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Genova è nel mirino?
Quanto uscito sui media in queste settimane potrebbe sembrare il prologo di una pellicola di Fernando Di Leo degli anni ’70. Invece, è cronaca. Carlo De Simone, sub-commissario alla realizzazione della nuova diga foranea di Genova, ai microfoni di Primocanale conferma che l’infrastruttura è “dual use“; perché funzionale allo sbarco […] L'articolo Genova è nel mirino? su Contropiano.
Militarizzazione dei lavoratori e fascismo aziendale
“Lei è già stato più volte punito per aver parlato in pubblico e alla stampa dei carichi di armi all’Aeroporto Montichiari di Brescia…lei ha rivendicato il diritto dei lavoratori di non essere addetti al carico e scarico delle armi… lei è venuto meno ai suoi doveri di fedeltà all’azienda.. lei […] L'articolo Militarizzazione dei lavoratori e fascismo aziendale su Contropiano.
Dal 17 luglio Ostuni Climate Camp
Giovedì 17 luglio si apre nella Masseria Refrigerio nella zona di Ostuni l'edizione 2025 dell'Ostuni Climate Camp: 4 giorni di confronto e progettazione politica contro il fossile, il nucleare, la militarizzazione, il riarmo e la distruzione ambientale a partire dalla Puglia per connettersi con tutto il paese. Il campeggio è organizzato da Movimento No TAP/SNAM Brindisi, Campagna Nazionale Fuori dal Fossile, Confederazione COBAS, Emergenzaclimatica.it, Teatri Urbani Organizzati e Lavoratori Autorganizzati dello Spettacolo. Si potrà alloggiare in campeggio per il quale trovate tutte le informazioni sul sito dell'Ostuni Climate Camp. Sabato 19 luglio Manifestazione Regionale contro il piano di riarmo europeo deciso dalla Nato, l’uso delle basi militari pugliesi nella guerra in medio oriente e un modello di sviluppo basato sull’economia fossile. Per la Palestina, la pace, la giustizia climatica e sociale
Dual use: porti per la guerra?
Il sub commissario De Simone, ha finalmente ammesso che la nuova diga foranea di Genova, quando sarà pronta (con questi ritmi sembra ci vorranno almeno 10 anni) sarà dual use.  Cioè avrà un doppio scopo, da un lato quello dei traffici mercantili, dall’altro servirà per favorire gli attracchi militari, i […] L'articolo Dual use: porti per la guerra? su Contropiano.
Sessualità, scuola e nazione: politiche globali dell’obbedienza
Il disegno di legge sul “consenso informato preventivo”, proposto dal ministro Valditara, esclude l’educazione sessuale dalla scuola primaria e subordina ogni attività didattica su sessualità e genere all’autorizzazione scritta delle famiglie. Una misura che riduce l’autonomia della scuola e mette sotto controllo il lavoro educativo, come se pluralismo e pensiero critico fossero elementi da contenere. Non si tratta di un provvedimento isolato, ma di una visione complessiva in cui la scuola è sempre meno spazio di confronto e sempre più luogo di normalizzazione. > L’identità viene definita entro confini rigidi e tutto ciò che li mette in > discussione viene marginalizzato o espulso. Questa impostazione si inserisce in una tendenza più ampia, che coinvolge diverse democrazie. In Italia, come altrove, cresce la presenza delle forze armate nel sistema scolastico: cerimonie, attività e programmi sulla “cultura della difesa” contribuiscono a diffondere un’idea di cittadinanza fondata su disciplina e appartenenza nazionale. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, la retorica del riarmo è diventata parte del linguaggio politico dominante. La scuola ne risente, con più spazio per la logica militare e meno per le parole e i temi della pace. Negli ultimi anni, l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ha documentato decine di episodi in cui l’Esercito entra nelle scuole attraverso cerimonie, attività pseudo-formative ed esercitazioni promosse in accordo con il Ministero dell’Istruzione e il Ministero della Difesa. Si diffonde così una “cultura della difesa” che normalizza la presenza militare nei percorsi educativi. Basta farsi un giro nella gallery fotografica dell’Osservatorio per farsene un’idea. È questa la figura di cittadinanza che si va affermando: un soggetto conforme, disciplinato, educato all’allineamento più che all’autonomia, orientato all’obbedienza più che alla partecipazione. In diversi contesti – Italia, Stati Uniti, Russia, Israele – si assiste a una convergenza tra educazione repressiva, mobilitazione identitaria e retoriche securitarie. L’obiettivo non è formare personalità critiche, ma modelli di cittadinanza funzionali al controllo e alla conservazione dell’ordine. In questo schema, tutto ciò che sfugge al binarismo di genere diventa sospetto. In Italia lo si vede nelle polemiche contro il linguaggio inclusivo, ma anche nella criminalizzazione della carriera alias, una pratica ormai consolidata in molte scuole per studenti che si identificano con un genere diverso da quello assegnato alla nascita, che permette di utilizzare un nome che rispecchia la propria identità di genere, all’interno del contesto scolastico. Negli Stati Uniti, l’ondata legislativa promossa dal trumpismo no-gender ha colpito, in particolare, proprio la popolazione transgender, limitandone diritti, visibilità e accesso alla salute, all’istruzione, allo sport. Si tratta di una logica illiberale che preferisce silenziare invece che nominare, criminalizzare piuttosto che riconoscere. Il risultato è una cittadinanza costruita sulla conformità: maschile, eterosessuale, tradizionale, perfettamente inserita dentro ogni binarismo possibile. Senza spazio per la complessità, per il dissenso o per la differenza. > Il ritorno di un modello patriarcale non è solo un effetto collaterale, ma un > elemento strutturale. La cultura della violenza patriarcale, intesa come > costruzione sociale, continua a fornire giustificazioni simboliche per la > subordinazione delle soggettività non conformi e per l’esclusione della > differenza. È su questa base che si costruisce la legittimità di politiche educative escludenti. Ma una scuola che rinuncia a parlare di sessualità, affettività e identità plurali tradisce la sua natura di istituzione laica, costituzionalmente orientata al pluralismo, al superamento delle diseguaglianze e alla promozione dell’uguaglianza sostanziale, non solo formale. Allo stesso modo, una scuola che assume la retorica del conflitto come riferimento non educa alla pace, ma contribuisce alla normalizzazione della violenza, secondo una visione del mondo fondata sul confronto permanente tra “noi” e “loro”, piuttosto che sulla cooperazione. Educare significa aprire possibilità, coltivare autonomia, stimolare lo spirito critico e offrire strumenti per immaginare alternative fondate su libertà, uguaglianza e pari opportunità. E in alcuni contesti queste possibilità esistono già. A partire da quella galassia di insegnanti, spesso precari, che, anche a costo di finire sotto lo sguardo del “grande occhio” ministeriale, sceglie ogni giorno di parlare in classe di sessualità, affettività, identità e consenso. Lo fa spesso con risorse minime, ma con la consapevolezza che educare significa anche esporsi, creare spazi di parola, offrire strumenti per leggere il presente. Accanto a loro, in tante scuole, si muovono collettivi studenteschi che portano avanti rivendicazioni su educazione sessuoaffettiva e carriere alias, e associazioni di genitori che difendono l’apertura della scuola alla complessità del reale, opponendosi alla censura.  A queste esperienze si affiancano quelle di molti Centri Anti Violenza che nei territori promuovono percorsi di prevenzione e sensibilizzazione nelle scuole e quelli di diversi nodi locali di Non Una Di Meno, che realizzano progetti di educazione transfemminista nelle scuole e di tante associazioni, della rete Educare alle Differenze, che da oltre dieci anni promuove in tutta Italia la diffusione di buone pratiche di educazione sessuo-affettiva, sostenendo chi lavora nella scuola e mettendo in rete pratiche e materiali.  Pratiche che dimostrano come un’altra scuola – e un’altra educazione – non solo siano possibili, ma siano già in atto, nonostante il controllo, la sorveglianza e la censura. L’immagine di copertina è di Sicco2007 (Flickr) SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Sessualità, scuola e nazione: politiche globali dell’obbedienza proviene da DINAMOpress.
Il laboratorio della società militarizzata
Non è inappropriato parlare della questione della Palestina e dell’attuale stato di Israele come di un laboratorio della modernità. Nel senso più ovvio, ciò si riferisce al modo in cui, nel Mediterraneo orientale, la retorica della democrazia e dei diritti si scontra con la dura roccia del colonialismo odierno. E […] L'articolo Il laboratorio della società militarizzata su Contropiano.
#Palermo, lunedì 30 giugno, ore 18 - DISARMIAMOLI. - NO RIARMO. NO #NATO. #norearm Dopo il vertice NATO dell'Aia e con i conflitti in atto nel Medio Oriente, facciamo il punto sul piano di riarmo europeo e sul processo di #militarizzazione dei nostri territori.
EXPORT MILITARE: I DATI SMENTINSCONO IL GOVERNO, ISRAELE CONTINUA A RICEVERE ARMI DALL’ITALIA
L‘Italia non ha mai  interrotto l’export militare verso Israele, anzi, secondo fonti ufficiali, le forniture sono aumentate. A confermarlo l’analisi di Archivio Disarmo, condotta incrociando dati ufficiali del SIPRI, dell’ISTAT (portale di Coeweb per le statistiche sul commercio estero) e della Relazione governativa sull’export di armamenti, che smentisce le dichiarazioni pubbliche del Governo italiano circa la sospensione delle forniture dopo il 7 ottobre 2023. “I numeri parlano chiaro” spiega ai microfoni d Radio Onda d’Urto il giornalista freelance Luciano Bertozzi “dal 2019 al 2024, l’Italia è stata il terzo paese esportatore di armi verso Israele, dopo Stati Uniti e Germania. Solo nel settore aerospaziale, comprendente droni, radar e componenti per aerei, parliamo di esportazioni per 34 milioni di euro.” Mentre il governo italiano dichiara pubblicamente il proprio impegno umanitario – come l’accoglienza di bambini feriti da Gaza – la linea politica e commerciale resta saldamente a sostegno di Tel Aviv. Un esempio è l’accordo militare bilaterale firmato nel 2003, rinnovato automaticamente ogni cinque anni e che prevede cooperazione in ricerca, esercitazioni e scambio di tecnologie belliche. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, l’intervista a Luciano Bertozzi, giornalista freelance. Ascolta o scarica
MODENA: IL 27 GIUGNO ANCORA IN PIAZZA CONTRO LA LOGISTICA DI GUERRA E IL GENOCIDIO A GAZA
Presidio contro l’economia di guerra e la repressione del dissenso, l’appuntamento è venerdì 27 giugno, alle 19:00, in Piazza Grande a Modena. A promuoverlo diverse realtà, tra cui i Giovani Palestinesi d’Italia, dopo le denunce scattate in seguito al blocco dell’11 aprile contro la Mersk, colosso della logistica con un ruolo diretto nel traffico di armi verso Israele. Quello che si denuncia non è solo un atto repressivo ai danni di chi si è mobilitato contro la guerra: al centro del presidio c’è anche la trasformazione sempre più marcata del tessuto produttivo italiano – e modenese in particolare – in direzione dell’economia militare. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, la presentazione dell’iniziativa con Sara dei Giovani Palestinesi d’Italia. Ascolta o scarica.