è disponibile, e la carenza di medici donna, conseguenza del divieto imposto alle ragazze di studiare medicina, rende l’accesso alle cure quasi impossibile. Così molte ferite sono rimaste a casa, curate alla meglio con rimedi locali, mentre le ore scorrevano decisive. Una condizione che trasforma un evento naturale in una catastrofe sociale, dove le discriminazioni pesano come macerie invisibili. Questa tragedia non è solo afghana. È uno specchio crudele per il mondo intero: mostra cosa significa affrontare una catastrofe senza diritti, senza libertà, senza voce. Ricorda che in un contesto di oppressione, un terremoto non scuote solo le case, ma le fondamenta stesse della dignità umana. Secondo le Nazioni Unite, oltre 23 milioni di afghani, quasi la metà della popolazione, vivono oggi in condizioni di grave insicurezza alimentare. Dopo il sisma del 31 agosto, l’ONU e la Croce Rossa hanno denunciato la mancanza di risorse adeguate per portare soccorso: molte cliniche sono state chiuse, i tagli internazionali hanno bloccato le forniture mediche e intere comunità restano isolate. In questo scenario disperato, ogni aiuto diventa questione di vita o di morte. Ma come inviare aiuti senza diventare complici? È la domanda che attraversa le cancellerie ei movimenti civili di tutto il mondo. Perché se da un lato è urgente garantire acqua, cura e ripari a chi ha perso tutto, dall’altro c’è il rischio che gli aiuti diventino strumenti nelle mani di chi nega i diritti fondamentali. La risposta non può che passare dalla comunità internazionale, dalle Nazioni Unite e dalle grandi organizzazioni umanitarie, che devono pretendere trasparenza, accesso diretto e garanzie per le donne ei più vulnerabili. Ogni pacco di viveri, ogni farmaco, ogni tenda consegnata agli sfollati sarà allora non solo un gesto di solidarietà, ma anche un atto politico di resistenza alla disumanizzazione. In Afghanistan, il terremoto ha distrutto villaggi e vite, ma il sisma più profondo resta quello dei diritti negati. Ecco perché la vera ricostruzione non sarà solo fatta di mattoni: comincerà quando il mondo troverà il coraggio di aiutare senza chiudere gli occhi, di tendere la mano senza rafforzare le catene. Fonti Washington Post, 2 settembre 2025 – I talebani chiedono aiuti internazionali mentre il bilancio delle vittime del terremoto in Afghanistan supera le 1.400 WSJ, 31 agosto 2025 – L’Afghanistan è stato colpito da un mortale terremoto di magnitudo 6.0 RFE/RL, 1 settembre 2025 – Le donne afghane subiscono le conseguenze del terremoto a causa delle restrizioni imposte dai talebani   Lucia Montanaro
La Flotilla dell’umanità è in viaggio sotto un cielo stellato; le stelle, però, sono droni
Partita da Barcellona per Gaza, la Global Sumud Flotilla affronta sorveglianza militare, minacce e sostegno internazionale . Il 2 settembre, le prime barche della Global Sumud Flotilla erano partite da meno di 48 ore da Barcellona, quando, intorno alle 22:30 ora italiana, mentre navigavano a circa novant miglia nautiche dall’isola di Minorca, sono state intercettate da tre droni. Ma cos’è la Global Sumud Flotilla? È un’azione civica, nata dal basso, nell’ambito del Movimento Globale a Gaza, composta da circa cinquanta imbarcazioni civili, con a bordo attivisti provenienti da quarantaquattro paesi del mondo. L’obiettivo è creare un corridoio umanitario per Gaza, sotto assedio israeliano da mesi. Sulla flottiglia è puntata l’attenzione di quella parte di mondo che riconosce i diritti umani e il valore della vita; purtroppo, però, non soltanto di quella. La presenza dei droni sulla flottiglia è stata comunicata dall’attivista Thiago Avìla attraverso una diretta lanciata sul profilo Instagram del movimento @globalmovementtogaza. Thiago è ormai un volto noto per chi segue la causa palestinese: climattivista e militante per i diritti umani, è stato protagonista di una precedente spedizione della Freedom Flotilla, membro dell’equipaggio della barca Madleen, bloccata illegalmente dall’IDF, sempre attraverso droni e quadcopters (quadricotteri militari). Nella diretta, Thiago ha evidenziato, mettendo in allerta il resto dell’equipaggio, che i droni potevano essere lì per una ricognizione di sorveglianza ordinaria dell’autorità marittima competente su quelle acque; oppure per un attacco militare. A chi non abbia seguito attentamente gli ultimi sviluppi dell’invasione di Gaza potrebbe sembrare un’affermazione forte. Invece, la seconda ipotesi è molto plausibile. Infatti, come chi scrive sottolineava poco prima, all’enorme e commovente solidarietà che è giunta da ogni parte del globo (è notizia recente che anche Emergency sosterrà la flotta e affiancherà le imbarcazioni con natanti di supporto logistico e medico), si sono contrapposte le dichiarazioni del governo israeliano: sul Jerusalem Post di tre giorni fa, il ministro della Sicurezza nazionale israeliano, Itamar Ben-Gvir, annunciava che stava per presentare un piano al governo secondo cui «tutti gli attivisti arrestati saranno trattenuti in detenzione prolungata, a differenza della precedente prassi, nelle prigioni israeliane di Ketziot e Damon, utilizzate per detenere i terroristi in condizioni rigorose tipicamente riservate ai prigionieri di sicurezza. Non permetteremo a chi sostiene il terrorismo di vivere nell’agiatezza». Tale piano è stato considerato illegittimo da vari giuristi esperti di diritto internazionale. La relatrice speciale Onu per i territori palestinesi, Francesca Albanese, ha definito l’azione della Global Sumud Flotilla «pienamente conforme al diritto internazionale». Secondo Albanese, «ogni tentativo di fermare o intercettare le imbarcazioni nelle acque internazionali costituirebbe una violazione della libertà di navigazione sancita dal diritto marittimo». È questo il clima in cui naviga oggi la flotta per Gaza, la flotta dell’umanità. Ma torniamo ai droni, ai quadricotteri. Tutti e tutte ne abbiamo sentito parlare. Vengono usati come regalo per i bambini al compleanno, dai fotografi per i matrimoni, dalla protezione civile per la prevenzione degli incendi. Eppure, facendo una ricerca su AI Overviews, leggiamo che sono “piccoli aerei a pilotaggio remoto, utilizzati per ricognizione, sorveglianza e attacchi mirati, che offrono una maggiore protezione delle forze armate grazie alla fornitura di dati in tempo reale e riducendo la necessità per i soldati di accedere ad aree pericolose. Dotati di sensori e telecamere avanzati, questi droni possono operare di giorno e di notte e alcuni modelli sono dotati di funzionalità sull’intelligenza artificiale per l’edge computing e la navigazione avanzata. Le loro dimensioni ridotte e laità rapida di impiego li rendono ideale per le unità di fanteria, sebbene la loro proliferazione, in particolare nei conflitti come quello di Gaza, abbia sollevato anche significative preoccupazioni etiche riguardo all’impatto sulla popolazione civile e al potenziale uso improprio”. Non bisogna essere esperti di ingegneria aerospaziale per capire, quindi, che i droni sono l’esempio perfetto delle tecnologie dual use, cioè di quell’insieme di dispositivi e sistemi operativi che, nati per scopo pacifico, sono oggi largamente utilizzati nelle attività belliche. Un tema che solo di recente è giunto alla ribalta della cronaca, soprattutto per l’uso che se ne sta facendo in Palestina. Che la questione sia delicata lo dimostra il fatto che l’unica base giuridica che prova a disciplinare la materia sia il Regolamento (UE) 821/2021, attraverso cui le produzioni di questi dispositivi vengono supervisionate dall’Unione Europea. I primi droni, però, da ciò che ci dicono le fonti, sono stati impiegati già nel XX secolo, in particolare dagli Inglesi nella Prima guerra mondiale. Non è un po’ tardi arrivare, solo nel 2021, all’adozione di un regolamento europeo per questa materia? Sì, lo è: se, nel secolo scorso, a Sarajevo, durante l’assedio, per sparare alla popolazione civile in mezzo alle strade venivano assoldati mercenari che si posizionavano sui tetti dei palazzi o sulle colline circostanti, nel terzo millennio il cecchinaggio avviene attraverso la tecnologia. Le testimonianze su come l’IDF usi i droni contro la popolazione civile non si contano più, da parte della stampa, dei medici, dei sanitari. La robotizzazione della sparatoria aumenta esponenzialmente la distanza tra la bocca e la vittima e, quindi, trasporta l’atto omicida verso una derivazione di disumanizzazione che non ha precedente. Così, il lavoro delle bombe intelligenti viene coadiuvato perfettamente dai droni killer. La Global Sumud Flotilla, flotta dell’umanità, naviga verso la spiaggia di Gaza che, ricordiamolo sempre, rispetto all’Italia è soltanto dall’altra parte del Mediterraneo; come per i Gazawi, anche per gli attivisti della Sumud il pericolo può arrivare dall’alto, silenzioso e imprevedibile, sotto forma di una piccola lucina nel cielo, che però non è una stella. Non c’è protezione dai droni, per i civili disarmati di Gaza come per gli equipaggi delle imbarcazioni. Forse, però, i nostri occhi possono farsi luce, diventare fari. Tenerli aperti su Gaza e sulla flottiglia può essere una missione, per chi crede che questo massacro vada fermato. La difesa del diritto alla vita dei Gazawi e della permanenza dignitosa sulla loro terra è difesa del diritto internazionale e, quindi, delle nostre stesse esistenze. Ogni cosa è connessa. Da terra, si può e si deve costruire una flotta, che attraversi tutti i paesi e che faccia pressione sui governi, come un’azione internazionalista tra i popoli, a protezione delle barche. È quello che sta facendo il GMTG in tantissime città. Seguiamola, quest’onda, portiamo i nostri corpi nelle piazze e rispondiamo numerosi alla chiamata per le flotte di terra che ci sarà il 4 settembre. Sulle pagine del GMTG ci sono tutti gli appuntamenti: a Napoli, ci vediamo alle 18:00 in Largo Berlinguer. Sosteniamo la Global Sumud Flotilla Fonti Jerusalem Post, 30 agosto 2025 – http://link https://www.jpost.com/israel-news/article-865898 La Repubblica, 1 settembre 2025 Redazione Napoli
BERGAMO: CORTEO PER L’AUTODETERMINAZIONE DEL POPOLO PALESTINESE, CONTRO IL GENOCIDIO E LA COMPLCITÀ ITALIANA
Non si ferma la solidarietà internazionale. A Bergamo, sabato 6 settembre la città tornerà in piazza con un corteo che chiede la fine del genocidio, la rottura delle complicità italiane con l’occupazione israeliana e l’apartheid, e azioni concrete da parte delle istituzioni locali: la fine degli accordi tra l’Università di Bergamo e le università israeliane, la sospensione delle relazioni commerciali con Israele e la costruzione di legami diretti con la popolazione di Gaza attraverso progetti di cooperazione. L’appuntamento del corteo è Piazzale della Stazione alle ore 16.00 come ricorda ai microfoni di Radio Onda d’Urto, Laila dei Giovani Palestinesi d’Italia. Ascolta o scarica. Di seguito il comunicato di lancio della manifestazione: “Anche Bergamo scende in piazza per la Palestina: corteo per fermare il genocidio, contro la complicità italiana con l’occupazione e l’apartheid israeliana. Chiamiamo tutte e tutti alla mobilitazione per un grande corteo a Bergamo, sabato 6 settembre, promosso dall’Associazione Amicizia Bergamo Palestina, dalla Comunità Palestinese e dai Giovani Palestinesi d’Italia. Invitiamo all’adesione singoli, realtà sociali, collettivi, sindacati, organizzazioni studentesche, associazioni, comunità religiose di ogni credo e tutte le forze politiche che sentono l’urgenza e il dovere mobilitarsi in ogni luogo: Per fermare il genocidio. Per il diritto all’Autodeterminazione e alla Resistenza del popolo palestinese. Per cessare immediatamente la complicità e agli accordi del governo italiano con lo stato sionista. Per una Bergamo libera dall’apartheid israeliana, in ogni sua forma. Contro la repressione fascista del governo Meloni, che criminalizza sempre di più chi lotta contro la guerra. Scendiamo in piazza perché quello in corso in Palestina è un genocidio. E se oggi anche media e istituzioni iniziano a riconoscerlo, non bastano più le parole: servono azioni concrete. Serve una risposta chiara, forte e organizzata, anche a Bergamo. A questo scopo, abbiamo già lanciato una raccolta firme, che sarà parte integrante della mobilitazione e della pressione sulle istituzioni locali. Chiediamo al Comune e alla Provincia di Bergamo di farsi portavoce dell’applicazione immediata di sanzioni verso Israele e dell’embargo militare. * Chiediamo la rottura immediata degli accordi tra l’Università di Bergamo e le istituzioni israeliane. * Proponiamo un gemellaggio tra il Comune di Bergamo e un comune della Striscia di Gaza, per supportare progetti concreti come la ricostruzione dell’Ospedale Al Awda e l’iniziativa già attiva “Un’ambulanza per Gaza”. * Chiediamo lo stop ad accordi economici con chi pratica l’apartheid e occupazione come sistema istituzionale. Il corteo del 6 settembre sarà un momento collettivo di denuncia, solidarietà e rilancio. Per una Palestina libera dal fiume al mare. Per una Bergamo libera dall’apartheid israeliana! Per aderire e costruire insieme il corteo e la mobilitazione scrivere una mail a: adesionicorteo@gmail.com”  
Fermiamo la barbarie: Napoli scende in piazza per Gaza e a sostegno della Global Sumud Flotilla
Il 6 settembre presidio pacifico in largo Berlinguer promosso dalla Cgil Napoli e Campania. Napoli si prepara a scendere in piazza sabato 6 settembre, raccogliendo l’appello lanciato a livello nazionale dalla Cgil per chiedere la fine del genocidio in corso a Gaza e per sostenere la Global Sumud Flotilla, la grande iniziativa internazionale di solidarietà che sta salpando da decine di porti del Mediterraneo. L’appuntamento è alle ore 17 in largo Berlinguer, dove la Cgil Napoli e Campania invita associazioni, movimenti, partiti e cittadini a partecipare a un presidio pacifico, per alzare la voce contro l’attacco continuo che, dal 7 ottobre 2023, ha messo in ginocchio la popolazione civile palestinese, privata di cibo, acqua e cure mediche. «Napoli, città della pace e dell’accoglienza, non può restare indifferente», afferma la confederazione regionale e partenopea. L’invito è a mantenere alta l’attenzione di fronte a quanto sta accadendo, con un assedio che viola apertamente il diritto internazionale e umanitario, utilizza la fama come arma di guerra e allontana sempre più la prospettiva di due popoli e due stati. Il presidio sarà un’occasione per ribadire che non possiamo più tacere di fronte a uccisioni impunite di bambini, donne, operatori umanitari e giornalisti, e alla distruzione delle infrastrutture civili come scuole e ospedali. La Cgil Napoli e Campania esprime inoltre il proprio sostegno alla Global Sumud Flotilla, iniziativa umanitaria e nonviolenta nata dal basso e sostenuta da migliaia di persone in tutto il mondo, che tenta di rompere l’embargo e l’isolamento della popolazione di Gaza con un gesto di solidarietà concreta. La mobilitazione del 6 settembre si inserisce in un quadro nazionale promosso dalla Fp Cgil, che richiama piazze in tutta Italia per chiedere lo stop all’invio di armi, un cessate il fuoco permanente, aiuti umanitari e sanitari in sicurezza alla popolazione civile, la fine dell’occupazione e lo stop al commercio con gli insediamenti illegali. La Cgil ribadisce inoltre il sostegno alla Global Sumud Flotilla, proseguendo anche la raccolta fondi grazie a cui sono già stati inviati container di beni di prima necessità alla popolazione di Gaza. Lucia Montanaro
GLOBAL SUMUD FLOTILLA: PARTITE LE PRIME BARCHE. ALTRE SE NE AGGIUNGERANNO GIOVEDÌ DA CATANIA
Domenica 31 agosto sono salpate da Genova e Barcellona le prime imbarcazioni della Global Sumud Flotilla, una flotta civile internazionale decisa a rompere l’assedio imposto da Israele alla Striscia di Gaza. Da Tel Aviv, il ministro dell’ultradestra Itamar Ben Gvir ha minacciato di “trattare gli attivisti come terroristi” e di arrestarli in “detenzione prolungata”. L’obiettivo dell’iniziativa è consegnare 300 tonnellate di aiuti umanitari, raccolti grazie a mobilitazioni popolari nelle ultime settimane, e denunciare il blocco navale che da anni affligge la popolazione palestinese. Altre imbarcazioni partiranno nei prossimi giorni da diversi porti del Mediterraneo, dal Sud Europa al Nord Africa. Le barche dirette da Genova faranno tappa a Catania, dove nei prossimi giorni saliranno a bordo altri solidali. Da lì, il 4 settembre, dovrebbero partire insieme al resto delle barche della Flotilla italiana, poi si congiungeranno con le altre in partenza da altri porti del Mediterraneo per tentare insieme di raggiungere Gaza. In totale, la Global Sumud Flotilla sarà composta da circa 40-50 imbarcazioni – un numero volutamente non reso noto nemmeno agli organizzatori per motivi di sicurezza – con delegazioni provenienti da 44 Paesi diversi. A bordo di una delle navi italiane ci sarà anche Maso Notarianni, presidente di Arci Milano, intervenuto ai microfoni di Radio Onda d’Urto. Ascolta o scarica.
Tatawelo con la Global Sumud Flotilla: i nostri piccoli chicchi tostati diventino compagni di cammino
Il mare accoglierà presto la Global SumudFlotilla, un viaggio che non è solo rotta e destinazione, ma promessa di resistenza e speranza. All’apertura dell’ultimo Alcune parti del Tutto,Incontro delleResistenze e delle Ribellioni in agosto nei territori Zapatisti l’EZLN si è manifestato con le bandiere della Palestina condannando il genocidio al grido tutte e tutti siamo bambine e bambini palestinesi. Con questo spirito il nostro caffè attraverserà le onde insieme alle e agli attivisti della Global Sumud Flotilla. Proprio il nostro caffè, appena giunto dalla cooperativa zapatista di Yachil Xojobal, perché, come ci hanno detto al telefono, “questo caffè sostenga le attiviste e gli attivisti e giunga forte il nostro respiro di popolo in resistenza” “i nostri piccoli chicchi tostati diventino compagni di cammino, calore che riscalda mani e pensieri, forza da condividere attorno a una tazza fumante”. Vele e cuori che si aprono verso Gaza, per tracciare rotte di giustizia e umanità perché “otro mundo es posible”. Il successo e la sicurezza della Global Sumud Flotilla dipendono dal sostegno e dalla mobilitazione della società civile. Solo attraverso la diffusione, la solidarietà e la pressione internazionale sarà possibile rompere il silenzio e garantire protezione a questa missione. Invitiamo perciò tutti a fare la propria parte: condividere, informare e sostenere attivamente questa iniziativa per la libertà e la dignità del popolo di Gaza. SOSTIENI E DIFFONDI MA ATTENZIONE ALLE FAKE NEWS In queste ore stanno circolando video e informazioni false o decontestualizzate riguardo alle partenze della Global Sumud Flotilla.Il web e i social sono un terreno vasto e in continuo movimento: non possiamo né riusciamo a seguire, limitare o smentire ogni singola informazione distorta o falsa. Per noi è però importante ricordare a tutti che gli aggiornamenti ufficiali sulle partenze e soprattutto sul viaggio della missione verranno comunicati ESCLUSIVAMENTE da queste pagine https://globalsumudflotilla.org/ https://linktr.ee/GlobalMovementtoGazaItalia https://linktr.ee/CALLtoACTIONIitalia https://chuffed.org/project/140650-missione-internazionale-salpiamo-per-gaza instagram.com/globalmovementtogazaitalia Global Sumud Flotilla: una traversata di resistenza e speranza verso Gaza Nell’estate del 2025 il Mediterraneo diventa teatro di una storia che non parla solo di mare e imbarcazioni, ma di coraggio, solidarietà e dignità. È la Global Sumud Flotilla, la più grande flottiglia civile mai organizzata per sfidare il blocco che da anni imprigiona Gaza. A muovere le vele e i cuori di questa impresa sono reti e movimenti provenienti da ogni angolo del mondo: la Freedom FlotillaCoalition, il Global Movement to Gaza, la Maghreb SumudFlotilla, SumudNusantara. Insieme, hanno scelto il mare come lingua universale della resistenza. Sumud: la fermezza che non si piega La parola araba sumud significa resilienza, fermezza, radici profonde. È l’essenza di un popolo che non rinuncia alla propria umanità nonostante l’assedio, ed è il filo che unisce chi partecipa a questa navigazione collettiva. Onde di partenze, rotte di speranza Le navi non partiranno tutte insieme, ma come onde che si rincorrono: * la prima ondata tra il 30 e il 31 agosto, dai porti di Genova, Barcellona, Valencia; * la seconda dal 4 settembre, con nuove imbarcazioni in partenza dalla Tunisia, dalla Sicilia e da altri approdi mediterranei. Un mare che separa diventa così un ponte. Voci e volti da tutto il mondo Sono almeno 45 i Paesi rappresentati: attivisti, medici, giornalisti, religiosi, artisti, marinai. Una moltitudine di storie che si intrecciano in un’unica rotta. Accanto a loro, sostegno e testimonianza arrivano da figure note in tutto il mondo come Greta Thunberg, Susan Sarandon, Liam Cunningham, Zerocalcare, Alessandro Barbero, Fiorella Mannoia. Un coro che si leva contro il silenzio. Più che una missione umanitaria La Flotilla non porta solo beni materiali, ma anche un messaggio potente: * Rompere l’assedio illegale di Gaza e aprire un corridoio umanitario guidato dai popoli, laddove i governi hanno fallito * denunciare la complicità del mondo di fronte a un popolo in carestia * portare cibo e medicine a chi non ha più nulla; * affermare la dignità, libertà e rispetto della vita contro pratiche di disumanizzazione come diritti che nessun muro e governo può cancellare. Zapatisti per la Palestina (Foto Associazione Tatawelo) Preparativi di resistenza nonviolenta Più di 15.000 adesioni hanno dato vita a un esercito civile fatto di corpi, idee e vele. Ogni volontario ha ricevuto formazione su nonviolenza, sicurezza, primo soccorso, perché questa non è una sfida armata, ma un atto di resistenza civile, limpido e trasparente come il mare che attraversa. Un atto storico La Global Sumud Flotilla è la più vasta mobilitazione civile per mare mai tentata a sostegno di Gaza. Decine di imbarcazioni, un mosaico di popoli, lingue e culture, tutti convergenti verso lo stesso punto. È una dichiarazione al mondo: la solidarietà non è solo parola o simbolo, ma azione concreta, capace di abbattere muri invisibili e di aprire rotte di giustizia. Conclusione La Global Sumud Flotilla non è soltanto un viaggio. È un abbraccio collettivo che attraversa i confini marini, è un canto che afferma la dignità umana come valore universale, è la dimostrazione che la voce dei popoli può ancora alzarsi contro regimi di silenzio e di morte. È il mare che si fa strada. È la speranza che diventa vela, quando il mondo resta in silenzio noi salpiamo. I referenti  Assocazione Tatawelo   Redazione Italia
PALESTINA: CRESCE IL MOVIMENTO BDS IN ITALIA “SERVE UN AZIONE URGENTE PER FERMARE IL GENOCIDIO A GAZA”
Mentre a Gaza continua il genocidio per mano israeliana, in Italia si intensificano le iniziative della campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) contro l’apartheid israeliana. Dall’appello per chiudere i porti italiani al transito di armi, alle adesioni in costante aumento alla rete degli Spazi Liberi dall’Apartheid Israeliana (SPLAI), la mobilitazione dal basso si ferma. Negli ultimi mesi, la campagna ha registrato un coinvolgimento crescente da parte di collettivi, associazioni, realtà culturali e cittadini comuni, sempre più decisi a chiedere la fine della complicità dell’Italia. La richiesta è chiara: fermare ogni forma di sostegno, diretto o indiretto, al regime israeliano e agire subito. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, Raffaele Spiga di BDS Italia. Ascolta o scarica.