Tag - Rassegna stampa

L’esercito a scuola per distanziare i bambini. Assolto Antonio Mazzeo
RILANCIAMO L’ARTICOLO PUBBLICATO SU STAMPALIBERA.IT IL 16 SETTEMBRE 2024 SULL’ASSOLUZIONE DI ANTONIO MAZZEO, DOCENTE E ATTIVISTA DELL’OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ. QUANDO SI VERIFICÒ L’”OCCUPAZIONE” MILITARE DA PARTE DELLA BRIGATA “AOSTA” DEL CORTILE DELLA SCUOLA PRIMARIA “PARADISO” DI MESSINA, LA DIRIGENTE ELEONORA CORRADO RICOPRIVA L’INCARICO DI COORDINATRICE DEI DIRIGENTI SCOLASTICI DELLA FLC CGIL. Di EDG – Assolto perché il fatto non sussiste. La Corte di Appello del Tribunale di Messina (Presidente Tripodi, a latere Giacobello, relatore, e Finocchiaro), in riforma della sentenza di primo grado ha assolto l’insegnante e giornalista Antonio Mazzeo, difeso dall’avvocato Fabio Repici, e ha revocato le statuizioni civili della sentenza di primo grado emessa dal giudice onorario Maria Grazia Mandanici il 24 ottobre 2024. Ad Antonio Mazzeo era stato contestato il reato di cui all’art. 595 comma II e III del codice penale (diffamazione a mezzo stampa) perché, in qualità di autore dell’articolo pubblicato il 21 ottobre 2020 su alcune testate giornalistiche, dal titolo A Messina Sindaco e Prefetto inviano l’esercito nelle scuole elementari e medie con il plauso dei Presidi, commentando la circostanza che, per evitare assembramenti, erano stati inviati militari dell’esercito a presidiare l’ingresso dell’istituto scolastico, aveva riportato che la dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo Paradiso, dottoressa Eleonora Corrado “…oltre a essere evidentemente anni luce distante dai modelli pedagogici e formativi che dovrebbero fare da fondamento della Scuola della Costituzione repubblicana (il ripudio della guerra e l’uso illegittimo della forza; l’insostituibilità della figura dell’insegnante e l’educare e il non reprimere, ecc.), si mostra ciecamente obbediente all’ennesimo Patto per la Sicurezza Urbana, del tutto arbitrario ed autoritario e che certamente non può e né deve bypassare i compiti e le responsabilità del personale docente in quella che è la promozione e gestione delle relazioni con i minori”. In primo grado, Antonio Mazzeo era stato condannato alla pena di euro 550 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Nel corso dell’udienza del processo d’appello, il 9 settembre 2025, l’insegnante messinese ha presentato alla Corte una lunga dichiarazione difensiva. “Vi scrivo quale imputato di diffamazione, a seguito di quanto da me riportato in una nota stampa in cui stigmatizzavo la presenza di militari dell’Esercito italiano, armati, all’interno del cortile della scuola di cui la persona offesa dal reato era dirigente, in data 21 ottobre 2020, in funzione di “vigilanza” e per imporre il “distanziamento sociale” alle bambine e ai bambini della scuola primaria e ai loro genitori in tempi di emergenza da Covid-19”, spiega Mazzeo. “In questi anni, sia nella fase delle indagini preliminari (si vedano ad esempio le dichiarazioni da me rese nel corso dell’interrogatorio innanzi ai Carabinieri di Milazzo) e sia in diversi interventi pubblici ho espresso stupore e il profondo dispiacere per l’esito giudiziario delle mie affermazioni che MAI hanno inteso offendere alcuno o delegittimarne il ruolo istituzionale ricoperto”. “Mi permetto tuttavia di far presente che quanto da me narrato nell’articolo contestato, sia sulle illegittime modalità di intervento dei militari dell’Esercito e sia sull’assoluta infondatezza e insostenibilità del Patto per la Sicurezza Urbana con cui sarebbe stato giustificato il loro invio a presidio delle istituzioni scolastiche – ha trovato pieno riscontro anche nei fatti accertati nel corso del giudizio”, ha aggiunto l’insegnante. “Cosa ancora più grave è però che, a quasi cinque anni di distanza da quanto accaduto, nessun organo istituzionale ha sentito il dovere morale di assumersi la paternità dell’invio di militari armati in una scuola primaria come misura di contenimento della pandemia. Ritengo ancora oggi con maggior convinzione che chi lo ha fatto ha abusato ingiustificatamente dei suoi poteri, violando i principi costituzionali e generando ulteriori inutili traumi ai minori e ai loro genitori”. “Mi sia consentito di ricordare che mentre con difficoltà e fatica, insegnanti, studenti e genitori tentavano allora di ricostruire la normalità nelle attività didattiche dopo la lunga e drammatica chiusura delle scuole di ogni ordine e grado con il lockdown decretato nel marzo 2020, la risposta istituzionale al coronavirus privilegiava lo stato di guerra, i suoi linguaggi, le sue metafore, i suoi simboli. L’emergenza sanitaria, drammatica, reale, è stata rappresentata e manipolata come una crisi bellica globale per conseguire controlli repressivi e limitazioni delle libertà individuali e collettive e la militarizzazione dell’intera sfera sociale, politica ed economica”. “Purtroppo la sicurizzazione della risposta al coronavirus si è sviluppata in continuità con il dilagante processo di militarizzazione de iure e de facto degli istituti e degli stessi contenuti culturali e formativi, aggravatosi ulteriormente negli anni successivi come presunta risposta al conflitto in Ucraina o alle gravissime crisi umanitarie in atto nel mondo, a partire dallo scempio inumano in corso a Gaza. Come, senza essere presuntuoso, può essere considerato fatto notorio, da anni denuncio e documento come la scuola italiana si sia trasformata in laboratorio sperimentale di percorsi didattici subalterni alle logiche di guerra e agli interessi politico-militari e geostrategici dominanti. Alle città d’arte e ai siti archeologici le scuole preferiscono sempre più le visite alle caserme e alle basi USA e NATO “ospitate” in Italia o alle industrie belliche mentre agli studenti è imposta la partecipazione a parate militari, alzabandiera, conferimenti di onorificenze a presunti eroi di guerra. Ci sono poi le molteplici attività didattiche affidate a generali e ammiragli (dall’interpretazione della Costituzione all’educazione ambientale e alla salute, alla lotta alla droga e alla prevenzione dei comportamenti classificati come “devianti”, bullismo, cyberbullismo, ecc.); i cori e le bande di studenti e soldati; gli stage formativi sui cacciabombardieri e le fregate; l’alternanza scuola-lavoro a fianco dei reparti d’eccellenza delle forze armate o nelle aziende produttrici di armi. A ciò si aggiunga la conversione delle strutture scolastiche a fini sicuritari con l’installazione di videocamere e dispositivi elettronici identificativi e di controllo (tornelli ai portoni, l’obbligatorietà ad indossare badge, ecc.)”. “Fortunatamente oggi il tema della militarizzazione della scuola italiana è entrato nel dibattito politico ed educativo pubblico e negli ultimi anni, promosso da intellettuali, pedagogisti, insegnanti e organizzazioni sindacali di base, è nato un Osservatorio nazionale che ha già presentato report e dossier ripresi con attenzione dai media nazionali ed internazionali”, prosegue Mazzeo. “Comprendo bene che si possa divergere su valutazioni di ordine educativo e pedagogico ma non credo assolutamente che sia un’aula giudiziaria il luogo dove confrontarsi sui processi in atto nella società e nella scuola italiana, specie in assenza (o in vera e propria latitanza) degli interlocutori istituzionali che hanno assunto le scelte generatrici del conflitto tra le nostre rispettive parti. Ma non credo che si possano criminalizzare in sede giudiziaria le mie idee, sostenute sempre in modo rispettoso di chiunque, con esclusivo riferimento ai fatti oggetto di valutazione e ai principi da me propugnati, senza aggredire alcuno o alcuna nella sua dignità di persona”. ALL’INIZIO DELL’ANNO SCOLASTICO 2020-21, QUANDO SI VERIFICÒ L’”OCCUPAZIONE” MILITARE DA PARTE DELLA BRIGATA “AOSTA” DEL CORTILE DELLA SCUOLA PRIMARIA “PARADISO” DI MESSINA, LA DIRIGENTE ELEONORA CORRADO RICOPRIVA L’INCARICO DI COORDINATRICE DEI DIRIGENTI SCOLASTICI DELLA FLC CGIL. AL PROCESSO DI PRIMO E SECONDO GRADO CONTRO L’INSEGNANTE-GIORNALISTA, LA PRESIDE SI È COSTITUITA PARTE CIVILE (DIFESA DALL’AVVOCATO FILIPPO PAGANO). Fonte: stampalibera.it.
Il Manifesto: Contro il genocidio la conoscenza non marcia nelle scuole e nelle università
DI REDAZIONE PUBBLICATO SU IL MANIFESTO IL 14 SETTEMBRE 2025 Rilanciamo dal nostro sito l’articolo di Redazione pubblicato su Il manifesto.it il 14 settembre 2025 in cui, nel lanciare la campagna sul “La conoscenza non marcia“, viene ribadito quanto l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università denuncia da due anni a questa parte, vale a dire un pericolosissimo processo di occupazione degli spazi del sapere e della formazione da parte delle Forze Armate e di strutture di controllo. La campagna «La conoscenza non marcia» è stata lanciata ieri in un’assemblea che si è tenuta nella facoltà di ingegneria della Sapienza di Roma in San Pietro in Vincoli. Promossa da un ampio cartello di soggetti, tra i quali ci sono il Calp di Genova, l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dell’università...continua a leggere su Il manifesto.it.…
Rainews.it: Scuole, da Torino parte 1 minuto di silenzio per Gaza
Ospitiamo sul nostro sito l’articolo di Redazione pubblicato su RaiNews.it il 10 settembre 2025 in cui, nel lanciare la campagna sul minuto di silenzio per le vittime del genocidio a Gaza, viene ribadito quanto l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università denuncia da due anni a questa parte, vale a dire un pericolosissimo processo di occupazione degli spazi del sapere e della formazione da parte delle Forze Armate e di strutture di controllo. L’idea è partita dalla rete informale “Scuola per la pace Torino e Piemonte” per poi essere condivisa a livello nazionale da “Docenti per Gaza” e dall’”Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole“. La lista delle adesioni si è allungata ed è arrivata fino a Venezia, Trento, Pordenone, Pisa, Piacenza…continua a leggere su www.rainews.it.
L’Indipendente: “Disarmare la scuola”, la proposta dell’Osservatorio contro la militarizzazione
DI DARIO LUCISANO PUBBLICATO SU L’INDIPENDENTE IL 1° SETTEMBRE 2025 Ospitiamo con piacere sul nostro sito l’interessante articolo scritto da Dario Lucisano pubblicato su L’indipendente il 1° settembre 2025 in cui, nel lanciare la campagna sull’esonero di attività con militari nelle scuole da parte dei genitori e il documento “Noi siamo docenti Pacefodai“, viene ribadito quanto l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università denuncia da due anni a questa parte, vale a dire un pericolosissimo processo di occupazione degli spazi del sapere e della formazione da parte delle Forze Armate e di strutture di controllo. «L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, in collaborazione con altre associazioni, ha realizzato una campagna per «disarmare le scuole», in occasione del nuovo anno scolastico. In opposizione alla deriva militarista degli ultimi tempi, l’Osservatorio promuove «pratiche di pace», come un minuto di silenzio il primo giorno di scuola per le vittime del genocidio a Gaza e l’esposizione permanente in tutti gli edifici scolastici della bandiera della pace…continua a leggere su www.lindipendente.online.
Poterealpopolo.org: A scuola, contro guerra e genocidio
DI REDAZIONE PUBBLICATO SUL SITO DI POTERE AL POPOLO IL 1° SETTEMBRE 2025 Ospitiamo con piacere sul nostro sito l’interessante articolo di Redazione pubblicato sul sito di Potere al Popolo il 1° settembre 2025 in cui, nel lanciare la campagna sull’esonero di attività con militari nelle scuole da parte dei genitori e il documento “Noi siamo docenti Pacefodai“, viene ribadito quanto l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università denuncia da due anni a questa parte, vale a dire un pericolosissimo processo di occupazione degli spazi del sapere e della formazione da parte delle Forze Armate e di strutture di controllo. «Per l’avvio del nuovo anno si stanno organizzando iniziative diffuse: dal minuto di silenzio all’ora di discussione, testi per mozioni collegiali e azioni di mobilitazione. In rete gira un appello a tutti i sindacati per indire uno sciopero generale unitario della scuola contro il genocidio, e l’Osservatorio contro la militarizzazione propone la data del 4 novembre, con mobilitazioni preparatorie a partire dal 20 ottobre…continua a leggere su www.poterealpopolo.org.
IlFattoQuotidiano: Davanti a giovani soldati intrisi di disimpegno morale, si diserti il bellicismo. A partire dalla scuola
DI PASQUALE PUGLIESE PUBBLICATO SU IL FATTO QUOTIDIANO IL 31 AGOSTO 2025 Ospitiamo con piacere sul nostro sito l’interessante articolo scritto da Pasquale Pugliese pubblicato su Il Fatto Quotidiano il 31 agosto 2025 in cui, nel lanciare la campagna sull’esonero di attività con militari nelle scuole da parte dei genitori e il documento “Noi siamo docenti Pacefodai“, viene ribadito quanto l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università denuncia da due anni a questa parte, vale a dire un pericolosissimo processo di occupazione degli spazi del sapere e della formazione da parte delle Forze Armate e di strutture di controllo. Che fare, dunque, di fronte all’invasione militare dei luoghi della formazione? Due cose, principalmente: contrastarla, usando gli strumenti che mette a disposizione l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, come il documento proposto ai collegi dei docenti per rifiutare la partecipazione degli studenti ad attività militari; superarla, promuovendo ovunque percorsi di educazione alla pace per studenti e studentesse e di formazione alla nonviolenza, dal micro al macro, per insegnanti…continua a leggere su www.ilfattoquotidiano.it.
Revisionismo, controllo e militarizzazione
PUBBLICATO SU WWW.JACOBINITALIA.IT IL 25 LUGLIO 2025 PUBBLICATO SU WWW.AGORASOFIA.COM IL 12 AGOSTO 2025 UN RACCONTO, DA DENTRO, DELLA PROGRESSIVA FASCISTIZZAZIONE DELLA SCUOLA ITALIANA: L’INSEGNAMENTO DIVENTA APPRENDIMENTO. ANZI, ADDESTRAMENTO. E AFFONDA PERICOLOSAMENTE NEL PEGGIORE PASSATO Da diversi anni ormai l’insegnamento, derubricato semanticamente ad apprendimento, è entrato all’interno di una riflessione che apparentemente è ammantata di ragioni pedagogiche, ma in realtà risulta completamente asservita al mercato e a logiche neoliberiste che tendono a valorizzare la misurazione e la standardizzazione dei prodotti finali. Questa omologazione ideologica degli alunni e delle alunne è il risultato della messa a punto di un sottile dispositivo di controllo dell’educazione, di cui i docenti, nell’ubriacatura della novità didattica, pedagogica e tecnologica, finiscono per divenire complici, diventando mere esecutori materiali, valutatori di un processo di apprendimento scritto altrove e da altri soggetti, estranei alla crescita intellettuale che deve proliferare all’interno delle scuole e delle università.  Distratte e distratti dall’urgenza di rincorrere l’innovazione pedagogica e la tecnica didattica all’ultimo grido per rendere più accattivante e ammaliante l’oggetto dell’apprendimento e raggiungere la specifica competenza da certificare, gli e le insegnanti smarriscono il senso politico ed esistenziale del progetto educativo e vengono spinti ad abdicare alla consapevolezza di essere soggetti fondamentali nel passaggio dei ragazzi e delle ragazze alla vita adulta, come mostra in maniera magistrale Gert J.J. Biesta nel suo Riscoprire l’insegnamento. E proprio in questo vuoto progettuale dallo slancio utopistico, quale dovrebbe essere il fine e, al tempo stesso, la postura della professione docente, si è insinuato nella scuola in maniera beffarda un programma di addestramento che ha delle profonde analogie con retaggi del passato, con circostanze che in Italia, e anche altrove, abbiamo già vissuto e che come uno spettro preoccupante ritorna sotto spoglie nuove e anche piuttosto evidenti. Che la scuola pubblica sia sotto attacco è un’evidenza empirica che non ha bisogno di essere dimostrata. Per capirlo basterebbe solo passare in rassegna le pseudoriforme degli ultimi 25 anni, tutte orientate a trasformare la scuola nell’avamposto ideologico del neoliberismo, svenduta, sia nella semantica quotidiana, tra crediti, debiti, prodotti finali e meriti, sia nella gestione affaristica dirigenziale, alla quadruplice radice del principio di ragione capitalistica che si concretizza nei settori farmaceutico, digitale, energetico e militare. Tuttavia, negli ultimi anni in Italia il dispositivo di controllo all’interno della scuola pubblica è andato incontro a un’accelerazione, una vera e propria ingerenza sistematica e asfissiante, tesa, da un lato, a far passare una linea ideologica ben determinata a uso e consumo del personale più accondiscendente e ligio, addestrandolo a dovere, dall’altro, a intimidire e sanzionare chi mostrava capacità critiche e intolleranza alle pressioni governative, mettendolo a tacere. Da docenti sensibili e attenti alla direzione intrapresa dalla scuola pubblica abbiamo potuto constatare sin dall’ottobre del 2022 l’abitudine a utilizzare una strana e pressante comunicazione tra centro e periferia, tra Ministero dell’Istruzione e del Merito e singole istituzioni scolastiche. Si tratta di una comunicazione unidirezionale fatta di lettere e missive che invitano di volta in volta a celebrare ricorrenze particolari, che indicano la direzione interpretativa di determinati periodi storici, che offrono surrettiziamente, infine, prospettive ideologiche sul ruolo della stessa scuola, esautorando di fatto il lavoro dei e delle docenti e inaugurando una fase alienante e psicotica che altrove abbiamo definito come regime di Psicoistruzione. Procedendo in ordine sparso nella disamina di questo stile epistolare adottato dal Ministero, potremmo citare l’istituzione e la riesumazione del Giorno della Libertà, ricordato agli studenti e alle studentesse con un’apposita lettera dallo stesso Giuseppe Valditara. Già istituito in Italia nel 2005 dal governo Berlusconi «quale ricorrenza dell’abbattimento del muro di Berlino, evento simbolo per la liberazione di Paesi oppressi e auspicio di democrazia per le popolazioni tuttora soggette al totalitarismo» (Art. 1, comma 1, Legge 15 aprile 2005, n. 61), il Giorno della Libertà era, di fatto, finito nel dimenticatoio, almeno fino all’avvento del nuovo governo di destra. In questa lettera di mezza paginetta il Ministro, mediante il ricorso a una didattica d’occasione fatta di date da segnare all’interno di un nuovo calendario civile, pretende di tracciare in maniera netta il confine tra libertà e oppressione, anche in questo caso legittimando come unico orizzonte possibile per la democrazia l’assetto neoliberista. Sarebbe questo l’unico ordine in grado di garantire libertà e giustizia, ma in tal modo viene giustificata l’azione disinvolta dei meccanismi capitalistici del XXI secolo, soprattutto rispetto al quadro dei valori liberali che essa afferma di voler tutelare.  Ora, al di là della continuità storica tra liberalismo e fascismo, che occorrerebbe ancora una volta richiamare alla memoria, varrebbe la pena qui rimandare alla versione più aggiornata di tale commistione, quella che si cela dietro La maschera democratica dell’oligarchia (Laterza 2014), citando Luciano Canfora e Gustavo Zagrebelsky. Per rendere palese il maldestro tentativo da parte del Governo e del Ministero dell’Istruzione e del Merito di controllare l’universo simbolico che si genera nelle scuole, operando, al tempo stesso, un sistematico revisionismo storico, si potrebbe far riferimento alle parole pronunciate dal Presidente del Senato Ignazio Benito Maria La Russa nel marzo 2023. In quella occasione La Russa riuscì a sostenere che l’episodio scatenante l’eccidio delle Fosse Ardeatine da parte dei tedeschi poteva essere sostanzialmente evitato dai partigiani, infatti: «È stata una pagina tutt’altro che nobile della Resistenza: quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle SS, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia su cittadini romani».  Assistiamo ormai da diversi anni a questa urgenza di riscrivere, mistificandola, la storia italiana. Non si tratta di casi sporadici, ma vi è un attacco sistematico nei confronti di tutti quegli storici e quelle storiche che tentano di raccontare le pagine più buie della storia italiana. Appena si cerca di fare luce su alcuni eventi con dati, testimonianze, reperti e ricostruzioni accreditate con il metodo della ricerca storica, scatta l’intimidazione politica, la diffamazione a mezzo stampa.  E, purtroppo, di questo clima intimidatorio, che impedisce di svolgere in maniera critica il proprio lavoro, ne abbiamo fatto le spese personalmente, dal momento che abbiamo subito un’interrogazione parlamentare (qui i dettagli) per il solo fatto di aver invitato nella nostra scuola, il Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Bisceglie, lo storico Eric Gobetti a presentare il suo libro E allora le foibe?. E questa ossessione censoria nei confronti dei convegni in cui si tratta delle vicende del confine orientale si è abbattuta anche a Vicenza il 4 marzo 2023, quando è stata negata una sala comunale per lo svolgimento dell’incontro sulle Foibe, e a Orvieto il 14 febbraio 2023 in occasione del Convegno organizzato dal Cesp (Centro Studi per la Scuola Pubblica), in cui è intervenuta direttamente la sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti, che ha chiesto di annullare l’incontro con gli storici Alessandra Kersevan e Angelo Bitti, inducendo la dirigente dell’istituto in cui si sarebbe dovuto svolgere l’incontro a revocare la disponibilità della sala, costringendo gli organizzatori a cercare solo il giorno prima un’altra sede. Altrettanto preoccupanti sono i tentativi di intervenire direttamente da parte del Ministero dell’Istruzione e del Merito sulla manualistica scolastica. Abbiamo denunciato con preoccupazione e sgomento nel marzo del 2025 su Roars la grave ingerenza in un testo di Scienze sociali in lingua inglese in uso negli istituti professionali del gruppo Zanichelli (Revellino et al., Step into Social Studies, Clitt 2023). A pagina 95 le autrici avevano inserito una scheda con un riadattamento di un articolo della ONG Human Rights Watch sulla revisione operata dal decreto-legge 130/2020 del governo pentastellato Conte II sul decreto 113/2018 a firma di Salvini del governo precedente Conte I. La scheda, nonostante riportasse la fonte, non è piaciuta al Ministero, che «ha segnalato il caso» alla casa editrice e questa ha prontamente obbedito, ritirando tutte le copie in commercio, rimuovendo la scheda dalla versione online, sostituendo nel cartaceo il caso incriminato con il testo della legge 130/2020, «senza commenti di parte», e inviato a tutti i dirigenti delle scuole che avevano adottato il libro una lettera sottoscritta dalla Direttrice Generale (qui tutti i particolari della vicenda). Meno accondiscendenti sono stati, invece, gli autori, le autrici e l’editore di Trame del Tempo, il manuale di storia accusato nel maggio 2025 da parte della deputata di Fratelli d’Italia Augusta Montaruli di aver indebitamente attribuito una sorta di continuità tra il fascismo e il partito al governo, la cui direzione è affidata a Giorgia Meloni, cioè lo stesso partito al quale la deputata Montaruli, che chiede ispezioni e accertamenti presso l’Associazione italiana editori, appartiene. Se Caterina Ciccopiedi, Valentina Colombi, Carlo Greppi e Marco Meotto, storiche e storici di professione, autori e autrici del manuale, hanno preferito non intervenire nella polemica, in questo caso è stato direttamente l’editore, Alessandro Laterza, erede di una storica tradizione antifascista che ha in Benedetto Croce il suo antesignano, che non si è lasciato intimidire e ha dichiarato: «Senza ricamarci troppo: siamo nell’anticamera della censura e della violazione di non so quanti articoli della Costituzione», chiudendo in maniera epica la querelle con Augusta Montaruli. Eppure, e forse proprio per questo non piace al Governo, il manuale Trame del Tempo ci era risultato particolarmente gradito. Analizzando una quindicina di manuali per il triennio delle scuole secondarie di secondo grado in cerca di una narrazione storica che non fosse marcatamente colonialista e riflettesse in maniera critica il nostro passato, anche con riferimenti espliciti a Edward Said e all’orizzonte postcoloniale, proprio quello di Ciccopiedi, Colombi, Greppi e Meotto riportava un giudizio molto positivo. Ma, si sa, la direzione presa dal Ministero con le nuove Indicazioni Nazionali per il curricolo della Scuola dell’infanzia e Scuole del Primo ciclo di istruzione vira verso un arretramento interpretativo di marca chiaramente colonialista che, nonostante sia stato ampiamente criticato dalla Società Italiana di Didattica della Storia, potrebbe già aver intimorito qualche editore più attento all’aspetto economico piuttosto che a quello educativo. Tra revisionismo storico e militarizzazione dell’istruzione si colloca, invece, l’abitudine invalsa dal 2023 di celebrare in pompa magna il 4 novembre come la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, invitando nelle scuole a vario titolo Esercito, Carabinieri e Marina Militare oppure conducendo intere scolaresche all’interno delle caserme per svolgere cerimonie plateali di alzabandiera, intonazione dell’inno nazionale e altre manifestazioni piuttosto muscolari del ruolo e delle capacità delle Forze Armate. La celebrazione del 4 novembre è stata, di fatto, istituita con una legge approvata il 1° marzo 2023, affinché si celebri la «difesa della Patria», il «ruolo delle Forze Armate» e si facciano conoscere agli studenti alle studentesse le loro attività.  L’evidente propaganda militarista di tale celebrazione ha mobilitato studenti, studentesse, docenti, genitori e anche l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, che in un momento particolarmente critico per i nostri tempi, con una guerra mondiale alle porte e con l’innalzamento della spesa militare al 5% del Pil nazionale, hanno mostrato la loro totale indignazione sia per i dieci milioni di morti della Prima guerra mondiale, che il 4 novembre vorrebbe evocare, sia per le vittime di tutte le guerre e dei genocidi in corso. Ma il punto è che le celebrazioni ufficiali del 4 novembre fanno parte di un’insistente propaganda bellica che promana direttamente dalle istituzioni governative, che cerca di assuefarci all’idea che la guerra sia inevitabile, che i genocidi siano «difesa», che il riarmo e le spese militari siano necessarie per la sicurezza e che i giovani debbano arruolarsi per diventare dei soldati.  Un capitolo a parte costituisce il ricorso sistematico alla sanzione, espressione più alta del paradigma del controllo, del «sorvegliare e punire» foucaultiano, nei confronti di docenti che osano esprimere pubbliche critiche verso il Governo e i suoi apparati. Proprio in occasione della ricorrenza del 4 novembre la collega Elena Nonveiller, docente del Liceo Foscarini di Venezia, viene denunciata all’amministrazione dell’Istruzione per violazione del «codice di comportamento» dei dipendenti pubblici entrato in vigore nel 2023. La sua colpa sarebbe quella di aver scritto su Facebook «Frecce tricolori di me…a», in occasione dello show del reparto dell’Aeronautica Militare sui cieli del capoluogo veneto, una spettacolarizzazione militaresca pericolosa, costosissima e inquinante per la popolazione. Peggio è andata al collega Christian Raimo, sospeso per tre mesi dall’insegnamento, con una decurtazione del 50% dello stipendio, perché reo di aver criticato il Ministro Giuseppe Valditara durante un dibattito pubblico sulla scuola. Per tutte queste ragioni abbiamo ritenuto fondato parlare di segnali evidenti di un fascismo eterno, parafrasando l’espressione di Umberto Eco. Una forma di Ur-fascismo che si manifesta ciclicamente, con più o meno evidenza, in assoluta continuità con determinate fasi di crisi del capitalismo. Potremmo elencare in successione: il culto della tradizione, mediante l’ossessione occidentalista; il rifiuto della critica e il sospetto per la cultura, e su questi punti potremmo analizzare la fenomenologia dello spirito che parla attraverso gli ultimi due ministri della Cultura, Gennaro Sangiuliano e Alessandro Giuli; l’attacco al pacifismo cui fa seguito una cultura della morte, che è una cultura della guerra, portata fin dentro le scuole, le università e la società civile per cercare di normalizzarla, renderla familiare, accettabile e preparare le guerre di domani, facendo impennare le spese militari al 5%, quando le scuole e le università rimangono fatiscenti, insicure e impraticabili nei mesi estivi nelle zone più calde del paese.  La militarizzazione delle scuole e delle università, epifenomeno della fascistizzazione del nostro paese, risponde a un piano ben architettato dal Ministero della Difesa per aggredire i luoghi in cui sono presenti i giovani e fare arruolamento, come si può leggere nel Programma della Comunicazione del Ministero della Difesa del 2019 e in quello più aggiornato del 2025. A leggere questi documenti non si va molto lontano da quanto scriveva nel 1938 il prof. Eugenio Grillo in La cultura militare nelle scuole medie, un testo giuridico in cui si commentava il Regio decreto del 15 luglio 1938-XVI, n. 1249, recante Norme per l’insegnamento della Cultura Militare nelle scuole medie: «L’insegnamento della Cultura Militare nelle scuole ha scopo integrativo. È inteso, cioè, a concorrere alla preparazione del cittadino-soldato. Il compito affidato alla scuola civile in questo settore, la cui importanza diventa sempre più evidente, non è tanto quello di darci dei tecnici nel senso letterale della parola e neppure di creare dei professionisti, quanto quello eminentemente educativo di alimentare, rafforzare e rendere consapevole nei giovani lo spirito militare, che è oggi una delle loro caratteristiche migliori».  Insomma, messi tutti in fila, oggi come un secolo fa, i segni di una chiara fascistizzazione della società civile, a partire dalla scuola, sono piuttosto evidenti. Non vederli è il sintomo di una diffusa e colpevole indifferenza, di cui, però, come educatori ed educatrici, dovremmo mettere a parte gli studenti e le studentesse, giacché gli anticorpi della Resistenza vanno lentamente esaurendosi e si rischia di finire come le rane bollite. Michele Lucivero, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Trento, pasticceria siriana mette in vendita la Gaza Cola: “Abbiamo ritrovato la vetrina distrutta”
di Alessia Candito Hanno deciso di mettere in vendita la Gaza cola, la bevanda alternativa alla nota bibita americana, da qualche mese commercializzata per finanziare gli ospedali della Striscia e con orgoglio ne hanno dato notizia sui social. Due giorni dopo, a “Cara Siria”, nota pasticceria siriana di Trento, l’amara sorpresa. Schegge ovunque, la porta a vetri del negozio distrutta a calci o con un bastone, con una violenza tale da spaccare anche parte della struttura. Dentro invece era tutto intatto. Il cellulare aziendale, un modello recentissimo di smartphone, era sul bancone, esattamente dove era stato lasciato la sera prima. Anche il fondo cassa non era stato toccato. I titolari, di cui non si pubblica il nome per ragioni di sicurezza, questa mattina hanno formalizzato una denuncia in questura. Per loro, quello di stanotte non è stato un tentativo di furto, ma un intenzionale danneggiamento. da La Repubblica
Quell’eco femminista del Rojava
CURA DELLA TERRA E AUTODETERMINAZIONE Nel nord-est della Siria, devastato da occupazione e cambiamento climatico, le donne sono al centro della rivoluzione ecologista Nel contesto del nord-est della Siria, segnato da anni di conflitto armato, da un regime di sanzioni internazionali e dalla costante pressione esercitata da confini ostili, ha preso forma un esperimento politico e sociale di democrazia innovativa. Siamo nel Kurdistan siriano, il Rojava, e qui L’Amministrazione Autonoma Democratica della Siria del Nord e dell’Est (Daanes), sorta in risposta al vuoto istituzionale generato dalla guerra civile siriana e alimentata da un lungo percorso di elaborazione teorica, si configura come un laboratorio di autogoverno fondato sulla ridefinizione del rapporto tra società, genere e ambiente. Nella riflessione politica di Abdullah Öcalan – teorico della rivoluzione confederalista – la subordinazione della natura e l’oppressione delle donne sono letti come manifestazioni interconnesse di un medesimo sistema di dominio, dove liberazione femminile e tutela degli ecosistemi sono elementi dello stesso processo di emancipazione. «SONO I PILASTRI fondanti della Daanes su cui abbiamo costruito le nostre istituzioni – spiega al manifesto Berivan Omar, la co-presidente della municipalità di Qamishlo – A partire dal sistema elettorale e rappresentativo: tutte le cariche istituzionali hanno la co-presidenza di un uomo e una donna». Inoltre «ogni ente della Daanes dedica il 10% dell’introito a progetti per l’emancipazione femminile – continua – Sono state istituite commissioni delle donne in ogni cantone, con sezioni autonome e piena autonomia decisionale sulle questioni che le riguardano». Lo stesso vale per le politiche di impronta ecologista: «La Commissione per l’Ecologia è presente in tutti i cantoni ed è trainata da un coordinamento delle donne che ha l’obiettivo di contrastare il capitalismo estrattivo che sfrutta le risorse naturali, noncurante delle conseguenze sociali e ambientali – spiega Virona, co-presidente dell’Accademia dell’Ecologia di Amuda – Promuoviamo iniziative per costruire un modello economico che antepone la giustizia sociale al profitto». GULISTAN ISSA, project manager di Un Ponte Per, racconta: «Nel nord-est della Siria abbiamo avviato il primo programma di compostaggio, trasformando i rifiuti organici domestici e di mercato in compost di qualità. Il progetto è un esempio concreto di economia circolare e partecipazione comunitaria. Il compost contribuisce alla salute del suolo e riduce l’uso di fertilizzanti chimici». Parallelamente, l’organizzazione promuove campagne di sensibilizzazione per incoraggiare la separazione dei rifiuti e migliorare le pratiche di riciclo. «Abbiamo realizzato una piccola stazione di raccolta a Heseke – spiega Gulistan – creando opportunità di lavoro per chi si occupa della raccolta e della selezione dei rifiuti. Il nostro compost ha migliorato la qualità del suolo, mentre la sensibilizzazione ha portato a un cambiamento concreto nelle abitudini delle famiglie». Issa racconta inoltre come, per affrontare la crescente insicurezza energetica, Un Ponte Per abbia avviato una collaborazione con le istituzioni locali per promuovere le fonti rinnovabili, in particolare attraverso l’installazione di pannelli solari. L’obiettivo è ridurre la dipendenza da un sistema elettrico instabile e garantire un accesso continuo all’energia, soprattutto in ambiti essenziali: «In questo quadro, il progetto EcoEnergy, avviato nel 2024, ha portato impianti solari in strutture sanitarie strategiche, assicurando la corretta conservazione di medicinali e vaccini, il funzionamento di laboratori e farmacie e la continuità dei servizi sanitari di base». Dal punto di vista socio-economico, nel nord-est della Siria prevale il modello delle cooperative: eco-comunità decentralizzate e autogestite. «Il nostro modello economico – spiega Berivan Omar – si basa su cooperative locali attive in agricoltura, allevamento e artigianato, con l’obiettivo di garantire l’autosufficienza della regione. Sono monitorate per rispondere ai bisogni della popolazione e tutelare l’ambiente». LE DONNE HANNO assunto un ruolo centrale, puntando all’autonomia economica e alla cura del territorio. Ma esistono altri esempi comunitari completamente gestiti da donne: comuni eco-femministe, molte delle quali abitate solo da donne e bambini. Il villaggio di Jinwar è la prima esperienza ad aver tracciato questo modello negli ultimi anni. Si raggiunge in un’ora e mezza di auto dalla città di Heseke, in una delle zone più rigogliose dell’area. «Jinwar è l’esempio vivente della pratica eco-femminista, dove una gestione della terra comunitaria e ecologista si unisce all’indipendenza economica e culturale da un modello sociale patriarcale», spiega Virona. L’idea fondante del villaggio di Jinwar consiste nel dare un posto sicuro alle donne che vogliono rendersi autonome, imparare a lavorare la terra, gestire una cooperativa o costruire una casa per essere psicologicamente e materialmente più autonome una volta rientrate in società. «Le donne rimangono uno, due o tre anni per poi costruirsi una nuova vita – racconta al manifesto Shilan, una delle donne che abita nel villaggio – Il nostro obiettivo è quello di recuperare l’indipendenza originaria delle donne, a partire dalla terra che coltivano. Oltre all’agricoltura studiamo la Jineoloji (la scienza sociale che mette al centro la donna come chiave per comprendere e trasformare la società), ci dedichiamo a istruire i figli del villaggio e ad attività come la farmacia naturale». «DA QUANDO ESISTE il villaggio, questo territorio è sempre stato in guerra. Adesso le cose potrebbero cambiare, ma è difficile fidarsi dei turchi», riprende. L’elemento ambientale nella strategia militare turca ha nel tempo assunto una centralità crescente, configurandosi come uno strumento di pressione sistemica nei confronti della Daanes. Il controllo delle acque dell’Eufrate e i bombardamenti mirati contro infrastrutture idriche ed elettriche rappresentano una vera e propria guerra ecologica, con gravi ricadute sulla popolazione civile. «Gli attacchi a Serekaniye, Girespi e Efrin – dice Berivan Omar – hanno colpito duramente l’approvvigionamento idrico, in particolare a Heseke, dove la popolazione è rimasta a lungo senz’acqua e ha dovuto dipendere da fonti esterne». LE CONSEGUENZE ambientali della guerra e dell’occupazione si manifestano in maniera profonda e trasversale, colpendo tanto gli ecosistemi quanto le strutture sociali della zona, la qualità dei terreni e intaccando il sistema di smaltimento dei rifiuti. In questo contesto, la resistenza ecologica si configura come una dimensione costitutiva del processo di autodeterminazione. «Qui le donne non solo partecipano alla formazione tecnica e alla gestione dell’acqua e dell’energia solare nelle abitazioni, ma si assumono la responsabilità quotidiana delle soluzioni ecologiche introdotte», racconta Gulistan Issa. «Stiamo lavorando a leggi regionali per riportare la società verso uno stile di vita armonico con la natura, ancora praticato in molti villaggi», conclude Berivan Omar. In Rojava, un territorio devastato dall’occupazione e dal cambiamento climatico, la rinascita passa dalla connessione tra donne, terra e autogoverno.   https://ilmanifesto.it/quelleco-femminista-del-rojava?t=NFoYPZ6ceyZ2uoHKj50Os The post Quell’eco femminista del Rojava first appeared on Retekurdistan.it. L'articolo Quell’eco femminista del Rojava proviene da Retekurdistan.it.
Esami fra le rovine: la prima maturità a Gaza dal 7 ottobre
Palestina Ieri a Gaza centinaia di studenti hanno sostenuto gli esami di maturità, i primi dall’inizio dell’attacco israeliano alla Striscia. Nelle tende attrezzate, nei punti internet o nei caffè con connessione Ieri a Gaza centinaia di studenti hanno sostenuto gli esami di maturità, i primi dall’inizio dell’attacco israeliano alla Striscia. Nelle tende attrezzate, nei punti internet o nei caffè con connessione, ragazzi e ragazze hanno percorso anche chilometri, tra le macerie e le bombe, per provare a riprendersi il proprio futuro. Il ministero dell’istruzione di Gaza ha messo online una piattaforma basata sulla formazione a distanza già testata durante il periodo del Covid 19. Questa volta, i tecnici hanno lavorato per gestire le riconnessioni e le interruzioni di corrente, garantendo il salvataggio continuo dei dati. Lo scorso giovedì, due giorni prima… Alaa Abu Mustafa insegna ai bambini della scuola volontaria che ha avviato a luglio a Yunis Khan, nel sud di Gaza – The Yomiuri Shimbun via AP Images Articolo originale